Platone ed agli altri filosofi dell’antichità greca cheavrebbero tutti attinto – secondo la ferma convinzione del mago rinascimentale – a quella sacrasorgente. In realtà egli risaliva semplicemente all’ambiente pagano del Cristianesimo primitivo,a quella religione del mondo, fortemente imbevuta di influenze magiche e orientali, che avevacostituito la versione gnostica della filosofia greca e il rifugio per quei pagani stanchi cheandavano in cerca di una risposta ai problemi della vita, diversa da quella offerta dai primicristiani, loro contemporanei.Il dio egiziano Thoth, scriba degli dei e depositario della sapienza, era stato identificato daigreci col dio Ermete e dotato, in alcuni casi, dell’epiteto di « tre volte grande ». I Latini feceropropria questa identificazione di Ermete o Mercurio con Thoth e Cicerone spiega, nel Denatura deorum, che esisterono di fatto cinque Mercuri: l’ultimo di loro, dopo aver ucciso Argo,era stato costretto a recarsi esule in Egitto dove « dette agli Egiziani leggi e lettere » e assunseil nome di Theuth o Thoth. Sotto il nome di Ermete Trismegisto si sviluppò una vastaletteratura in lingua greca […].L’importanza della figura mitica di Ermete Trismegisto nel movimento di rinascitapp. 139-41: «Un altro appunto da fare alla Yates (affiancabile ai suoi tanti meriti) è quello di averenon solo cancellato la filosofia naturale di Bruno in rapporto alla scienza, ma anche di non aversottolineato le diverse qualità della tradizione ermetica». L’ambiguità del termine «ermetismo»nelle sue diverse accezioni è peraltro messa in evidenza da E. McMullin, Brunus and Copernicus,in «Isis», marzo 1987, pp. 55-74, richiamato nel citato contributo di N. Badaloni. -------------------------------------------------------------------------------- Page 6 della magia è sottolineata da un particolare cui la Yates stessa fa riferimentodefinendola «una situazione straordinaria»: la traduzione, in pochi mesi nel corso del1463, del Corpus Hermeticum da parte di Ficino, su espressa volontà di Cosimo de’Medici prima che si affrontassero i testi platonici, disponibili nella loro totalità. Lacopia del Corpus a disposizione di Ficino, «latore un monaco, uno di quei moltiagenti impiegati da Cosimo de’ Medici per raccogliergli manoscritti», non era deltutto completa, poiché priva dell’ultimo dei quindici trattati di cui era costituital’opera11. «Benché i manoscritti platonici fossero già tutti riuniti e aspettassero solo divenire tradotti, Cosimo ordinò a Ficino di metterli da parte e di tradurre subito l’operadi Ermete Trismegisto prima di affrontare i filosofi greci». Secondo supposizionedella Yates, la ragione dell’ordine potrebbe ravvisarsi in un desiderio da parte diCosimo, vicino alla morte (lo coglierà nel 1464, l’anno dopo l’incaricocommissionato a Ficino) di leggere per primo Ermete: «Cosimo e Ficino sapevano daiPadri che Ermete Trismegisto era molto più antico di Platone»12.Egli dette alla sua traduzione il titolo di Pimander: Nel Corpus Hermeticum questo titolo siriferiva solo al primo trattato ma egli lo applicò a tutto il Corpus o, piuttosto, ai quattordicitrattati contenuti nel suo manoscritto. Ficino dedicò la traduzione a Cosimo e la dedica, oargumentum, come egli lo chiama, rivela lo stato d’animo, l’atteggiamento di profondo timorereverenziale e di stupore con cui egli si era avvicinato a questa meravigliosa rivelazione diantica sapienza egiziana.In queste affermazioni della storica inglese è tutto l’interesse verso l’opera di ErmeteTrismegisto, destinata a segnare i futuri studi in tema di magia e a condizionareancora per lungo tempo, ben oltre la correzione di «un errore cronologico radicale»,la storia del pensiero13.Pur non negando l’importanza rivestita dagli studi della Yates, se da un lato èindiscutibile l’apporto delle sue ricerche alla ricostruzione della biografia e dellaspeculazione bruniane, dall’altro tale rilettura non è esente da critica: si pensi al ruoloche essa attribuisce alla scoperta copernicana nei suoi echi bruniani, secondariorispetto all’ermetismo.Diversamente, il nesso con il copernicanesimo è punto importante dellaspeculazione del Bruno. Su questa linea interpretativa, si pone A. Ingegno inErmetismo e oroscopo delle religioni nello Spaccio bruniano, qui preoccupandosi di11 La traduzione di Ficino fu condotta su un manoscritto che si trova nella Biblioteca MediceaLaurenziana (Laurentianus, LXXI 33 (A)), ritrovato in Macedonia e portato a Firenze. La notiziadell’incarico di tradurre per prima l’opera di Ermete è data dallo stesso Ficino nella dedica aLorenzo de’ Medici del commento a Plotino: qui, egli descrive l’impulso dato agli studi grecidall’arrivo in Firenze di Gemisto Pletone e di altri dotti bizantini, e racconta come Cosimo gliavesse affidato il compito della traduzione.12 F.A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., pp. 25-27.13 Ermete Trismegisto, secondo l’interpretazione invalsa nella tradizione e fondata suLattanzio ed Agostino, appare quale profeta dell’avvento del Cristianesimo: ma, se Lattanziogiudica Ermete come uno tra i maggiori veggenti pagani, il quale aveva avuto il merito diprevedere la venuta del Figlio o Sermo perfectus (la Yates ricorda, a questo proposito, a pagina 20,che «la Parola perfetta, o Sermo perfectus, è una traduzione corretta del titolo greco originaledell’Asclepius»), Agostino non gli riconosce merito alcuno a questo proposito, derivandone laprescienza degli avvenimenti futuri dalla venerazione da lui praticata ai demoni. -------------------------------------------------------------------------------- Page 7 ricondurre il significato stesso dell’ermetismo bruniano nel suo copernicanesimo14. Etale interpretazione è richiamata da Carlo Monti nella Introduzione alle Opere latinedi Giordano Bruno15.La complessità dei motivi convergenti nella cosmologia bruniana è comunque fuoridiscussione e può trovare ulteriori conferme sia nella struttura astrologica dello Spaccio inriferimento alla dottrina dell’oroscopo delle religioni sia nel nesso tra religione egizia ecopernicanesimo indicato nel De immenso, dove si pone la coincidenza tra abbandonodell’antica cosmologia prearisotelica e il tramonto della religione egizia, secondo la profeziadell’Asclepio. La nuova cosmologia, infatti, si pone quale mezzo per il sorgere di un rinnovatoconcetto di Divino simboleggiato appunto dal mutamento della natura. L’influenzadell’ermetismo, dunque, va colta proprio in questa nuova concezione della natura intesa comeesperienza del Divino e tale concezione della natura è comprensibile solo alla luce di unanuova cosmologia cui Bruno arriva, appunto, attraverso il copernicanesimo.E non si dimentichi come qualche decennio prima della Yates fosse già il Corsano adare nuova linfa all’indagine storiografica: soprattutto nell’Ottocento, infatti, le operedi Bruno erano state esaminate in maniera non disinteressata, creando e portando adesasperazione il mito di un Bruno di matrice laica e liberale. E da qui Corsanoprocedeva, non limitandosi tuttavia al solo dato biografico, bensì valorizzando perprimo in modo organico le opere magiche di Bruno16. Il problema è strettamenteintrecciato con la comprensione in chiave critica dell’evo moderno: qui, l’attenzioneper le problematiche magica ed ermetica è parte costitutiva di un nuovo modo diintendere ragione ed insieme natura ed esperienza umana nell’epoca moderna. Di quila (ri-)scoperta delle opere inedite di Bruno.Si è trattato di un lungo processo, nel quale il libro pubblicato da Antonio Corsano nel 1940ha avuto un rilievo decisivo per due motivi: ha sottolineato, anzitutto, la dimensioneantiumanistica della «nova filosofia»; e ha, poi, utilizzato, e valorizzato per la prima volta inmodo organico, le opere magiche di Bruno, sia per ricostruirne un momento cruciale della vita,sia per mettere in luce l’aspirazione strutturalmente pratica e «riformatrice» del suo pensiero.[…] Ponendosi in un crocevia nel quale si intrecciano, e si congiungono, motivi sia di ordinefilosofico sia di ordine biografico, Corsano affronta un problema fondamentale dellastoriografia bruniana, interrogandosi sulle ragioni che spinsero Bruno a tornare in Italia. Ed èsu questo punto che fa agire le opere magiche: Bruno – questa è la sua tesi – torna in Italiaavendo in mente un preciso progetto di «riforma universale» del mondo. Tutt’altro che ungesto improvviso, o incomprensibile, quella scelta è connessa, per la prima volta, ad ungiudizio preciso sul proprio tempo storico, con particolare attenzione, anzitutto, al significatofilosofico-storico del successo in Francia di Enrico di Navarra. E, in questo quadro, è connessal’individuazione di un ruolo specifico che Bruno avrebbe potuto svolgere nei nuovi tempi chesi stavano schiudendo, facendosi – proprio in virtù delle sue capacità di mago, di «vincolatore»degli animi – «capitano» di popoli e promotore dell’universale renovatio mundi. Alcuni14 A. Ingegno, Ermetismo e oroscopo delle religioni nello Spaccio bruniano, « Rinascimento», 7, 1967, p. 169.15 C. Monti, Introduzione, in Giordano Bruno, Opere latine, a cura di C. Monti, UTET,collana Classici della Filosofia (collezione diretta da Nicola Abbagnano), Torino, 1980, p. 62.L’edizione contiene: Il triplice minimo e la misura; La monade, il numero e la figura; L’immensoe gli innumerevoli.16 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, Firenze, Sansoni,1940. L’opera è ora disponibile per i tipi della Congedo Editore, Lecce, 2002. L’edizione cui sifarà riferimento in seguito è quella del 1940, edita da Sansoni. -------------------------------------------------------------------------------- Page 8 decenni prima della Yates, Corsano, prendendo le mosse dalle opere magiche, risponde dunqueefficacemente ad una domanda alla quale la storiografia dell’Ottocento, di matrice laica eliberale, non aveva saputo dare una risposta persuasiva e convincente.E si sottolinei in particolare quanto segue:Nel suo lavoro Corsano […] dà forte rilievo al De magia, alle Theses de magia, al Devinculis, valorizzando il tema del «vincolo», del «vincolare», ed osservando, acutamente, comein Bruno «domini la preoccupazione del dominio etico-sociale, del civiliter vincire», nellaquale individua anzi il Leitmotiv di tutte le opere magiche. E su questo sfondo di problemimostra quale peso abbiano, secondo Bruno, la «credulitas», la «fides», la quale appunto perquesto è «vinculum magnum et vinculum vinculorum», cui seguono «veluti filiae» tutte le altreforze dello spirito umano – da «quelle più alte, ‘spes, amor, religio’ alle più torbide e irruentima anche potenti e operose passioni». Del resto, e Corsano lo sottolinea, lo stesso Cristo ebbebisogno della «credulitas» per ottenere miracoli. Se essa fosse mancata, il miracolo sarebbestato impossibile: «Neque enim credibile est nec credendum proponitur quod omnes praetercredentes etiam sanitati restituerit».Il passo, citato dall’Introduzione di Michele Ciliberto alle Opere Magiche, mette inparticolare risalto il contributo di Corsano agli studi bruniani, soprattutto se lo siconsidera insieme alla fondamentale interpretazione della Yates, la quale «trasformale opere magiche prima tenute al margine, nella ‘chiave di volta’ di tutta l’esperienzaumana, intellettuale e filosofica del Nolano»17.Con il suo Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Frances A. Yates collocadunque il Nolano nel solco dell’ermetismo: «Giordano Bruno, come mago, aveva unasua missione religiosa ermetica. Egli è un enfant terrible fra gli ermetici religiosi, maè pur sempre un ermetico religioso. Se lo si colloca in questo contesto, Bruno vieneformalmente inserito nei movimenti del suo secolo»18.Ciò che, tuttavia, distingue in modo evidente la visione di Corsano da quella chesarà in seguito proposta dalla storica inglese è l’enfasi posta dal primosull’importanza della professione (se pur non ristretta entro gli argini della originariaformulazione matematica dei principi) copernicana, superata nel momento stessodella sua adozione in virtù di una visione della teoria in senso più filosofico. La Yatesè, infatti, tesa all’affermazione della teoria di un Bruno in chiave magica, tale darelegare gli aspetti più propriamente innovativi insiti nella teoria copernicano-bruniana in secondo piano, quasi a cornice del quadro magico-ermetico propugnato.Sebbene sia stata trascurata l’importantissima circostanza del rapporto di Bruno conl’ermetismo, alcuni studiosi italiani hanno da tempo riconosciuto che la magia occupa un ruoloconsiderevole nel pensiero di Bruno. Il Corsano fissò la sua attenzione su questo tema in unlibro pubblicato nel 1940 ed in seguito osservò che dietro il pensiero magico di Bruno sipossono rintracciare alcuni elementi di un disegno di riforma religiosa. Sviluppando le idee delCorsano sulla magia e sulla riforma bruniane, il Firpo ha ipotizzato una connessione fra l’una el’altra, nel senso che Bruno ritenesse di poter realizzare la sua riforma grazie alla magia.17 M. Ciliberto, Introduzione, in Giordano Bruno, Opere Magiche, Milano, Adelphi Edizioni,2000, pp. XIX-XXII. L’edizione, diretta da Michele Ciliberto, è a cura di Simonetta Bassi,Elisabetta Scapparone, Nicoletta Tirinnanzi: si tratta di una recente pubblicazione della opere atema magico di Bruno, promossa dal Comitato Nazionale per le celebrazioni di Giordano Brunonel quarto centenario della morte, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Studi sulRinascimento.18 F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 255. -------------------------------------------------------------------------------- Page 9 La Yates prosegue rilevando in nota come «sia Corsano che Firpo si occupanodell’ultimo periodo di Bruno e del suo ritorno in Italia nelle vesti di magicoriformatore» e come a Corsano sia «sfuggito che tutte le opere di Bruno sono pienefin dall’inizio di elementi magici»19.Ancora, occorre porre in evidenza come l’atteggiamento della studiosa ingleseporti con sé la conseguenza di lasciare a margine gli aspetti copernicani e più nel vivofilosofici del pensatore, sì da ridurre tutto il pensiero dello stesso nel recinto dell’artemagico-cabalistica. Vera cifra della lettura del Bruno compiuta secondo le lineeseguite dalla Yates è la radicalizzazione di motivi ficiniani e pichiani, rispettivamentedi una rivalorizzazione e rivalutazione moderna della magia naturalis nel primo (manon già teorizzazione di motivi nuovi) e della cabala nel secondo. Si tratta, infine, diuna « reductio ad magicum » della speculazione bruniana: se da un lato essa ha ilmerito di riabilitare il Bruno nella sua identità di mago, dall’altro ridefinisce,riducendola, l’identità del filosofo20.Inoltre, nel lavoro della Yates non è riconosciuto ruolo centrale alle opere a temamagico, De magia e De vinculis in genere in primo luogo, per fare spazio aconsiderazioni svolte intorno anzitutto alla Cena delle ceneri, allo Spaccio dellabestia trionfante, agli Eroici furori. L’opera stessa nasce originariamente da unatraduzione inglese alla Cena, che avrebbe poi spinto la storica inglese a studi piùapprofonditi21.Il nuovo approccio ai testi bruniani a carattere magico, iniziato con Corsano, è conil fondamentale lavoro della Yates amplificato in opere non immediatamentemagiche, e per questo il motivo è reso più forte. Tuttavia, ribadiamo come taliconsiderazioni vadano chiarite alla luce degli esiti cui gli assunti della Yatesriteniamo conducano.Con diretto riferimento al De vinculis in genere, il Corsano ha dimostratol’importanza di quest’opera, insieme con il De magia, nel chiarire i motivi cheportarono Bruno a ritornare in Italia.19 F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 255, nota 84: per ilriferimento a Corsano, si veda Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., pp.281 sgg. Con riguardo alla posizione di Firpo, la Yates fa chiaro riferimento all’analisi da luicompiuta sui motivi che ricondussero il Nolano in Italia: il riferimento testuale è a Il processo diGiordano Bruno, Napoli, «Quaderni della Rivista storica italiana», 1949, pp. 10 sgg. Nella nuovaedizione dell’opera, a cura di Diego Quaglioni per i tipi della Salerno Editrice, vedasi il capitolo II,Il ritorno in Italia del Bruno (Agosto 1591), pp. 9 sgg.20 Un tale esito dell’immagine di Bruno presente alla Yates è evidenziato da M. Ciliberto,Introduzione, in Giordano Bruno, Opere magiche, cit., p. XXI, quale rovesciamento paradossaledell’atteggiamento che aveva caratterizzato gli studiosi precedenti a Corsano, i quali avevanotralasciato gli aspetti e le opere magiche, giacché «difficili da situare nel quadro delleinterpretazioni ‘moderne’ del Nolano» quando non addirittura «incomprensibili». A quest’ultimoproposito, basti qui ricordare i nomi di Gentile e di Tocco, e per quest’ultimo le considerazioniesposte nello includere le opere magiche all’interno dell’edizione nazionale di fine Ottocento delleOpera latine cona, a fine di completezza e non per un valore positivo ad esse riconosciuto,ché anzi la presenza delle stesse risultava scomoda ed imbarazzante per chi intendesse il Nolanonelle sue vesti di moderno pensatore.21 F.A Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 6; Ead. Giordano Bruno e lacultura europea del Rinascimento, Roma-Bari, Biblioteca Universale Laterza, 1994. -------------------------------------------------------------------------------- Page 10 Attraverso di esse egli ha messo in luce come l’antico atteggiamento strettamente teoreticodel Bruno venisse via via sopraffatto da un crescente impulso all’azione, quasi che finalmenteconseguita chiarificazione dei propri concetti, depositata nei poemi francofortesi, gli imponessedi uscire dall’astratta sfera speculativa per diffondere ed imporre la riconosciuta verità. Ilcostante fervore didattico del Bruno segna appunto il ponte di passaggio tra il pensiero el’azione, la teoria e la prassi. Nella propria filosofia il Nolano era venuto riconoscendo semprepiù distintamente un valore etico-sociale, una significazione di annunzio evangelico e diuniversale rigenerazione; l’insegnamento diveniva predicazione e apostolato, e la sua opera dirinnovatore della scienza – tollerata, se non applaudita in Germania – si espandeva inun’azione di riforma religiosa, che le Chiese protestanti mostravano di reprimere conintransigenza non meno rigorosa di quella che lo stesso impulso avrebbe trovato in paesecattolico. La religione che Bruno propugna è una religione intellettualistica, naturalistica,semplificata, spoglia di dommatismi, al fine di sgombrare il terreno da ogni appiglio alledisquisizioni ed alle eresie; un deismo fondato sulla carità concorde degli uomini, che più nullaha di comune con la dottrina rivelata del cristianesimo. Risolta in questa visione etico-religiosala sua tormentosa indagine dialettica e cosmologica, Bruno è trascinato all’azione e concepisceil proposito di ridurre tutto il mondo ad una religione, traendone per sé, di conseguenza,quell’autorità politica, di cui la propria dottrina lo fa degno.Citiamo da Firpo il passo nel quale, nel solco delle considerazioni di Corsano, egliriconosce nei motivi che condussero il Nolano in Italia quelli propri di una decisivasvolta filosofica, che doveva aver mosso quegli a porsi a « capitano », passandodal campo della speculazione teoretica a quello della pratica22.La questione è meglio chiarita alla luce della terza denuncia di Giovanni Mocenigo,nella sua deposizione del 29 maggio 159223:Molto reverendo Padre et signor mio osservandissimo, perché la Paternità Vostra moltoreverenda m’ha imposto ch’io vada molto ben pensando a tutto quello che io havessi udito daGiordano Bruno, che facesse contro la nostra fede catholica, mi son ricordato d’havergli sentitodire, oltre le cose già scritte a Vostra Paternità molto reverenda, che il proceder che usa adessola Chiesa, non è quello che usavano gl’apostoli, perché quelli con le predicationi et congl’esmpi di buona vita convertivano la gente, ma che hora chi non vuol esser catholico, bisognache provi il castigo et la pena, perché si usa la forza et non l’amore; che questo mondo nonpoteva durar così, perché non v’era se non ignoranza, et niuna religione che fosse buona; che lacattolica gli piaceva ben più delle altre, ma che questa ancora havea bisogno di gran regole; etche non stava bene così, ma che presto presto il mondo haverebbe veduto una riforma generaledi se stesso, perché era impossibile che durassero tante corruttele; et che sperava gran cose su ’lre di Navara, et che però voleva afrettarsi a metter in luce le sue opere et farsi credito perquesta via, perché, quando fosse stato tempo, voleva esser capitano.E nel quadro della riforma ermetica delineata dalla Yates «anche questeaffermazioni concordano perfettamente con la dottrina esposta nello Spaccio»,essendo manifestazione della «missione religiosa ermetica» del Bruno e del concettodelineato in Firpo di una «connessione» tra magia e riforma religiosa in Bruno24.22 L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, cit, pp. 9-10. Si tratta delcapitolo II, Il ritorno in Italia del Bruno (Agosto 1591), nel quale lo storico torinese affronta la«questione preliminare» dei motivi del ritorno in patria del filosofo, «problema di sommo rilievo,perché quello stato d’animo iniziale ha certamente determinato tutta la successiva condottaprocessuale del Nolano».23 Ibid., Doc. 10, pp. 157-58.24 F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 255. La Yates riferisce leparole della suvvista terza denuncia del Mocenigo, traendole dai Documenti della vita di Giordano -------------------------------------------------------------------------------- Page 11 E forse proprio un’intenzione del genere può costituire la molla segreta dello Spaccio dellabestia trionfante: il mago opererebbe cioè sulle immagini celesti dalle quali dipendono tutte lecose inferiori, per far sì che la sua riforma possa attuarsi.Presentiamo adesso alcune considerazioni svolte da Firpo, che rivestono quiparticolare importanza25:Le pagine che precedono rappresentano un tentativo di lettura integrale ed obbiettiva deidocumenti e le deduzioni ultime che se ne possono trarre sembrano recare finalmente un po’ diluce sul problema nucleare del processo bruniano: il motivo centrale della condanna, ossia –trovando la condanna piena giustificazione legale nell’impenitenza – il motivo della pertinaceostinazione suprema. Tre spiegazioni sono state abbozzate e con varie argomentazioni difese:la fedeltà indefettibile al proprio credo filosofico; la constatazione desolata del fallimentod’ogni aspirazione alla riforma religiosa; una frattura d’ordine psicologico-sentimentale fatta èverso i giudici, di cupa disperazione, di indurato orgoglio, financo di follia.[…] D’altronde, fin dai primi interrogatori, il Bruno aveva sottolineato la propria esitazionedi fronte al carattere «ineffabile» di quei dati della rivelazione, aveva confessato la riluttanzadella ragione nel piegarsi al mistero, mai s’era accinto a scalzare razionalisticamente quellepietre angolari dell’intera religione cristiana. Certo dunque si è che la lunga disputa, alterna dicontestazioni, di arrendevolezze e di ripulse, che si disnoda nel corso del 1599, ebbe il suoterreno precipuo nel cuore della filosofia bruniana, sopra le tesi dell’infinita creazione senzatempo, dell’animazione universale e del moto terrestre. Di fronte alle accuse disciplinari oteologiche ben noto ci è il contegno del Bruno: negare il negabile, attenuare l’incerto, invocareil perdono per le colpe provate; nel campo filosofico invece egli non nega né sminuiscel’opinione che le stampe documentano, e si rifiuta altresì di riconoscerne l’errore, cioèl’inconciliabilità nei riguardi del dogma e della Scrittura. E’ in questo senso che a Veneziaaveva dichiarato di «saper più degli Apostoli», e in Roma aveva negato ai Santi Padri autoritàin materia di scienza, e si era detto preparato a chiarire «tutti i primi theologhi del mondo, chenon sapriano rispondere»: la verità certa e primaria, quella della prima filosofia, dovevaparergli conciliabile con la verità rivelata, sia pure sfrondando duramente le sovrastrutturedogmatiche, ritenute in gran parte arbitrarie.E’ in tale direzione che si manifesta, nella fase ultima del processo romano, l’aspirazionedel Nolano ad una radicale riforma religiosa. In questo conato si innestano quei «rudimenti dicritica biblica», che già erano stati acutamente rilevati nello Spaccio e che più largamentericompaiono nei costituti, là nel tentativo di ridurre il cristianesimo a favola morale, qui diforzare – spesso con evidente artificio – determinati versetti, onde foggiarne sostegno alleproprie tesi naturalistiche.Qui è la sintesi di quello che dové costituire, secondo l’analisi condotta dal Firposulle fonti processuali, l’atteggiamento del Nolano riguardo alle accuse che glivenivano mosse. La vicenda processuale affermò anche la dignità della filosofiarispetto alla religione rivelata, ciascuna delle quali si affermava «circa prima principiaindubitabilia» secondo quanto sentenziato nella Summa terminorum metafisicorum,«con la differenza che i principi della prima sono forniti d’immediata certezzarazionale, quelli della seconda sono manifesti perché ci provengono da una .Bruno, a cura di Vincenzo Spampanato, Firenze, 1933, p. 66: i documenti raccolti inquest’edizione sono stati ristampati a cura di G. Gentile dalla precedente pubblicazione dellostesso Spampanato, Vita di Giordano Bruno con documenti editi e inediti, Messina, Principato,1921 (riprod. anast. con postfazione di N. Ordine, Gela, Roma 1988). Per la terza denucia delMocenigo si veda ora nella nuova edizione del materiale processuale contenuta in L. Firpo, Ilprocesso di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, cit., Doc. 10, pp. 157-59.25 L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, cit., p. 105. -------------------------------------------------------------------------------- Page 12 superiore intelligenza»26. Il contegno del Bruno nella fase ultima del processo romanorivela quanto l’enunciazione teorica del principio fosse seguita dalla suadimostrazione pratica di fronte agli inquisitori, pur senza per questo giungere al puntodi «disumanare l’eroe della vicenda per raggerarlo in una mitologia»27.Così Firpo perviene alla sua Conclusione, dando veste critica all’immagine delfilosofo quale si presenta nella sua pur demitizzata grandezza. Firpo prosegue dunquedenotando28:L’atteggiamento del Bruno nel corso del 1599 si illumina così d’una piena coerenza: nonquella monolitica del diniego costante, ma quella umana e viva della lunga ed alterna disputacoi giudici e più con se stesso. Non folle ostinazione, non petulanza di grafomane si rivela nelsuo comportamento, ma volontà ferma di non lasciarsi soffocare, ansia di farsi comprendere,parabola dolorosa dalla speranza, allo stupore, alla disperazione. Il 25 gennaio Giordano sipiega all’intimazione del Bellarmino, ma chiede la condanna ex nunc e presenta un memorialea difesa: chiara è la contestazione del valore dogmatico di alcune almeno delle proposizionicensurate: il filosofo si sottomette docile, ma chiede in cambio riconoscimento di coerenzaspeculativa e nega ogni preesistente definizione della materia controversa. […] Si genera in luila persuasione di essere vittima d’una congiura di teologi che voglion far passare per errorequello che tale non è, o almeno mai fu definito, ed egli sente che l’opinione sua vale la loro enon vuole accettarne la sentenza; nega perciò di aver mai sostenuto eresie, non riferendosiinsensatamente alla massa di accuse del processo, ma al ristretto elenco di tesi filosofichecondannate, e rifiuta di rinnegarle non per ostinazione assoluta, ma per non soggiacere a quelloche gli pare un sopruso; si appella con gli ultimi memoriali al Papa, sperando che ClementeVIII possa intervenire, giudice imparziale, in una disputa nella quale Giordano vede se stesso ei membri del tribunale in qualità di contendenti, eguali affatto per autorità e dignità.Lo storico torinese definisce in questo modo il processo, giunto nella sua faseconclusiva, secondo i toni di una dotta contesa tra l’imputato e i suoi accusatori.Secondo questa chiave di lettura, accusa e (auto)difesa contendono l’una all’altra laragione finale e conclusiva di un processo condotto fino al suo drammatico epilogoattraverso affermazioni e contestazioni in tema di teologia così dell’una comedell’altra parte.E se «nessuno vorrà negare alla Chiesa cattolica che il processo fu condotto26 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., p. 275.27 Nel passo appena citato, Firpo prosegue: «La prima tesi può dirsi quella tradizionale,ricorre nel Berti e nel Tocco, trova pagine eloquenti nel Gentile, costruisce il mito del Brunoeroico e indomabile, non più mero difensore della teoria della doppia verità, ma assertore dellasupremazia assoluta del vero speculativo sui dogmi delle religioni positive, ridotte a semplicefunzione pratica e sociale. La sua sottomissione veneziana viene spiegata così come un coerenteossequio alla religio loci, un atto niente affatto umiliante, doveroso anzi e in armonia con la severariprovazione del Nolano per i seminatori di pubblico scandalo; quando poi i giudici veneti –alquanto artificiosamente dipinti come superficiali dabbenuomini – cedettero il posto agliinquisitori romani, al sottile Bellarmino, quando cioè l’esteriore sottomissione meramentedisciplinare apparve insufficiente e si volle che il Bruno subordinasse al dogma il proprio credofilosofico, passando dal piano pratico al piano speculativo Giordano si sarebbe mostratoinflessibile, senza un attimo di esitazione o di debolezza, fino alla morte. V’è in questa tesi, comevedremo, tanta parte viva di verità quanto basta ad assicurare da tutti gli antichi e nuovi detrattorila grandezza del Bruno, ma v’è anche un semplicismo, una tendenza a ridurre a moduli elementarie puramente razionali un comportamento certo complesso e intessuto di molteplici motivi, adisumanare l’eroe della vicenda per raggelarlo in una mitologia».28 Ibid., pp. 110-11. -------------------------------------------------------------------------------- Page 13 secondo il rispetto della più stretta legalità, senza acredine preconcetta, semmai conaccenni di tollerante comprensione per l’eccezionale personalità dell’inquisito»,ciononostante «per quanti ritengono invece arbitrario e violento, nel regno dellospirito, ogni atto di autorità, e nella libera ricerca riconoscono la più genuinavocazione umana, Bruno rimane la vittima di un’intolleranza, la cui giustificazionenon va oltre il piano storico, l’assertore non già di opinioni filosofiche contingenti,ma del diritto dell’uomo di credere a ciò che pensa, non di pensare per forza quellocui altri vuol ch’egli creda».Firpo, ciò premesso, può quindi concludere29:Giordano e i suoi giudici restano così personificazioni di due mondi antitetici, radicalmenteinconciliabili oggi come allora. Agli uomini dell’una e dell’altra schiera soltanto si puòchiedere che le rissose contumelie degli orecchianti, il loro sconsigliato zelo, non turbino queldibattito che ancora continua, dopo la sentenza ed il rogo, dovunque autorità e libertà sicontrappongono, in dialettica perenne, nella storia dell’uomo.Il problema filosofico ed insieme religioso del contrasto e dell’affermazione di unaverità sull’altra nel contesto di questo momento storico era, nel momento in cui Firpodiede inizio alla sua opera, già chiaramente scolpito in Corsano30:Da quando nel 1868 videro la luce integralmente i documenti del processo veneziano, ilproblema dell’atteggiamento del Bruno di fronte ai giudici veneti, prima, romani dopo, èdivenuto uno dei più appassionanti della storiografia moderna. Né si tratta delle sole difficoltàcausate dall’ancora insufficiente documentazione del processo romano, le cui lacune è ormaivano sperare che possano mai esser colmate, date le peripezie sofferte dall’archivio del SantoUffizio nel periodo rivoluzionario e napoleonico. Ma persino di fronte alla perfettadocumentazione del processo veneto sorsero e perdurarono dissensi di estrema gravità:basterebbe citarne uno solo, quello della impostazione dei rapporti fra filosofia e teologia.Intese il Bruno di considerare le due verità eterogenee, e ciascuno a suo modo perfetta, epperòincapaci di venire in conflitto e di richiedere alcun rapporto di subordinazione e sacrificiodell’una all’altra, oppure riconobbe una superiorità dell’una sull’altra? In questo caso, qualedelle due considerò superiore.La questione qui accennata necessita di un approfondimento, poiché è evidentel’indispensabile ricorso alle opere, soprattutto considerando la pressoché totaleimpossibilità di chiarire il problema con ulteriori ritrovamenti di carte processuali. Esolo a tal fine risulta possibile affrontare in modo proficuo i motivi insiti nellaspeculazione del Bruno: così invertendo l’azione compiuta da Firpo, e quindileggendo l’opera del Nolano attraverso la fonte processuale, quale momento diaffermazione compiuta del pensiero.Corsano analizza il ritorno in Italia del Bruno, rinvenendone la causa nel passaggioda quegli compiuto dalla teoria speculativa all’azione pratica, riferendo dai documentiprocessuali l’affermazione «che sa più degli Apostoli, che gli bastava l’animo di far,se avesse voluto che tutto il mondo sarebbe stato d’una religione»31.29 Ibid., pp. 112-15. Si vedano anche le considerazioni svolte in D. Quaglioni, Il Bruno diLuigi Firpo, cit., pp. 45-46, già esaminate in nota 4 dell’introduzione, nelle quali si cita il passo inquestione.30 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., pp. 275-76.31 L. Firpo, Il processo di Giordano bruno, a cura di D. Quaglioni, cit., Doc. 8, pp. 152-54:l’affermazione è estratta dalla deposizione del libraio Giacomo Brictano del 26 maggio 1592, nel -------------------------------------------------------------------------------- Page 14 Ma ci sarebbe ancora da spiegarsi quel voler sapere «più che non sapevano gli Apostoli»:che il Bruno volesse gareggiare in iscienza e dottrina con i semplici discepoli di Gesù, non parnemmeno da discutere: egli li avrebbe messi senza esitazione tra i sapienti di virtù asinina,ricettandoli di una perfezione tutta passivamente ricevuta, non attivamente ricercata eposseduta. E allora, per risolvere ogni incertezza, non resta che ricorrere a un altro documentodi assai più diffusa e minuziosa ampiezza, che è la denunzia del Mocenigo.Pur definendo la fonte «assai sospetta», per la mediocrità e meschinitàdell’accusatore, Corsano prosegue affermando:Tuttavia il documento potrebbe valere assai più della fonte: tanto più che, fuor di ogniindizio di natura psicologica, epperò troppo vago e congetturale, si è gia avuto il modo disaggiarne la veridicità col confronto di altre testimonianze: ciò fece il Tocco, trovanocoincidenze con i colloqui col Cotin, nel mentre lo Spampanato ha rilevato che quasi tutte leaccuse elencate nelle famosa lettera dello Scioppio sono quelle stesse che si incontrano nelladenunzia. Un terzo procedimento di verificazione potrebbe essere, a mio parere, il raffrontocon le opere inedite, l’ultima testimonianza autentica del pensiero del Bruno.Tra queste, tolti i De rerum principiis, che possono considerarsi una concentrazione supeculiari problemi di fisica della dottrina generale condotta a maturità nel De immenso, e laMedicina lulliana, che dichiaratamente non intende esser altro che una compilazione, meritanosoprattutto attenzione il De magia e il De vinculis.Si entra ora nel vivo dell’analisi dei motivi profondi della magia sociale del Bruno,così come asserita nelle due opere appena ricordate, e con particolare riferimento allaseconda.Ora, ciò che colpisce più in queste opere, che sappiamo essere dettate frettolosamente alBesler fra Francoforte, Zurigo e Padova, come se il Bruno fosse incalzato da un bisognoimperioso verso una impresa ormai indifferibile32, è il prevalere dell’aspetto prammatico eantropologico, così singolarmente in contrasto con la ispirazione pancosmica che abbiamovisto trionfare nel De immenso.Corsano prosegue richiamando la definizione del mago, che qui citiamo per interodal De magia, dove Bruno pone la necessità di isolare semanticamente l’oggetto didiscussione ed attribuirgli il giusto significato33:Antequam de magia, sicut antequam de quocunque subiecto disseratur, nomen in suasignificata est dividendum; totidem autem sunt significata magiae quot et magi.Magus I [primum] sumitur pro sapiente, cuiusmodi erant trismegisti apud Aegyptios,druidae apud Gallos, gymnosophistae apud Indos, cabalistae apud Hebraeos, magi apud Persas,qui a Zoroastre, sophi apud Graecos, sapientes apud latinos.Bruno apre il trattato passando in rassegna i diversi significati assunti dal terminemagia, e delle caratteristiche che connotano ciascuna delle tipologie elencate. Ad esseva aggiunta un’ultima definizione, per la quale Bruno avverte:corso della fase veneta del processo al Bruno.32 Qui Corsano evoca la Prefazione degli editori Tocco e Vitelli al vol. III delle Opeare latinecona, contenente le opere inedite, p. XXIV.33 Per i passi citati dal De magia di Bruno, l’edizione di riferimento è Giordano Bruno, Operemagiche, cit., pp. 158 sgg. -------------------------------------------------------------------------------- Page 15 Ultimo sumitur magus et magia iuxta significationem indignam, ut inter istas nonannumeretur neque ad numerata habeatur, ut magus sit maleficus utcunque stultus, qui excommercio cum cacodaemone et pacto quodam pro facultate ad laedendum vel iuvandum estinformatus; et iuxta hanc rationem sonat non apud sapientem, vel ipsos quidem grammaticos,sed a quibusdam usurpatur nomen magi bardocucullis, qualis fuit ille fecit librum De malleomaleficarum, et ita hodie usurpatur ab omnibus huius generis oribus, ut legere licet apudpostillas, catechismos ignorantum et somniantium praesbyterorum.Dalla sua rassegna Bruno esclude, respingendola, la concezione in chiave negativadei termini mago e magia, secondo la quale mago sarebbe anche colui che intesserapporti o alleanze con demoni malvagi, così acquisendo la facoltà di provocare ildanno o dare il giovamento. Abusato da scrittori di bassa lega, i termini si richiamanonon presso i sapienti né dai grammatici, ma «apud postillas, catechismos ignorantumet somniantium praesbyterorum».Nomen ergo magi quando usurpatur, aut cum distinctiontione est capiendum antequamdefiniatur, aut si absolute sumitur, tunc iuxta praeceptum logicorum et specialiter Aristotelis inV Topicorum pro potissimo et nobilissimo significatu est capiendum.E’ la conclusione, l’ammonimento finale, dove Bruno considera come il nomemago debba assumersi, ancor prima di definirlo, tenendo presenti le sue varieaccezioni, «aut si absolute sumitur» nel suo senso eminente e principale.A philosophis ut sumitur inter philosophos, tum magus significat hominem sapientem cumvirtute agendi.Corsano approfondisce l’analisi intorno al De vinculis in genere, considerando orada vicino l’arte dell’avvincere, ed inserendola all’interno di considerazioni critichesulla speculazione bruniana che, nel suo ultimo tratto, si fa pratica anelando adattuarsi in chiave civile34.E nel cenno introduttivo al De vinculis in genere, per il possesso di quest’artedell’avvincere, senza di cui non si è medico, non indovino, non uomo d’azione, non amante,non filosofo, se si richiede una conoscenza universale delle cose («rerum quodammodouniversalem rationem») si è per la conoscenza e per il dominio compiuto dell’uomo, «quiepilogus quidam omnium est»; e si dichiara insistentemente essere quest’arte inalienabiledall’azione sociale, come strumento infallibile per operare sugli uomini e piegarli ai propri fini,e cogliere tutti i processi di reciproca attrazione e seduzione che operano sulla natura umana:sia che abbiano origine psicofisica da istinti e bisogni di sensuale dilettazione, sia che neabbiano una più schiettamente psichica e culturale, derivante da opinioni e convenzioni che, sestabilite, acquistano carattere di naturale fissità; sia che vengano infine da un’affascinatrice,persuasiva potenza di numeri e costrutti, quale esercita la bene ornata parola dell’oratore.[…] Ma qui importa soprattutto segnalare come vi domini la preoccupazione del dominioetico-sociale, del «civiliter vincire», che ritorna quasi ad ogni passo dell’opera, e si determinacon maggiore vigore nell’ammonimento che cotesto risultato non si possa conseguire se non sidistingua bene la diversità dei temperamenti su cui si opera («diversitatem compositionum etcomplexionum»), e non si sappia che altro è condursi con gli uomini di alta eroica natura, altrocon i comuni, altro con i più rozzi e brutali.Si potrebbe dunque pensare che il Bruno s’illudesse di poter fare accettare quella suareligione della pura filantropia agli uomini tutti, quando gli avviene così spesso di mettere fra i34 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., pp. 278-83. -------------------------------------------------------------------------------- Page 16 fondamenti della sua etica la filautia, col riconoscimento della quasi inestirpabile dedizionedell’uomo all’amor di sé, all’egoismo caparbio e inflessibile, ma a suo modo perfettamentenaturale, quindi razionale?La risposta ce la danno le Tesi sulla magia: in cui fra le condizioni fondamentali dell’azionemagica, pel dominio della universale natura dell’uomo e per l’uomo, è posta la fede,onnipotente operatrice di miracoli […]dichiarata «vinculum magnum et vinculumvinculorum», cu seguono «veluti filiae», tutte le forze più poderose dello spirito umano, daquelle più alte, «spes, amor, religio», alle più torbide e irruenti ma anche potenti e operosepassioni; e la scienza non men che l’ignoranza, causatrice di prava disposizione all’agire.E si sottolinei con decisione il legame delle precedenti considerazioni con lareciprocità del vincolo, che qui si va componendo, secondo l’interpretazione diCorsano, nell’indagine del Bruno35.Così era anche naturalmente segnato il passaggio al De vinculis, potendosi ben considerarela fede come il modello più perfetto di quel vincolo che connette con uguale potenza diobligatio il vinciens e il vincibile, il soggetto attivo operante e il passivo credente. Poiché qui ilBruno raggiunge la più alta consapevolezza di quello che aveva già avvertito nei termini piùapertamente naturalistici delle opere precedenti: non potersi far credere senza credere, poiché“non est possibile vincire quenquam sibi, cui vinciens ipsum non siet etiam obligatus”, poichéper operosa e dominatrice che sia la condizione del vinciens, in quanto vinculis dominans e taleda essere affetto solo per una sua peculiare maniera, non può essere che egli si sottraggaall’intima legge della reciprocità del vincolo senza cadere nella impotenza: come non puòessere veramente amato chi non ami, come non c’è retore che persuada senza essere persuaso.La concezione della magia in chiave civile conduce il Nolano ad un atteggiamentoche interpreta quindi il vincolo inserendolo nel contesto sociale.Se «l’impianto teorico della concezione bruniana della magia poggia su dueprincipi semplici: 1) la continuità scalare del reale o scala degli esseri; 2)l’onnipervadenza dell’anima del mondo o spirito universale», le cautele con le qualisono poste le distinzioni in tema di concezioni della magia, secondo la prospettivaadottata in apertura del De magia, precedono le considerazioni svolte sul tema delciviliter vincire36.Bruno, dunque, afferma la dignità della magia liberandola dalla critica negativafrutto di certi autori, svolgendo poi in maniera lucida le proprie considerazioni sulla35 Ibid.36 A. Biondi, Introduzione, in Giordano Bruno, De magia, De vinculis in genere, a cura di A.Biondi, Pordenone, Biblioteca dell’Immagine, 1986, pp. IX-XIX. Il curatore dell’edizioneprosegue affermando: «La scala degli esseri è simbolo tradizionale della continuità del reale […]:Bruno la delinea in ripetute occasioni, e da diversi punti di vista, articolandola variamente,moltiplicandone I passaggi o gradi o livelli. Essa è il tramite o la sede di un processo antitetico didiscesa/ascesa che esprime il movimento delle forme nello spazio infinito e nel tempo infinito. Idislivelli di realtà sono il presupposto della dottrina degli ‘influssi’ e dei ‘vincoli’: “principio dellamagia è considerare l’ordine degli influssi o scala degli enti: che è lo strumento per cui, comesappiamo, Dio agisce sugli dei, gli dei sugli astri, gli astri sui demoni, i demoni sugli elementi, glielementi sui composti”. Ad ogni livello di questa scala si identifica una realtà superio