Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 54 (2000)
di Angela Negro
GIMIGNANI, Giacinto. - Figlio del pittore Alessio e di Dianora Tognelli nacque a Pistoia e fu battezzato nel duomo di quella città il 23 genn. 1606.
La sua formazione si compì verosimilmente a margine dell'attività paterna, che non dovette tuttavia superare i limiti di un ristretto ambito provinciale. Il linguaggio del padre, nitido e austero, solo occasionalmente sfiorato dai modi di Santi di Tito, di M. Rosselli e di B. Poccetti, come indica la produzione nota di Alessio, databile complessivamente dal 1598 al 1635, non risulta aver lasciato tracce consistenti nell'opera del G., se non per la solida base disegnativa che rimarrà elemento costante del suo percorso.
L'attività del G., sondata dapprima da Di Domenico Cortese (1967) è stata delineata globalmente da Fischer Pace (1973) con successive ricognizioni parziali anche sulla produzione di disegni (1979); nuovi aggiornamenti sono venuti da Negro (1997) e da Fagiolo dell'Arco (1998).
La presenza del pittore a Roma è documentata per la prima volta da un pagamento di 180 scudi in data 24 maggio 1630 da parte della Camera apostolica per la copia di un dipinto nelle Stanze Vaticane. L'inserimento del giovane pittore nella città papale dovette giovarsi della presenza in città di due patrizi pistoiesi, molto introdotti nella corte di Urbano VIII Barberini: F. Bracciolini e soprattutto il giovane prelato Giulio Rospigliosi, letterato e collezionista di grande caratura, che diverrà poi papa col nome di Clemente IX (1667-69). La protezione accordata da Rospigliosi al G. per quasi un trentennio, e al figlio di lui Ludovico, anch'egli pittore, sarà un supporto determinante per la carriera di entrambi.
Nel 1632 il G. fu pagato per un intervento in palazzo Barberini alle Quattro Fontane, identificato con la lunetta nella cappella affrescata con il Riposo in Egitto da Fischer Pace (1973, pp. 181-183; 1979, p. 23) sulla base di un disegno preparatorio dell'Istituto nazionale della grafica, cui è da aggiungersi un altro foglio in collezione privata spagnola (Mena Marquez, 1985).
L'intervento venne compiuto sotto la direzione di Pietro Berrettini da Cortona, e a fianco di G.F. Romanelli e P.P. Baldini, pagati per somme assai superiori ai 50 scudi corrisposti al G., giustificata da una più ampia partecipazione al cantiere. Da essi il G. risulta quasi indistinguibile sul piano stilistico, tanto forte è la comune acquiescenza verso i dettami del maestro, progettista ed esecutore egli stesso di parte della decorazione. Nell'orbita di Berrettini si svolse comunque il decollo romano del G., come indicano i due principali biografi, Pascoli e Pio.
Le prime opere autonome e di stretta derivazione cortonesca, come il Pasce oves meas di Castel San Pietro sopra Palestrina del 1632, pagatogli dal cardinal Francesco Barberini o il Mosè salvato dalle acque (Roma, collezione Ducrot; Fagiolo dell'Arco, fig. 12) si distinguono per la netta scansione dei volumi e il taglio imponente e pausato delle figure.
Prevale quindi, fin d'ora, una vocazione classicista che guarda all'antico (forse attraverso l'imponente classificazione dei reperti promossa a margine della corte barberina da Cassiano Dal Pozzo) ma anche a Raffaello, al Domenichino e a G. Reni.
La corrispondenza di G. Rospigliosi del quarto e del quinto decennio del 1600 è illuminante per chiarire il graduale inserirsi del pittore nell'ambiente artistico romano grazie al suo protettore. Rospigliosi aveva iniziato la sua carriera di Curia come segretario del cardinale di S. Onofrio, Antonio Barberini senior, fratello di Urbano VIII e protettore della congregazione di Propaganda Fide e non è casuale che nel 1634 il G. risulti abitare proprio nel palazzo di Propaganda, da una lista di pittori aggregati al sodalizio sottoposto agli annuali versamenti dell'Accademia di S. Luca (Noack). Proprio in quell'anno, del resto, egli firmò un dipinto per la cappella interna al palazzo, con l'Adorazione dei magi, caposaldo della sua prima produzione romana.
Le vicende della commissione sono chiarite in una lettera di Rospigliosi al fratello Camillo a Pistoia del 12 ag. 1634. Il pittore era stato proposto dal suo protettore al cardinal Barberini per un dipinto destinato alle monache agostiniane dello Spirito Santo alla colonna Traiana. Sfumata l'occasione a lavoro iniziato, Rospigliosi pagò personalmente l'opera pensando di fare spedire a Pistoia il quadro compiuto "con grandissima soddisfatione di chi l'ha visto" (Negro, 1997, p. 200). La sfortunata vicenda fruttò però al G. l'incarico di quattro quadri da parte del cardinale Barberini, di cui due per la chiesa di S. Maria della Concezione e uno per le sue stanze, tutti dispersi a differenza della pala d'altare per la cappella di Propaganda Fide.
L'opera è indicativa di quanto le scelte del pittore stessero ormai divergendo dal cortonismo più ortodosso: le figure, grandeggianti con scolpita evidenza come in un fregio classico, sono condotte con un segno fermo e inciso e campiture cromatiche squillanti e cristalline. Vi affiora l'attenzione crescente del G. verso gli artisti francesi gravitanti, nel quarto decennio del secolo, intorno alla corte barberina: non solo Poussin, indicato già da Pascoli e poi da tutta la storiografia successiva come parametro essenziale della sua formazione (e imitato nella sua produzione più severa e neoraffaellesca che occupa proprio gli anni Trenta del secolo), ma anche C. Errard, J. e P. Lemaire, J. Stella e P. Mignard. Una pleiade di pittori oltremontani, tutti più o meno attratti dal binomio Cassiano-Poussin. Nello studio dell'antico e nel retaggio raffaellesco, rivitalizzato dai grandi esempi del Domenichino e di Reni, essi individuavano un percorso obbligato verso l'espressione degli affetti, la chiarezza atteggiata del gesto, la valenza ideale delle immagini, valori cui il G. stesso si manterrà sostanzialmente fedele per tutto il suo percorso.
Nel 1639 il G. partecipò, unico italiano in una compagine tutta francese, alla commissione di sedici quadri con soggetti tratti dalla Gerusalemme liberata per F.A. d'Estrées, ambasciatore straordinario a Roma della Corona di Francia, poi collocati nel palazzo La Ferté-Senneterre a Parigi e quindi dispersi, che vide impegnati al suo fianco Errard, Mignard, Perrier e P. Lemaire, come risulta dal contratto, rinvenuto da Fischer Pace (1973, p. 169). Di mano del G. è l'Incontro di Rinaldo ed Armida nella foresta incantata firmato e datato 1640 e oggi al Museo di Bouxwiller in Alsazia, dove sono conservati altri due pezzi della serie già attribuiti al G. dalla studiosa, ma ricondotti da Boyer e Brejon de Lavergnée (pp. 231-237) rispettivamente a Errard (Rinaldo lascia Armida) e a Mignard (Goffredo di Buglione curato da un angelo).
Un secondo dipinto del G. menzionato nel contratto, disperso e di cui non si conosce il soggetto, potrebbe forse corrispondere alla Fuga di Erminia documentata da un suo disegno all'Ashmolean Museum di Oxford, e da un altro all'Albertina di Vienna, in piena consonanza tematica con il dramma pastorale Erminia sul Giordano scritto da G. Rospigliosi per il teatro Barberini e rappresentato nel carnevale 1633.
La grande tela di Bouxwiller sottolinea comunque per lucidità di visione e splendore cromatico l'affinità stilistica del G. con il milieu artistico d'Oltralpe, peraltro molto apprezzato dallo stesso Rospigliosi.
Il G. visse in questi anni a stretto contatto con la comunità oltremontana: nel 1637 abitò in via Rasella, zona brulicante di presenze francesi (e vicina alla "reggia" dei Barberini) col servitore "Jacomo Loret", poco distante da Pierre Mignard, documentato con alcuni connazionali in via della Madonna di Costantinopoli. E in via Rasella è ancora segnalato dagli Stati d'anime di S. Nicola in Arcione nel 1639 con un altro servitore francese prima di passare nel 1640 in una casa di strada Felice (oggi via Sistina) nell'isolato di Trinità dei Monti dove pose la sua residenza romana permanendovi fino alla morte.
In questo fortunato decennio il pittore mantenne vivi anche i rapporti con i committenti toscani: nel 1636 compì un grande Dipinto per l'altare di S. Rocco nel duomo di Pistoia, di cui oggi sopravvivono solo pochi frammenti. Una commissione procuratagli da Bracciolini e Rospigliosi e pagatagli nel 1638 la ragguardevole cifra di 354 scudi a seguito delle ripetute richieste epistolari di quest'ultimo. La foto che documenta il quadro prima della sua distruzione nell'ultima guerra, ne testimonia l'impianto solenne (con gli otto santi protettori di Pistoia sovrastati dalla Vergine e il Redentore) che sembra memore della cultura emiliana, soprattutto di Reni e del Guercino, con una condotta pittorica puntuale e disegnativa ancora testimoniata dai pochi frammenti superstiti (Falletti, p. 44). Di questi anni è anche una coppia di grandi storie bibliche in collezione Corsini a Firenze: Cristo e la samaritana al pozzo, firmato e datato 1637, e Rachele che nasconde gli idoli (firmato e datato 1638) dove ancora a Pietro da Cortona guardano le tipologie dei personaggi, rigorosamente disposti su un unico piano, mentre i volumi scolpiti, la policromia limpida e timbrata e gli stessi paesaggi di fondo ricordano il classicismo più limpido e antiquariale di area bolognese, di A. Carracci, dell'Albani e del Domenichino. Nel 1637 dipinse per la villa Medici a Roma una tela per un soffitto con Ero e Leandro oggi nel Museo civico di Pistoia (trasferita dagli Uffizi) ispirata a una favola ovidiana di stesso soggetto che F. Bracciolini aveva rielaborato in uno scritto per le nozze di Taddeo Barberini e Anna Colonna (Ero e Leandro: favola marittima di Bracciolino dell'Api, Roma 1630) e risolta in una riuscita simbiosi di nobiltà formale e di intenso lirismo. Infine, nel 1642 il G. dipinse a Roma il S. Sebastiano curato da s. Irene per l'altare Baldinotti in S. Domenico a Pistoia, firmato e datato e tornato di recente nella sede originaria.
Il 18 nov. 1640 il G. sposò, in S. Lorenzo in Lucina, Cecilia, figlia del pittore veronese Alessandro Turchi. La coppia si stabilì nella casa di via Felice dove fu allietata da otto figli: Ludovico, nato nel 1643, Filippo (1648) ed Eleonora (1650). Seguirono Eulalia, Felice e Alessandra, nate a Firenze rispettivamente nel 1653, 1655 e 1658, e, di nuovo a Roma, Alessio (1661) e Francesco (1666).
Il classicismo morbido e raffinato di Turchi, che era a quel tempo al vertice della sua carriera romana e apprezzatissimo dai collezionisti (anche francesi) soprattutto per la sensualità distillata delle sue scene profane, incise direttamente sulla produzione del Gimignani. Lo attesta una sequenza di opere tutte collocabili sullo scadere del quinto decennio come la Sacra Famiglia in S. Maria dell'Anima, firmata e datata 1640, l'Allegoria della Speranza in collezione Pallavicini, o anche la pala con S. Agostino e il Bambino Gesù in S. Pudenziana del 1640 o l'Adorazione dei magi a Bourgley House (collezione marchese di Exeter) firmata e datata 1641. Tutti dipinti in cui la gamma cromatica tende a smorzarsi e i volumi sono ammorbiditi da soffici infusioni di ombre.
Scomparso di scena Turchi (che morì nel 1644) il G. si riaccostò nel pieno del quinto decennio a un classicismo nitido e statuino che guarda ancora ai francesi e a Poussin (sempre imitato a livello lessicale senza mai sfiorarne lo spessore speculativo) come nel Martirio di s. Erasmo di S. Maria della Pietà in Vaticano del 1640 (distrutto ma noto attraverso disegni) o nella splendida Morte di Virginia ora in collezione milanese, del 1644 (Negro, 1997, p. 205). Ma fu soprattutto il Domenichino e il classicismo bolognese più algido e illustre a polarizzare la sua attenzione, dove le scene, sacre o profane che fossero, furono declinate con scrittura nitida e taglio retorico.
Così avviene nelle due lunette con Storie dei martiri persiani nella cappella Filonardi in S. Carlo ai Catinari (di cui una con la Distribuzione delle elemosine è firmata e datata 1641) e nel grande affresco con la Visione di Costantino nel battistero Lateranense, dove il G. interviene all'esordio del quinto decennio sotto la direzione di Andrea Sacchi, a fianco di pittori come A. Camassei, C. Magnoni e l'esordiente C. Maratti, assai più sensibilizzati dai modi del maestro. Un incarico di grande prestigio che sottolinea gli stretti legami del pittore con la cerchia di papa Urbano, promotore dell'impresa. In questo clima si spiega bene l'apprezzamento dimostrato al G. anche da alcuni satelliti della corte papale: così A. Giori, maestro di camera di Urbano VIII e poi cardinale, che commissionò al G. una Flagellazione per S. Maria in Via a Camerino, sua città d'adozione, nel 1643, e G.M. Roscioli, subentrato nella stessa carica che annoverava nella sua collezione un'Andromeda del G. acquistata per 50 scudi nel 1638, o ancora i Gavotti che secondo il Pio, possedettero molti suoi quadri.
La partenza di G. Rospigliosi per Madrid come nunzio papale in Spagna nell'aprile 1644 e soprattutto il disciogliersi della corte barberina con la morte di Urbano VIII (29 luglio 1644) e la fuga in Francia dei "nepoti" privarono il pittore di gran parte delle relazioni che avevano fino allora sostenuto la sua carriera. Il G. troverà nuovi spazi presso i Pamphili, decorando con fregi affrescati nel palazzo a piazza Navona la Sala delle donne illustri (1648) e poi quella delle Storie romane e partecipando con lavori imprecisati alla decorazione della villa di Bel Respiro.
Nella compagine dei decoratori del palazzo di città, che comprendeva anche Camassei, G.A. Galli detto lo Spadarino e G. Brandi, il G. è quello che più degli altri si accostò al versante pamphiliano del classicismo, quello marmoreo e antichizzante che darà spazio ad A. Algardi, a F. Duquesnoy, a F. Cozza e a G.F. Grimaldi. Gli affreschi del palazzo di piazza Navona, limpidi e composti, con figure allineate a bassorilievo su fondi di paese, testimoniano bene, a questa data, quello che fu sempre uno dei filoni più battuti dal G., le storie antiche bibliche o mitologiche che entrarono a far parte, con la loro dignità, di tante collezioni italiane e straniere. Per un pubblico colto e di media levatura la sua produzione assicurava, del resto, soggetti illustri e "all'antica" a prezzi contenuti, rispetto agli irraggiungibili dipinti della triade Cortona-Sacchi-Poussin, dei maestri ancora operanti a Bologna come il Guercino e il Reni, o di pittori più giovani, ma assai più ricercati, come Romanelli. Non è un caso che l'inventario della casa del pittore, steso dopo la morte, ci fornisca un lungo elenco di storie di Alessandro, di Enea, di Scipione ma anche di episodi biblici accostati ai soggetti sacri o ad allegorie morali.
Le difficoltà di trovare commissioni nel competitivo ambiente romano portarono in questi anni il G. a realizzare numerose pale d'altare per la provincia, come la Madonna e santi di Castellaro, presso Reggio Emilia (Frisoni, pp. 263 s.) datata 1644, la pala con la Madonna e s. Domenico per Prato Sesia in Piemonte (Venturoli, pp. 233 s.) databile fra il 1646 e il 1652, o quella con Madonna e santi per il duomo di Grosseto, firmata e datata 1648 (Martini, p. 24). In questo periodo diventa frequente anche la produzione di incisioni, spesso riproducenti quadri già realizzati (e in gran parte dispersi) o più raramente destinata all'illustrazione di libri come i dodici rami con Giochi di putti (di cui sei siglati con le iniziali intrecciate e uno datato 1647, con lo stemma del cardinale Carlo de' Medici) poi pubblicati nelle Vitaeet res gestae pontificumRomanorum… a Clemente X usque ad Clementem XII, Roma 1751, e due vedute di battaglie per illustrare il secondo volume del De bello Belgico del gesuita Famiano Strada (Roma 1647).
Proprio il diradarsi delle occasioni professionali, sullo scorcio del quinto decennio, dovette spingerlo a cercare nuove opportunità a Firenze. Nel 1652 il G. lasciò la casa di via Felice, dove l'anno precedente aveva ospitato anche il padre Alessio, e si trasferì a Firenze dove risiedette nel 1653 nella parrocchia di S. Frediano, per spostarsi dal 1655 in quella di S. Felicita, come risulta dagli atti di battesimo delle tre figlie che gli nacquero in quegli anni, conservati presso l'archivio di S. Maria del Fiore.
Nel 1653 il G. lavorò per l'arazzeria medicea, con il cartone per la scena dell'Ingresso di Giovanna d'Austria a Firenze, tessuta in arazzo da P. Fevère e oggi agli Uffizi. Per la corte granducale dipinse anche due grandi quadri con Storie medicee (1656), quanto mai monotoni nella loro diligente ricostruzione storica. Nel 1654 aveva anche firmato e datato l'affresco con il Parnaso in palazzo Niccolini a Firenze: una raggelata e quasi ingenua meditazione sul grande modello raffaellesco delle Stanze Vaticane. Ma significativa è soprattutto la serie di dipinti realizzati per i Rospigliosi di Pistoia, venticinque quadri con storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, favole mitologiche e un Ratto delle Sabine collocabili orientativamente fra il 1652 e il 1654 (cinque sono datati) e attualmente divisi fra il Museo Clemente Rospigliosi e la Collezione della Cassa di Risparmio di Pistoia.
La serie, imponente ed eseguita per lo più in sequenza, come indica l'affinità dei soggetti, delle cornici e della condotta stilistica, compone insieme ricordi romani (da Raffaello, dalla Galleria Farnese, dallo stesso Cortona) aggiornandoli con il gusto morbido e decorato della pittura fiorentina del momento, con infusioni di ombre e arredi preziosi, in una dimensione larvatamente sensuale che richiama la cultura di F. Furini, ma anche l'astrazione idealizzante di Dolci. È da sottolineare il livello complessivamente modesto dell'intera sequenza, per cui è stata avanzata l'ipotesi di un forte contributo di aiuti. Il pezzo più significativo è il grande Ratto delle Sabine, firmato e datato 1654 del Museo Rospigliosi: un singolare mélange di spunti pussiniani e cortoneschi, raccolti a freddo in una garbata quanto statica composizione di taglio teatrale.
Probabilmente dello stesso genere era la serie, perduta, di dodici dipinti di soggetto mitologico e allegorico che risultano posseduti dal principe Mattias de' Medici in un inventario del 1659: una commissione forse procacciata dalla lettera del 1654 che il pittore indirizzò al principe con un disegno di Aci e Galatea, chiedendo lavoro in termini piuttosto patetici: "et la supplico di aiutare la barca, quale se non sarà aiutata dal vento favorevole di V.A. sarà sommersa da crudeli Aquiloni, de' quali in questo passato ne ho trovati molti, et la maggior parte che li Haveva tenuti, et li teneva in luogo di fratelli" (Pini - Milanesi). Le difficoltà e le gelosie professionali spinsero sempre più il pittore in circuiti provinciali, e in questo clima si collocano i tre dipinti realizzati per Fano, di cui una Sacra Famiglia, nel seminario vescovile, datata 1654, e gli affreschi per le cappelle Borsotti e Boccella in S. Agostino a Lucca, del 1657, di un livello estremamente modesto.
Nel frattempo a Roma la fine del pontificato pamphiliano e l'elezione di Alessandro VII Chigi nel 1655 sembravano offrire al G. nuove opportunità professionali. Non solo: nel 1653 era rientrato a Roma dalla Spagna Giulio Rospigliosi, legato da vecchia amicizia al nuovo pontefice, ed ecco il G. riapparire al suo fianco, come indica una lettera di Rospigliosi al fratello del 26 apr. 1655 (Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 13367, c. 84).
Solo nel 1661, tuttavia, il G. tornò con la famiglia in pianta stabile a Roma nella casa di via Felice, e venne subito coinvolto da Bernini in alcuni cantieri chigiani di periferia. Nel 1661 firmò e datò il quadro con la Gloria di s. Tommaso di Villanova nella berniniana chiesa di Castelgandolfo, affiancando Berrettini e G. Cortese nella realizzazione delle pale d'altare. Per il quadro esiste un pagamento di 25 scudi "in acconto" del 2 marzo 1661, preceduto da una nota scritta di Bernini, quasi un "visto di cantiere" che sottolinea la dipendenza operativa del G. dal grande architetto (Golzio, p. 403). Le tappe dell'elaborazione del quadro sono scandite da due disegni l'uno a Lipsia (Lo Bianco, p. 124) l'altro in collezione privata (Fagiolo dell'Arco, fig. 21) e da un modello nella Galleria nazionale d'arte antica a Roma (Negro, 1997, p. 403). L'opera si pone come primo termine di confronto del pittore con il linguaggio berniniano: gli scorci prospettici e i vortici luminosi non si addicono tuttavia al G. che compone a freddo la sua macchina devozionale, con una visione rigorosamente frontale e un linguaggio così pacato e disegnativo da sconfinare nel rigore purista. Nella stessa temperie stilistica è costruito il S. Tommaso di Villanova che risana uno storpio in S. Maria di Galloro del 1661, e la Morte di s. Antonio Abate nella collegiata di S. Maria Assunta ad Ariccia del 1667 (Mignosi Tantillo, 1990, I, pp. 102 s.; II, p. 74) tutti quadri appartenenti ai cantieri chigiani diretti da Bernini, dove il classicismo integralista del G. appare inevitabilmente superato dal brio e dagli illusionismi di cui sia Cortese sia lo stesso figlio del G., Ludovico, davano prove estremamente brillanti.
Ancora sotto la direzione di Bernini il G. dipinse nel 1664 a Roma, la tela con Eliseo che purifica le acque di Gerico nella cappella Fonseca in S. Lorenzo in Lucina. La scarsa consonanza col barocco più vertiginoso ed eclatante che stava progressivamente affermandosi (stava sorgendo l'astro del Baciccio), lo spinse ad accettare incarichi periferici, come i due austeri dipinti per la collegiata di Lucignano in Val di Chiana, con S. Carlo che assiste gli appestati del 1661 e il Martirio di s. Lucia del 1666.
Il rigore classicista perseguito con costanza per tutto il suo percorso lo rese idoneo a immagini di forte valenza devozionale come erano probabilmente tre stendardi domenicani realizzati per il giubileo del 1675, perduti ma documentati dalle fonti (Chracas, 13 ott. 1725, n. 1278) uno dei quali attraverso un disegno del Courtauld Institute di Londra (Fagiolo dell'Arco, fig. 25). E altrettanto bene il suo stile si prestava a divulgare quelle composizioni allegoriche di significato morale nelle quali un modello insuperato era stato Poussin, grazie anche ai suggerimenti di G. Rospigliosi. Significativo in questo senso è il grande quadro con il Tempo che strappa le ali ad Amore firmato e datato 1664, oggi sul mercato milanese, che si avvicina nel tema all'affresco con l'Allegoria della Verità realizzato in palazzo Cavallerini a Roma in quello stesso anno, già pubblicato da L. Salerno (Il palazzo Cavallerini a via dei Barbieri, in Palatino, VIII [1964], pp. 13 s.). Allo stesso genere appartiene la splendida Allegoria della Fortuna che premia l'Ignoranza e respinge la Virtù già in collezione privata inglese, e acquistata per la Galleria nazionale d'arte antica di Roma, di cui esiste un disegno preparatorio a Boston (Museum of fine arts). Il quadro fu poi riprodotto dal G. in un'incisione del 1672 (Miller, 1986, pp. 446-449) e registrato nell'inventario dopo la morte del pittore. Il dipinto, ricordato da un epigramma di Giovanni Michele Silos (Pinacotheca sive Romana pictura et sculptura libri duo…, Roma 1673, n. 289) si allinea ai numerosi quadri di soggetto morale prodotti nella corte chigiana (si pensi soprattutto alla Fortuna che premia l'Ignoranza di S. Rosa oggi al Getty Museum di Malibu) e sembra adombrare la situazione professionale spesso non felice del pittore, che secondo Pio "ebbe pochissima fortuna".
Relegato ormai a un ruolo di secondo piano, il G. continuava a comporre quadri biblici e di storia per collezionisti anche di gran livello come i Chigi (per i quali realizzò nove "favole" copiate dalla Galleria Farnese per il palazzo di Formello) e probabilmente la regina Cristina di Svezia, donde molti suoi dipinti passarono nella raccolta del cardinale Decio Azzolino (Montanari). Rimase però tagliato fuori dalle maggiori imprese pontificie, e anche le canonizzazioni promosse da G. Rospigliosi, divenuto papa Clemente IX nel 1667, lo videro defilato rispetto al ruolo determinante assunto da L. Baldi, anche lui pistoiese, e dal figlio dello stesso G., Ludovico, assai apprezzato dal nuovo pontefice. Gli restarono incarichi di rilevanza minore o, ancora una volta, periferici, come i cinque dipinti per l'oratorio gesuita di St Jaume a Marsiglia, oggi trasferiti nel Musée des beaux arts, databili orientativamente fra il 1663 e il 1668, come indicano le date apposte a due delle tele, la Comunione della Vergine e l'Adorazione dei magi (Gloton, p. 32), il modesto quadro con il Martirio di s. Sebastiano nella collegiata di S. Stefano a Bracciano del 1669, e i quattro dipinti, assai poveri, di Amelia, dove due figlie del pittore erano monache nel monastero benedettino di S. Magno: un S. Liborio, nel duomo, firmato e datato 1672 e tre tele nella chiesa di S. Michele Arcangelo, fra cui un Arcangelo Michele del 1677.
Anche le numerose opere di Perugia nel convento benedettino di S. Pietro, ebbero una motivazione di carattere personale: qui infatti Alessio, il figlio del G., prese l'abito nel 1677, e in quell'anno è documentata la presenza del pittore nel cenobio. A questi anni risalgono i cinque dipinti che ancora vi si trovano, fra cui un Totila dinanzi a s. Benedetto datato 1676. Opere intonate a un classicismo composto e senza esiti innovativi, che adottò come sempre i più vari spunti, dal Domenichino di Grottaferrata (due Storie dei ss. Mauro e Placido) al rilievo di Bernini per il portico di S. Pietro (Pasce oves meas).
Di questa fase estrema è anche l'ultima impresa decorativa in grande: gli affreschi nell'abside della Madonna dei Monti a Roma, commissionati probabilmente dal pistoiese Michele Pacini, seppellito nella chiesa nel 1676. In un momento di classicismo montante e rinnovato, che vedeva la progressiva e irresistibile affermazione di Maratti e l'uscita delle Vite di Bellori, il G., ormai vecchio, tornò a un classicismo nitido e monumentale che sembra meditare sulla "maniera grande" di Reni, e di Sacchi. Ancor più composta in questo senso è la Cena in Emmaus nel refettorio dei barnabiti presso S. Carlo ai Catinari, ultima opera nota del G., firmata e datata 1678.
Il G. morì a Roma il 9 dic. 1681 e fu seppellito, dopo solenni onoranze, cui parteciparono gli accademici di S. Luca, nella chiesa di S. Andrea delle Fratte. La tomba di famiglia, nella prima cappella a destra, decorata con un S. Michele Arcangelo di Ludovico, era stata voluta dallo stesso G. nel 1667, in occasione della morte della moglie Cecilia Turchi; l'iscrizione, dispersa, è documentata da Pascoli e da Forcella.
Il testamento, datato 19 febbr. 1680, aperto il giorno stesso della morte, lasciava al primogenito Ludovico tutto il mobilio, inclusi i quadri, che si trovavano nella casa di via Felice dove padre e figlio avevano abitato e lavorato con quello scambio di esperienze e di affetti di cui parla Pascoli. Ludovico inoltre terminò alcuni dipinti del padre rimasti incompiuti.
Il 30 dic. 1681 venne redatto l'inventario della casa del pittore, significativo per la lunga sequenza di dipinti di cui molti identificabili grazie al soggetto, come originali o repliche di opere altrimenti documentate. La sua vastissima produzione è, del resto, continuamente soggetta ad aggiunte provenienti dal mercato antiquario.
Quadri del G. sono segnalati dagli inventari di alcune delle più illustri famiglie romane quali i Barberini, i Chigi, i Colonna, i Rospigliosi, i Corsini e gli Albani, sicché a ragione Pio può dire che egli "ha adornato con li suoi belli dipinti le migliori gallerie d'Italia".
Oltre ai prediletti quadri di storia e di devozione, il G. si cimentò anche in dipinti con ampi fondi di paesaggio, nella linea Albani-Domenichino-Grimaldi, come le due tele con Storie del Battista della collezione Corsini di Firenze, databili agli inizi del quinto decennio, o nei due dipinti con Paride e Mercurio e il Giudizio di Paride firmati e datati 1675 in collezione privata (Fagiolo dell'Arco, p. 150). Affrontò talvolta anche il genere delle battaglie, come testimoniano la grande Vittoria di Alessandro su Dario, strettamente condizionata dall'affresco di J. Courtois nella Galleria di Alessandro VII al Quirinale, passata alla Christie's di Roma (3 giugno 1997, lotto 463), e numerosi schizzi.
La sua produzione di disegni è vastissima e suddivisa fra le più importanti collezioni del mondo: nuclei consistenti si trovano soprattutto a Roma (Istituto nazionale per la grafica), Düsseldorf (Kunstmuseum), Lipsia (Museum der Bildenden Künste) e Parigi (Louvre, Cabinet des dessins) e nella Casona de Tudenca presso Santander (Collezione già Del Cossio). In essi come nelle incisioni note (circa una quarantina, in prevalenza derivate da dipinti) il ductus grafico compone le scene per lo più su un unico piano, a bassorilievo, con una diligenza e una ferma definizione dei volumi sostanzialmente povere di vigore inventivo e anche di una marcata evoluzione stilistica.
Un ritratto del G. di mano di Giulio Solimena fa parte della sequenza di disegni raffiguranti artisti, realizzati per illustrare le Vite di Nicolò Pio, oggi al Nationalmuseum di Stoccolma.
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GIMIGNANI, Giacinto. - Pittore e incisore, nato a Pistoia nel 1611 da Alessio, mediocre pittore, e morto in Roma il 9 dicembre 1681. Scolaro di Pietro da Cortona, ne risenti l'influenza specie nell'ultimo periodo della sua attività; in momenti anteri
.......... codice: TOT15I8180 AREA 09 - Area 09 - SCIENZE STORICHE E FILOSOFICHE Progetto Apparati umani: una ontologia sociale incarnata. resp. FERRARIS Maurizio dip. Filosofia e scienze dell'educazione punteggio produzione scientifica inserita nella domanda: AMMESSO ..............
.........................agiscono nello spazio-tempo,
che ha semplicemente la funzione di riferimento per gli eventi fisici. La gravità è completamente diversa: non è una forza applicata su un fondo passivo di spazio e di tempo, ma costituisce una distorsione dello spazio-tempo stesso. Un campo gravitazionale è una «curvatura» dello spazio-tempo. È questa la concezione della gravità che Einstein raggiunse in quella che descrisse come la più pesante fatica della sua vita. La distinzione qualitativa tra la gravità e le altre forze diventa molto più chiara quando si tenta di formulare una teoria della gravitazione che concordi con i precetti della meccanica quantistica. Il mondo quantistico non è mai in quiete. Per esempio, nella teoria quantistica dei campi elettromagnetici, il valore del campo elettromagnetico fluttua continuamente. In un universo dominato dalla gravità quantistica sarebbero soggette a fluttuazioni la curvatura dello spazio-tempo e perfino la sua stessa struttura. E probabile in realtà che la sequenza degli eventi nel mondo e il significato di passato e di futuro siano suscettibili di modificazioni. Qualcuno potrebbe pensare che, se esistessero fenomeni del genere, sicuramente dovrebbero già essere stati rilevati. Accade, invece, che tutti gli effetti di natura quantomeccanica della gravitazione siano confinati in una scala straordinariamente piccola, sulla quale, nel 1899, Max Planck richiamò per primo l'attenzione. In quel- LE SCIENZE di Bryce S. DeWitt l'anno, Planck introdusse la sua famosa costante, chiamata quanto d'azione e indicata con -h. Egli stava cercando di dare un significato allo spettro della radiazione di corpo nero, la luce che sfugge da una piccola apertura praticata in una cavità molto calda. Come fatto curioso, notò che la sua costante, combinata con la velocità della luce e con la costante di gravitazione di Newton, dà origine a un sistema assoluto di unità di misura. Tali unità forniscono la scala della gravità quantistica. Le unità di Planck sono completamente estranee alla fisica di ogni giorno. Per esempio, l'unità di lunghezza è di 1,61 x 10-33 centimetri, ovvero inferiore di 21 ordini di grandezza al diametro di un nucleo atomico. Essa sta alle dimensioni nucleari grosso modo nello stesso rapporto in cui stanno le dimensioni dell'uomo a quelle della nostra galassia. Ancora più curiosa è l'unità di tempo di Planck: 5,36 x 10-44 secondi. Per verificare sperimentalmente queste scale di distanza e di tempo impiegando strumenti costruiti con l'attuale tecnologia sarebbe necessario un acceleratore di particelle delle dimensioni della Galassia! Dal momento che la via sperimentale non ci può aiutare, la gravità quantistica è insolitamente speculativa. Ciononostante, essa è di spirito fondamentalmente conservatore: prende la teoria attualmente consolidata e si limita a spingerla fino alle sue estreme conseguenze logiche. Nei suoi aspetti essenziali ha per obiettivo quello di fondere tre teorie: la relatività ristretta, la teoria einsteiniana della gravitazione e la meccanica quantistica, e nient'altro. Una tale sintesi non è stata ancora completamente realizzata, ma nel tentativo di raggiungerla si è già potuto apprendere molto. Lo sviluppo di una valida teoria della gravità quantistica offre, inoltre, la sola strada che si conosca verso la conoscenza dell'origine del big bang e del destino finale dei buchi neri, eventi che si possono considerare caratteristici dell'inizio e della fine dell'universo. D elle tre teorie che convergono nella gravità quantistica, la relatività ristretta è venuta storicamente per prima. È la teoria che unisce spazio e tempo attraverso il postulato (poi confermato sperimentalmente) che la velocità della luce è la stessa per tutti gli osservatori che si muovono nel vuoto, sottratti a forze esterne. Le conseguenze di questo postulato, introdotto nel 1905 da Einstein, si possono descrivere con l'aiuto di un diagramma spaziotempo, un grafico che riporta curve che rappresentano le posizioni di oggetti nello spazio in funzione del tempo. Le curve sono chiamate «linee universali». Per amore di semplicità ignorerò due delle dimensioni spaziali. Si può allora tracciare una linea universale su un grafico bidimensionale nel quale si misurano orizzontalmente le distanze spaziali e verticalmente gli intervalli di tempo. Una retta verticale è la linea universale di un oggetto in quiete nel sistema di riferimento scelto per la misurazione. Una retta inclinata è la linea universale di un oggetto in moto a velocità costante nel sistema di riferimento scelto. Una linea universale curva rappresenta, infine, un oggetto sottoposto ad accelerazione. Un punto del diagramma spazio-tempo definisce sia una posizione dello spazio sia un istante di tempo ed è chiamato evento. La distanza spaziale tra due eventi dipende dal sistema di riferimento prescelto e lo stesso vale per l'intervallo di tempo. Il concetto di simultaneità dipende dal sistema di riferimento: due eventi collegati da una linea orizzontale in un dato sistema di riferimento sono simultanei in tale sistema, ma non in altri. Per stabilire una relazione tra sistemi di riferimento in moto relativo, si deve introdurre un'unità comune per la misura dello spazio e del tempo. La velocità della luce giunge da fattore di conversione, collegando una data distanza al tempo necessario perché la luce la percorra. Adotterò il metro come unità sia dello spazio sia del tempo. Un metro di tempo è pari a circa 3,33 nanosecondi (miliardesimi di secondo). Misurando lo spazio e il tempo nelle stesse unità, la linea universale di un fotone (un quanto di luce) è inclinata a 45 gradi. La linea universale di qualsiasi oggetto materiale ha, invece, un'inclinazione rispetto alla verticale sempre minore di 45 gradi, il che è un altro modo di dire che la sua velocità è sempre inferiore a quella della luce. Se la linea universale di un oggetto o di un segnale qualsiasi fosse inclinata a più di 45 gradi dalla verticale, a certi osservatori l'oggetto o il segnale apparirebbe muoversi a ritroso nel tempo. Mettendo a punto un relè per segnali più veloci della luce, un uomo potrebbe trasmettere informazioni nel suo passato, violando in tal modo il principio di causalità. Tali segnali sono però vietati dalle caratteristiche della relatività ristretta. Si considerino due eventi sulla linea universale di un osservatore non sottoposto ad accelerazione. Si supponga che gli eventi, in un particolare sistema di riferimento, siano distanti quattro metri nello spazio e cinque metri nel tempo. In tale sistema l'osservatore si sta quindi muovendo ai quattro quinti della velocità della luce. In un altro sistema la sua velocità sarebbe differente e la stessa cosa accadrebbe per gli intervalli di spazio e di tempo associati. C'è però una grandezza che si manterrebbe inalterata in tutti i sistemi di riferimento. Questa grandezza invariante è detta «tempo proprio» tra i due eventi ed è 11 cono di luce, che definisce le regioni dell'universo accessibili da un dato punto dello spazio e da un dato istante di tempo, diventerebbe un concetto male espresso in una teoria della gravità quantistica. Il cono (a) è una superficie nello spazio-tempo tetradimensionale, ma viene qui rappresentato eliminando una dimensione spaziale. Se la gravitazione è quantizzata. la forma del cono può fluttuare fortemente su brevi distanze (b). In realtà le fluttuazioni non si possono percepire direttamente; il cono di luce si comporta come se fosse vago. Alla domanda se due punti dello spazio-tempo possano comunicare l'uno con l'altro (mediante segnali in moto a velocità inferiore a quella delle luce) si può quindi dare solo una risposta probabilistica (c). edizione italiana di SC I ENTIFIC AMERICAN La gravità quantistica In una teoria quantomeccanica della gravitazione la stessa
geometria dello spazio e del tempo sarebbe soggetta a continue
fluttuazioni e perfino la distinzione tra passato e futuro potrebbe divenire
incerta 8 910 \>' 9 < 84( —TEMPO PROPRIO (ANNI) ‘‘,„ 7•' „ ;21 z2 „„", ,i , < ,' ',‘ ,, ' I•' 5 if .,>, • / a. / / . / / / 2 , / . ...., , . w /. , H// / .... . / !.' /' 4•' ...,,/ ' • ,,' • • • /.1 , 6 e( /.• • / • 2 MESSAGGI LINEA UNIVERSALE ACCELERATA / LINEA UNIVERSALE NON ACCELERATA 1 2 3 4 5 o 0,5 1 1,5 2 TEMPO (SECONDI) La curvatura dello spazio-tempo in presenza di una massa
costituisce un campo gravitazionale. Una palla, lanciata in aria a
un'altezza di cinque metri, resta sollevata per due secondi. Il suo moto di
salita e di discesa rivela la curvatura dello spazio-tempo nei pressi della
superficie terrestre. La curvatura della traiettoria è immediatamente
visibile, ma è in realtà piccolissima quando si misurano lo spazio e il
tempo nelle stesse unità. Per esempio, i secondi si possono
trasformare in metri moltiplicandoli per la velocità della luce, pari a 300
milioni di metri al secondo. In tal caso, la traiettoria diventa un arco
estremamente piatto lungo 600 milioni di metri e alto cinque metri (a destra). 1 O 100 MILIONI 200 MILIONI 300 MILIONI TEMPO (METRI) 400 MILIONI 500 MILIONI 600 MILIONI 5 o o l'intervallo di tempo misurato da un orologio che l'osservatore porta con sé. Nel sistema di riferimento prescelto la linea universale tra i due eventi è l'ipotenusa di un triangolo rettangolo avente una base di quattro metri e un'altezza di cinque. Il tempo proprio corrisponde alla «lunghezza» di quest'ipotenusa, ma viene calcolato in modo insolito: mediante un «teorema pseudopitagorico». Come nel caso del normale teorema di Pitagora, si cominciano a calcolare i quadrati dei lati del triangolo. Nella relatività ristretta, però, il quadrato dell'ipotenusa è uguale alla differenza tra i quadrati dei cateti anziché alla loro somma. Nel presente esempio il tempo proprio è di tre metri e resta di tre metri nel sistema di riferimento di qualsiasi osservatore non sottoposto ad accelerazione. Questa invarianza del tempo proprio è ciò che unisce spazio e tempo in un'unica entità. La geometria dello spazio-tempo, essendo basata su un teorema pseudopitagori- DISTANZA (ANNI LUCE) La linea universale definisce una traiettoria attraverso lo spazio e il tempo. Qui sono indicate due linee universali in una versione del paradosso dei gemelli di Einstein. La linea universale «curva» del gemello che subisce accelerazione nel punto di inversione del suo viaggio appare la più lunga, ma tale gemello registra il «tempo proprio» più breve. In effetti, in un diagramma spazio-tempo una linea retta rappresenta l'intervallo più lungo tra due punti. co, non è quella euclidea, ma per molti aspetti è analoga a essa. Nella geometria euclidea, tra tutte le linee che collegano due punti una retta si può definire come linea di lunghezza estrema. Lo stesso vale per la geometria dello spazio-tempo. Nella geometria euclidea, però, l'estremo è sempre un minimo, mentre nello spazio- -tempo è un massimo quando i due punti si possono collegare mediante una linea universale che richiede un viaggio a velocità non superiore a quella della luce. N el 1854 il matematico tedesco G. F. B. Riemann trovò una generalizzazione della geometria euclidea per gli spazi curvi. Due spazi curvi bidimensionali sono stati studiati fin dall'antichità: essi sono chiamati superfici curve e sono solitamente visti nella prospettiva dello spazio euclideo tridimensionale ordinario. Riemann dimostrò che uno spazio curvo può avere un numero di dimensioni qualsiasi e che può essere studiato intrinsecamente. Non è necessario che lo si immagini immerso in uno spazio euclideo con un maggior numero di dimensioni. Riemann sottolineò, inoltre, che lo spazio fisico in cui viviamo può essere curvo. Secondo Riemann, la questione si potrebbe decidere soltanto con un esperimento. Come si potrebbe eseguire un siffatto esperimento, almeno in linea di principio? Si dice che lo spazio euclideo è piatto. Uno spazio piatto ha la proprietà che si possono tracciare rette parallele in modo da creare una griglia rettangolare uniforme. Che cosa accadrebbe se si tentasse di disegnare una griglia come questa sulla superficie della Terra, supponendo che la Terra sia piatta? Si può osservare il risultato da un aereo in un giorno limpido, al di sopra delle regioni coltivate delle Great Plains americane. Il territorio viene suddiviso da strade che corrono da est a ovest e da nord a sud in sezioni di un miglio quadrato. Le strade che corrono da est a ovest si estendono spesso ininterrottamente per molte miglia, ma non quelle che corrono da nord a sud. Percorrendo una strada verso il nord vi sono ogni poche miglia brusche svolte verso est o verso ovest che sono dovute alla curvatura della Terra. Se si eliminassero, le strade confluirebbero fino a creare sezioni di meno di un miglio quadrato. Nel caso di uno spazio tridimensionale, si può pensare di costruire in esso un'impalcatura gigante fatta di tubolari rettilinei di uguale lunghezza congiunti in modo da formare angoli esattamente di 90 e di 180 gradi. Se lo spazio è piatto, la costruzione dell'impalcatura procederebbe senza difficoltà; se è curvo, prima o poi sarà inevitabile dover accorciare o tirare i tubolari per farli combaciare. La stessa generalizzazione introdotta da Riemann nella geometria euclidea si può applicare alla geometria della relatività ristretta. La generalizzazione fu operata da Einstein tra il 1912 e il 1915 con l'aiuto del matematico Marcel H. Grossmann. Il risultato è una teoria dello spazio- tempo curvo. In mano a Einstein si trasformò in una teoria della gravitazione. Nella relatività ristretta i campi gravitazionali si considerano assenti e lo spazio- tempo si assume piatto. In uno spazio- tempo curvo è presente un campo gravitazionale: in realtà, «curvatura» e «campo gravitazionale» sono sinonimi. Dal momento che la teoria del campo gravitazionale di Einstein è una generalizzazione della relatività ristretta, egli la chiamò relatività generale. Il nome è improprio. La relatività generale è in realtà meno relativistica della relatività ristretta. La completa mancanza di peculiarità dello spazio-tempo piatto, la sua omogeneità e isotropia sono ciò che garantisce che le posizioni e le velocità siano strettamente correlate. Non appena lo spazio- -tempo si arricchisce di «protuberanze», cioè regioni locali di curvatura, diventa assoluto perché si possono precisare posizione e velocità rispetto alle protuberanze. Lo spazio-tempo, invece di essere semplicemente un'arena priva di caratteristiche peculiari per la fisica, è a sua volta dotato di proprietà fisiche. N ella teoria di Einstein la curvatura è prodotta dalla materia. La relazione tra la quantità di materia e il grado di curvatura è semplice in linea di principio, ma complicata da calcolarsi. Sono necessarie venti funzioni delle coordinate di un punto dello spazio-tempo per descrivere la curvatura in quel punto. Dieci di tali funzioni corrispondono a una parte della curvatura che si propaga liberamente sotto forma di onde gravitazionali, o «oscillazioni di curvatura». Le altre 10 funzioni sono determinate dalla distribuzione della massa, della quantità di moto, del momento angolare e dalle tensioni interne della materia, nonché dalla costante di gravitazione di Newton, G. Con riferimento alle densità di massa incontrate sulla Terra, G è una costante piccolissima. È necessaria una massa enorme per curvare apprezzabilmente lo spazio-tempo. La grandezza inversa 11G si può considerare come una misura della «rigidità» dello spazio-tempo. In base all'esperienza quotidiana, lo spazio-tempo è molto rigido. L'intera massa della Terra induce una curvatura dello spazio-tempo che è pari a solo un miliardesimo circa della curvatura della superficie terrestre. Nella teoria di Einstein un corpo in caduta libera o un corpo liberamente orbitante seguono una linea universale geodetica. Una geodetica che collega due punti dello spazio-tempo è una linea universale di lunghezza estrema tra essi: è una generalizzazione del concetto di linea retta. Se si immagina uno spazio-tempo curvo immerso in uno spazio piatto di maggior numero di dimensioni, una geodetica appare come una linea curva. L'effetto della curvatura su un corpo in movimento è stato spesso illustrato da un modello nel quale una sfera rotola su un foglio di gomma deformato. Il modello non è esatto in quanto può rappresentare soltanto la curvatura spaziale. Nella vita reale siamo costretti a restare nell'universo a quattro dimensioni dello spazio e del TRAIETTORIA SPAZIALE tempo. Inoltre, non possiamo evitare di muoverci in tale universo, perché siamo proiettati in avanti nel tempo. Il tempo è l'elemento chiave. Risulta che, benché in un campo gravitazionale lo spazio sia curvo, è molto più importante la curvatura del tempo. Ciò è dovuto all'elevato valore della velocità della luce, che collega la scala dello spazio a quella del tempo. Vicino alla Terra la curvatura dello spazio è talmente lieve da non potersi rilevare con misurazioni statiche. Tuttavia la nostra precipitosa corsa nel tempo è così veloce che nelle situazioni dinamiche la curvatura diventa notevole, allo stesso modo in cui una lieve gobba in un'autostrada, pur passando inosservata a un pedone, può diventare pericolosa per un'automobile veloce. Lo spazio attorno alla Terra appare piatto, con un alto grado di precisione, ma possiamo vedere la curvatura dello spazio-tempo semplicemente lanciando in aria una palla. Se la palla rimane in aria per due secondi, descrive un arco con un'altezza di cinque metri. La luce percorre 600 000 chilometri in due secondi. Se immaginiamo l'arco alto cinque metri stirato orizzontalmente fino a una lunghezza di 600 000 chilometri, la curvatura dell'arco è la curvatura dello spazio-tempo. l'introduzione da parte di Riemann del concetto di spazi curvi diede l'avvio a un'altra fruttuosa branca della matematica: lo topologia. Si sapeva che esistono superfici bidimensionali prive di contorni in una varietà infinita di tipi che non possono essere deformati l'uno nell'altro con continuità; ne sono due semplici esempi una sfera e un toro. Riemann fece notare che la stessa cosa vale per spazi curvi con un maggior numero di dimensioni e fece i primi passi per una loro classificazione. Esiste un numero infinito di tipi topologici anche dello spazio-tempo curvo (o, più esattamente, dei modelli di spazio- -tempo curvo). Alcuni modelli si possono rifiutare come candidati per una descri- TRAIETTORIA NELLO SPAZIO-TEMPO zione dell'universo reale perché portano a paradossi di causalità o perché in essi non possono essere rispettate le leggi fisiche note. Tuttavia resta ancora un numero di possibilità enorme. Un modello dell'universo degno di nota venne proposto dal matematico russo Alexander A. Friedmann nel 1922. Nella relatività ristretta lo spazio-tempo viene visto non solo come piatto, ma anche di estensione infinita sia nello spazio sia nel tempo. Nel modello di Friedmann qualsiasi sezione trasversale spaziale a tre dimensioni dello spazio-tempo ha un volume finito e ha la topologia di una trisfera, uno spazio che può essere immerso in uno spazio euclideo quadridimensionale in modo tale che tutti i suoi punti siano equidistanti da un punto dato. Il modello è stato il preferito dai cosmologi dal momento in cui Edwin P. Hubble, negli anni venti, scoprì l'espansione dell'universo. Se si combina il modello di Friedmann con la teoria della gravitazione di Einstein, esso prevede un big bang in un istante iniziale di compressione infinita, seguito da un'espansione che dura miliardi di anni per mutua attrazione gravitazionale di tutta la materia dell'universo. Uno spazio-tempo di Friedmann ha la proprietà che qualsiasi curva chiusa disegnata in esso può essere ridotta in modo continuo a un punto. Uno spazio-tempo siffatto è detto «semplicemente connesso ». L'universo reale non può avere una tale proprietà. Pare che il modello di Friedmann descriva molto bene la regione di spazio entro alcuni miliardi di anni luce nella nostra galassia, ma non possiamo vedere l'intero universo. Un semplice esempio di universo molteplicemente connesso è quello di una struttura ripetuta all'infinito, come il motivo di una carta da parati, in una data direzione spaziale. Ogni galassia di un siffatto universo è un membro di una serie infinita di galassie identiche poste a una distanza fissa (e necessariamente enorme) l'una dall'altra. Se i membri di una serie sono veramente identici, è discutibile se si debbano considerare distinti. È più conveniente considerare ogni serie come rappresentante una sola galassia. Un viaggio da un membro della serie a quello successivo riporta, quindi, un viaggiatore al punto di partenza e una linea che descrive tale viaggio è una curva chiusa che non può essere ridotta a un punto. Essa assomiglia a una curva chiusa sulla superficie di un cilindro che gira attorno al cilindro una sola volta. L'universo che si ripete è detto universo cilindrico. Un altro esempio di una struttura molteplicemente connessa, su una scala molto più piccola, è il wormhole (alla lettera cunicolo o galleria di tarlo), introdotto nel 1957 da John Archibald Wheeler, ora all'Università del Texas ad Austin. Si può costruire un «cunicolo» bidimensionale praticando due aperture circolari in una superficie bidimensionale e congiungendone accuratamente i bordi (si veda l'illustrazione a pagina 13). Il procedimento nelle tre dimensioni è lo stesso, ma è più difficile visualizzarlo. Dal momento che le due aperture possono trovarsi a una grande distanza nello spazio originario, anche se avvicinate dal passaggio che le collega, il cunicolo è diventato un dispositivo comune nella fantascienza per spostarsi da un punto a un altro molto più velocemente di quanto possa fare la luce: basta praticare due aperture nello spazio, collegarle e strisciare lungo il passaggio. Sfortunatamente, anche se si potesse costruire un perforatore (il che è molto dubbio), lo schema non funzionerebbe. Se la geometria dello spazio-tempo è regolata dalle equazioni di Einstein, il cunicolo è un oggetto dinamico. Ne consegue che le due aperture che esso collega sono necessariamente buchi neri e qualsiasi cosa entri in esse non ne può più uscire. Ciò che avviene è che il passaggio «si restringe» e che ogni cosa al suo interno viene compressa a una densità infinita prima di poter raggiungere l'altro capo.FOTONI REFRIGERATORE 1 RIVELATORI I DI PARTICELLE VUOTO ESTERNO (ENERGIA NULLA) VELOCITÀ MONTACARICHI Un montacarichi è l'apparecchiatura adatta per un esperimento
ideale che si basa sulla natura del vuoto nella meccanica quantistica e
sull'effetto che l'accelerazione o la gravitazione hanno sul vuoto. Si
suppone che il montacarichi sia vuoto e sigillato, in modo che
inizialmente esiste un vuoto perfetto sia all'interno sia all'esterno del
montacarichi. Appena inizia l'accelerazione, però, viene emessa un'onda
elettromagnetica dal pavimento e il montacarichi si riempie di un tenue gas di
fotoni, o quanti di radiazione elettromagnetica (a sinistra). Un
refrigeratore alimentato da una fonte di energia esterna estrae fotoni (al
centro). Una volta eliminati tutti i fotoni, i rivelatori di fotoni misurano
l'energia del vuoto sia all'interno sia all'esterno (a destra). Poiché lo
strumento all'esterno sta accelerando nel vuoto, esso è sensibile alle
fluttuazioni quantomeccaniche dei campi che permeano lo spazio anche in
assenza di particelle. Il rivelatore all'interno è in quiete rispetto al
montacarichi e non sente le fluttuazioni. Ne consegue che i vuoti all'interno e
all'esterno del montacarichi non sono equivalenti. Se si attribuisce energia nulla al vuoto «standard» all'esterno del montacarichi, il vuoto
all'interno deve avere energia negativa. Per poter riportare l'energia a zero, si dovrebbero ripristinare i fotoni rimossi dal
refrigeratore. Anche un campo gravitazionale può creare un vuoto con energia
negativa. Un «cunicolo» (wormhole) nello spazio-tempo è una struttura
ipotetica che potrebbe alterare la topologia dell'universo. In uno spazio piatto un cunicolo si
forma praticando due aperture e stirandone i bordi in tubi che vengono poi congiunti. Nel piano originario
qualsiasi curva chiusa può essere ridotta a un punto (in colore), ma non è possibile
per una curva che attraversi il cunicolo. Un cunicolo nello spazio a tre o a quattro dimensioni non è
concettualmente differente. T a meccanica quantistica, la terza componente della gravità quantistica, è stata ideata nel 1925 da Werner Heisenberg e da Erwin Schródinger, ma la loro formulazione iniziale non teneva conto della teoria della relatività. Il suo successo fu cionondimeno immediato e brillante, perché attendevano di essere spiegate moltissime osservazioni sperimentali nelle quali dominano gli effetti quantistici, mentre la relatività ha un ruolo di minore importanza o trascurabile. Si sapeva però che in alcuni atomi gli elettroni raggiungono velocità pari a una notevole frazione della velocità della luce e, quindi, la ricerca di una teoria quanto-relativistica non venne rinviata a lungo. Alla metà degli anni trenta era già chiaro che, quando si combina la teoria quantistica con la relatività, si possono dedurre numerosi fatti del tutto nuovi, fra i quali due di fondamentale importanza. In primo luogo, ogni particella è associata a un tipo di campo e ogni campo è associato a una classe di particelle indistinguibili. Non fu più possibile considerare il campo elettromagnetico e quello gravitazionale come i soli campi fondamentali della natura. In secondo luogo, esistono due tipi di particelle classificate secondo il loro momento angolare di spin (quantizzato). Quelle con spin 1/2 Il , 3/21 e così via seguono il principio di esclusione (non possono coesistere due particelle nello stesso stato quantico); quelle con spin O, h, 211 e così via sono gregarie. Queste sorprendenti conseguenze derivanti dall'unione della relatività ristretta alla meccanica quantistica sono state ripetutamente confermate nell'ultimo mezzo secolo. La relatività e la teoria dei quanti insieme conducono a una teoria superiore alla somma delle due parti. L'effetto sinergico è ancora più pronunciato allorché si inserisce la gravità. Nella fisica classica uno spazio-tempo piatto e vuoto («il vuoto» per eccellenza) è privo di strutture, mentre nella fisica quantistica il nome di «vuoto» è dato a un'entità più complessa dotata di una ricca struttura. La sua struttura deriva dall'esistenza nel vuoto di campi liberi che non si annullano mai, campi, cioè, lontani dalle loro sorgenti. Un campo elettromagnetico libero è matematicamente equivalente a un insieme infinito di oscillatori armonici, che si possono rappresentare come molle alle quali sono fissate delle masse. Nel vuoto ciascun oscillatore si trova nel suo stato fondamentale, o stato di minima energia. Quando un oscillatore classico (non quantomeccanico) si trova nel suo stato fondamentale, è immobile in un punto ben definito. Ciò non è vero per un oscillatore quantistico. Se un oscillatore quantistico fosse in un punto ben definito, la sua posizione sarebbe nota con precisione infinita; per il principio di indeterminazione allora dovrebbe avere quantità di moto ed energia infinite, il che è impossibile. Nello stato fondamentale di un oscillatore quantistico non sono esattamente definite né la posizione né la quantità di moto. Entrambe sono soggette a fluttuazioni casuali. Nel vuoto quantistico è il campo elettromagnetico (e qualsiasi altro campo) a fluttuare. Benché casuali, le fluttuazioni del campo nel vuoto quantistico sono di una specie particolare. Soddisfano il principio di relatività nel senso che «paiono» le stesse a tutti gli osservatori non accelerati, qualunque sia la loro velocità. Si può dimostrare che questa proprietà implica che il campo sia nullo in media e che le fluttuazioni aumentino di ampiezza alle lunghezze d'onda minori. Il risultato complessivo è che un osservatore non può sfruttare le fluttuazioni per determinare la propria velocità. Le fluttuazioni possono però servire per determinare l'accelerazione. Nel 1976 William G. Unruh dell'Università della British Columbia dimostrò che un ipotetico rivelatore di particelle sottoposto a un'accelerazione costante reagirebbe alle fluttuazioni del vuoto come se fossé in quiete in un gas di particelle (e quindi non nel vuoto) con una temperatura proporzionale all'accelerazione. Un rivelatore non accelerato non reagirebbe affatto alle fluttuazioni. L'idea che la temperatura e l'accelerazione possano essere correlate in questo modo ha condotto a una revisione del concetto di «vuoto» e al riconoscimento dell'esistenza di diversi tipi di vuoto. Uno dei più semplici vuoti non tradizionali si può creare ripetendo, in un contesto quantomeccanico, un esperimento ideale proposto per la prima volta da Einstein. Si immagini un montacarichi chiuso che si sta muovendo liberamente nel vuoto. Uno «spirito scherzoso» si aggrappa a esso, portandolo in uno stato di accelerazione costante con l'estremità superiore in avanti. Si suppone che le pareti del montacarichi siano perfettamente conduttrici, impermeabili alla radiazione elettromagnetica, e che il montacarichi stesso sia completamente vuoto, in modo da non contenere alcuna particella. Einstein introdusse questa descrizione immaginaria per illustrare l'equivalenza tra gravitazione e accelerazione, ma un riesame mostra anche che ci si possono aspettare numerosi effetti strettamente quantomeccanici. Tanto per cominciare, nell'istante in cui inizia l'accelerazione il pavimento del montacarichi emette un'onda elettromagnetica che si propaga verso il soffitto e rimbalza su e giù. (Il dimostrare perché venga emessa l'onda richiederebbe una dettagliata analisi matematica di un conduttore elettrico accelerato, ma l'effetto è analogo alla creazione dell'onda acustica di compressione che apparirebbe se il montacarichi fosse pieno d'aria.) Se le pareti del montacarichi consentono temporaneamente una certa dissipazione, l'onda elettromagnetica viene trasformata in fotoni con uno spettro energetico termico, o in altre parole in una radiazione di corpo nero caratteristica di una certa temperatura. Il montacarichi contiene ora un tenue gas di fotoni. Per liberarci dai fotoni possiamo installare un refrigeratore con un radiatore all'esterno, con una certa spesa di energia di fonte esterna. Il risultato finale, quando tutti i fotoni sono stati estratti, è un nuovo vuoto all'interno del montacarichi, un vuoto lievemente diverso dal vuoto standard all'esterno. In primo luogo, infatti, un rivelatore di Unruh che condivide l'accelerazione del montacarichi, e che reagirebbe termicamente alle fluttuazioni del campo se venisse posto nel vuoto standard all'esterno, all'interno non mostra alcuna reazione; in secondo luogo, i due vuoti differiscono per il contenuto di energia. Per precisare l'energia di un vuoto, è necessario risolvere alcuni problemi delicati della teoria quantistica dei campi. Ho sottolineato prima come un campo libero equivalga a un insieme di oscillatori armonici. Le fluttuazioni dello stato fondamentale degli oscillatori danno al campo nel vuoto un'energia residua, chiamata energia di punto zero. Essendo infinito il numero di oscillatori del campo, sembrerebbe che debba essere infinita anche la densità di energia del vuoto. Una densità di energia infinita è imbarazzante e i teorici hanno introdotto numerosi dispositivi tecnici per esorcizzarla. Tali dispositivi fanno parte di un programma generale, chiamato teoria della rinormalizzazione, per la trattazione dei vari infiniti che compaiono nella teoria quantistica del campi. Qualsiasi dispositivo adottato deve essere universale, cioè non costruito «su misura» per un particolare problema fisico, ma tale da adattarsi uniformemente a tutti i problemi. Esso deve anche dar luogo a una densità di energia che scompare nel vuoto standard. Quest'ultimo requisito è fondamentale per la coerenza con la teoria di Einstein. perché il vuoto standard è l'equivalente quantistico dello spazio-tempo piatto e vuoto. Se in esso vi fosse energia, esso non sarebbe piatto. Di regola le varie impostazioni della teoria della rinormalizzazione danno risultati identici quando vengono applicate allo stesso problema, il che dà garanzie sulla loro validità. Quando vengono applicate ai vuoti all'interno e all'esterno del montacarichi, danno una densità di energia nulla all'esterno e una densità di energia negativa all'interno. Un'energia del vuoto negativa costituisce una sorpresa. Che cosa può voler dire meno di niente? Un attimo di riflessione spiega però la ragionevolezza dell'apparente valore negativo. All'interno del montacarichi devono essere aggiunti fotoni termici, perché un rivelatore di Unruh all'interno si comporti come nel vuoto standard all'esterno. Quando si aggiungono i fotoni, la loro energia riporta a zero l'energia totale interna, uguale a quella del vuoto esterno. Dobbiamo sottolineare che tali strani effetti sarebbero difficili da osservare in pratica. Per le accelerazioni ricorrenti nella vita quotidiana, perfino nelle macchine ad alta velocità, l'energia negativa è di gran lunga troppo piccola per essere rilevata. Esiste però un caso nel quale è stata osservata un'energia negativa del vuoto, almeno indirettamente: in un effetto previsto nel 1948 da H. B. G. Casimir dei Laboratori di ricerca Philips in Olanda. Nell'effetto Casimir vengono affacciate 12 13La topologia fluttuante, che è un aspetto dello
spazio-tempo in alcuni tentativi diretti a formulare una teoria della gravità quantistica, solleva serie difficoltà
concettuali. Qui sono mostrate due rappresentazioni di un cunicolo che è appena stato strizzato, lasciando due
«increspature». Se un tale evento può aver luogo, dovrebbe essere possibile anche il
processo inverso; in altri termini, le increspature dovrebbero essere in grado di fondersi per formare un nuovo
cunicolo. Il processo inverso sembra possibile quando le increspature appaiono abbastanza
vicine, ma non quando sono molto lontane. I concetti di «vicino» e «lontano» però dipendono dal
vedere la superficie immersa in uno spazio con un maggior numero di dimensioni. Per un
osservatore che si trovi nello spazio bidimensionale della superficie, gli oggetti rappresentati dai due disegni
apparirebbero indistinguibili. In linea di principio regioni lontane dell'universo potrebbero
essere connesse da un cunicolo, facendo pensare alla possibilità di
stabilire tra esse comunicazioni più veloci della luce; in realtà tale
schema non può essere valido. Nel cunicolo in alto a sinistra la distanza tra
le aperture nel «mondo esterno» è paragonabile alla distanza
lungo il «passaggio». Nel cunicolo in basso a sinistra la distanza
esterna è molto maggiore. Nei disegni in basso lo spazio rappresentato
dal piano appare curvo, ma ciò è solo dovuto al fatto che viene visto dalla prospettiva di uno spazio con un maggior numero di
dimensioni; per un osservatore che vive nel piano esso apparirebbe quasi
piatto. Che il passaggio sia o no una scorciatoia, è impossibile
attraversarlo, dato che un cunicolo collega immancabilmente due buchi neri. Il
passaggio «si strozza», come si vede a destra, e qualunque cosa entri
viene schiacciata a una densità infinita prima di raggiungere il lato
opposto. vicinissime nel vuoto due lastre metalliche microscopicamente piane, pulite, parallele e scariche e si vede che si attirano debolmente a vicenda con una forza che si può attribuire a una densità di energia negativa nel vuoto che sta tra di esse. I I vuoto diventa ancor più complesso 1- quando lo spazio-tempo è curvo. La curvatura influenza la distribuzione spaziale delle fluttuazioni del campo quantistico e, come l'accelerazione, può indurre un'energia del vuoto non nulla. Dal momento che la curvatura può variare da luogo a luogo, può variare anche l'energia del vuoto, mantenendosi positiva in alcuni luoghi e negativa in altri. In qualsiasi teoria coerente, l'energia si deve conservare. Supponiamo per il momento che un aumento di curvatura provochi un aumento dell'energia del vuoto quantistico. Tale aumento deve venire da qualche parte e, quindi, la stessa esistenza delle fluttuazioni del campo quantistico implica che sia necessaria energia per curvare lo spazio-tempo. Ne consegue che lo spazio-tempo si oppone alla curvatura. È proprio come nella teoria di Einstein. Nel 1967 il fisico Andrei Sakharov ipotizzò che la gravitazione potesse essere un fenomeno puramente quantistico derivante dall'energia del vuoto e che la costante di Newton G o, in modo equivalente, la rigidità dello spazio-tempo, fosse calcolabile dai principi fondamentali. Quest'idea incontra molte difficoltà. In primo luogo, richiede che la gravità venga sostituita, come campo fondamentale, da qualche «campo di gauge di grande unificazione » suggerito dalle particelle elementari note. Si deve introdurre a questo punto una massa fondamentale per poter
VALUTAZIONE COMPARATIVA PER LA COPERTURA DI N. 1 POSTO DI RICERCATOREUNIVERSITARIO DI RUOLO PER IL SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE M-FIL/07DELLA FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA DELL'UNIVERSITA' DEGLI STUDI DIFIRENZED.R. n. 1241 del 26/11/2010, il cui avviso è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. -4° serie speciale - n. 99 del 14/12/2010VALUTAZIONE DEI TITOLI E DELLE PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHEGIUDIZI INDIVIDUALICANDIDATO: The Cratylus of Plato (2011) è un ampio commento del dialogo, con analisi degliargomenti e della struttura dello scritto, ampi riferimenti alla storia della filosofia precedente ed allastoria delle interpretazioni senza voli heideggeriani o teoreticistici ma con aderenza costante altesto. Mostra consapevolezza delle questioni testuali e filologiche dello scritto, che affronta ediscute quando necessario con prudenza e buon senso. L'analisi costituisce un vero progresso nellacomprensione del testo e appare come un contributo saldo scientificamente.- Aristotele. Analitici secondi. a cura di M. Mignucci, edizione postuma a cura di Ademollo, Fait eFalcon. Semplice curatela.Articoli:Aristofane, Cavalieri (1994) analisi di tre passi difficili della commedia di Aristofane. Difende iltesto in un passo, sposta una battuta ad un altro interlocutore in un secondo, introduce un 'non' nelterzo.Vecchi e nuovi contributi all'interpretazione parmenidea, (1994) severa critica dell'ed. Reale-Ruggiu dei frammenti di Parmenide con argomenti di buon peso e una piccola concessione finale.Decameron X 8.56 ss. (1995). La fonte del passo sulla necessità del passato è il De fato di Cicerone.La tesi è difesa con buoni argomenti.La scelta della vita nel Fedro, (1997) La scelta concessa all'anima in Phaedr. 256e-257a è moltolimitativa e contrasta con quanto affermato in Resp. e altri luoghi del Fedro stesso, nei quali sidanno maggiori possibilità all'anima. La posizione di P. risulta essere, considerati tutti i testi,fondamentalmente antideterministica. Analisi corretta e convincente.Platone, Cratilo 395c, 408b, due pres. interpol. (2001). Breve nota poi rifusa nel commento.Difende il testo tradito. Democritus B26, (2003), articolo poi rifuso del commento. Si chiede se Democrito sia il primosostenitore di un vero convenzionalismo nell'uso dei nomi? L'articolo è più possibilista di quantonon sia il commento allo stesso testo nel volume del 2011.
Sophroniscus' son is approaching, (2004) Propone, con buoni argomenti, una emendazioneall'Isagoge di Porfirio 7,19-24 (Busse), già suggerita a suo tempo da Pacius.Il candidato mostra una buona continuità nella ricerca, passa da un approccio strettamente filologicoai testi nei primi articoli ad una più completa analisi logica e filosofica nei saggi più maturi. Ilsoggiorno presso l'università di Oxford e i molti contatti internazionali gli hanno permesso,nonostante l'impegno di insegnamento nei licei, di prendere contatto e dialogare fruttuosamente coni migliori esponenti della ricerca internazionale nel campo della Storia della filosofia antica. Ilpezzo forte della sua produzione è indubbiamente il commento, ampio, accurato e approfondito siafilologicamente sia filosoficamente, del Cratilo di PlatoneCommissario prof. Franco FerrariIl dott. Ademollo si è laureato in Filosofia presso l’Università di Firenze nel 1997. Si è addottoratoin Filologia greca e latina presso la stessa università nel 2001. Ha poi usufruito di un assegno diricerca e una borsa di studio sempre presso l’Università di Firenze e presso la SNS di Pisa. Vanta lapartecipazione a numerosi convegni in Italia e all’estero. Dal 2008 insegna nei licei classici. Nelcomplesso il suo profilo curriculare si presenta continuo e solido consentendo di delineare la figuradi uno studioso pienamente formato.Il candidato presenta un'ampia monografia, che costituisce la rielaborazione della dissertazione didottorato, nonché alcuni articoli collocati in sedi prestigiose. La monografia, pubblicata in linguainglese in una delle più prestigiose sedi a livello internazionale, rappresenta un commentario alCratilo platonico. Si tratta di un lavoro di assoluta eccellenza, che dimostra piena padronanza deglistrumenti filologici e notevole profondità e originalità sul piano dell'interpretazione filosofica. Iltesto platonico viene esaminato in tutte le sue componenti, e le singole proposte esegetiche risultanosempre ben ponderate, spesso felici e non di rado innovative e convincenti. Oltre a un solidobackground filologico l'autore dimostra una perfetta padronanza degli strumenti della logicaformale, che vengono applicati, senza tuttavia gli eccessi che spesso si incontrano nella letteraturacritica, per conseguire una più profonda comprensione del dialogo platonico. Anche i saggipubblicati in importanti riviste italiane e internazionali confermano l'alto livello scientificoraggiunto dal candidato. In particolare il saggio uscito presso "RFIC" propone, con argomenti acutie filologicamente solidi, la difesa del testo della tradizione manoscritta a proposito di due difficilipassi del Cratilo. Il contributo pubblicato presso "Elenchos" affronta con competenza e profonditàun tema di esegesi platonica estremamente complesso, pervenendo a risultati originali e largamentecondivisibili.Commissario prof. Franco TrabattoniIl candidato, dottore di ricerca in filologia greca e latina, si presenta con un curriculum rilevante siasul piano della ricerca scientifica sia su quello dell'attività didattica. Notiamo, in particolare, latitolarità di un assegno di ricerca presso l'Università di Firenze, di una borsa post-doc presso laScuola Normale Superiore di Pisa, un soggiorno di studio all'estero, e una apprezzabile attività diinsegnamento universitario. Non è neppure da trascurare, al fine di valutare le sue competenzedidattiche, la titolarità di una cattedra di Latino e Greco nel liceo classico, ottenuta in quantovincitore di concorso.Il dott. Ademollo presenta per la valutazione una monografia in lingua inglese sul Cratilo di Platonee una decina di articoli, parte in italiano e parte in inglese, di argomento filosofico e filologico. Unodi questi, in particolare, si raccomanda per la qualità dell'argomentazione e per il prestigio dellasede (Oxford Studies in Ancient Philosophy). Ma indubbiamente il lavoro principale del dott.Ademollo è la corposa monografia sul Cratilo di Platone. L'intenzione del libro non è tanto quella dioffrire una particolare proposta di lettura del dialogo, ma quella di realizzare una sorta di commentocontinuo, in cui vengono via via presi in considerazione tutti i principali problemi che il testopresenta, sia di ordine filologico che filosofico, non senza un costante riferimento alla letteratura
critica più recente e incisiva. Notiamo, da un punto di vista generale, che questo studio dimostra ilpossesso da parte dell'autore (cosa tutt'altro che frequente), sia di spiccate competenze filologiche,che gli consentono di intervenire sui problemi testuali, sia di una strumentazione filosofica, di taglioprevalentemente logico-analitico, che gli permette di prendere posizione in merito ai dibattiti diattualità in corso nel mondo anglosassone. Tra i punti salienti del suo lavoro ricordiamo quantosegue: 1) l'accurata ricostruzione delle tesi di Cratilo e di Ermogene; 2) una difesa ben argomentatadel mantenimento al suo posto della controversa sezione 385b-e; 3) un'ampia discussione delrapporto tra convenzionalismo linguistico e relativismo protagoreo; 4) una valutazione non ironicadella sezione epistemologica.In base ai dati emergenti dal curriculum, alla qualità e alla continuità delle pubblicazioniscientifiche, il giudizio sul candidato è decisamente buono.CANDIDATO: Milena BontempiCommissario prof. Carlo NataliA. Curriculum: La dott. Bontempi si è addottorata in filosofia politica nel 2006 all'Università diPadova con una tesi su Platone diretta da un docente di Storia della filosofia politica. In precedenzaha goduto di una borsa annuale DAAD (Germania). Successivamente ha ottenuto una borsa distudio su fondi PRIN per l'anno 2007 per una ricerca diretta da G. Duso, e due assegni di ricercapresso l'Università di Padova negli anni 2007-9 e 2010-2. Ha tenuto negli anni 2008 e 2009 20 oredi seminario nell'ambito degli insegnamenti di Filosofia politica. Il curriculum si qualifica comecentrato sullo studio delle dottrine politiche, non mostra particolari attività internazionali se non nelmomento della prima formazione, non è specificamente interno al SSD.B. Pubblicazioni: Il lavoro principale della dott. Bontempi è la tesi di dottorato, L'icona e la città.Misura, proporzione e giusta misura nei dialoghi di Platone e nel disegno politico delle Leggi. Laprima parte è uno studio lessicografico dei termini metron, metrios e simili in Platone; la secondaparte è dedicata ai concetti di icona, immagine e misura dell'anima nel Politico e nelle Leggi. Lostudio mostra una ampia conoscenza della bibliografia a partire dalla prima metà del Novecento(Jaeger, Pohlenz), fino ai contemporanei italiani; non è particolarmente selettiva. La ricercalessicale ha il pregio di esaminare i contesti in cui i termini appaiono, ma non si occupa dellepossibili difficoltà testuali né affronta problemi della trasmissione dei dialoghi. Il linguaggio è avolte immaginifico (il metron è qualificato come "una bellezza tremula", e via dicendo). La tesisostenuta è l'inattualità della filosofia politica di Platone. Il lavoro è molto ampio e intelligente, nonmolto originale né innovativo, ma presenta lo sguardo di un filosofo della politica sul pensieropolitico di Platone. I volumi L'agire umano e le parti della misurazione in Platone (2004) e L'icona e la città. Il lessicodella misura nei dialoghi di Platone (2006) sono connessi alla tesi di dottorato, di cui riprendono leposizioni, a volte alla lettera. Sono pubblicati da editrici nazionali di una certa notorietà.La candidata presenta quattro articoli pubblicati dal 2005 al 2008 su temi connessi alla ricerca dellatesi di dottorato. La produzione della dott. Bontempi si presenta come sufficientemente ampia in termini di numerodi pagine e continua, di buona intensità all'inizio (una tesi, due volumi e quattro articoli in quattroanni, 2004-8), in rallentamento successivamente. Non tutti i contributi sono molto originali, in buona parte riprendono da vicino o ampliano temidella tesi di dottorato, che si presenta come il lavoro principale della candidata. La varietà degliargomenti non è molto grande, è più vicino ai metodi della Storia del pensiero politico che dellaStoria della filosofia antica.Commissario Prof. Franco Ferrari
La dott.ssa Bontempi si è addottorata in Filosofia politica presso l’Università di Padova nel 2006.Nella stessa Università ha usufruito di due assegni di ricerca. Ha trascorso anche un periodo distudio in Germania con una borsa del DAAD. Nel complesso si tratta di un curriculum che dimostracontinuità nell’ambito della ricerca scientifica. La candidata presenta due monografie e una serie abbastanza nutrita di articoli. Le due monografieappaiono strettamente collegate dal momento che la seconda, più ampia, costituisce uno sviluppodella prima. Il volume L'agire umano e le arti della misurazione in Platone affronta il tema dellametretica nel pensiero platonico con particolare riferimento al Protagora, sebbene non manchinoriflessioni, anche piuttosto felici, consacrate ad altri dialoghi, e in particolare al Teeteto. Lamonografia L'icona e la città allarga a tutto il corpus platonico il tema della misurazione. Gli esitiappaiono tuttavia meno felici rispetto al precedente lavoro anche per una certa debolezzanell'impianto dimostrativo. Senz'altro migliore la parte descrittiva e l'analisi dettagliata delleoccorrenze dei termini collegati al lessico della misura. Non mancano qua e là affermazionidiscutibili e comunque non sufficientemente motivate. I saggi, per lo più di argomento platonico,confermano nel complesso la buona preparazione della candidata e la sua attitudine alla ricerca. Commissario prof. Franco TrabattoniLa candidata presenta un curriculum rilevante sia sotto il profilo scientifico sia sotto quellodidattico, comprensivo di diploma di dottorato e di titolarità di assegni di ricerca (per tematiche inparte attinenti alla filosofia greca e in parte alla filosofia politica). La candidata ha al suo attivo,inoltre, alcuni soggiorni di studio all'estero e una discreta attività didattica in ambito universitario.La candidata presenta, come titoli pubblicati, due monografie (di argomento analogo) e quattrosaggi scientifici. Osserviamo in primo luogo che la quantità e la datazione di questi titoli sono talida sollevare qualche dubbio sulla continuità della ricerca scientifica condotta. Le due monografie,che riprendono in gran parte quanto già esposto nella tesi di dottorato, trattano il tema della filosofiapolitica di Platone con particolare riferimento all'arte della misurazione. Il primo di questi duelavori presenta alcune tesi interpretative abbastanza originali, che riguardano il Protagora, il Politicoe le possibili interazioni tra questi due testi, esposte in forma analitica e sufficientememte chiara. Lostesso non si può dire, purtroppo, della monografia principale, redatta in uno stile oscuro e allusivo,che troppo spesso mette a dura prova le capacità di comprensione del lettore. Quello che in generalesi può rilevare, inoltre, è una piuttosto debole organicità dell'insieme, in gran parte motivatadall'approccio marcatamente analitico scelto dall'autrice, fondato sul reperimento e sullacatalogazione di tutti i passi platonici in cui compare il lessico della misura. Ora, un esame di untesto filosofico fondato su questa procedura estensionale è facilmente a rischio di produrre risultatianodini o difficilmente valutabili. In base a quanto detto, il profilo della candidata appare comeun'equilibrata mescolanza di luci ed ombre.CANDIDATO: Giuseppe FeolaCommissario prof. Carlo NataliA. Curriculum: Laureato in Filosofia all’Università di Pisa nel 2001 con una tesi sulla nozione diphantasia nelle opere psicologiche di Aristotele. Tesi di dottorato su Aisthesis, memoria, sensuscommunis. Il mondo percettivo del vivente secondo Aristotele, presso la SNS di Pisa (2007) direttada un team internazionale (G. Cambiano, P.M. Morel e M. Sassi). Ha ottenuto un assegno diricerca alla SNS di Pisa per gli anni 2009-10 per una ricerca su L'uso del modello ilomorficoaristotelico nel dibattito mente-corpo contemporaneo. Negli anni 1997-2010 ha tenuto quattrorelazioni a convegni in Italia e all'estero e vari seminari alla SNS. Il curriculum è quello di ungiovane studioso di ottima impostazione, che ha goduto della guida di buoni maestri e staaffrontando una serie coerente di ricerche.
B. Pubblicazioni: Il lavoro principale del dott. Feola è la tesi di dottorato, Aisthesis, memoria,sensus communis. Il mondo percettivo del vivente secondo Aristotele Il lavoro è incentrato sulcapitolo III 3 del de anima; si esaminano la divisione del testo, la sua costituzione e le possibilivarianti, vengono discusse le interpretazioni degli ultimi 100 anni, centrando l'attenzione sulleopposte tesi di Schofield e Nussbaum. La ricerca prosegue poi con i Parva naturalia. Viene discussala posizione di Aristotele riguardo al mind-body problem. Secondo Feola, a differenza di Platone,Aristotele non considera questo un problema aperto dato che è l'anima che dà identità al corpo (168-9). Si trattano poi La percezione del tempo, le parti dell'anima e la memoria. La tesi finale è che inAristotele più che una filosofia della mente si trova una biologia cognitiva, basata sulla definizionedelle facoltà umane (276). La prospettiva dell'autore si pone in opposizione alle letture lingustico-analitiche che per molti decenni sono state al centro del dibattito contemporaneo. In questo apre unaprospettiva interessante e originale nello studio della psicologia aristotelica.I tre articoli presentati sono di ottimo livello e aggiungono altre prospettive alla ricerca della tesi didottorato. Il saggio su De an. A 1 le parti dell'anima e la struttura dialettica del trattato, del 2006, èun lavoro originale e molto utile. A partire dalla lista delle aporie del capitolo I 1 del De an. l'autoremostra che l'opera è stata concepita come un tutto unitario. Il paper su Anal. Post. II 19 sul rapportotra senso e intelletto, del 2009 è una analisi e discussione del difficile capitolo passo per passo;anche in questo caso la lettura linguistica è criticata in base ad una prospettiva di tipo metafisico.Molto interessante anche il saggio Perceptual order e cosmic order pubbicato on line, s.a. in cuil'autore discute l'idea dell'ordine nel cosmo e dell'ordine negli esseri viventi e analizza l'interazionetra questi.I saggi sono pubblicati in riviste autorevoli e stimate; mostrano uno studioso originale e capace diperseguire in modo fruttuoso vari interessi, sempre interni al SSD. La metodologia è rigorosa e irisultati proposti appaiono molto attendibili. La produzione scientifica è di buona intensità e dinotevole rilevanza, sia pur nel breve percorso di studio e ricerca del giovane candidato (anni 2007-2010).Commissario Prof. Franco FerrariIl dott. Feola si è laureato in Filosofia presso l’Università di Pisa nel 2001 e si è addottorato pressola SNS di Pisa nel 2007. Sempre presso la SNS ha usufruito di un assegno di ricerca per il periodo2009-10. Può vantare la partecipazione ad alcuni convegni sia in Italia che all’estero. Nel complessoil suo profilo curriculare si presenta solido e promettente. Il candidato presenta una bibliografia esigua ma di buon livello. La dissertazione di dottoratoaffronta un tema al centro del dibattito tra gli studiosi di Aristotele e lo fa dimostrando una solidaconoscenza dei testi e un'adeguata capacità di muoversi nell'ambito della letteratura secondaria. Irisultati ai quali perviene appaiono nel complesso convincenti. Anche i due saggi di argomentoaristotelico mettono in luce rigore, serietà e originalità esegetica. Il contributo su Linguaggio epoesia non attiene al settore scientifico-disciplinare oggetto di valutazione comparativa. Nelcomplesso la produzione scientifica denota la buona attitudine alla ricerca del candidato. Commissario prof. Franco TrabattoniIl candidato presenta un curriculum abbastanza buono, che vede al suo attivo il Diploma diPerfezionamento in Discipline Filosofiche conseguito presso la Scuola Normale Superiore di Pisa,con il massimo dei voti e lode e alcuni soggiorni all'estero. Quantitativamente non molto ricca, edunque discontinua, è invece la sua produzione scientifica, che oltre alla tesi di dottorato contienesolo tre articoli pubblicati. Ciò detto, la tesi di dottorato è un lavoro interessante sia sotto il profilodell'analisi dei testi sia sotto quello del confronto tra le dottrine psicologiche di Aristotele con temianaloghi della filosofia della mente contemporanea; i risultati conseguiti, soprattutto per quantoriguarda la nozione aristotelica di phantasia, appaiono inoltre originali (anche se questa originalitàpuò a volte sembrare un po' artificiosa, mentre in altri casi solleva difficili problemi di valutazione).
Questo, in sintesi, è quanto si può ricavare dal materiale presentato. Ma ovviamente si attendono dalcandidato altre e più consistenti prove della sua attitudine alla ricerca.CANDIDATO: Elena GrittiCommissario prof. Carlo NataliA. Curriculum: Laurea in Lettere Università di Milano (2000). Dottorato in Filosofia Università diMilano (2004) con una tesi sul pensiero di Proclo. Assegni di ricerca presso l'Università di Milanodal 2004 al 2007. Collaborazione con l'Accademia Colombaria di Firenze. Dal 2006 al 2011 hatenuto seminari di Storia della filosofia antica presso l'Università di Milano come cultore dellamateria. Ha tenuto venticinque tra lezioni e conferenze di cui una all'estero e ha collaboratoall'organizzazione di due incontri. Temi principali Platone, Plotino, Proclo. La candidata ha unsolido profilo di studiosa di Proclo e del Neoplatonismo. Salvo un'eccezione, non ha presentato irisultati delle sue ricerche in convegni all'estero e non ha lavorato molto presso istituzioni di ricercafuori d'Italia.Pubblicazioni:Volumi: Tesi di dottorato su Esegesi e dialettica nel pensiero di Proclo. Studio molto competente eben argomentato. Molto impegnato nell'esegesi di testi e di posizioni critiche contemporanee. Latesi finale non è chiaramente evidente.- Proclo, dialettica, anima, esegesi, (2008). Il volume deriva dalla tesi di dottorato ma con nuovomateriale e un punto di vista parzialmente differente. Non è evidente il punto in cui si propone unatesi nuova ed originale.Articoli:- Mito e tempo nell'esegesi neoplatonica (2002): Studio informato e competente che coglie lacomplessità del pensiero di Olimpiodoro.- La scienza teologica di Proclo (2003) sul rapporto tra scienza, dialettica, esegesi e noesi.- Una risposta neoplatonica alle critiche cristiane ai miti greci (2004): Studio accuratodell'argomento; l'autrice insiste sulla complessità del tema.- La phantasia plotiniana (2005): Studio molto informato e aggiornato sulla discussione di certipunti del De anima da parte di Plotino.- Salvezza dell'anima in Plotino (2005): Studio accurato del significato dell'estensione del terminesoteria in Plotino. Ne spiega il doppio significato. Contributo spiccatamente originale.- P.Stras. 92 florilegio di brani etico-educativi (2007): Studio molto tecnico su un papiro contenenteun florilegio etico. Ne mostra l'interesse filosofico. Mostra buona competenza filologica.- La legittimità filosofica.. del matrimonio (2009) Articolo sul matrimonio nella filosofia antica daPlatone in poi. Importanza di Plutarco come snodo nell'articolazione del tema. Buon contributo.- Echi dal Timeo nelle aporie..., (2010): Lettura del trattato Enn. II 6, 1-5. alla luce del Timeo diPlatone. Lavoro molto informato e con buoni spunti.- Tradurre i miti plutarchei... (2010): Presentazione generale dell'uso plutarcheo dei miti, unito conun tentativo di delineare lo sfondo platonico. Originale il confronto tra Plutarco e Plotino. Buoncontributo.- Dossografia della percezione nell'Antologium di Stobeo (presentato in dattiloscritto).La candidata presenta contributi significaitivi e niente affatto superficiali sul neoplatonismo e lealtre tradizioni filosofiche. Gode di buona reputazione nel campo. La sua ricerca mostra notevolicontinuità e intensità. Le ricerche della candidata sono tuttavia concentrate principalmente su unafase del SSD, il pensiero tardo antico.Commissario Prof. Franco FerrariLa dott.ssa Gritti si è laureata in Lettere classiche presso l’Università di Milano dove ha conseguitoanche il titolo di dottore di ricerca in Filosofia. Sempre presso l’università milanese ha usufruito diun assegno di ricerca. Ha poi collaborato con l'Accademia Colombaria di Firenze. Il suo profilo
curriculare si presenta nel complesso buono, sebbene un po’ carente dal punto di vistadell’esperienza internazionale. La candidata presenta una monografia e una cospicua serie di saggi pubblicati in sedi di un certoprestigio. La monografia, che rielabora le tesi di dottorato, affronta con competenza e pienapadronanza di tutti gli strumenti filologici e storico-filosofici richiesti un tema complesso, comequello del ruolo del razionalismo nel pensiero di Proclo. Si tratta di un intelligente ecomplessivamente riuscito tentativo di riaffermare in questo autore la centralità del pensierofilosofico nei confronti delle pratiche teurgiche. In tale contesto vengono esaminati con puntualità eprecisione gli aspetti più significativi dell'opera di Proclo, e in particolare il nesso che si stabiliscetra dialettica, noetica, scienza ed esegesi. Il punto discriminante del pensiero post-plotiniano, edunque anche di quello procliano, viene giustamente individuato nel rifiuto della dottrina dell'animanon discesa, ma contestualmente viene messo in luce come tale rifiuto non comporti in Procloun'immediata fuga nel misticismo e tantomeno l'accettazione acritica di pratiche extra-filosofiche. Inumerosi saggi presentati dalla candidata vertono in gran parte su tematiche neoplatoniche, ma nonmancano contributi su altri periodi del pensiero antico. In particolare l'articolo dedicato al ruolo delmito in Plutarco contiene spunti di notevole interesse e originalità. In tutta la sua produzione lacandidata mostra una solida competenza filologica accompagnata da una notevole capacità diorientarsi con acume e senso critico nel complesso campo della filosofia tardo antica. Commissario prof. Franco TrabattoniIl curriculum della candidata contiene il dottorato di ricerca in filosofia, conseguito pressol'Università degli Studi di Milano (valutazione: eccellente), due assegni di ricerca (della duratacomplessiva di 5 anni) decretati dalla stessa Università, e una costante attività didattica seminariale.Come pubblicazioni la dott.ssa Gritti presenta, oltre alla tesi di dottorato, una monografia, dieciarticoli pubblicati e dodici recensioni. Dunque la produzione scientifica della candidata apparenotevole sia per quantità che per continuità di lavoro. Sia pure con il parziale limite che sono quasitutti dedicati al neoplatonismo, i lavori della dott. Gritti sono scientificamente validi, sempre moltoben documentati, e a volte anche originali. Ciò vale ovviamente anche per il contributo maggiore,ossia la monografia (dedicata alle nozioni di dialettica, anima ed esegesi nel pensiero di Proclo). L'esegesi riguarda il rapporto della filosofia di Proclo con il testo platonico, e con il suo particolaremodo di interpretarlo (in costante confronto critico con Plotino e Giamblico). Lo studio dell'anima edelle sue facoltà riveste un ruolo essenziale per comprendere la natura e la qualità della conoscenzadi cui secondo Proclo l'uomo sarebbe capace. Essenziale, in quest'ambito, è non tanto ladeterminazione del carattere esclusivamente dianoetico del pensiero umano, che è sostenuta ancheda Plotino, ma soprattutto la negazione della dottrina plotinana dell'anima non discesa, mediante laquale il filosofo di Neapoli finisce per concedere all'uomo, in determinate condizioni, unaconoscenza puramente noetica ed intuitiva paragonabile a quella dell'intelletto. Ciò non è possibile,per Proclo, perché a suo parere neppure l'intelletto ha carattere noetico. In questo modo lo scolarcadi Atene sottolinea in modo assai più deciso di Plotino la relativa debolezza e limitazionedell'intelletto umano. Il che non gli impedisce, tuttavia, di conseguire una conoscenza valida edaffidabile delle realtà metafisiche. L'A. ricostruisce con molta accuratezza il difficile tentativo dimediazione che guida l'indagine di Proclo in rapporto a queste tematiche. Il lavoro della dott.ssaGritti è filosoficamemte interessante e impeccabile sul piano metodico, in particolare per quantoriguarda l'analisi delle fonti primarie e della letteratura secondaria. Ed anche se forse avrebbe potutoessere a tratti più incisivo limitando alcune vaghezze e prolissità, si tratta indubbiamente di un'operache contribuisce in modo efficace ad una migliore comprensione del filosofo studiato. La valutazione, comprensiva di curriculum e pubblicazioni, è decisamente positiva.CANDIDATO: Gianluigi Pasquale.Commissario prof. Carlo Natali
A. Curriculum: Baccalaureato in teologia (1993) presso il Pont. ateneo Antonianum con una tesi suVita consacrata e chiesa locale; Laurea presso la Pont. Università Gregoriana (1997) con una tesi suLa teologia della storia in O. Cullmann. Dottorato in filosofia morale, Università di Venezia (2008)con una tesi sull'ontologia escatologica di Pannenberg e la sua dipendenza da Hegel. Prof.incaricato presso l'Ateneo Marcianum del Patriarcato di Venezia e presso la Pontificia UniversitàLateranense.Ha pubblicato molti volumi di interesse religioso, tra cui vari studi su Padre Pio del quale ha editola raccolta delle lettere. E anche autore di molti articoli (137) su Padre Pio, sull'educazione, sullavita dei cappuccini italiani e temi connessi, insieme a varie traduzioni di autori cattolici.Pubblicazioni: Volumi: Il principio di non-contraddizione in Aristotele in origine pubblicato in inglese (2006 IIed.) e poi tradotto in italiano (2008). Analizza il PDNC come principio primo dell'essere e delpensiero, mostra ampia conoscenza del dibattito contemporaneo, e discute con competenza le tesi diBerti, Barnes, Cassin etc. Il principio secondo cui nulla di ciò che è, è contraddittorio, fonderebbel'ontoteologia aristotelica. Analisi filosoficamente avvertita nella tradizione di studi del PDNCcome fondamento della non autosufficienza del mondo del divenire ed apertura a un principiotrascendente, iniziata da Bontadini a metà del secolo XX.Gli altri volumi presentati non riguardano il SSD:Oltre la fine della storia. La coscienza cristiana dell'occidente, (2004), sulla visione cristiana dellastoria, con un annesso su Vent'anni di confronto con l'esistenzialismo.La teologia della storia della salvezza nel secolo XX (2001), studio sulla teologia della storia nelsecolo XX. Come il concetto di 'storia della salvezza ' venga inserito nella teologia sistematica.Lo studio sul PDNC è un valido contributo alla discussione sul valore ontologico del principioaristotelico. Ma l'impegno del candidato è evidentemente rivolto in modo prevalente verso temi difilosofia morale, filosofia della storia, teologia e religiosità contemporanea.Commissario Prof. Franco FerrariIl dott. Pasquale ha conseguito il baccalaureato in Teologia presso il Pontificio Ateneo Antonianumnel 1993, quindi si è laureato presso l’Università Gregoriana (1997) Si è poi addottorato in Filosofiamorale presso l’Università di Venezia nel 2008. Ha svolto attività didattica a Venezia pressol’Ateneo Marcianum e a Roma presso la Pontificia Università Lateranense. Complessivamente ilsuo percorso curriculare appare abbastanza estraneo al settore scientifico-disciplinare oggetto divalutazione. Il candidato presenta quattro monografie e una nutrita quantità di articoli, la stragrande maggioranzadei quali non attinente all'ambito scientifico-disciplinare oggetto di valutazione. Delle quattromonografie due costituiscono in realtà il medesimo studio, essendo l'una la traduzione italiana (conpoche modifiche) della versione apparsa in lingua inglese. Si tratta di uno studio sul Principio dinon-contraddizione di Aristotele che ha il pregio di una certa chiarezza, ma che apparecomplessivamente piuttosto superficiale. In esso risulta del tutto assente ogni riferimento al testogreco. Il significato del principio di non contraddizione risulta, secondo il candidato, di caratteremetafisico e ontologico. Il volume su Oltre la fine della storia costituisce un'indagine sul tema dellasecolarizzazione e della escatologia che lambisce solo occasionalmente l'ambito scientifico-disciplinare oggetto di valutazione. Il volume La teologia della storia non è attinente all'ambitoscientifico-disciplinare in questione. Commissario prof. Franco TrabattoniIl curriculum del candidato.CANDIDATO: Giacinto PlesciaCommissario prof. Carlo NataliA. Curriculum: Laureato in architettura 1979 al Politecnico di Torino, ha partecipato ad un concorsoper associato ad Architettura ICAR/14 a presso l'Università di Firenze. Ha seguito due corsi diperfezionamento in filosofia "Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche" Id. "Temi diEpistemologia generale ed applicata" 2004 e 2007, organizzati dai prof. Parrini e Givone. elencauna lunga lista di pubblicazioni relative all'architettura, urbanistica etc. dal 1979 al 1992. Nonrisulta nulla di interessante rispetto al SSD.B. Pubblicazioni: Ha pubblicato un breve opuscoletto di 38 pagine su Ontologia della physis, 2003-4, frutto di una tesi di Perfezionamento in Filosofia diretta da S. Givone. L'ampia ed esotericapanoramica tocca temi ed autori di filosofia contemporanea, specie di corrente ermeneutica equalche filosofo della scienza dei più noti negli anni '70 (Heidegger, Feyerabend, Gödel, Thom,Derrida). L'unico aggancio con il SSD è il riferimento alla nozione di physis nei lavori di G. Colli.Le altre opere, spesso di difficile decifrazione, non sembrano avere molto a che fare con il SSD. Ciòvale per un altro opuscoletto del 2010 su L'epistemica, il nulla e l'arte, e per vari articoli dedicati atemi, se così di può dire, di ermeneutica ed ontologia dell'architettura: Spazialità hi-tech.Technocities, highways, valleys (1986); Archematica della distopia desideranza spaziale post-industriale, s.a.; La linea elastica: formalizzazione/decidibilità (1980), oppure di teoria dellamatematica applicata all'architettura, come il saggio su Allosteresi industriali e sinecismomorfogenico (1980).Il candidato non mostra affatto un profilo degno di essere preso in considerazione nell'ambito delSSD. Non è possibile per noi valutare l'importanza delle sue ricerche per la teoria dell'architettura eil dibattito teoretico contemporaneo su di essa.Commissario prof. Franco FerrariIl dott. Plescia si è laureato nel 1979 in architettura presso il Politecnico di Torino. Successivamenteha seguito due corsi di perfezionamento di carattere filosofico presso l’Università di Firenze. Il suoprofilo curriculare appare complessivamente estraneo al settore scientifico-disciplinare oggetto divalutazione. Il candidato presenta alcuni contributi che non risultano attinenti al settore scientifico-disciplinareoggetto di valutazione. Commissario prof. Franco TrabattoniNé il curriculum né le pubblicazioni del candidato sono congrui al settore scientifico disciplinare"Storia della filosofia antica".GIUDIZI COLLEGIALICANDIDATO Francesco Ademollo
Il candidato presenta un profilo curriculare e una produzione scientifica di ottimo livello.CANDIDATO Milena BontempiLa candidata presenta un profilo curriculare complessivamente buono. Quanto alle pubblicazioniesse appaiono di buon livello ma non prive di qualche limite.CANDIDATO Giuseppe FeolaIl curriculum del candidato si presenta solido e promettente. A fronte di una produzionerelativamente esigua, il candidato mostra ottime attitudini alla ricerca.CANDIDATO Elena GrittiLa candidata presenta un curriculum decisamente buono. Mostra un solido e riconosciuto profilo distudiosa nell'ambito del neoplatonismo.CANDIDATO Gianluigi PasqualeNonostante una interessante incursione nell'ambito del pensiero aristotelico, né il curriculum né lepubblicazioni appaiono particolarmente rilevanti in rapporto al settore scientifico disciplinareCANDIDATO Giacinto PlesciaNé il curriculum né le pubblicazioni sono degne di rilievo in rapporto al settore scientificodisciplinare.DISCUSSIONE DEI TITOLI E DELLE PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE GIUDIZI INDIVIDUALICANDIDATO Francesco AdemolloCommissario prof. Carlo NataliIl candidato nella discussione dimostra ampia padronanza delle tematiche affrontate nel corso dellaricerca e prospetta un progetto di indagine futuro sul De interpretatione di Aristotele; appareevidente l'ottima impostazione e la consapevolezza metodologica di tale progetto.Commissario prof. Franco FerrariIl candidato dimostra di padroneggiare con assoluta sicurezza gli argomenti trattati. Risponde conprecisione alle questioni che vengono poste sia di argomento platonico sia aristotelico.Commissario prof. Franco TrabattoniIl candidato risponde in modo efficace ed esaustivo alle domande che gli vengono rivolte,dimostrando una piena padronanza degli argomenti affrontati nel corso dei suoi studi e di possedereun chiaro e promettente progetto di ricerca.
CANDIDATO Milena BontempiCommissario prof. Carlo NataliLa candidata conferma l'impressione iniziale secondo la quale la sua ricerca ha come interlocutoripiù gli studi di storia del pensiero politico che la storia della filosofia antica. Appare alquantoesitante nelle risposte ai rilievi ed alle osservazioni dei commissari.Commissario prof. Franco FerrariLa candidata delinea con sufficiente precisione le direttrici della sua ricerca. Palesa alcuneincertezze a proposito di qualche rilievo inerente alle sue indagini sul pensiero platonico. Commissario prof. Franco TrabattoniLa candidata risponde alle domande della commissione mostrando una buona padronanza dellamateria, ma senza essere sempre in grado di intervenire con la dovuta puntualità e chiarezza.CANDIDATO Giuseppe FeolaCommissario prof. Carlo NataliIl candidato mostra intelligenza vivace e buona conoscenza dei testi. Non arretra di fronte allapossibilità di affrontare percorsi molto originali e inusitati nella ricerca futura. Da lui ci si possonoaspettare ulteriori risultati di notevole interesse.Commissario prof. Franco FerrariIl candidato dimostra di padroneggiare in maniera sicura le tematiche relative alla psicologiaaristotelica. Anche le linee direttrici della sua ricerca appaiono nel complesso promettenti. Commissario prof. Franco TrabattoniDurante il colloquio il candidato dimostra di conoscere molto bene gli argomenti che studia, e anchedi essere in grado di allargare la prospettiva, ai fini delle sue ricerche future, verso tematiche ad essicorrelate.CANDIDATO Elena GrittiCommissario prof. Carlo NataliLa candidata mostra grande padronanza del periodo studiato, ammette di dover rendere piùperspicue le proprie posizioni teoriche e di dover ampliare al di là dei confini patrii il propriodialogo scientifico. Nella discussione delle pubblicazioni mostra capacità di difendere le proprie tesicon buoni argomenti.
Commissario prof. Franco FerrariLa candidata dimostra di padroneggiare in maniera sovrana gli argomenti sui quali vertono le suepubblicazioni. Il colloquio conferma le buone qualità della candidata ma anche l'esigenza di unparziale allargamento dei suoi interessi scientifici.Commissario prof. Franco TrabattoniLa candidata dimostra, durante il colloquio, ottime conoscenze di carattere disciplinare insieme auna buona capacità di esplicitare caratteristiche e finalità del proprio lavoro.CANDIDATO Gianluigi PasqualeCommissario prof. Carlo NataliIl candidato riconosce l'importanza della conoscenza del pensiero greco – sostanzialmente diPlatone e Aristotele – per una fondazione ontologica di una filosofia della storia. Quanto all'aspettotecnico della disciplina le sue idee appaiono abbastanza vaghe e generali.Commissario prof. Franco FerrariIl candidato discute con sufficiente competenza gli argomenti affrontati nel colloquio. Si rileva unacerta marginalità dei suoi interessi rispetto all'area scientifico-disciplinare oggetto di valutazionecomparativa.Commissario prof. Franco TrabattoniIl candidato dimostra, durante il colloquio, una notevole conoscenza di varie tematiche di caratterefilosofico, ma non appare specificamente dotato delle competenze richieste allo studioso di storiadella filosofia antica.CANDIDATO Giacinto PlesciaCommissario prof. Carlo NataliIl candidato presenta il progetto di una storia dell'ontologia di ispirazione heideggeriana; le sue ideerelative al pensiero filosofico antico risultano insieme vaghe e molto personali.Commissario prof. Franco FerrariGli interessi del candidato risultano estranei all'area scientifico-disciplinare oggetto di valutazione.Commissario prof. Franco TrabattoniIl candidato non risponde in modo adeguato alle domande della commissione e non dimostra alcunacompetenza specifica nella storia della filosofia antica.GIUDIZI COLLEGIALICANDIDATO Francesco Ademollo
Il candidato dimostra di padroneggiare con assoluta sicurezza gli argomenti trattati. Il giudizio dellacommissione sul suo profilo scientifico è ottimo.CANDIDATO Milena BontempiLa conoscenza della materia palesata dalla candidata è nel complesso buona, anche se nelladiscussione emerge qualche incertezza. CANDIDATO Giuseppe FeolaIl candidato dimostra buona attitudine alla ricerca. I suoi primi risultati sono largamentesoddisfacenti. Si attendono da lui ulteriori conferme.CANDIDATO Elena GrittiLa candidata dimostra di conoscere in modo impeccabile gli argomenti sui quali ha lavorato. Ilgiudizio della commissione sul suo profilo scientifico è molto buono.CANDIDATO Gianluigi PasqualeLe buone conoscenze filosofiche generali mostrate dal candidato non appaiono accompagnate dauna sufficiente competenza nell'ambito della disciplina oggetto di valutazione.CANDIDATO Giacinto PlesciaIl candidato non manifesta competenze e attitudini alla ricerca nel campo della storia della filosofiaantica.INDIVIDUAZIONE DEL VINCITOREIl giorno 20 gennaio 2012 alle ore 09.30 nei locali del Dipartimento di Filosofia dell'Universitàdegli Studi di Firenze i commissari della valutazione comparativa in epigrafe si riuniscono perl’individuazione del vincitore e per concludere la procedura.La commissione riesamina i giudizi collegiali espressi sui candidati e dopo lunga, attenta eapprofondita discussione nella quale sono comparati tra di loro tutti i candidati, la commissioneindividua all’unanimità vincitore della valutazione comparativa il sig. Francesco Ademollo per leseguenti motivazioni:Dopo lunga ed attenta discussione dei titoli scientifici presentati e delle prove sostenute daicandidati durante questa procedura di valutazione comparativa la commissione decide,all'unanimità, che il sig. Francesco Ademollo è il candidato in possesso dei migliori requisiti perricoprire il ruolo in oggetto.Alle ore 11.00 termina la seduta.Letto, approvato e sottoscrittoLA COMMISSIONEprof. Carlo Natali, presidenteprof. Franco Ferrari, membroprof. Franco Trabattoni, segretario
RELAZIONE RIASSUNTIVALa commissione nominata dal Rettore dell'Università degli studi di Firenze con proprio decreto n.D.R. 698 del 29 luglio 2011 e composta dal prof. Franco Ferrari, ordinario, dal prof. Carlo Natali, ordinario e dal prof. Franco Trabattoni, ordinario, si è riunita nei locali del Dipartimento di Filosofiadell'Università degli Studi di Firenze nei giorni 18 e 19 e 20 gennaio 2012 per l'espletamento dellavalutazione comparativa a n. 1 posto di ricercatore universitario di ruolo per il settore scientifico-disciplinare M-FIL/07 della Facoltà di Lettere e Filosofia bandito con D.R. n. 1241 del 26.11.2010il cui avviso è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. - 4° serie speciale - n. 99 del 14di cembre 2010.La commissione, presa conoscenza delle disposizioni normative concernenti l'espletamento dellevalutazioni comparative, ha individuato presidente il prof. Carlo Natali e segretario il prof. FrancoTrabattoni.La commissione, nella seduta del 6.12.2011 ha deliberato i seguenti criteri di valutazione: Circa la valutazione dei criteri scientifici, la Commissione si atterrà ai criteri indicati nell'art. 6 delbando di concorso, specificandoli come segue:1. originalità, innovatività ed importanza di ciascuna pubblicazione scientifica nonché varietà degliargomenti trattati in ciascuna di esse, 2. congruenza di ciascuna pubblicazione con il settore scientifico-disciplinare per il quale è banditala procedura, ovvero con tematiche interdisciplinari ad esso correlate;3. rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione;4. intensità (quantificata in rapporto al periodo di attività post-laurea) e continuità temporale dellaproduzione scientifica;5. per quanto concerne i lavori in collaborazione, ove l'apporto del candidato non siaimmediatamente deducibile dalla firma di specifici capitoli e/o paragrafi, non si procederà allavalutazione della pubblicazioneStabilisce, altresì, criteri di valutazione della discussione dei titoli e delle pubblicazioni scientifichee della verifica delle competenze linguistiche richieste:Durante la prova orale sarà data al candidato la possibilità di discutere le proprie esperienze diricerca e le pubblicazioni, approfondendo, se necessario, gli argomenti affrontati.Durante il colloquio la Commissione dovràa. appurare la maturità scientifica del candidato, partendo dalla discussione dei titoli e dellepubblicazioni presentate;b. valutare le capacità analitiche e di sintesi storica e teoricac. appurare il possesso delle competenze linguistiche richieste dal bando, attraverso la lettura e latraduzione di un brano di letteratura scientifica relativa al SSD.La commissione dichiara che nella disciplina oggetto della presente valutazione non esistonostrumenti informativi riconosciuti ed accettati che prevedano numero totale delle citazioni, numerodelle citazioni per pubblicazione, "impact factor" totale e medio per pubblicazione, indice di Hirsche simili, e che pertanto non risulta possibile tenere conto di tali elementi in sede di valutazione.La valutazione dei titoli si è svolta i giorni 18.1.2012 e 19.1.2012.Per la discussione, svoltasi il giorno 19.1.2012 sono risultati presenti i seguenti candidati: FrancescoAdemollo, Milena Bontempi, Giuseppe Feola, Elena Gritti, Gianluigi Pasquale, Giacinto Plescia.
Sui titoli, sulle pubblicazioni e sulla discussione di ciascun candidato sono stati espressi giudiziindividuali e collegiali.La deliberazione ha individuato vincitore il sig. Francesco Ademollo.Letto, approvato e sottoscrittoFirenze, 20 gennaio 2012LA COMMISSIONEprof. Carlo Natali, presidenteprof. Franco Ferrari, membroprof. Franco Trabattoni, segretario.
schema-giuoco-Heidegger i. "Cum ipsi (majores homines) appellabant rem aliquam, et cum
secundum earn vocem corpus ad aliquid movebant, videbam, et
tenebam hoc ab eis vocari rem illam, quod sonabant, cum earn vellent
ostendere. Hoc autem eos veile ex motu corporis aperiebatur: tamquam
verbis naturalibus omnium gentium, quae fiunt vultu et nutu oculorum,
ceterorumque membrorum actu, et sonitu vocis indicante affectionem
animi in petendis, habendis, rejiciendis, fugiendisve rebus. Ita verba in
variis sententiis locis suis posita, et crebro audita, quarum rerum signa
essent, paulatim colligebam, measque jam voluntates, edomito in eis
signis ore, per haec enuntiabam." (Augustine, Confessions, I. 8.) Ricerche filosofiche di Ludwig Wittgenstein — giochi linguistici. È ci dà da pensare l’essenza del fenomeno crea consente spazio spazio essenza che si dispiega evento eventa nulla, consente consenta già qui e là costruzione gioco È nello spazio sublimE Nulla sublimitàNulla’evento che fonda un gioco linguistico il gioco linguistico “qui” o “là”:
«là» qui essere là, nel vuoto, là Li “giochi linguistici” (ivi, § 7) è evento nulla nulla evento è evento evento-gioco nulla evento«gioco linguistico» SprachspielWittgenstein «giochi linguistici» gioco linguistico (ivi, § 7) gioco linguistico“gioco linguistico” «giochi linguistici» dinamiche dei giochi linguistici è già ontologica struttura dello spazio musicale, nello spazio musicale Ricerche-filosofiche-Wittgenstein ’essenziale del gioco linguistico“giochi”, giochi di palla, giochi? — esserci giochi“giochi’ concetto di gioco gioco di costruzioni schema-crea-mondo giochi c’è, l’esserci nulla È nulla. — Ma è giocoQui senz’altro È VOCE E IL FENOMENO crea-spazio spaziatura
decostruzione spazio-spaziatuta, deserto della forma
vuota phoné-spazialità è “in-scritto” infinita esserci
metafisica della presenza decostruzione de-costruttiva logica - metafisica della presenza presente a sé. È voce fenomenica a sé presente, È si dà si dà, si dà È catastrofica all'infinito, presenza a sé all'infinito, infinita di infinita dal presente presenza a sè del presente. È crea infinito infinito È phonè, storia della metafisica, voce fenomenica, essere presente a sé
– spaziale metafisico-musicale della voce, la spazialità della phonè dell'essere È spaziale spazia lo spazio crea la
presenza del presente là svelà Lo spazio spazializza-spaziatura È nulla non ha nulla nulla senza nulla È nulla ontologica, È presenza-del-presente infinito infinito'eventua fuor di sé. verità d'essere spazio-temporalità dispiega voce
fenomenica della phoné.
crea spazializza spazio, È sé di sé con sé del presente infinitesimale monade fenomenica presenza a sé: infinitamente infinita
ricettività.
La voce fenomenica è essere presente, esser a sé
presente, trascendenza a sé, la voce si
ascolta. Nulla phonè, voce fenomenica svela il suono che è nel
mondo, anzi la decostruzione della voce fenomenica della phonè svela la temporalità in sé phonè dà crea spazio l'essere È. È la phonè nel nulla, nulla sovraevenienza, È ricettività. È È già da sé “spaziatura” si spazia-spazio, spazio è
tempo, è fuori da sé, è fuori-da-sé esserci nel mondo, nulla'infinitesimo crea infinito, eventua l'evento vuoto. Qui lo spazio È spaziatura, spaziale spazialità spaziatura spazialità-temporalità o spazio-tempo evento infinito vuota risonanza, spazio vuoto al di là nulla,È spazia'infinità risonanza È esserci spatiotempo spazio-temporalinfinito, l'infinito essere o infinito nel finito"decostruzione"decostruzione è evento essere-spazio nello spazio spazio-fonda-metafisica Qui, fondamento metafisico vuoto "gioco"si gioca"Decostruzione", è"Infinito" nulla, decostruzione sentiero verso il nulla, risuona l'essere ousia, physis,parusia, nous, decostruzione Decostruzione decostruzione-metafisica.
È qui decostruzione della metafisica, c'è vuoto-nulla in gioco dell'essere di per sé essere-infinito c'è nulla decostruzione, è di per sé gioco di fondamento "al di fuori e al di là" esserciCHORA-in sé senza-sostanza (ousia), è instabile, al di là chora“ricettacolo” TimeoDemiurgo “Chora’evento chora È I n-der-Welt-rein eventi dell’Essere Essere-Essenziale dell'Essere Essenziale (Wesen)Essere-spazio crea Eventi Dasein-Ereignis-Ontologie Dasein-Radura Dasein-dell’essere-nel-mondo, già essere-nel-mondo Dasein essere-nel-mondo-esser-già-in-radura GrundDaseins Dasein-Evento nulla “già” ontologico. Dasein-"gia”-ontologico dell’essere ontologico del Dasein è Dasein-«sempre-già»-Dasein del Dasein è Dasein È già nel Dasein il Dasein essenzia è. Dasein già-sempre Dasein è Ereignis-senzA-ousìa<EsserEreignÌs, «mistero» dell’essere nihil o essere delle entità assente. Qui l’essere entità è «nascosto»entità-assente assenza-presenza. Dasein Dasein-assenza assente/nascosta del Dasein è gettatezza, essere del Dasein Dasein è il Dasein-dell’essere-Ereignis-«evenTautentico» DaseinEreignis. Dasein-già-è Dasein. Dasein-Lethe«Essere-assenza/ presenza-dell’assenza del Dasein Dasein - perché assenza-presenza-Eventa>> Ereignis-crea-chora chora la chora platonica non possiede un’essenza chora è l’essere dell’essere. Essere-chora, perchénon c’è nessuna essenza stabile instabilità-chora decostruzione della metafi-sica classica presenza” stabile chora chora È chorà È chorà-scheMetys “impensata” schematesis’essere, “metafisica della presenza”“nuova ontologia”Chora non possiede un’essenza struttura della chora-chora la chora l’essere si sottrae. Chora dà la chora gioca Dà la chora con la chora chora sulla chora.È chora, sfugge alle categorie della logica la chora non è paradigma(Timeo).La chora-chora-chora sfugge prossima alla teologia negativa, ontologica aldi là dell’essente chora-ricettacolo-spazialità della chora-chora-spazia-lità nella chora: pensiero dellachora, la chora al di qua e/o al di là“ricettacolo”chora-essere non è
fondamento stabile la chora-infinita“ricettacolo” chora. La chora chora-che-“fonda sprofondando” e che “si sottrae fonda”la chora chora è senza-ousia-fonda la chora ontologica. La chora c’è, chora chora-ricettacolo in sé è senza fondo, sfugge è in-fondata perché è “fondante-ousia-spazia spazio spazia-lità spazio-chora-spazialità chora-dello-spazio-Evento dell’essere ‘spazio’ che si sottrae” è la chora. È dà la chora della chora-onto-logia: disvela È schemetis del nulla, chora dell’essere-chora chora-essere, chora-spaziatura chora-senza-ousia “chiasma-chora” chora-schema crea la chora la chora-evento dell’essere-spazio, la chora-spazio-crea-lo-spazio dello spazio, ousia-spazio spaziali-tà-chiasma: lo spazio È spazialità-chora, spazialità intrisa di spaziotempo dello spazio-spaziale-chora-scheMetys si dà Essere-vuoto-chora crea la chora fondante crea infinita chora arché che fonda La Chora della chora-“ricettacolo” o chora-chiasma. È chora, è noumeno che sfugge nulla della chora, chora della chora Khôra ChoraMETYs della chora. La chora spaziatura della choramaTESIS È schemachora-ricettacolo chora“Chorainstabile della chora singolarità”. È spazialità della chora-che-crea dà, È Abscondita eventa si è già singolarità ontologia-Khôra Khor-Chora-ontologia chorachora chora non è nulla nulla nulla che dà non è sostanza-ousia. È Abisso in essere, spazio vuoto, ma che non è vuoto. Nel Timeo È Khora è un gioco instabile,abisso, dà sé eventa spaziatura, erranza. Qui o là, eventua l'infinito l'infinita eventa vuota. È dà è di per sé c'è che dà l'infinità o l'infinito-essere è la presenza di
nulla all'infinito, gioco di presenza-assenza. È nulla, niente, senza nulla, ontologica per nulla, nulla nella monade monade-skema-del-nulla nulla nulla-che-è-senza-ousia, senza essente, nulla senza fenomena crea è infinito nulla nulla È Essere nulla è già evento È È musica.Tale spazio è singolarità, essere singolarità, essere singolarità spaziale essere-spazio ontologia dellà creatura-esserci. Grund-daseyn, spazio-esserci flusso”lì vi si getta, si getta nel suo fondo è già, si dà è ontologia dell'essere trascendenza, lo spazio spazio-Esserci, Esserci-cronotopia di esserci per la morte,
essere-per-la fine (Sein zum Ende). Dasein-spaziotempo topologico del Dasein: “Dasein-Tode ist”. Dasein-spaziotempo
ontologia, Dasein è già Essere-spaziotempo ermeneutico-ontologico: già da sempre È Dasein-esserci, è già sempre
progetto-spaziotempo: è spaziotempo, o
spazio-Dasein-spaziotempo, Esseretempo, è creata ontologia-dell' estasi-ontologica è Essere già di per sé in gioco è ontologia essere-Dasein-spaziotempo. È Cronotopia dell'essere si dà nel vuoto, presenza-assenza, ontologia È si sottrae ontologia-Exstasi’infinita. È pensiero dell'essere spazio, essere in cammino o essere nel tempospazio è spazio degli spazi Raum, spazio, Raum, Rum, sgombro, spazio essere-spazio-???a spazio-t?p?? spazio Gegenstandlose è senza-ousia, spazioRaum è nientaltro-essere/nulla-schema- essere-spazio-che-dà sé presenza infinità all'infinito, è la presenza del nulla all'infinito, gioco di presenza-assenza, senza nulla, senzanulla Senza fenomenica ontologica-nulla, nulla non è altro. Non è nulla nulla senza la verità senza essere nulla senza essere fenomenico. crea nulla, perché È nulla spazio È ontologico in ontologia è ontologia senza essere metafisica e ontologia dell'ontologia ontologia è là infinitaldilà" essere pensante " subsistenza Dasein nell'essere che si dà Dasein evento al di là aldilà qui e ora eventaldilà in sé, sé-sé è eventa-oltre-sé in sé è già fino in fondo, c'è eventità crea: Evento (Ereignis) è Esseretempo. L'evento: Evento (Ereignis) è Esseretempo dell'essereEreignisevento è Ereigniseventità Ereignis è Ereigniseventità EssereTempo per l'evento.Qui Erezgnis"evento" l'eventessere l'essere è eventità Ontosofïa e Ontologia dell'eventità ontologica: la metafisica è onto-teo-logia onto-teo-logia'essenza della metafisica è l'evento onto-teologico: La metafisica è teologia, essere vuoto? Essere pensiero è l'evento schematesis è Ontologia, è "essere fondamento". L'Essere degli esseri ontologico:è ontologica. È onto-teologico della metafisica ontologico di Esseretempo ontologica eventità ontologica o ontologia: Essere degli esseri eventità Essere degli esseri è fondamento dell'essere, schema-in-essere, Essere è l'essere eventità che non ha alcun fondamento. La fondazione è già Lichtung-eventità-evento. Crea l'evento: La stessa eventità è pensare e essere si dà l'essere-eventità "Essere""di essere" dell'essere è eventità abissAle si dà nell'abisso, è lì Ge-stell eventità Ge-stelleventità Ge-stell è Ge-stelleventità Ge-stell è Ge-stelleventità Ge-stell è l'evento. Ge-stell'eventoEreignis o eventoGe-stell: Ge-stell'evento, Ge-stell è evento, evento-eventità evento preludio: Ge-stell è evento Ge-stell'evento. L'evento Ge-stell sulla Ge-stell è l'evento È evento: L'evento è eventessere Ge-stellevento l'evento di Evento della fondazione già in essere. Qui vi è schemetys di fondazione dell'Essere è l'evento/ Da-sein dell'Essere di essere Essere di esserci Crea già essere evento in sé è Da-sein'evento. L'evento già Da-sein'evento è evento-schemaGe-stell, l'evento è essere: Essereventità Essere è già è evento. Esserevento fonda Da-sein'evento l'eventessere schemetis abissale abisseventità schemabissale'evento vuoto fondamento dell'essere c'è nulla vuoto: L'eventoEr-eignis nihileventità nihil-nulla-eventità evento. Evento dell'essere è evento si crea evento è l'evento eventoEreignis l'eventoErejgniseventità. L'eventoeventità l'evento-nulla in sé Da-sein crea evento è l'evento eventità è l'evento nulla. L'evento eventità evento che dà c'è nient'altro l'evento. L'evento è di "là" è l'evento "là" fonda l'evento e nulla più. Non c'è nient'altro oltre l'evento l'eventoeventità: L'evento è l'essere è l'evento evento'evento. Qui essere evento qui è evento'evento, l'evento è evento è l'evento"là" l'evento si dà. All'evento qui l'evento evento-evento dà La Musica È già l'evento, l'evento è l'evento che la eventua. In evento in sé evento eventotempoessere l'evento è tempessere evento di Esseretempo, spazio-tempo-evento. È DASEyN non è niente. È spazio è creatura è creatura di eventitàQui evento evento senza tempo che dà l'essere, Dà l'essere,esserci"là" c'è "è" l'evento-Dell'essere'evento: l'evento è evento eventessere è l'evento evento-eventità che ci sia, c'è è l'evento mistero è l'evento. Crea l'evento, essere l'evento. O essere-l'evento di esseretempo che dà l'evento di essere l'evento evento-è-essere. Esserevento di essere: "Essere evento", in fondo nulla spaziale eventità-spazialità nulla. Niente da nulla.
blico, Proclo magia crea il mondo monaDio creatore
risuona Cur ergo errat anima quam fecit
Deus? Dionigi-Proclonella Magia dell' Essere il nulla, crea panteismo crea ex nihilo dal nulla Metafisica ricet-
tacolo crea nulla crea crea ab inizio crea l'Anima del Mondo crea essere nel Nulla 1'essere nulla Crea la creazione.
Proclo: Crea1'essere sia la sostanza che la forma oltre bellezza nulla substantia nullo o nulla in essere il nulla. Perchè nulla? nulla, sono nulla il
nulla la morte,crea la creaturaEsserel' Essere crea ex nixilo crea creata consustanzia crea dell'essereousia 1' Essere da Proclo Proclo o essere
nulla nel mondo essere nell'Isole dei Beati PROCLO-Timeo- PROCLO crea la mistica O essere nullum nullum nullum nihil del Demiurgo dei Manichei crea estatico bellezze risonanze di nulla nulla al mondo
di nulla crea nulla nulla crea qui fin qui qui sunt nonnul-
lus v'e nullus crea creature neopitagorica spaziale C'e la bellezza spaziale, supera lo spa-
zio, vince lo spazio,crea la musica.
musica-modello degli Dei creatori crea trascende bellezza si presenta si manifesta Nulla
prerazionale-super-razionale intuizione pura modello
Crea bellezza Demiurgo di Platone modello che crea infinito. Crea Timeo 1'infinita Bellezza nel mondo
Tale Demiurgo metafisica della essenza Proclo modello della potenza creatrice o
meglio delle potenze creatrici PHOCLO, Elementi di Teologia, Proclo crea creando crea modelli e schemi insiti schemi senza
ragione, 1' Essere increata nel mondo crea crea'essere creature creatura nihilNihil nihil dissonare crea la creazione nulla c'e Essere, creaVerita creatrice enti aventi ontologica'esistenza della metafisica platonica nihil spazia contemplal'essere puro svela spaziotempo
Creato nihilnihil crea il nulla crea la figura crea la verita di pensiero nel creatore e nella creatura.
crea creatura creata nulla nulla svela Crea nulla nihil sublimi. nulla in se nulla, nulla est nulla crea Senz'altro PENSIERO nihil anzi crea nihil crea singolarita pen-
siero pensante e pensiero pensato
crea CreaNulla, creatrix
dell'essere l'essere nihil nihilessere nell'es-
sere nulla, crea nihil creatura Crea C'e Crea
la creatura Creanulla
Nihil Nulla crea consente di es-
sere che il nulla, vuota nulla, nullaQui creaCrea nihil crea creature vuote, crea vagheggia vagheggia crea vagheggia crea crea creata crea creato nulla vuoto crea nulla nulla nulla dell'essere che crea e che crea 1'architettura
e le arti, il linguaggio e le lettere, il calcolo, la musica, la filosofia, crea eventi in nulla che crea nulla
L'essere sublime
C'e crea. La natura crea creatura gettata crea crea crea
crea crea creacrea-creacreasublime crea l'infinito. di Dio (1). Cosi per Ago-
stino, come abbiamo visto, in rapporto alle cose terrene
esse sono gli interpret!, per quanto in maniera umana,
cioe imperfetta, della razionalita eterna. Ed in questa
inerpretazione esse devono essere seguite quando non
sorge il contrasto fra la loro voce e quella della Chiesa.
Ci sono poi tutte le altre forme di autorita umana,
quella degli uomini sapienti, quella di chi per qualsiasi
motivo e degno di fede, o ha acquistato dimestichezza
in una determinata arte o disciplina (secondo il con-
cetto socratico) in modo da dovere essere in quel campo
ascoltato e seguito, fino a quella piu comune e modesta
(1) Rom., Xin, 1-2,
282
del genitori verso i figli, delle quali abbiamo gia par-
lato.
In tutti questi casi il fondamento del concetto di
autorita e la impossibilita di conoscere tutto per espe-
rienza propria e quindi la necessita di credere per quella
degli altri : sicut ergo de visibilibus quae non videmus,
eis credimus qui viderunt... de invisibilibus, quae haec
a nostro sensu exteriore remota sunt, iis nos oportet
credere, qui haec in illo incorporeo lumine disposita
didicerunt vel manentia contuentur (1).
Autorita e testimonianza di cose conosciute, massi-
ma e indiscutibile nella Ghiesa, in cui la testimonianza
dei martiri rende certo quanto essi hamio affermato di
aver visto e conosciuto, minore negli altri casi fino a
quella vaga della pubbliea opinione, soggetta in questi
casi ad esser discussa e idonea soltanto a far riflettere
a quanto poi la ragione potra spiegare. L'autorita e in-
fatti guida della ragione e non altro, ma non di meno
guida necessaria. fi luce che mette in condizione di ve-
dere 1'occhio della mente e, per quanto Agostino ne
dimostri la insufficienza razionale nel <c De Libero Ar-
bitrio a proposito delle leggi umane alle quali si crede
ma per le quali non si conosce (2), esso ne afferma
risolu.tamente il valore nel De Ordine dove se ne fa
una ampia trattazione e si distingue in divina e uma-
na (3), nel cc De quantitate animae (4), nel cc De Vera
Religione (5), in altri passi del Libero arbitrio e
(1) De Civ. Dei, 1. XI, cap. III.
(2) De Libero Arbitrio, 1. I, cap. IV, 9.
(3) De Ordine, 1. II, cap. IX, 26 e 27.
(4) De quantitate animae, cap. VII, 12.
(5) De vera Religione, cap. VIII, 14.
283
nei suoi scritti posteriori, tra cui nel De Trinitate e
soprattutto nel cc De utilitate credendi (1) in cui afferma
risolutamente e definitivamente, come abbiamo gia vi-
sto : melius profecto stulti omnes viverent si servi pos-
sent esse sapientum (2).
Cosi attraverso il concetto dell'autorita come prin-
cipio di conoscenza viene in campo di nuovo la questione
della liberta, di quel problema che ha assunto una for-
ma parossistica e forse patologica nei tempi moderni:
la liberta del pensiero, che per Agostino si presentava
sotto nn altro aspetto: la liberta dell'errore. Agostino
la nega.
Se Lattanzio aveva di fronte agli imperatori romani
invocato la liberta del pensiero in nome del tempio
della coscenza individuale, in nome della superiore na-
tura della ragione umana che deve essere rispettata,
Agostino, partendo dalla sua concezione volontaristoca
dell'errore, invoca, di fronte agli imperatori cristiani,
la repressione dell'errore, auspica la Santa Inquisizione
dei tempi futuri.
L'ardente polemica con i donatisti gli da la materia
per 1'affermazione del suo principio dinamico : cogite
intrare o cc compelle intrare .
Se 1'errore e un atto di volonta contrario al pensiero
che si puo dir veramente tale soltanto se e pensiero
vero, e necessario che 1'uomo sia condotto dall'autorita
colla ragione o colla forza a pensare le cose vere, a ri-
nunziare all' opera della fantasia. Costringere 1'uomo
che erra a pensare interamente, a cercare la verita, a
(1) De Trinitate, 1. XV, cap. XII, 21.
(2) De utilitate credendi, cap. XII, 27.
284
trovare la verita e, in chi e rivestito di aitforita, non un
diritto, ma un dovere. Se 1'errore nasce dal legame di
una consuetudine nociva e necessario che questo legame
sia spezzato.
Neil'epistola XGIII cc ad Vincentium Agostino po-
ne i suoi argomenti fondamentali su questo punto.
Si puo perniettere che un pazzo frenetico corra li-
beramente al precipizio? O si deve in tal caso ritrar-
nelo anche colla forza? cc Si enim quisquam inimicum
suum periculosis febribus phreneticum factum, currere
videret in praeceps, nonne tune potius malum pro ma-
10 redderet si eum sic currere permitteret, quam si cor-
ripiendum ligamdumque curaret? (1). Quale e dunque
un male, la violenza contro il pazzo o la rovina del
pazzo? Indubbiamente la violenza e un bene se sottrae
11 pazzo alia propria rovina.
E subito dopo : cc Cum vero terrori utili doctrina sa-
lutaris adiungitur, et non solum tenebras erroris lux
veritatis expellat, verum etiam malae consuetudinis
vincula vis timoris abrumpa't, de multorum sicut dixi
salute laetamur (2). cosi la violenza in questi casi un
atto di liberazione, non e di ostacolo alia liberta uma-
na, ma e 1'azione che libera il pensiero dai vincoli della
consuetudine che ha asservito la volonta dell'uomo.
La violenza non e di per se un male come non e
un giusto, cioe un martire chi la subisce. La violenza
la usano i buoni e i cattivi e la subiscono i buoni e i
cattivi. Essa e 1'esplicazione di una potenza naturale di
per se indifferente al bene e al male se non addirittura
(1) Ep. XCIII ad Vincentium, 2.
(2) Ivi, 3.
285
buona in quanto per natura e destinata al bene: Ali-
quando ergo et qui cam patitur, injustus est, et qui
earn facit iustus est. Sed plane semper et mail persecuti
sunt bonos, et boni persecuti sunt malos: illi nocendo
per injustitiam, illi consulendo per disciplinam, illi inu-
maniter, illi temperanter, illi servientes cupiditati, illi
caritati. Nam qui trucidat non considerat quemadmo-
dum secet; ille enim persequitur sanitatem, ille putre-
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an original unity indeed occurs between what is in the ground and what is prefigured in the understanding, and the process of creation involves only an inner transmutation or transfiguration of the initial principle of darkness into the light (because the understanding or the light placed in nature genuinely seeks in the ground only the light that is related to it and turned inward), the—by its nature—dark principle SW | 361–362 31 is exactly what is transfigured in the light, and both are, though only to a certain point, | one in each natural being. The principle, to the extent that it comes from the ground and is dark, is the self-will of creatures which, however, to the extent that it has not yet been raised to (does not grasp) complete unity with the light (as principle of understanding), is pure craving or desire, that is, blind will. The understanding as universal will stands against this self-will of creatures, using and subordinating the latter to itself as a mere instrument. But, if through advancing mutation and division of all forces, the deepest and most inner point of initial darkness in a being is finally transfigured wholly into the light, then the will of this same being is indeed, to the extent it is individual, also a truly particular will, yet, in itself or as the centrum of all other particular wills, one with the primal will or the understanding, so that now from both a single whole comes into being. This raising of the deepest centrum into light occurs in none of the creatures visible to us other than man. In man there is the whole power of the dark principle and at the same time the whole strength of the light. In him there is the deepest abyss consonantconsonance [Konsonanz] due to the deficiency of that which has been raised out of the ground. Only in man, therefore, | is the word fully proclaimed which in all other things is held back and incomplete. But spirit, that is, God as existing actu, reveals itself in the proclaimed word. In so far as the soul is now the living identity of both principles, it is spirit; and spirit is in God. Were now the identity of both principles in the spirit of 32 OA 437–439 man exactly as indissoluble as in God, then there would be no distinction, that is, God as spirit would not be revealed. The same unity that is inseverable in God must therefore be severable in man—and this is the possibility of good and evil.51 We say expressly: the possibility of evil. And we are seeking at the moment to make intelligible only the severability of the principles. The reality of evil is the object of a whole other investigation. The principle raised up from the ground of nature whereby man is separated from God is the selfhood in him which, however, through its unity with the ideal principle, becomes spirit. Selfhood as such is spirit; or man is spirit as a selfish [selbstisch], particular being (separated from God)—precisely this connection constitutes personality. Since selfhood is spirit, however, it is at the same time raised from the creaturely into what is above the creaturely; it is will that beholds itself in complete freedom, being no longer an instrument of the productive [schaffenden] universal will in nature, but rather above and outside of all nature. Spirit is above the light as in nature it raises itself above the unity of the light and the dark principle. Since it is spirit, selfhood is therefore free from both principles. Now selfhood or self-will is, however, only spirit and thus free or above nature by virtue of the fact that it is actually transformed in the primal will (the light) so that it (as self-will) indeed remains in the ground (because there must always be a ground)—just as in a transparent body the matter which has been raised to identity with the light does not for that reason cease being matter (the dark principle)—yet, it does so merely as a carrier and, as it were, receptacle of the higher principle of light. Since, however, selfhood has spirit (because this reigns over light and darkness)—if it is in fact not the spirit | of eternal love— selfhood can separate itself from the light; or self-will can strive to be as a particular will that which it only is through identity with the universal will; to be that which it only is, in so far as it remains in the centrum (just as the calm will in the quiet ground of nature is universal will precisely because it remains in the ground), also on the periphery; or as created being (for the will of creatures is admittedly outside of the ground, but it is then also mere particular will, not free but bound). For this reason there thus emerges in the will of man a separation of selfhood having become animated by spirit (since spirit is above the light) from the light, that is, a dissolution of the principles which are indissoluble in God. If, to the contrary, the self-will of man SW | 363–365 33 remains as central will in the ground so that the divine relation of the principles persists (as, namely, the will in the centrum of nature never elevates itself over the light but remains under the latter as a base in the ground), and if, instead of the spirit of dissension that wants to separate the particular from the general principle, the spirit of love prevails in it, then the will is in divine form [Art] and order. But that precisely this elevation of self-will is evil is clarified by the following. The will that steps out from its being beyond nature [das Übernatürliche], in order as general will to make itself at once particular and creaturely, strives to reverse the relation of the principles, to elevate the ground over the cause, to use the spirit that it obtained only for the sake of the centrum outside the centrum and against creatures; from this results collapse [Zerrüttung] within the will itself and outside it. The human will is to be regarded as a bond of living forces; now, as long as it remains in unity with the universal will, these same forces exist in divine measure and balance. But no sooner than self-will itself moves from the centrum as its place, so does the bond of forces as well; in its stead rules a mere particular will that can no longer bring the forces to unity among themselves as the original will could and, thus, must strive to put together or form its own peculiar life from the forces that have moved apart from one another, an indignant host of desires and appetites (since each | individual force is also a craving and appetite), this being possible in so far as the first bond of forces, the first ground of nature itself, persists even in evil. But since there can indeed be no true life like that which could exist only in the original relation, a life emerges which, though individual, is, however, false, a life of mendacity, a growth of restlessness and decay. The most fitting comparison here is offered by disease which, as the disorder having arisen in nature through the misuse of freedom, is the true counterpart of evil or sin. Universal disease never exists without the hidden forces of the ground having broken out [sich auftun]: it emerges when the irritable principle, which is supposed to rule as the innermost bond of forces in the quiet of the depths, activates [aktuiert] itself; or when aroused Archaeus leaves his peaceful dwelling in the centrum and steps into his surroundings.52 Just as, by contrast, all original healing consists in the reconstruction of the relation of the periphery to the centrum, and the transition from disease to health can in fact only occur through its opposite, namely through restoration of the separate and individual life into the being’s inner glimpse of light, from which 34 OA 440–443 * In the treatise, “On the Assertion that There Can Be No Wicked Use of Reason,” in the Morgenblatt, 1807, No. 197, and in “On | Solids and Liquids,” in the Annuals of Medicine as Science, vol. III, No. 2. Let the relevant comment at the end of this latter treatise, at p. 203, be set out here for comparison and further explanation: “Here common fire (as wild, consuming, painful heat) provides instructive clarification [Aufschluß] as opposed to the socalled organic, beneficial heat of life; since in the latter fire and water come together in a (growing) ground or conjunction while in the former they disperse in discord. Now, neither fire nor water existed as such, however, i.e. as separate spheres in the organic process, rather the former existed as centrum (mysterium), the latter openly or as periphery in it, and precisely the unlocking, raising, igniting of the first together with the closing up of the second gave disease and death. Thus, in general, I-hood, individuality is now admittedly the basis, foundation or natural centrum of any creature’s life; but as soon as it ceases to be the serving centrum and enters as ruling into the periphery, it burns in I-hood as the selfish and egotistical rage (of enflamed I-hood) of Tantalus. From now comes —that is: in one single place of the planetary system this dark centrum of nature is closed up, latent, and for that very reason serves as a carrier of light for the entry of the higher system (illumination or revelation of the ideal). For that very reason this place is thus the open point (sun—heart—eye) in the system and, if the dark centrum of nature were also to raise or open itself there, then the light point would eo ipso close itself up, light would become darkness in the system or the sun would be extinguished!” restoration division [Krisis] once again proceeds. Even particular disease emerges only because that which has its freedom or life only so that it may remain in the whole strives to be for itself. As disease is admittedly nothing having inherent being [nichts Wesenhaftes], really only an apparent picture of life and merely a meteoric appearance of it—an oscillation between Being and non-Being—yet announces itself nevertheless as something very real to feeling, so it is with evil. In more recent times Franz Baader especially has emphasized this concept of evil, the only correct one, according to which evil resides in a positive perversion or reversal of the principles, and has explained this through profound analogies, in particular, that of disease.* | All other explanations of evil leave the understanding and moral consciousness equally unsatisfied. They all rest fundamentally on the annihilation of evil as a positive opposite and on the reduction SW | 366–367 35 * Tentam. Theod. Opp. T. I, p. 136. ¶ Ibid., p. 240. ‡ Ibid., p. 387. § In this connection it is remarkable that it was not first the scholastics but already several among the earlier fathers of the church, most notably, St. of evil to the so-called malum metaphysicum [metaphysical evil] or the negating concept of the imperfection of creatures. It was impossible, says Leibniz, that God conferred on man all perfections without making man himself into God. The same is valid for created beings in general; for that reason various degrees of perfection and all manner of limitation pertaining to them had to occur. If one asks from whence comes evil, the answer is: from the ideal nature of creatures to the extent that it depends on the eternal truths that are contained in the divine understanding, but not on the will of God. The region of the divine truths is the ideal cause of good and evil and must be posited in place of the | matter of the ancients.* Yet, there are, he says in another spot, two principles, both however in God; these are the understanding and will. The understanding yields the principle of evil, although it does not thereby become evil itself, for it represents natures as they are in accordance with the eternal truths: it contains in itself the ground that permits evil, but the will alone is directed toward the good.¶ God did not bring about this sole possibility since the understanding cannot be its own cause.‡,53 If this differentiation of the understanding and will as two principles in God, whereby the first possibility of evil is made independent of the divine will, accords with the richness of this man’s way of thinking, and if even the idea of understanding (of divine wisdom) as something in which God is passive rather than active alludes to something more profound, evil nonetheless—as can be derived from any purely ideal ground— amounts once again to something merely passive, to limitation, lack, deprivation, concepts that are in complete conflict with the actual nature of evil. For the simple reflection that only man, the most complete of all visible creatures, is capable of evil, shows already that the ground of evil could not in any way lie in lack or deprivation. The devil, according to the Christian point of view, was not the most limited creature, but rather the least limited one.§,54 Imperfection in the general | metaphysical sense is not the common character of evil, since evil often shows itself united with an excellence of individual 36 OA 444–446 Augustine, who posited evil as mere privation. Especially noteworthy is the passage in contr. Jul. L.I, C.III: Quaerunt ex nobis, unde sit malum? Respondemus ex bono, sed non summo, ex bonis igitur orta sunt mala. Mala enim omnia participant ex bono, merum enim et ex omni parte tali dari repugnat.—Haud vero difficulter omnia expediet, qui conceptum mali semel recte formaverit, eumque semper defectum aliquem involvere attenderit, perfectionem autem omnimodum incommunicabiliter possidere Deum; neque magis possibile | esse, creaturam illimitatam adeoque independentem creari, quam creari alium Deum. * Tentam. Theod. P. 242. forces, which far more rarely accompanies the good. The ground of evil must lie, therefore, not only in something generally positive but rather in that which is most positive in what nature contains, as is actually the case in our view, since it lies in the revealed centrum or primal will of the first ground. Leibniz tries in every way to make comprehensible how evil could arise from natural deficiency. The will, he says, strives for the good in general and must demand perfection whose highest measure is God; if the will remains entangled in sensual lust to the detriment of higher goods, precisely this deficiency of further striving is the privation in which evil consists. Otherwise, he thinks, evil requires a special principle as little as do cold or darkness. What is affirmative in evil comes to it only as accompaniment like force and causal efficacy come to cold: freezing water bursts the strongest containing vessel, and yet cold really consists in the reduction of movement.* Because, however, deprivation in itself is absolutely nothing and, in order to be noticeable, needs something positive in which it appears, the difficulty arises as to how to explain the positive that nevertheless must be assumed to exist in evil. Since Leibniz can derive the latter only from God, he sees himself compelled to make God the cause of the material aspect of sin and to ascribe only the formal aspect of sin to the original limitation of creatures. He seeks to explain this relation through the concept of the natural inertia of matter discovered by Kepler. He says that this is the complete picture of an original limitation in creatures (which precedes all action). If two different objects of unequal mass are set in | motion at unequal speeds by the same impetus, the ground for slowness of movement in one lies not in the impetus but in the tendency to inertia innate to, and characteristic of, matter, that is, in the inner SW | 368–370 37 * Ibid., P. I. § 30. ¶ For the same reason, every other explanation of finitude, for example, from the concept of relations, must be inadequate for the explanation of evil. Evil does not come from finitude in itself but from finitude raised up to Being as a self. limitation or imperfection of matter.*,55 But, in this regard, it is to be noted that inertia itself cannot be thought of as a mere deprivation, but actually as something positive, namely as expression of the internal selfhood of the body, the force whereby it seeks to assert its independence. We do not deny that metaphysical finitude can be made comprehensible in this way, but we deny that finitude for itself is evil.¶ This manner of explanation arises generally from the lifeless concept of the positive according to which only privation can oppose it. But there is still an intermediate concept that forms a real opposition to it and stands far removed from the concept of the merely negated. This concept arises from the relation of the whole to the individual, from unity to multiplicity, or however one wants to express it. The positive is always the whole or unity; that which opposes unity is severing of the whole, disharmony, ataxia of forces. The same elements are in the severed whole that were in the cohesive whole; that which is material in both is the same (from this perspective, evil is not more limited or worse than the good), but the formal aspect of the two is totally different, though this formal aspect still comes precisely from the essence or the positive itself. Hence it is necessary that a kind of being be in evil as well as in good, but in the former as that which is opposed to the good, that which perverts the temperance contained in the good into distemperance.56 To recognize this kind of being is impossible for dogmatic philosophy because it has no concept of personality, that is, of selfhood raised to spirit, but rather only | the abstract concepts of finite and infinite. If, for that reason, someone wished to reply that, indeed, precisely disharmony is privation, namely a deprivation of unity, then the concept in itself would be nonetheless inadequate, even if the general concept of deprivation included that of abolishment or division of unity. For it is not the division of forces that is in itself disharmony, but rather their false unity that can be called a division only in relation to true unity. If unity is totally abolished, then conflict is abolished along with it. Disease is ended by death; and no single tone in itself amounts to disharmony. 38 OA 447–450 But just to explain this false unity requires something positive that must thus necessarily be assumed in evil but will remain inexplicable as long as no root of freedom is recognized in the independent ground of nature. As far as we can judge, it will be better to speak of the question concerning the reality of evil from the Platonic viewpoint. The notions of our era, which treats this point far more lightly and pushes its philanthropism [Philanthropismus] to the brink of denying evil, have not the most distant connection to such ideas. According to these notions, the sole ground of evil lies in sensuality or animality, or in the earthly principle, as they do not oppose heaven with hell, as is fitting, but with the earth. This notion is a natural consequence of the doctrine according to which freedom consists in the mere rule of the intelligent principle over sensual desires and tendencies, and the good comes from pure reason; accordingly, it is understandable that there is no freedom for evil (in so far as sensual tendencies predominate)— to speak more correctly, however, evil is completely abolished. For the weakness or ineffectualness of the principle of understanding can indeed be a ground for the lack of good and virtuous actions, yet it cannot be a ground of positively evil ones and those adverse to virtue. But, on the supposition that sensuality or a passive attitude to external impressions | may bring forth evil actions with a sort of necessity, then man himself would surely only be passive in these actions; that is, evil viewed in relation to his own actions, thus subjectively, would have no meaning; and since that which follows from a determination of nature also cannot be objectively evil, evil would have no meaning at all. That it is said, however, that the rational principle is inactive in evil, is in itself also no argument [Grund]. For why does the rational principle then not exercise its power? If it wants to be inactive, the ground of evil lies in this volition and not in sensuality. Or if it cannot overcome the resisting power of sensuality in any way, then here is merely weakness and inadequacy but nowhere evil. In accordance with this explanation, there is hence only one will (if it can otherwise be called that), not a dual will; and, in this respect, since the names of the Arians, among others, have fortunately been introduced into philosophical criticism, one could name the adherents of this view Monotheletes, using a name also taken from church history, although in another sense. As it is, however, in no way the intelligent or light principle in itself that is active in the good, SW | 371–372 39 * In the treatise cited above in the Morgenblatt 1807, p. 786. ¶ St. Augustine says against emanation: nothing other than God can come from God’s substance; hence, creatures are created from nothingness, from whence comes their corruptibility and inadequacy (de lib. Arb. L. I, C. 2). This nothingness has been a crux for understanding for a long time now. A scriptural expression gives a hint: man is created ek t¯on m¯e ont¯on, from that which does not exist, just like the celebrated m¯e on of the ancients, which like the creation from nothingness, might receive for the first time a positive meaning through the above-noted distinction. but rather this principle connected to selfhood, that is, having been raised to spirit, then, in the very same way, evil does not follow from the principle of finitude for itself but rather from the selfish or dark principle having been brought into intimacy with the centrum; and, just as there is an enthusiasm for the good, there is a spiritedness [Begeisterung] of evil.57 Indeed, this dark principle is active in animals as well as in all other natural beings, yet it is still not born into the light in them as it is in man: it is not spirit and understanding but blind craving and desire; in short, no fall, no separation of principles is possible here where there is still no absolute or personal unity. The conscious and not conscious are unified in animal instinct only in a certain and determinate way which for that very reason is unalterable. For just on that account, because they are only relative expressions of unity, they are subject to it, and the force active in the ground retains the unity of principles befitting them always in the same proportion. Animals are never able to emerge | from unity, whereas man can voluntarily tear apart the eternal bond of forces. Hence, Fr. Baader is right to say it would be desirable that the corruption in man were only to go as far as his becoming animal [Tierwerdung]; unfortunately, however, man can stand only below or above animals.* We have sought to derive the concept and possibility of evil from first principles and to discover the general foundation of this doctrine, which lies in the distinction between that which exists and that which is the ground for existence.¶ But the possibility does not yet include the reality, and this is in fact the main object in question. And, indeed, what needs to be explained is not, for instance, how evil becomes actual in individuals, but rather its universal activity [Wirksamkeit] or how it was able to break out of creation as an unmistakably general principle everywhere locked in struggle with the good. 40 OA 451–453 * Would that this be elucidated by the incisive exegete of Plato or still sooner by the sturdy Bockh who has already given rise to the best hopes in this respect through his occasional comments on Platonic harmonics and through the announcement of his edition of the Timaeus. Since it is undeniably real, at least as general opposite, there can indeed be no doubt from the outset that it was necessary for the revelation of God; exactly this results from what has been previously said as well. For, if God as spirit is the inseverable unity of both principles, and this same unity is only real in the spirit of man, then, if the principles were just as indissoluble in him as in God, man would not be distinguishable from God at all; he would disappear in God, and there would be no revelation and motility of love. For every essence can only reveal itself in its opposite, love only in hate, unity in conflict. Were there no severing of principles, unity could not prove | its omnipotence; were there no discord, love could not become real [wirklich]. Man is placed on that summit where he has in himself the source of self-movement toward good or evil in equal portions: the bond of principles in him is not a necessary but rather a free one. Man stands on the threshold [Scheidepunkt]; whatever he chooses, it will be his act: but he cannot remain undecided because God must necessarily reveal himself and because nothing at all can remain ambiguous in creation. Nonetheless, it seems that he also may not be able to step out of his indecision exactly because this is what it is. That is why there must be a general ground of solicitation, of temptation to evil, even if it were only to make both principles come to life in man, that is, to make him aware of the principles. Now it appears that the solicitation to evil itself can only come from an evil fundamental being [Grundwesen], and the assumption that there is such a being seems nonetheless unavoidable; it also appears that that interpretation of Platonic matter is completely correct according to which matter is originally a kind of being that resists God and for that reason is an evil being in itself.58 As long as this part of the Platonic teaching remains in darkness, as it has until now,* a definite judgment about this issue is, however, impossible. The preceding reflections clarify in which sense, nonetheless, one could say of the irrational principle that it resists the understanding or unity and order without supposing it to be an evil fundamental being on that account. In this way one is likely able to explain the Platonic phrase that evil comes from SW | 373–374 41 ancient nature. For all evil strives back into chaos, that is, back into that state in which the initial centrum had not yet been subordinated to the light and is a welling up in the centrum of a yearning still without understanding. Yet we have proven once and for all that evil as such could only arise in creatures in so far as light and darkness or | both principles can be unified in a severable manner only in them. The initial fundamental being can never be evil in itself because there is no duality of principles in it. But we also cannot presuppose something like a created spirit which, having fallen itself, tempted man to fall, for the question here is exactly how evil first arose in creatures. Hence, we are given nothing else toward an explanation of evil aside from both principles in God. God as spirit (the eternal bond of both) is the purest love: there can never be a will to evil in love just as little as in the ideal principle. But God himself requires a ground so that he can exist; but only a ground that is not outside but inside him and has in itself a nature which, although belonging to him, is yet also different from him. The will of love and the will of the ground are two different wills, of which each exists for itself; but the will of love cannot withstand the will of the ground, nor abolish it because it would then have to oppose itself. For the ground must be active so that love may exist, and it must be active independently of love so that love may really exist. If love now wanted to break the will of the ground, it would be struggling against itself, would be at odds with itself and would no longer be love. This letting the ground be active is the only conceivable concept of permission that in the usual reference to man is completely unacceptable. Thus the will of the ground admittedly also cannot break love nor does it demand this, although it often seems to; for it must be particular and a will of its own, one turned away from love, so that love, when it nonetheless breaks through the will of the ground, as light through darkness, may now appear in its omnipotence. The ground is only a will to revelation, but precisely in order for the latter to exist, it must call forth particularity and opposition. The will of love and that of the ground become one, therefore, exactly because they are separate and each acts for itself from the beginning on. That is why the will of the ground already arouses the self-will of creatures in the first creation, so that when spirit now appears as the will of | love, the latter finds something resistant in which it can realize itself. The sight of nature as a whole convinces us that this arousal has occurred by which means alone all life first reached the final degree 42 OA 454–456 * Thus the close connection that the imagination of all peoples, especially all fables and religions of the east, makes between the snake and evil is certainly not an idle one. The complete development of the auxiliary organs, which has reached its highest point in man, indeed already suggests the will’s independence from desires or a relation of centrum and periphery that is really the only healthy one, since the former has stepped back into its freedom and sobriety, having removed itself from what is simply (peripheral or) instrumental. Where, to the contrary, the auxiliary organs are not developed | or completely lacking, there the centrum has walked into the periphery; or it is the circle without a middle point in the comment to the above-mentioned citation from Fr. Baader. of distinctiveness and definiteness. The irrational and contingent, which show themselves to be bound to that which is necessary in the formation of beings, especially the organic ones, prove that it is not merely a geometric necessity that has been active here, but rather that freedom, spirit and self-will were also in play. Indeed, everywhere where there is appetite and desire, there is already in itself a sort of freedom; and no one will believe that desire, which determines the ground of every particular natural being, and the drive to preserve oneself not in general but in this defined existence, are added on to an already created being, but rather that they are themselves that which creates. The empirically discovered concept of the basis [Basis], which will assume a significant role for the entire science of nature, [if] acknowledged scientifically, also must lead to a concept of selfhood and I-hood.59 But in nature there are contingent determinations only explicable in terms of an arousal of the irrational or dark principle in creatures—in terms of activated selfhood—having occurred already in the first creation. Whence unmistakable signs of evil in nature, alongside preformed moral relationships, if the power of evil was only aroused by man; whence appearances which, even without regard to their dangerousness for man, nonetheless arouse a general, natural abhorrence?* That all organic beings advance toward | dissolution absolutely cannot appear to be an original necessity; the bond of forces that defines life could be just as indissoluble according to its nature, and if anything, a created being, which has restored what has become lacking in it through its own strength, appears destined to be a perpetuum mobile. Evil, in the meantime, announces itself in nature only through its effects; it can SW | 375–377 43 itself break through only in its immediate appearance at the endpoint [am Ziel] of nature. For, as in the initial creation, which is nothing other than the birth of light, the dark principle had to be as ground so that the light could be raised out of it (as from mere potency to actuality), 60 so there must be another ground of the birth of spirit and, hence, a second principle of darkness that must be just as much higher than the first as spirit is higher than the light. This principle is the very spirit of evil that has been awoken in creation by arousal of the dark ground of nature, that is, the turning against each other [Entzweiung] of light and darkness, to which the spirit of love opposes now a higher ideal, just as the light had done previously in regard to the anarchic movement of initial nature. For, just as selfhood in evil had made the light or the word its own and for that reason appears precisely as a higher ground of darkness, so must the word spoken in the world in opposition to evil assume humanity or selfhood and become personal itself. This occurs alone through revelation, in the most definitive meaning of the word, which must have the same stages as the first manifestation in nature; namely so that here too the highest summit of revelation is man, but the archetypical [urbildlich] and divine man who was with God in the beginning and in whom all other things and man himself are created. The birth of spirit is the realm of history as the birth of light is the realm of nature. The same periods of creation | which are in the latter are also in the former; and one is the likeness and explanation of the other. The same principle, which was the ground in the first creation, only in a higher form, is here also the germ and seed from which a higher world is developed. For evil is surely nothing other than the primal ground [Urgrund] of existence to the extent this ground strives toward actuality in created beings and therefore is in fact only the higher potency of the ground active in nature. But, just as the latter is forever only ground, without being itself, precisely on this account evil can never become real and serves only as ground so that the good, developing out of the ground on its own strength, may be through its ground independent and separate from God who has and recognizes himself in this good which, as such (as independent), is in him. But, as the undivided power of the initial ground comes to be recognized only in man as the inner aspect (basis or centrum) of an individual, so in history as well evil at first remains latent in the ground, and an era of innocence 44 OA 457–460 or unconsciousness about sin precedes the era of guilt and sin. In the same way, namely, as the initial ground of nature was active alone perhaps for a long time and attempted a creation for itself with the divine powers it contained, a creation which, however, again and again (because the bond of love was missing) sank back into chaos (perhaps indicated by the series of species that perished and did not return prior to the present creation), until the word of love issued forth [erging]61 and with it enduring creation made its beginning, likewise, the spirit of love also did not immediately reveal itself in history, but rather, because God perceived the will of the ground as the will for his revelation and, according to his providential vision, recognized that a ground independent from him (as spirit) would have to be the ground for his existence, he let the ground be active in its independence; or, expressed in another way, he set himself in motion only in accordance with his nature and not in accordance with his heart or with love. Because the ground now held the whole of the divine being in itself as well, only not as unity, only individual divine | beings could preside over this being-active-for-itself [Für-sich-wirken] of the ground. This primeval [uralt] time begins thus with the golden age of which only a frail memory in legend remains for modern mankind, a time of blessed indecision in which there was neither good nor evil; then there followed the time of the presiding gods and heroes or the omnipotence of nature in which the ground showed what for itself it had the capacity to do.62 At that time understanding and wisdom came to men only from the depths; the power of oracles flowing forth from the earth led and shaped their lives; all divine forces of the ground dominated the earth and sat as powerful princes on secure thrones. This appeared to be the time of the greatest exaltation of nature in the visible beauty of the gods and in all the brilliance of art and profound [sinnreich] science until the principle active in the ground finally emerged as a world-conquering principle to subordinate everything to itself and establish a stable and enduring world empire. Because, however, the being of the ground can never generate for itself true and complete unity, there comes the time when all this magnificence dissolves and, as if by a terrible sickness, the beautiful body of the previous world collapses and chaos finally emerges once again. Already prior to this, and before complete collapse has set in, the presiding powers in this whole assume the nature of evil spirits SW | 378–379 45 just as the same forces, which in healthy times were beneficial guardians of life, become malignant and poisonous in nature as dissolution approaches; the belief in gods vanishes and a false magic, complete with incantations and theurgic formulas, strives to call the fleeing ones back and to mollify the evil spirits. The attractive force of the ground shows itself ever more determinately; anticipating [vorempfindend] the coming light, the ground in advance thrusts all forces out of indecision to meet the light in full conflict. As a thunderstorm is caused in a mediated way by the sun but immediately by an opposing force of the earth, so is the spirit of evil (whose meteoric nature we have already explained earlier) aroused by the approach of the good not through a sharing but rather by a spreading out of forces. Hence, only in connection with the decisive | emergence of the good, does evil also emerge quite decisively and as itself [als dieses] (not as if it only first arose then, but rather because the opposition is now first given in which it alone can appear complete and as such), [just] as, in turn, the very moment when the earth becomes for the second time desolate and empty becomes the moment of birth for the higher light of the spirit that was in the world from the very beginning, but not comprehended by the darkness acting for itself, and in a yet closed and limited revelation; and, in order to counter personal and spiritual evil, the light of the spirit in fact appears likewise in the shape of a human person and as a mediator in order to reestablish the rapport between God and creation at the highest level. For only what is personal can heal what is personal, and God must become man so that man may return to God.63 The possibility of being saved (of salvation) is restored only through the reestablished relation of the ground to God. Its beginning is a condition of clairvoyance which, through divine imposition, befalls individuals (as the organs chosen for this purpose), a time of signs and miracles in which divine forces counteract everywhere emergent demonic ones and mollifying unity counteracts the dispersion of forces. Finally a crisis ensues in the turba gentium [tumult of peoples] that overflows the foundations of the ancient world, just as once the waters of the beginning covered the creations of the primeval time [Urzeit] again in order to make a second creation possible—a new division of peoples and tongues, a new empire in which the living word enters as a stable and constant centrum in the struggle against chaos, and a conflict declared between 46 OA 461–463 * One should compare this whole section with the author’s Lectures on the Method of Academic Study, VIII. “Lecture on the Historical Construction of Christianity.” good and evil begins, continuing on to the end of the present time, in which God reveals himself as spirit, that is, as actu real.* Hence, there is a general evil which, if not exactly of the beginning, is first awoken in the original revelation of God by the reaction | of the ground; a general evil which, though it never becomes real, yet continually strives toward that end. Only after coming to know general evil is it possible to grasp good and evil in man. If, namely, evil already has been aroused in the first creation, and through the ground’s being-active-for-itself was developed finally into a general principle, then a natural propensity [Hang] of man to do evil seems to be explicable on that basis because the disorder of forces engaged by awakening of self-will in creatures already communicates itself to them at birth. Yet the ground continues to be incessantly active in individuals as well and arouses individuality [Eigenart] and the particular will precisely so that the will of love may appear in contrast. God’s will is to universalize everything, to raise everything up toward unity with the light or keep it there; the will of the ground, however, is to particularize everything or to make it creaturely. The will wants difference [Ungleichheit] only so that identity [Gleichheit] can become perceptible to itself and to the will. For that reason the will reacts necessarily against freedom as that which is above the creaturely and awakes in freedom the appetite for what is creaturely just as he who is seized by dizziness on a high and steep summit seems to be beckoned to plunge downward by a hidden voice; or, according to the ancient legend, the irresistible song of the sirens reverberates from the depths in order to drag the passing sailor into the maelstrom. The connection of the general will with a particular will in man seems already in itself a contradiction, the unification of which is difficult if not impossible. The fear of life itself drives man out of the centrum into which he was created64: for this centrum, as the purest essence of all willing, is for each particular will a consuming fire; in order to be able to live within it the man of all particularity must become extinct [absterben], which is why the attempt to step out of this center into the periphery is almost necessary in order to seek there some calm SW | 380–381 47 for his selfhood. Hence, the general necessity of sin and death as the actual extinction of particularity through which all human will as a fire must cross in order to be purified.65 Notwithstanding this general | necessity, evil remains always an individual’s own choice; the ground cannot make evil as such, and every creature falls due to its own guilt. But just how in each individual the decision for good or evil might now proceed—this is still shrouded in complete darkness and seems to demand a specific investigation. We have generally focused up to this point less on the formal essence of freedom, although insight into it seems to be strapped with no less difficulty than explication of the real concept of freedom. For the common concept of freedom, according
intervals.. .Borrowing.. .from Cassiodorus, [Isidore] describes symphonia as a consonant interval, accurately sung or played, the opposite of diaphonia (dissonance). This definition reap- pears in Aurelian; but there is nothing to show that the defini- tion of consonance and dissonance refers to simultaneous, rather than successive, sounds, until we come to the specific explanation given by Regino of Prum (d. 915) in his De har- monica institutione. The use of diaphonia in a purely melodic sense persisted even after polyphony was well etablished. No matter how the debate as to whether these Medieval theorists meant to refer to the qualities of simultaneous tones is ultimately resolved, one thing at least is clear: 'symphonic' and 'diaphonic' were terms generally used by them-as by Aristoxenus-to describe relations between pitches, conceived in a melodic context. The observation that two tones forming a "symphonic" interval also "result in the same musical sound" (Gaudentius), or that one of those tones sounded on a string "causes the other strings to resonate by a certain affinity.. ." ". (Theon), merely conjnned the essential point these writers intended to demonstrate-namely that such tones were in a concordant reltion to each other, and that such a relation was the essential basis for melodic organization. organizzazione. In these earliest sources, then, the terms 'consonance' and 'dissonance' had a meaning which was quite different from those which developed later. It was E 'stato certainly the prevailing (if not the only) sense of the CDC preceding the rise of polyphony in western music. It is also important to note, however, that this earliest sense of the CDC still exists as a musically meaningful concept, even when expressed by different terms. It is clearly the principle behind Rameau's rules for root-progression, as in the following (from the Treatise on Harmony, 1722): -------------------------------------------------------------------------------- Page 11 Pagina 11 16. 16. The pre-polyphonic era (CDC-1) ... ... when we give a progression to the part representing the undivided string fi.e. the basse-fondamentale], we can only make it proceed by those intervals obtained from the first divisions of the string. Each sound will consequently har- monize with the sound preceding it [my emphasis]. 37 37 It is also manifested in later tonal theory in the notion of "closely related keys" involved in modulation, but its nearest equivalent in the contemporary musical vocabulary is perhaps simply "relations between tones7'-in the sense in which this phrase is used by Schoenberg, for example, when he says (in "Problems of Harmony"): If.. .we wish to investigate what the relation of tones to each other really is, the first question that arises is: what makes it possible that a second tone should follow a first, a beginn- ing tone?. . . .My answer is that such a juxtaposition of tones.. .is only possible because a relation already exists between the tones themselves. Finally, CDC-1 is evidently the basis for Hindemith's "Series 1" (in the Crafr.. .), about which he says: The values of the relationships established in that series will be the basis for our understanding of the connection of tones and chords, the ordering of harmonic progressions, and ac- cordingly the tonal progress of compositions.39 The one essential difference between these "relations between tons" as discuss- ed by Schoenberg and Hindemith and the earlier sense of consonance and dissonance I am calling CDC-I is that what had originally been conceived as a simple two-fold dichotomy is now conceived as an ordered continuum of degrees of relatedness, within which, as Hindemith says: We know that no point can be determined at which "con- sonance" passes over into "disonance."0 Ln every other respect, however, the musical/perceptual phenomenon to which Schoenberg and Hindemith were addressing themselves here is equivalent to the most ancient of all known conceptions of consonance and dissonance-CDC-l . Section Sezione II II The early-polyphonic period, ca. 900-1300 (CDC-2) The second sense of the CDC-described earlier as involving an aspect of the sonorous quality of simultaneous dyads, relatively independent of their musical context-begins to be expressed unambiguously in the theoretical literature only after the rise of polyphony in about the 9th century. Although Sebbene it is obviously difficult to gaive a precise date to the beginnings of polyphonic practice, the following passage from Hucbald's early-10-century treatise De harmonica (Melodic instruction) has been called "the earliest unmistakable reference to harmonized music":41 "Consonance" [consonantia] is the calculated and concor- dant blending [concordabilispennirtio] of two sounds, which will come about only when two simultaneous sounds from different sources combine into a single musical whole, as happens when a man's and a boy's voices sound at once, and indeed in what is usually called "making organum". . . .There are six of these "consonances" [con- sonantiae], three simple and three composite ... ... diapason, diapente, diatessaron, diapason-plusdiapente, diapason-plus- diatessaron, and double diapason.42 With the advent of polyphony it had become necessary-for the first time-to make a distinction between melodic interval and simultaneous dyad, and Huc- bald's solution to this problem involved a subtle modification of the traditional Latin terminology associated with plainchant. In his introduction to Warren Babb's English translation of Hucbald's treatise, Claude Palisca explains cer- tain differences between Hucbald's terminology and that of his 6th-century predecessor Boethius: At the outset Hucbald makes several distinctions among in- tervals. First he uses the terms aequisonae and con- some.. . . terms derived from Boethius, who in turn turno got them from Ptolemy , but Hucbald.. .altered their meaning. For Per Boethius two notes of the same pitch are unisonae; two notes which sound almost identical, such as the octave and double octave, are equisonae; whereas the diapente and diatessaron are consonae. All these together comprise the genus con- sonantia or consonance. For Hucbald aequisonae are unisons, consonae are simply consonances, and he transfers the con- dition of agreeably sounding simultaneously, which Boethius ascribed to the octaves, from these to all consonances.. .Huc- bald distinguishes consonance.. .from melodic interval [in- tervallum or spatium] ... ... Ancient theory is thus adjusted to -------------------------------------------------------------------------------- Page 12 Pagina 12 18. The early-polyphonic period (CDC-2) to the budding practice of polyphony. The Ptolemaic-Boethian concepts are distorted in the process, to be sure, but they are ingeniously fitted to modem use. In the Greek tradition all consonances were essentially melodic intervals.. .43 .43 This shift .of referent for consonantia from melodic interval to simultaneous dyad did not become standard until much laterm, however, since it continued to be used in the Boethian sense as melodic interval by the majority of theorists throughout this period-and even well into the 14th century. The word most commonly used then for consonant simultaneous dyad was concordantia (or occasionally, concordia). Even this "most common" usage was not entirely consistent, however, and Johames de Grocheo (writing ca. 1300) explicitly reverses these correlation^.^^ Another solution to this problem of distinguishing between melodic interval and simultaneous dyad involved the adaptation of the ancient Greek terms sym- phonia and diaphonia, but here the semantic transformations were less sub- tle. By the 10th century symphonia had come to mean a consonant simultaneous dyad, and is used strictly in that sense by theorists as late as Walter Odington and Jacobus of Liege (ca. 1300 and 1330, respectively). The word diaphonia, on the other hand, entirely lost its earlier linguistic function as antonym for symphonia, and came to mean (by the 1 lth century, at least) simply singing in separate parts simultaneously-another term for organum. In the anonymus Musica enchiriadis, written at about the same time (ca. 895) as Hucbald's treatise, his "consonances" are called "symphoniae," and described as follows: segue: Not all tones blend together equally well, nor do they always render harmonious effects in song in every kind of combina- tion. zione. Just as letters brought together at random often do not produce either connected words or syllables, so in music only certain fixed intervals may constitute syrnphoniae. A syrn- phonia is a un pleasant concord [dulcis concentus] of dissimilar tones joined to one another.. .There are three simple or prime syrnphoniae, from which the rest are compounded. Of these one is called a fourth, another, a fifth, and the next, an oc- tave.. .45 Whereas Hucbald's treatise is primarily concerned with melody, the Musica enchiriadis is largely devoted to early organum, and might thus be considered the earliest known treatise on what would (much later) come to be called "counterpoint." It includes what may be the first "rule" in the history of that discipline, designed to avoid the tritone: Since the sounds at the interval of a fourth do not all, without exception, produce consonances throughout the whole series of tones, certain intervals of the composition should not be sung exactly. Therefore, in this kind of song the voices are marvelously accommodated to each other by a certain rule.. .46 .46 The early-polyphonic period (CDC-2) 19. Again, in a long section of the subsequent Scholia enchiriadis (ca. 900) entitl- ed "Of Symphonies," we find the following dialogue: (Disciple) What is a symphony? (Master) A sweet blending of certain sounds, three of which are simple-diapason, diapente, and diatessaron-and three composite-double diapason, diapason plus diapente, and diapason plus diatesaron.' This is followed by a detailed description of each, including the several "com- posite" forms-this adjective now referring to various octave-doublings of one or both of the primary tones of the dyad (in the "organal" and "principal" voices). Note that, in all three of these treatises from the late 9th or early 10th century, the same intervals are classified as consonant as those so designated by Aristoxenus over twelve hundred years earlier, but the reference now is clearly to simultaneous dyads rather than successive tones. In its earliest manifestations then, CDC-2 is nearly indistinguishable from CDC-1, but a growing separation between the two begins to be noticeable in theoretical writings of the 1 lth and 12th centuries, with CDC-1 implicit in passages concerned solely with melody, CDC-2 in those describing the ef- fects of the added voice or voices in organum. Both senses of the CDC are to be found on the Micrologus (ca. 1026-28) by Guido d'Arezzo, as can be seen by comparing the following definition of 'symphony' (exemplifying CDC-2); You should remember that these three intervals [the octave, fifth, and fourth] are called "symphonies," that is, smooth unions of notes [suaves vocurn copulationes], because in the diapason the different notes sound as one [unurn sonant] and because the diapente and the diatessaron are the basis of diaphony, that is, organum, and produce notes similar in every case.. .48 .48 with another passage which occurs during his discussion of modes and melodic organization (and thus exemplifies CDC-1): Notice.. .that these affinities of notes [vocurn afinitates] in the various modes are made through the diatessaron and the diapente, for A is joined to D, and B to E, E, and e C C to a F F by di the lower diatessaron, but [also] by the upper diapente. Whatever other affinities there are, they are produced likewise by the diatessaron and the diapente.. .We have con- fined ourselves to just a few things about the similarities bet- ween notes, because insofar as similarity is sought out bet- ween different things, to this extent is lessened that diversi- ty which can prolong the labor of the confused mind.49 In a later passage, the two senses of the CDC are both referred to, and Guido notes the close correlation between them: -------------------------------------------------------------------------------- Page 13 Pagina 13 20. 20. The early-polyphonic period (CDC-2) Diaphony sounds as come a separateness of [simultaneous] sounds, which we also call organum, in which notes distinct from each other make dissonance harmoniously and harmonize in the dissonance [concorditer dissonant, & & dissonanter con- cordant]. 50 50 Some practice diaphony in such a way that the fourth step down always accompanies the singer, as A Un with con D; and if you double this organum by acute a, so that you have AD a, then A will sound a diatessaron with D D and a e un diapason with a, whereas D will sound a diatessaron and a diapente with A and a respectively, and acute a with the lower two notes a diapente and a diapason. These three intervals blend in organum congenially and smoothly just as it has been shown above that they caused a resemblance of notes [my emphasis]. Hence they are called "symphonies," that is, compatible unions of notes, although this term symphony is also applied to all chant. Here is an example of this diaphony [diaphoniae]. 51 51 In other words, tones forming a fourth, fifth, or octave display an "affinity," "similarity," or "resemblance" to each other in a melodic context (CDC-I), and they also create "smooth,' ' "congenial,' ' or ''compatible unions' ' with each other when sounded simultaneously (CDC-2). The same three intervals are thus understood to satisfy two different conditions-but these conditions are different. A Un few generations later, Guido's "and" has become an "eitherlor" in in John's John's treatise De musica (ca. 1100), as we see in the following: Among other things, one ought to know that there are just nine intervals [modi] from which melody is put together.. .Six of these are called "consonances" [consonantiae], either because in singing they sound together-at the same time- more often than the others [CDC-21; or, more likely [my em- phasis], because they sound together in the sense that they are related among themselves.. .[CDC-11. 52 52 John seems to prefer the second of the two explanations, probably because he is primarily concerned with melody-and only secondarily with "diaphony," which receives a very cursory treatment in this work (one chapter out of twenty-seven). What eventually led to a more clear-cut distinction between CDC-1 and CDC-2 were developments of the freer style of organum involving oblique and contrary (as well as parallel) motion between the voices-and thus a more frequent occurrence of simultaneous dyads other than the three classical "sym- phonies." Guido describes one form of this freer style as follows: ..let us explain the low voice added beneath the singer of the original line in the way that we employ. For the above manner of diaphony [parallel organum] is hard [or "harshM--durus], but ours is smooth [mollis]. In it we do not admit the sernitone or the diapente[!], but we do allow the tone, the ditone, the semiditone, and the diatessaron; and The early-polyphonic period (CDC-2) 2 1. 2 1. of these the serniditone holds the lowest rank and the diatessaron the chief one. With these four concords [con- cordiis] the diaphony accompanies the chant.53 In In John's treatise, parallel organum is no longer even mentioned, and he recom- mends contrary motion as the "simplest methodm-although he seems to prefer it for reasons other than its simplicity: Diaphony is the sounding of different but harmonious notes, which is carried on by at least two singers, so that while one holds to the original melody, another may range aptly among other tones, and at each breathing point both may come together on the same note or at the octave.. .Different musi- cians practice this differently. The simplest method for it is when the various melodic progressions are borne carefully in mind, so that wherever there is an ascent in the original melody, there is at that point a descent in the organal part and vice versa.54 Thus-unlike Guido-John does not limit the acceptable intervals between the organal and principal parts to those within the compass of a fourth. Neither Nessuno dei due does the anonymous author of Ad organum faciendum (late 1 lth century)- even though his definition of 'diaphony' is virtually identical to Guido's. Here Qui we find the following: The first note of the organum will either remain conjunct with the cantus at the octave or unison, or disjunct at the fifth or fourth. The middle notes, however, move at the fifth and fourth. Then, when the cantus requires (conjunction with) the organum, a coplatio is effected in some way.56 A Un companion treatise from about the same time-the anonymous Item de organ-adds major and minor thirds to the list of intervals (consonantiae) which may be used as simultaneous dyads in organum-even at the beginning of a phrase, and the Monipellier organum treatise58 includes sixths as well as thirds-although Jay Huff, in his Introduction to Item de organo, says that "None of the examples in either the present treatise or the Montpellier have a third (or sixth) for an initial interval, as initial interval is defined in both treatise^."^^ Even so, the relatively high incidence of thirds, at least, in music of this period (the 1 lth century) is indicated by the following statistical data on the C hartres MS 109 (in Hughes' "The Birth of Polyphony," 195460): out of a total of 241 intervals (ie simultaneous dyads), there are 67 thirds (28%), 48 fourths (20%), and only 15 fifths (6%). By the 12th century, thirds-and to a lesser extent, sixths-were beginning to demand recognition, but whether recognized by the theorists as consonant or not, the important point, for our purposes, is that these intervals were now being heard more and more often as simultaneous dyads, and this provided an opportunity for comparing their sonorous qualities with those of the tradi- tional "symphonies." This, in turn, led to efforts by theorists in the 13th cen- tury to classify the various intervals with respect to their sonorous properties -------------------------------------------------------------------------------- Page 14 Pagina 14 22. The early-polyphonic period (CDC-2) as simultaneous dyads, and most of the classification systems which began to appear in theoretical treatises now involved much finer qualitative distinc- tions than had ever been employed in descriptions based on CDC-1. In the Nel De musica libellus (Anonymous VII, ca. 1220), the class of "consonances" is divided-apparently for the first time-into three subcategories, as follows: Let it be observed that the unison, serniditone, ditone, diatessaron, diapente, and diapason are more essential than the other intervals [species], for all discant forms one of these consonances [consonantiarum] with its tenor. It should be Dovrebbe essere noted that the unison and the diapason are pefect consonances, the ditone and the semiditone imperfect, and the diatessaron and the diapente This classification of the consonances as perfect, intermediate, and imperfect is found again in treatises by John of Garland,62 Franco of C logne, and e Coussemaker's Anonymi I,64, 11,65 and IW6-all written during the latter half of the 13th century. In addition, some of these theorists also divided the dissonances into similar subcategories, although here there was somewhat less agreement among them as to the appropriate ranking of certain intervals. Some Un po 'di of the many consonance/dissonance classification-systems expressed or im- plied by theorists from the beginning of polyphonic theory in the 9th or 10th century through the first half of the 16th century are shown in tabular form in Figure 1. In Figure 2, a few of these are displayed in another way which shows more clearly the changes in status of each interval during this same period. periodo. (See Appendix, fig. 1 and 2). John of Garland's system of interval-classification is the most elaborate of any theorist of the 13th century, involving the largest number of subcategories (six). In addition, his definitions of "concord'' and "discord" are fairly typical of those given by theorists of this period (many of whom borrowed directly from him), and are thus indicative of the qualitative connotations of 'con- sonance' and 'dissonance' in CDC-2, as in the following (from De mensurabili musice, ca. ca. 1250): Of the consonances [consonantiarum], some are called con- cords, some discords. Concord [concordantia] is when two sounds are joined at the same time so that one can be heard as compatible with the other. Discord [discordantia] is the opposite.. .A perfect concord is when two sounds are joined at the same time so that the ears cannot distinguish one voice from the other on account of [this] concordance, and is call- ed one sound, or the sounding of equals [equisonantiam], as in the unison or diapason.. .An imperfect concord is when two sounds appear at the same time so that the ears le orecchie can potere wholly distinguish one voice from the other, and I say that this is [also] a type of concord, and there are two species, namely the ditone and semiditone. An in-between concord is when two voices are joined together so that they are neither perfect nor imperfect, and there are two species, namely the diapente and diatessaron. 67 67 The early-polyphonic period (CDC-2) 23. The "discords" are similarly subdivided as follows: When two sounds are joined at the same time so that one sound cannot be heard as compatible with the other, it is call- ed discord. Of the discords, some are called perfect, some imperfect, some in-between. They are called perfect when two sounds are combined by a certain means according to the sympathy [compassionem] of sounds so that one voice cannot be heard as compatible with the other, and there are three types, namely the semitone, tritone and ditone with diapente be major seventh]. They are called imperfect when two sounds are combined so that in in a certain manner they can be heard as compatible, but nevertheless not concordant like the concords; and there are two species.. .the tone with diapente and semiditone with diapente. They are called in- between when two sounds are combined so that they are heard partially like the perfect discords, partially like the imperfect discords, and there are two species.. .the tone and semitone with diante . The definitions of "concord" and "discord" given by Franco, Anonymous I, and Lambertus ("cujusdam Aristotelis," in Coussemaker's Scriptomm.. .I)69 are nearly identical to those of John of Garland, and the classification systems of the first two of these writers differ from John's only with respect to the dissonances, which they divide into two (rather than three) subcategories, rank- ing the major second with the "imperfect," the minor sixth with the "perfect discords." Unfortunately, the relevant portion of Coussemaker's text of the Tractatus de musica now attributed to Lambertus is garbled, making it im- possible to ascertain just how he may have intended to classify each interval, but it is clear that he distinguished the same three degrees of "discord" (as well as of "concord") as did John of Garland.'O The question naturally arises: to what extent did such theoretical systems of interval-classification reflect the actual harmonic practice of their own time, as distinct from purely theoretical doctrines carried over from some earlier era-or even the idiosyncracies of the individual writers? After summarizing the statistical data cited earlier regarding the frequency of occurrence of various simultaneous dyads in the Chartres MS 109, Dom Anselm Hughes says: The result of this analysis shows that the actual music of the eleventh century at Chartres at any rate was considerably different from what we have been taught to expect from the descriptions of the theorists, and that is, from a later point of view, considerably in advance of it.7' His primary reason for saying this is that fifths occur much less frequently- and thirds more frequently-than their relative theoretical status as consonances might lead one to expect, although-as has been suggested by Fred Blum, if Hughes had considered the more "progressive" discussion of thirds and sixths in the Montpellier organum treatise "he might not have found such an im- im - measurable gap between theory and practice. "72 Both Hughes and Blum seem -------------------------------------------------------------------------------- Page 15 Pagina 15 24. The early-polyphonic period (CDC-2) to assume, however, that there should be a simple correlation between interval- frequency and consonant status, which is at least questionable, if not altogether unwarranted. If this criterion were applied to the free organum style describ- ed by Guido, for example, the resulting classifications would look very strange indeed-the fifth would be a dissonance along with the semitone, and the thirds and major second would be only slightly less consonant than the fourth (with the major second more consonant than the minor third!). In an Appendix at the end of this section some statistical data are presented regarding dyad- frequencies in Perotin's conductus, Salvatoris Hodie, and these are compared with corresponding data given by Hughes in the source quoted above, for music of the 1 lth-13th centuries. In nearly every case, seconds occur more often than sixths, which suggests that dyad-frequency is determined by other fac- tors (such as a tendency to favor smaller intervals over larger ones)-in addi- tion to consonance and dissonance. But is it not also at least possible that Medieval musicians actually enjoyed the sonorities of simultaneous aggregates that even they would have called "dissonant"?-just as is clearly the case with many 20th-century composers. It can be admitted that Hughes' suggestion that harmonic practice was "considerably in advance of' theory is plausible-if only because of the analogous discrepancies between theory and practice which are so painfully evident in our own century. But the new musical experiences of the 20th century have also made it possible for us to hear the magnificent clashes of seconds and sevenths in the organa and conductus of Perotin, for example, in a more positive way than was perhaps possible for 19th- and early-20th-century musicians and musical scholars, for whom the music of Perotin could only represent a "primitive" or "archaic" stage in a progressive- evolutionary development in which "complete control" of the musical materials was not achieved before Dufay (at the earliest), or-for some-Palestrina, or even JS Bach. Such an attitude about the music (and I should add, the theoretical writings) of the 13th century is no longer tenable, of course, but many of the early prejudices linger on. Harmonic practice differed from one region to another, of course, and the English were apparently somewhat "in advance of' Continental musicians in their use of thirds and sixths. In De mensuris et discantu (ca. 1275), Anonymous IV gives the same three-fold classification of the consonances specified by John of Garland, Franco of Cologne, and others, but then adds the following information: ... ... there are excellent composers of polyphonic music in ce- tain places, such as England.. .who consider [thirds] to be the best possible consonances [optime concorduntie], since they use them so much.73 Later, in reference to an example he gives of the use of the major sixth as the penultimate dyad before a final octave at the end of a phrase, he says: Thus, we have shown an example of that vile and loathesome dischord [vilis discordanria sive tediosa] which is the sixth, and which is mostly to be avoided. If, however, it is the next- to-last note fin the duplum, above the tenor] before a perfect The early-polyphonic period (CDC-2) 25. consonance, which is the octave, it is the best consonance in this arrangement of notes or sounds.. .74 .74 Only a few years later, the English theorist, Walter Odington, in his De specula- tione musicae (ca. 1300), classifies the fourth, fifth, octave, twelfth, and dou- ble octave as symphoniae, while the major and minor thirds and tenths, the major (but not the minor) sixth, and the eleventh are called concordes discordiae- ' ' 'discordant concords "-or, in effect, "imperfect consonances. " " 75 75 Regarding the theoretical status of thirds and sixths during this period, Hughes has written: The intervals of the third and, to a lesser degree, the sixth were now /by the late 13th century] recognized by theorists. As early as the latter half of the twelfth century Theinred of Dover explains why the major and minor thirds are ad- mitted in organa, in spite of the fact that they are not strictly consonances ... ... It is obvious that the reluctance of theorists to admit thirds and sixths as consonances was due to the fact that they did not fit into the acoustic theory which they had inherited from the Greeks.. .But as Theinred himself says, the difference between the Pythagorean and "just" forms of these intervals] is hardly noticeable to the ear; and Odington.. .not only mentions that many people regard the ditonus and the semiditonus as consonant.. .but also observes that intervals like this which are not mathematically conso- nant can be made to sound so if they are skillfully and beautifully sung. 76 76 As Hughes suggests here, one of the primary reasons for the long delay in accepting thirds and sixths as consonant was the persistence by theorists in assuming the Pythagorean ratios for these intervals, in spite of what I would consider the very great probability that what was actually being sung-and therefore heard (in vocal music at least)-were their simpler "just" forms. A comparison of the "just" with the Pythagorean ratios for thirds and sixths makes it clear why the theorists (if not the practicing musicians) would have resisted their inclusion among the consonances for so much longer than musical practice would seem to have warranted: 514 vs. 81164 for the major third or ditone, 615 vs. 32127 for the minor third (semiditone), 513 vs. 27116 for the major sixth (tone plus diapente), and 815 vs. 128181 for the minor sixth (semitone plus diapente). Sixty years after Franco's Ars cantus mensurabilis, the ratios specified for these intervals by Philippe de Vitry in his Ars Nova77 (ca. 1320) were still those derived from Pythagorean tuning by fourths, fifths, and octaves-and even as late as the end of the 15th century the majority of theorists were steadfastly assigning these Pythagorean ratios to thirds and sixths. It is no wonder then that Franco (and others) included the minor sixth (128181) among the "pefect discords," along with the semitone, tritone, and major seventh! And yet-constrained as they may have been by Pythagorean doctrine- these theorists of the 13th century were not simply rank-ordering the intervals in some routinely mechanical way according to the relative complexities of -------------------------------------------------------------------------------- Page 16 Pagina 16 26. The early-polyphonic period (CDC-2) their F'ythagorean ratios-even though this factor is often invoked by them in their discussions of consonance and dissonance. If they had been doing this, their classifications would not have differed, one from another, and thirds and sixths would not have been classified as consonances at all, since their F'ythagorean ratios are more complex than those of the major second and minor seventh, both of which were invariably classified as dissonances. This indicates to me that the theorists of this period were making a very real effort to evaluate the sonorous qualities of simultaneous dyads as they heard them-ie accor- ding to how they actually sounded to them in the music-and this in spite of F'ythagorean doctrine. In this respect, at least, there was an intimate connec- tion between musical theory and practice in the 13th century-a connection which is in no way weakened by the differences which existed between the various systems of interval-classification formulated by individual theorists. These differences invariably involved only certain intervals-namely those in the middle range of the consonance/dissonance "spectrum"--whereas there was no disagreement among them regarding the classification of intervals at either end of that same spectrum. A comparison of the rank-orderings that would be derived from the relative complexities of the F'ythagorean ratios, on the one hand, and of the simpler "just" ratios, on the other, shows that it is precisely these intermediate intervals whose relative rank would have been most affected by any variability or ambiguity of intonation in performance (see Figure 3). The probability that there was such variability or ambiguity- and, more specifically-that the intonation of these intervals was tending in the direction of the simpler "just" ratios (at least for those used most fre- quently), is suggested in Figures 4a and 4b, where the rank-orders given by John of Garland and Franco of Cologne (Figure 4a)-and those which would be derived from F'ythagorean and "just" ratios (Figure 4b)-have been plot- ted as a function of interval size (insemitones, along the horizonal axis). It Esso is evident that Figure 4a approximates the graph based on "just" ratios more closely that it does the F'ythagorean, for all intervals except perhaps the two sixths. (See Appendix, fig. 3 and 4). Nevertheless, it was not the "just" but the F'ythagorean ratios which were consistently used by Medieval theorists in their discussions of the objective properties of intervals, and the fact that their consonance/dissonance classifica- tions did not simply correspond to the order of complexity of these ratios is ample evidence that their basis for classification was, in fact, some aspect of the perceptible sonorous qualities of simultaneous dyads. The same conclu- sion (though based perhaps on a different line of reasoning) has been express- ed by Richard Crocker (in "Discant, Counterpoint, and Harmony," 1962) as follows: come segue: Medieval writers.. .consistently invoke the judgment of the ear in discussing the degree of concord and discord.. .Clear- ly.. .it is false to believe that the Middle Ages relied solely on mathematics and excluded the judgment of the ear in deter- mining the nature of cononance. In support of this observation, which is, as he says, "in flat contradiction to The early-polyphonic period (CDC-2) 27. the opinion commonly held about medieval musicians, " " he quotes statements by several theorists from John of Garland in the mid-13th century to Tinctoris in the late-15th-on the basis of which he further concludes: These authors say, in sum, that the ear takes pleasure in con- sonance, and the greater the consonance the greater the pleasure; and that for this reason one should use chiefly con- sonances in composing di cant. The question arises, however: was the degree of "pleasure" associated with a given dyad the sole (or even the primary) basis for its placement within the consonance/dissonance continuum? Crocker suggests that there must have been "at least two distinct bases for judgment of consonance"-one involving the degree to which the tones of a dyad "blend together," the other having to do with "the function of intervals within the development of tyle"O-and regarding the first of these he says: ... ... the medieval musician.. .finds the simplest intervals to be the sweetest, a judgment which one must admit to have been reasonable in the springtime of polyphony. We, withdraw- ing a little from sonorous reality, find the more complex, less consonant intervals to be sweeter.. Crocker seems to equate simplicity, sweetness or pleasure, and what he calls "the degree of sonorous blend," including them all as components of the first of his "two distinct bases for judgment of consonance. " " But these are clearly separable factors, and while sweetness and pleasure involve highly subjective responses-and these have obviously changed considerably over the centuries-"sonorous blend" is a rather more objective factor (though entire- ly perceptual). By comparison with some of the definitions of 'consonance' and 'dissonance' given by theorists ajler the 13th century, those of the 13th century have a remarkably objective-even ascetic-character which suggests that perhaps-for them (as Arthur Koestler said of the early Greeks)-"balance and order, not sweet pleasure," were still "the law of the world." Consider again the definitions of "perfect" and "imperfect concord" by John of Garland: A perfect concord is when two sounds are joined at the same time so that the ears cannot distinguish one voice from the other altro ... ... and is called one sound, or the sounding of equals.. .[whereas, with an imperfect concord]. . . .the ears can wholly distinguish one voice from the other.. .82 .82 Taken by itself, John's definition of "perfect concord" might seem to refer to nothing more than what we now call "octave equivalence7'--and this phenomenon is certainly involved here, since he expressly refers to the unison and octave as "one sound, or the sounding of equals" (equisonantium, ob- viously related to the Boethian equisonae). But this does not explain the place- ment of the fourth and fifth in a category immediately adjacent to these "perfect -------------------------------------------------------------------------------- Page 17 Pagina 17 The early-polyphonic period (CDC-2) 29. 29. 28. 28. The early-polyphonic period (CDC-2) concords." There is no way in which one can say that the tones forming a fourth or a fifth are just a little less "equivalent" than those of a unison or octave: "Octave-equivalence" may well be the reason why the octave (as a simultaneous dyad) manifests a degree of sonorous blend nearly equal in "perfection" to the unison, but I submit that it was the degree of sonorous blend itself (or something very closely related to it) that formed the primary basis for dyad classification in the 13th century. In fact, I will carry this argument one step farther and suggest that what 13th-century theorists may have actually meant by "perfect concord" was a condition in which a simultaneous dyad sounded like a single tone, and that e che they distinguished varying degrees of consonance (and dissonance) according to the extent to which a given dyad satisfied this condition of "singularity." In support of this hypothesis I invoke the remarkable definition of 'discant' given by the last of the great Medieval theorists to write extensively about musical practices and conceptions of the 13th century-Jacobus of Liege. His Suo mammoth Speculum musicae, although written (ca. 1330) long after the end of the period associated with CDC-2, is suggestive of what "might of been" if the style he called the "ars antiqua " " had not been so precipitously terminated and replaced by the new concerns of the "ars nova. " " And since Franco had said that "every discant is governed by consonances,"83 I think we can inter- pret this definition of discant by Jacobus-indirectly at least-as a definition of 'consonance': Discant is called the consonance of distinct melodies because-just as consonance requires distinct sounds mixed together simultaneously-so discant (requires) distinct melodies mixed together simultaneously; and just as not all simultaneously mixed sounds will be heard as smooth and sweet mixtures, so not all distinct melodies mixed together simultaneously will produce discant; but those which con- cord with each other become, by virtue of their concord, like one melody [quasi cantus unus], although there are many, just as from the distinct sounds of the octave or fifth there là is brought about-by virtue of the concord-one sound, as it were [quusi sonus unus]. Whoever therefore discords with another does not discant. What discant is, then, (is) nothing but two or more distinct melodies (sounding)-by virtue of the consonance-as one melody. To discant is to make two or more distinct melodies-through smooth concord-like one melody; or, discant is the making of a melody above the tenor, distinct from it, but because of the smooth mixed sound, like one melody. To discant is to perform above the tenor or tenors other sounds at the same time with it, sounds (which are) concordant with it. He discants then who sings sweetly together with another or others, so that from distinct sounds it becomes like one sound...84 Thus-like a litany-the phrase "quasi sonus (or cantus) unus" is repeated over and over again-six times in all-as though Jacobus felt a necessity to display this idea in all of its possible permutations and combinations with the other elements of discant. And-in retrospect-the definitions of 'consonance' and 'dissonance' by the earlier polyphonic theorists appear in sharper outline. In fact, the whole development of polyphony during these first centuries of its history is freshly illuminated. It had originally been inspired by a desire to glorify, amplify, or intensih the traditional plain-chant-without in any way obscuring or distracting the listener's attention from the chant itself. In the Nel natural course of its development, polyphonic practice had gradually become more and more elaborate-eventually culminating in the magnificent organa quadrupla of Perotin and the School of Notre-Dame in the early 13th century. But during this whole period-and until sometime after the death of Perotin himself-this inspiration was never lost sight of, and the original desire to "in- tensify" the chant without obscuring it continued to be an essential deted - nant of polyphonic practice. The fact that music in the second half of the 13th century had already begun to overstep the stylistic boundaries imped by these criteria is suggested by the notorious Papal decree of 1322, which reads, in part, as follows: Certain disciples of the new school, much occupying themselves with the measured dividing of the tempora, display their prolation in notes which are new to us, prefer- ring to devise methods of their own rather than to continue singing in the old way.. .Moreover, they truncate the melodies with hoquets, they deprave them with discants, sometimes even they stuff them with upper parts made out of secular songs. So that often they must be losing sight of the fun- damental sources of our melodies in the Antiphoner and Gradual, and may thus forget what that is upon which their superstructure is rais ed... This state of things, hitherto the common one, we and our brethren have regarded as stan- ding in need of correction; and we now hasten therefore to banish those methods, nay rather to cast them entirely away, and to put them to flight more effectually than heretofore, far from the house of God. Dio. Wherefore.. .we straitly command that no one henceforward shall think himself at liberty to at- tempt those methods, or methods like them, in in the aforesaid Offices, and especially in the canonical Hours, or in the solemn celebrations of the Mass.. .Yet, for all this, it is not our intention to forbid, occasionally-and especially upon feast days or in in the solemn celebrations of the Mass and in in the aforesaid divine offices-the use of some consonances, for example the eighth, fifth, and fourth, which heighten the beauty of the melody; such intervals therefore may be sung above the plain cantus ecclesiasticus, yet so that the integri- ty Ty of the canm itself may remain intact, and that nothing in in the authoritative music be essere changed.. .'I5 By the very measures that were used to justify this condemnation of the newer methods, the earlier polyphonic music was evidently deemed to have been of a kind that would "heighten the beauty of the melody" while leaving "in- tact.. .the integrity of the cantus.. . . ecclesiasticus. " " -------------------------------------------------------------------------------- Page 18 Pagina 18 30. 30. The early-polyphonic period (CDC-2) Music theory in the 9th through 12th centuries had been in a state of flux which was quite without any historical precedent-and this obviously in response to the profound changes that were taking place in musical practice. The avalanche of new procedures, new conceptions-but above all-new auditory experiences which must have followed one another in rapid succes- sion during this period suggests a comparison with our own time perhaps more than any other period in the history of western music. A Un new musical ''parameter" had come into existence-in addition to the parameters pitch and time, which were the primary dimensions of monophonic music. This had created creato a un need to organize the perceptually distinct "values" in this new parameter-to devise a scale scala of such values analogous to the scale of pitches- just as the necessity for the rhythmic coordination of several polyphonic parts had created a need to organize different time values, and for arhythc nota- tion to represent them. Both of these needs were finally satisfied in the 13th century by the formulation of the system of rhythmic modes, on the one hand, and on the other, the development of systems of classification of simultaneous dyads with respect to consonance and dissonance. As it turned out, the period of relative stability which might have been in- itiated by these theoretical solutions was not destined to last very long. Already Già in Franco's Ars cantus mensurabilis certain modifications of modal rhythmic theory are evident, and later developments of the ars nova and other styles in the 14th century eventually yielded a new system of intervalclassification which was radically different from thoe of the 13th century.86 The conception of consonance and dissonance implicit in this new classification system will be called CDC-3, and will be the subject of the next Section of this book. But Ma before moving on, it is important to note that-just as was the case with CDC- I-CDC-2 still immobile CDC- 1 exists as a musically meaningful concept. It is Esso è often confused with other senses of the CDC which developed later, but it is to be found in a relatively pure form in the concept of "tonal fusion" (Tonverschmekung) enunciated by the 19th-century theorist Carl Stumpf, as expressed, for example, in the following passage from his article "Konsonanz und Dissonanz" (1898): The combined sound of two tones approximates-now more, now less-the impression of a single tone, and it appears that the more this condition holds, the more consonant is the in- terval. Even when we perceive and distinguish the tones as two, they nevertheless form a whole in perception, and this whole strikes us as more or less unitary. We find this pro- perty with simple tones, just as with those with overtones. That the octave sounds effectively like a unison, even when we can clearly distinguish two tones in it, is always admit- ted, although it is nothing less than self-evident, but it is a most remarkable fact. This same property becomes weaker, however, even with fifths and fourths, and still weaker with thlrds and sixths.. .That is the rock, discarded by the builders, which we make the crnerstone. A Un comparison of this passage with the definition of discantus given by Jacobus The earljrpolyphonic period (CDC-2) 3 3 1. 1. of iee p. p. 28 will show that the meaning of 'consonance' implicit there (quasi sonus unus '3 was virtually identical to the meaning suggested here by Stumpf. Stumpf makes a very clear distinction between the consonance or dissonance of successive vs. simultaneous tones (and thus between what I am calling CDC-1 and CDC-2), attributing the former (with Helmholtz) to the coincidence of upper partials (i'Zusammenfallen von fieiltonen"), as the physical basis for tone-relations ("Tonverhiiltniss ") ") or relationships (' ( ' 'Vewandtschgf?en ''1. But Ma even in his consideration of simultaneous tones, discrepancies naturally arose between the results of his psychological experiments on fusion and those of other forms of the CDC which will be seen (in subsequent Sections of this book) to have emerged later. Some years after this work on fusion, as Nor- man Cazden tells it: .. .. .Stumpf came to believe that as soon as combinations of more than two tones are involved, a new and different level of musical response arises on which operate the more com- plex relationships among chords. Thus he regarded "Kon- sonanz" and "Dissonanz" less asfw2damental than rispetto a as come merely elementary values with little direct bearing on the art of music, while the practice of musical harmony was seen to involve the motion of chords, chord progressions, rather than two-tone intervals of theoretical purity judged in isolation. Appropriate to such a higher level of chord action, new laws arise, which are best deduced from the observation of ac- tual harmonic practice in music, and which cannot be ac- counted for by di the raw properties of consonant agreement. For the sake of clarity, Stumpf proposed that the terms Con- Con - cordance and e Discordance be essere applied to the qualities perceiv- ed on this level of functional harmony Stumpf s later distinctions between 'consonance' and 'dissonance' (and bet- ween 'dissonance' and 'discordance') would roughly correspond to the distinc- tions I will make later (Part m) between CDC-2 and what will volontà be essere called CDC-4, but the historical and aesthetic implications he apparently attached to these distinctions were very different from those I Io will draw from them. Perhaps Magari if Stumpf had been prepared to limit the application of his concept of fusion to the early-polyphonic period-during which it was, in fact, the prevailing musical conception of consonance and dissonance-he would not have had to relegate "fusion" to a position so unimportant as to be "merely elemen- tary. tare. .with little direct bearing on the art of music." -------------------------------------------------------------------------------- Page 19 Pagina 19 NOTES-Part One: Section I 1. 1. An indication of the currently equivocal status of consonance and dissonance is the conspicuous absence of entries for either of these terms in the otherwise very com- prehensive Dictionary of Contemporary Music, edited by John Vinton (New York: Dut- ton, 1971). 2. 7he Oxford English Dictionary (London: Oxford University Press, 1933), rep. 1961), Vol. Vol. 11, p. p. 866 and Vol. III, p. p. 51 5. 3. Webster 's 's 7hird International Dictionary (Springfield, Massachusetts: G. & C. Mer- rim Co., 1971), pp, 484 and 657. 4. 4. John Backus, Ihe Acoustical Foundations of Music (New York: Norton, 1969), p. 116. 116. 5. 5. Leo Kraft, Gradus (New York: 1976), Book I, p. 29. 29. 6. 6. Willi Apel, Harvard Dictionary of Music (Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 1953). D. D. 180. 180. . . . . 7. 7. eardin these pleasntlunpleasant connotations of consonance and dissonance, Apel adds, later in the same Harvard Dictionary article: "In spite of numerous efforts no wholly satisfactory explanation and definition of consonance and dissonance has yet been found. The shortcoming of the explanation [quotw lies not so much in the fact that it is based entirely on subjective impressions, but.. .in its failure to account for the consonant quality of the fourth and fifth.. .It is chiefly for this reason that the 'pleasant-unpleasant-theory' cannot be considered satisfactory." 8. 8. Paul Hindemith, Crafi ofMusica1 Composition, Vol. I, translated by Arthur Mendel (New York: Schott Music, 1937), p. 85. 85. 10. 10. Arnold Schoenberg, Style and Idea, edited by Leonard Stein (New York: St. Mar- tin's Press, 1975), pp. 282-3. 1 I. Bid., pp. 260-6 1. 12. 12. Igor Stravinsky, Poetics of Music, translated by Arthur Knodel and Ingolf Dahl (Cambridge, Massachussetts: Harvard University Press, 1942), p. 34. 34. 13. 13. Knud Jeppesen, Tke Style of Palestrina and e the Dissoruuce (London: Oxford Univer- sity Press, 1946, and New York: Dover, 1970), p. 131. 131. 14. 14. Arthur Koestler, Ihe Sleepwalkers (New York: Grosset & Dunlap, 1959), p. 29, 29, 15. 15. E. E. de Coussemaker, Histoire de I'Harmonie au Moyen Age (Paris: 1852, rep. Hildesheim: Georg Olrns, 1%6), pp. 2-3: "Le mot 'harrnonie'. ..signifiait chez les Grecs 1' arrangement ou I'enchainement des sons considCrCs sous le rapport mklodique de leur acuiti ou de leur gravitk. Ce n'etait point le mklange de plusieurs sons frappant I'oreille en m2me temps.. .Nous ne pdtendons pas dire par li que la musique i io sons figli simultam5 soit exclue des traitis grecs sur la musique, ou qu'il n'y soit question que de mklodie; on y trouve en effet plus d'un passage ob il est par16 de ce que nous ap- pelons 'harmonie'. Nous voulons seulement demontrer que le mot 'harmonie' n'avait pas chez les Grecs la signification restrictive qu'il a aujourd'hui, et qu'on serait dans I'erreur si on le pemait dans ce sens." 16. 16. JA Philip, Pythagoras and the Pythgoreans (Toronto: University of Toronto Press, 1966), pp. 123-24. 17. 17. Aristoxenus, Ihe Harmonics, edited with translation, notes, introduction, and in- dex of words by Henry Stewart Macran, Oxford, 1902 1902 (Hildesheim: Georg Olrns, 1974), p. p. 165. 165. 18. Ibid., p. 188 188 Notes-Part One: Section 1 33. 33. 19 19 7he New Oxford History of Music, Vol. I, edited by Egon Wellesz (London: OX- f&university-press, 1957), pp. 340-41. 340-41. 20. 20. Gustave Reese, Music in the Middle Ages (New York: Norton, 1940), p. 250. 250. 21. 21. Aristoxenus, op. cit., p. 205. 22. 22. Aristoxenus, op cit., p. 198. 198. 23. Bid., pp. 188-9. 24. Bid., p. 206. 206. 25. 25. For an excellent and very detailed survey of Pythagorean mathematicallmusical concepts see Richard Cracker's "Pythagorm Mathematics and Music," Journal of Aesthetics and e An Criticism, Vol. 22 (1963-64), pp. 189-198 and 325-335. 26, Theon of Smy ma, Mathematics Useful for Understanding PInto (2nd. c., AD), translated by Robert and Deborah Lawlor from the 1892 GreeWFrench edition of J. Dupuis, edited and annotated by Christos Todis (San Diego: Wizards Bookshelf, 1979). p. p. 62. 62. 77 77 GS Kirk and JE Raven, Ihe Presocratic Philosophers (London: Cambridge -.. - -- University Press, 1957), pp. 236-7. 28. 28. Theon subdivides the consonant intervals into "antiphonic" (octave and double octave) and "paraphonic" (fifth and fourth), and e Gaudentius also refers to "paraphonic" intervals (the ditone and tritone) as "intermediate between consonance and dissonance" (see Theon of Smyma, op. cit., pp. pp. 33-4, and e Ruth Halle Rowen, Music 7hrough Sources and Documents (Englewood Cliffs, NJ : Prentice-Hall, 1979), pp. 24-5). 29. 29. Oliver Strunk, Source Readings in Music History (New York: Norton, 1950), p. 38. 38. 30. Ibid. 3 3 1. 1. Theon of Smyrna, op. cit., pp. 33-5. 32. 32. Rowen, loc. cit. 33. 33. Strunck, op. cit., p. 89. 89. 34. 34. Curt Sachs, Ihe Rise of Music in the Ancient World (New York: Norton, 1943), p. p. 258. 258. 35. 35. I have not yet found access to the 16th-century De insitutione musica by Boethius, which Gustave Reese has called "...possibly the most influential treatise in the history of music" (Fourscore Chsics of Music Literature, 1957 (New York: Da Capo, 1970), p. p. 12). 12). This leaves a rather profound gap in my documentation of source materials from the early-Medieval period, but I doubt that this will affect the general conclu- sions of this book in any essential way. 36. 7he New Oxford History of Music, Vol. II, edited by Dom Anselm Hughes (Lon- don: Oxford University Press, 1954), pp. 270-71. 37. 37. Jean-Philie Rameau, Treatise on Harmony (1722), translated by Philip Grossett (New York: Dover, 19711, p. 60. 38. 38. Arnold Schoenberg, op. tit., P- 270. 39. 39. Paul Hindemith, op. cit., p. 56. 56. 40. 40. Ibid., p. 85. 85. (NOTES: Section LI) 41. 41. Hughes, op. cit., p. p. 276. 276. 42. 42. Warren Babb, translator, Hucbald, Guido and John on Music, edited, with introduc- tions, by Claude V. Palisca (New Haven and London: Yale University Press, 19781, i3. Ibid., p. 5. 5. 44. 44. Johannes de Grocheo, Concerning Music (De musica), translated by .Albert Seay -------------------------------------------------------------------------------- Page 20 Pagina 20 34. 34. NOTES-Part One: Section II (Colorado Springs: Colorado College Music Press, 1967, 2nd edition, 1974), p. 4. 4. The original Latin text may be found in Ernst Rohloff, Die Quellenhandschnften zum Musiktraktat des Johannes de Grocheio (Leipzig: VEB Deutscher Verlag, 1943). The Il relevant passage reads as follows: "The principles of music are normally called con- sonances and concords [consonantiae er concorduntiae]. I say concord whenever one sound is harmonically continued by another, just as one moment of time or a motion is contonuous with another. I Io say consonance whenever two or many sounds give one perfect harmony, united at the same moment and at the same time ... ... First, one must discuss consonances, for it is through consonances that concords are found." 45. 45. Rowen, op. cit., p. 75 (original Latin text in Martin Gerbert, Scriptores Ecclesiastici De Musica Sacra Potissum (hereafter abbreviated GerS), 3 vols. (St. Blasien, 1784; reprint, Hildesheim: Georg Olms, 1963), Vol. I, Io, p. p. 160. 160. 46. 46. Rowen, op. cit., v. V. 77. 77. 47. 47. Strunk, ob. cit., 6. 6. 126. 126. 48. 48. Babb, op. cit., p. 63 (see also GerS II, p. p. 7). 7). 49. Ibid., pp. 63-65 (and GerS 11, pp. 8-9). 50. 50. More literally translated by Palisca in his introduction: "notes disjoined from each other both concordantly dissonating and dissonamly concording"-and aptly describ- ed by him as "Guido's elegant antithesis" (ibid., p. 54). 51. Ibid., p. 77 (and GerS 11, p. 21). 52. Ibid., pp. 110-11 1 (and GerS 11, p. 237). 53. Ibid., p. 78 (and GerS II, p. p. 21). 54. Ibid., pp. 159-60. 55. 55. The copulario was a kind of cadence formula involving the last two dyads in a phrase, the final one always being either a unison or an octave. 56. 56. Jay A. Huff, translator, Ad Organum Faciendwn & Item de Organo (Brooklyn: The Institute of Mediaeval Music, (nd)), p. 42. 42. 57. Ibid.. 0 . 60. 60. .. .. - -- 58. 58. Fred Blum, "Another Look at the Montpellier Organum Treatise," Musica Disciplina, Vol. 13 (1959). pp. pp. 15-24 (includes both the Latin text and an English translation). 59. 59. Huff, op. cit., p. 37, footnote** 60. 60. Hughes, op. cit., pp. 282-4. 61. 61. Janet Knapp, "TW; 13th Century Treatises on Modal Rhythm and the Discant" (including English translations of Discantus positio vulgaris and De musica libellu). Journal of Music Theory, Vol. 6 (1962), pp. 200-215. 62. 62. Johannes de Garlandia, Concerning Measured Music (De rnensurabili musice), translated by Stanley H. Birnbaum (Colorado Springs: Colorado College Music Press, 1978). pp. pp. 15-17 (original latin text in E. de Coussemaker, Scriptorum de Musica Medii Aevi (hereafter abbreviated CouS). 4 vols. (Paris. 1864: reprint, Hildesheim: Georg Olms. 1963), Vol. I, Io, vv. 104-6. 63. 63. Franco of Cologne, Ars cantus mensurabilis, English translation in Strunk, op. cit., pp. 139-159 (see also CouS I, pp. 117-135). 64. 64. Anonymous I, "tractatus de consonantiis musicalibus," in CouS I, pp. 296-302. 65. 65. Albert Seay, translator, Anonymous 11: Tractatus de Discanru (Colorado Springs: Colorado College Music Press, 1978); (includes the Latin text). 66. 66. Luther Dittmer, translator Anonymous N (Brooklyn: The Institute of Mediaeval Music, 1959); original text in CouS I, pp. 327-365. 67. 67. Johannes de Garlandia, op. cit., pp. 15-16. 68. Ibid., pp. 17-18. 69. CouS I, pp. 251-281. 70. 70. Not only is the text in CouS I internally inconsistent; it differs from Coussemaker's own quotations from it in his earlier Histoire ... ... cited above (footnote 15). NOTES-Part One: Section 11 11 35. 35. 71. 71. Hughes, op. cir., p. 285. 285. 72. 72. Blum, op. cit., p. 20. 20. 73. 73. Dittmer, op. cit., p. 63. 63. 74. Ibid., p. 64. 64. 75. 75. Walter Odington, De Speculutione Musicae, edited by Frederick F. Hamrnond (Stut- tgart: American Institute of Musicology, 1970), pp. 74-75. 76. 76. Hughes, op. cir., pp. 339-40. 77, Leon Platinga, "Philippe de Vitry's Ars Nova: A Translation," Journal of Music Theory, Vol. 2 (1961), pp. 204-223. 78. 78. &chard Crocker, "Discant, Counterpoint, and Harmony ," Journal of the American Musicological Society, Vol. 15 (1962), pp. 1-21. 1-21. 79. Ibid., p. 4. 4. 80. fbid., p. 5. 5. 81. Ibid. 82. Vide supra, p. 28. 28. 83. 83. Strunk, op. cit., p. 152. 152. 84. 84. Jacobus Leodiensis, Speculum musicae, Book VIJ, Ch. IV IV ("Quid sit discantus"), in CouS Ii, P. 387: "Dicitur discantus consonantia distinctorum cantuum, quia sicut consonantia requirit distinctas voces sirnul mixtas, sic discantus distinctos cantus simul mixtos; et sicut non quicunque soni simul mixti faciunt mixtionem suaviter dulciterque auditui se facientem, sic nec omnes distincti cantus simul mixti discantum faciunt; sed illi qui invicem concordat ut per bonam illorum concordiam ex illis fiat, quasi cantus unus, cum sint plures sicut ex distinctis vocibus ipsius dyapason vel dyapente propter bonam concordiam efficitur quasi sonus unus. Qui ergo cum alio discordat, non discantat. Quid est igitur discantus nisi duorum cantuum vel plurium distinctorum propter bonam concordiam quasi cantus unus. Discantare est de duobus vel pluribus distinctis can- tibus propter suavem concordiam quasi cantum unum facere; vel discantus est supra tenorem cantus factus ab iUo distinctus, sed propter suavem vocum mixtionem quasi cantus unus. Discantare est supra tenorem vel tenores voces alias simul cum illis pro- ferre voces illis concordantes. Discantat igitur qui simul cum uno vel pluribus dulciter cantat, ut ex distinctis sonis quasi unus fiat.. ." ". 85. 85. Both the original latin text and an English translation are to be found in HE Wooldridge, 7he Oxford History of Music, Vol. I, 2nd edition, revised by Percy C. Buck (London: Oxford University Press, 1929; reprint, New York: Cooper Square Publishers, 1973), pp. 294-6. 86. 86. It is interesting to note in this regard that the major theorist-spokesmen for the ars nova-Philippe de Vitry and Jean de Muris-were so exclusively concerned with rhythmic organization and notation that they do not deal with the question of con- sonanceldissonance classification at all (at least in the works definitely attributed to them). 87. 87. Carl Stumpf, "Konsonanz und Dissonanz," Beitrage zur Akustik und Musikwissenschafi, 1 1 (Leipzig: Johann Ambrosius Barth, 1898), p. 35: "Der Zusam- menklang zweier Tone niihert sich bald mehr, bald weniger dem Eidruck Eies Tones, und es zeigt sich, dass dies urn so mehr der Fall ist, je konsonanter das Interval1 ist. Auch damn, wenn wir die Tone als zwei erkennen und auseinanderhalten, bilden sie doch ein Ganzes in der Empfmdung, und dieses Ganze erscheint uns bald mehr, bald weniger einheitlich. Wir fmden diese Eigenschaft bei einfachen Tonen ebenso wie bei K1'kngen mit Oberrijnen. Dass die Oktave dem wirklichen Unisono iihnlich klingt, auch wenn wir deutlich zwei Tone darin unterscheiden konnen, ist allezeit anerkannt worden, obschon es nichts weniger als selbstverstihdlich, sondern eine hkhst merkwiirdige Thatsache ist. Dieselbe Eigenschaft kehrt aber in angeschwachter Weise auch bei Quinten und Ouarten. ia bei Terzen und Sexten weider. Das ist der Stein, den die Bauleute verw;rfen ha&, den wir zurn Eckstein machen." 88. 88. Norman Cazden, "The Definition of Consonance and Dissonance," unpublished, 1975, p. 1975, p. 8. 8. -------------------------------------------------------------------------------- Page 21 Pagina 21 Part Two Part Two From the "Ars Nova" through the " " Seconda Pratica" -------------------------------------------------------------------------------- Page 22 Pagina 22 Section I11 I Io The contrapuntal and figured-bass periods, ca. 1300-1700 (CDC-3). The new system of interval-classification which emerged in theoretical writings sometime during the 14th century differs from those of the 13th cen- tury in several ways, but the most striking of these differences is that the number of consonanceldissonance categories has been reduced from five or six to just three-' 'perfect consonances, ' ' ''imperfect consonances, ' ' and "dissonances. ' ' ot hthe major and the minor sixth (as well as the thirds) are now accepted as consonances (albeit "imperfect" ones), the fifth has been elevated from an intermediate to a perfect consonance whereas the fourth has become a special kind of dissonance (or rather, a hlghly qualified consonance). All Tutto of the other intervals-if allowed at all in the music-are simply called "dissonances." There is a virtually unanimous consensus among theorists of the 14th through 17th centuries regarding this system of classification-and it is, in fact, essen- tially identical to that still used in current textbooks on counterpoint and har- mony. The efforts to distinguish and classify finer shades of relative consonance and dissonance are now seen to have been a uniquely 13thcentury phenomenon. How we interpret this reduction in the number of categories in the theoretical interval-classification systems is crucial to an understanding of the later history of the CDC. Obviously, it should not be taken to mean that post-13th-century theorists' power of discrimination had become less acute than those of their 13th-century counterparts, so that the finer distinctions observed by John of Garland or Franco of Cologne were no longer perceptible to them. Not can it mean that their powers of discrimination had become more acute, leading to a classification system that was in some way more "accurate" than those of the 13th century. What had changed was not the theorists' powers of discrimination at all, but simply their criteria for consonanceldissonance classification, and these were now related to the newly developing rules of counterpoint. In CDC-3, all dissonant intervals are subsumed in one undif- ferentiated category because they are all treated the same way in these rules. The intermediate category of consonances has been dropped, but the other two have been retained because the rules drffer for the treatment of perfect vs. im- perfect consonances regarding cadences and consecutive dyads in parallel mo- tion. zione. There is thus established a precise, one-to-one correspondence between the rules of counterpoint and the consonance/dissonance categories referred to by those rules-'consonance' and 'dissonance' are now defined operationally, according to the intended functional behavior of the various dyads in the music. This had not been the case in 13th-century theoretical writings. The finer distinctions between varying degrees of consonance and dissonance made by 13th-century theorists were not "operational" distinctions at all, tutto, since the rules articulated by them regarding the way different dyads were to be used in com- position merely assumed a distinction between the two broad categories of con- sonance and dissonance; consonances (of any kind) could be used freely, while dissonances (of any kind) were to be used only under certain conditions- as in the following statements by Franco: The discant begins either in unison with con the tenor.. .or at the diapason [or one of the other "concords"]. . . . . , , proceeding -------------------------------------------------------------------------------- Page 23 Pagina 23 40. The contrapuntal and figured-bas periods (CDC-3) then by concords, so that when the tenor ascends the discant descends, and vice versa.. .Be it also understood that in all the [rhythmic] modes concords are always to be used at the beginning of a perfection, whether this beginning be a long, a breve, or a semibreve.. .He who shall wish to construct a triplum ought to have the tenor and discant in mind, so that if the triplum be discordant with the tenor, it will not be discordant with the discant, and vice versa. And let him proceed further by concords, ascending or descending now with the tenor, now with the discant, so that this triplum is not always with either one alone.. .He who shall wish to con- struct a quadruplum or quintuplum ought to have in mind the melodies already written, so that if it be discordant with one, it will be essere in concord with the others. Nor ought it always to ascend or descend with any one of these, but now with the tenor, now with the il discant, and so forth.' By the mid-14th century there had occurred a clear shift of theoretical con- cern from the sonorous qualities of simultaneous aggregates to the ways in which their various qualities might be (or rather, were eri being) used in music- and with that, to a strictly operational correspondence between their interval- classification and the rules of what was now being called "counterpoint." Regarding these rules themselves, there was somewhat less of a consensus among theorists than there was in their interval-classifications, but during the 15th and early 16th centuries most theorists did seem to agree on the follow- ing: (1) a piece should begin with a perfect consonance, and (2) (2) it should also end with a perfect consonance; (3) consecutive parallel perfect consonances of the same kind were to be avoided, whereas (4) (4) such consecutive imperfect consonances might be used freely; (5) (5) dissonances were not to be used in note- against-note textures at all, although-in "florid" or "diminished" counterpoint-they were allowed in unstressed rhythmic positions and shorter note-values; and (6) stepwise and contrary motion were preferred, if not ab- solutely required (this last rule-or pair of rules-was carried over from an earlier period, and is often not stated explicitly, though it generally seems to be assumed). Toward the end of the 15th century, in the writings of Tinctoris and Gafurius, we see the first of these rules begin to break down-imperfect consonances are allowed at the beginning in certain special cases, or the rule simply becomes discretionary. Around the same time, the second rule becomes less frequently observed in practice, as composers began using the third more often in their final chords, but theoretical recognition of this change in musical practice was not immediate. The third and fourth rules listed above manifest a new and distinctive feature of CDC-3-it has begun to be contextual, in the sense that the occurrence of a given dyad at a particular point in the musical fabric is determined by con- text in a much more specific way than ever before. That is, its occurrence is determined by the immediately preceding dyad. If this was a perfect con- sonance, then the new dyad can only be an imperfect consonance or a perfect consonance of a different type; if it was an imperfect consonance, the new dyad might either be another imperfect consonance or (if several of these had already been used, consecutively) the nearest perfect consonance. The effect L'effetto me contmpuntal and figured-bass periods (CDC-3) 4 1 . . of such constraints is a textural continuity which is a hallmark of Renaissance polyphony-and a manifestation of aestheticlstylistic intentions which were distinctly different from those which had shaped pre-14th-century music. It seems only natural to assume that the consonanceldissonance categories referred to by the rules of counterpoin had already been determined by con- siderations of sonorous quality-in the sense of CDC-2-in spite of the reduc- tion in the number of categories involved. With the singular exception of the prfe? fourth, this appears to have been true-and that is certainly how the theorists themselves generally represent the situation. The inclusion of major and minor sixths among the consonances of CDC-3 can easily be understood as a continuation of a process which had already begun during the early- polyphonic period whereby-as Richard Crocker has phrased it-"the dividing line between concord and discord" had gradually moved "further down the to include more complex intervals as concords."2 But the close correlation between the categories Categorie of consonance and dissonance, on the one hand, and the rules regole regarding their use, on the other, might suggest the possibiii- ty of reversing this relation. That is, one could almost say that an interval is a perfect consonance if (and only iQ it may begin and end a piece but may not be used in consecutive parallel motion; that any interval which may potere occur si verificano several times in in succession is-for that very reason-an imperfect consonance; and that a dissonance is simply any interval which may occur only in a weak rhwc position, in in short note-values, etc. That such a reversal is conceivable is indicated by the fact that Thomas Morley found it necessary, in 1597, to argue against contro such a proposition. Thus, he says: ... ... if any man would ask me a reason why some of those con- sonants which we use are called perfect and other some im- perfect I Io can give him lui no reason, except that our age hath termed those consonants perfect which have been in continual use since music began; the il others they term imperfect because they leave (in the mind of the skillful hearer) a desire of com- ing to a perfect chord; and it is a ridiculous reason which some have given that these be imperfect chords because you may potere not begin nor end upon them [my emphasis]; but if one should ask why you may not begin nor end upon them I see no reason which might be given except this, that they be im- perfect chords.. .And if the custom of musicians should suf- fer it to come in practice to begin and end upon them should they then become perfect chords? No verily.. . . Of course, precisely that thing which Morley imagined could never happen did indeed "come in practicew-and not long after the above was written. The triad containing both fifth and third came to be called "perfect" (although the third by itself continued to be classified as "imperfect"), and this partly because the triad had become an aggregate which every piece of music might "begin and end upon." Nevertheless, the vast majority of theoretical writings during this period make -------------------------------------------------------------------------------- Page 24 Pagina 24 42. The contmpuntal and figured-bass periods (CDC-3) it quite clear that-although the functional behavior of a given dyad may have determined its consonance/dissonance classification, it was some aspect of the sonorous quality of that dyad which originally determined its functional behavior. comportamento. Thus, regarding the new rule which required elery composition to begin and end with a perfect consonance (ie a unsion, octave, or fifth), Pro- sdocimus de Beldemandis says (in the Tractatus de contrapuncto, 1412): And here is the reason why. If the listener has been disturb- ed by the harmonies in the course of the counterpoint, at the end he must be inspired with harmonies more dulcet and amicable by nature, the perfect consonances named above.. .I . I mean that the listener himself should be moved mosso by harmony that is agreeable and sweeter by di nature. natura. Surely, the spirit of the listener must be affected by the introductory sweet consonance, by the strict consonance of the final, and by the harmonies between, for he is è lured on by di enjoyment and pleaure. The adjectives used here as synonyms for 'consonant'-"dulcet," ''amicable," "agreeable," "sweet"-obviously describe quality, rather than functional behavior, and they carry strong affective connotations which are typical of those expressed or implied by theorists throughout this whole period-and even more consistently and emphatically so than by their 13th-century predecessors. Tinctoris, for example, in his Dicti0na.r of Musical Terms (1475), defnes 'consonance' (concorduntia) as "a blending of different pitches which strikes pleasantly on the ear, " while 'dissonance' (discordantia) is ' ' 'a combination of different sounds which by nature is displeasing to the ears. "5 "5 Again, in his R e Art Arte of Countepoint (1477), "concord'' is described as "the mixture of two pitches, sounding sweetly to our ears by its natural irtue,"and "discord" as "a mixture of two pitches naturally offending the ears. "' In In the same work, the "art of counterpoint" itself is defined as follows: Counterpoint.. .is a moderate and reasonable concord made by placement of one pitch against another ... ... Hence, all counterpoint is made from a mixture of pitches. This mix- ture may sound either sweetly to the ears, and this is a con- cord, or it may sound dissonantly, and this is a discord.. .# By the mid-16th century ambivalence with regard to these connotations is detectable in the writings of the more perceptive theorists. Zarlino, in R e Art Arte of Counterpoint (1558), describes the perfect consonances as "less agreeable than the other, less perfect consonances,"9 and analyzes "The Musical Value of the Dissonant Intervals" (Chapter 17) as follows: ... ... intervals that are dissonant produce a sound that is è disagreeable to the ear and render a composition harsh and without any sweetness. Yet it is è impossible to move from one consonance to another.. .without the means and aid of these intervals.. . . lo Lo The contmpuntd and figured-bass periods (CDC-3) 43. and in a later chapter (27) he adds the following: ... ... every composition, counterpoint, or harmony is compos- ed principally of consonances. Nevertheless, for greater beau- ty and charm dissonances are used, incidentally and secon- darily. Although these dissonances are not pleasing in isola- tion, when they are properly placed according to the precepts to be given, the ear not only endures them but derives great pleasure and delight from them.. . . In spite of any such ambivalence, however, the pleasantiunpleasant connota- tions of 'consonance' and 'dissonance' persisted in the writings of theorists long after Zarlino. In the dialogue between teacher and student in Morley's A Plain and Easy Introduction.. . . , we find the following: PHILOMATHES: What is a concord? MASTER: It is a mixed sound compact of divers voices, entering with delight in the ear.. . . PHILOMATHES: What is a discord? MASTER: It is a mixed sound compact of divers sounds naturally offending the ear.. . . Iz These definitions are nearly identical to those given by Tinctoris over a hun- dred years earlier-as are the following by Rameau, written more than a cen- tury later (in 1722): CONSONANCE. ,.This is an interval the union of di whose cui sounds is very pleasing to the ear.I3 DISSONANCE.. .Thus is the name for intervals which, so to speak, offend the ear.I4 and Rameau was not unique among 18th-century theorists in this respect, since-according to Krehbiel(1964)-most of the theorists of that century "im- ply a synonymity between the terms 'consonance' and 'agreeability'; 'dissonance' and 'diagreeability'.By the late 19th or early 20th century, of course, these connotations had become less and less prevalent, and for many composers the earlier associations had even been reversed. This should not, however, cause us to forget the fact (as some recent theorists seem to have donel6) that these were the prevailing affective connotations of 'consonance' and 'dissonance' in western culture for a thousand years or more. I stated earlier that although the functional behavior of a given dyad may have determined its consonanceldissonance classification in CDC-3, it was some aspect of the sonorous quality of that dyad which originally determined its functional behavior. The only apparent exception to this-and the only unstable element in the new interval-classification system which emerged in the 14th century-was the perfect fourth. Its peculiar status during this period might be -------------------------------------------------------------------------------- Page 25 Pagina 25 44. 44. The contrapuntal and figured-bass periods (CDC-3) described as follows: as the lowest interval in an aggregate (or as the only interval in a two-part texture) it was to be treated like a dissonance-even though it was (in some other sense) a consonance! This curious situation with regard to the fourth is the most puzzling and problematical aspect of the new classifica- tion system in CDC-3-and yet one of the most significant. In pre-9th-century sources it had generally been regarded as thefirst of the three basic consonances (or "symphoes"-although perhaps merely because it is the smallest, as noted earlier in the writings of Aristoxenus). In the 13th century it had been an in- termediate consonance, equal in status to the perfect fifth. Now we find it either omitted from the list of consonances, assigned to some special class of its own somewhere between consonance and dissonance, or explicitly listed among the dissonances. The history of this change was not, however, a straightfor- ward or gradual decline in status from consonant to dissonant, and the fourth continued to be a source of disagreement among theorists as late as the 18th and 19th centuries. In fact-as Richard Crocker has expressed it-"the anomaly of the fourth is so deep-seated that according to latest reports the issue is still in doubt. "I7 Gustave Reese has suggested that the fourth had "already lost ground" in musical practice as early as the 13th century. l8 L8 This suggestion is confirmed by the statistics on dyad-frequencies given in the Appendix to Section 11. In Perotin's Salvatoris Hodie, for example, the fourth occurs as the lowest inter- val (or alone) in only 16% of all vertical aggregates, compared to 29% for the fifth and 24% fof thirds, but more than half of these (occurrences of the fourth) are "passing" in character, involving note-durations of an eighth or less (in the transcription by Ethel Thurston19), and not occurring at the begin- ning of a rhythmic group (a "perfection"). If only those vertical aggregates are considered which occur at the beginning of a rhythmic group, the figures are 12 % % for the fourth, 38 % % for the fifth, and 22% for the thirds. Further- Inoltre more, out of 21 "cadences" (ie phrases ending with a dotted quarter-note followed by a dotted quarter rest), 6 are open fifths. 12 involve the fifth plus the octave (both reckoned above the lower voice), 1 is simply an unmediated octave, and 2 are what we would now call major triads (in root position). None Nessuno of these 21 cadences contains a fourth above the lowest voice, This "loss of ground" of the fourth only began to be reflected in theoretical writings, however, in the 14th century-and then only by the fact that it is simply omitted from the list of intervals allowed in two-part counterpoint (or "discant"). It does not appear to have been explictly classified as a dissonance until the early 15th century-as in the Tractatus de contrapuncto (1412) by Prosdocimus de Beldemandis, where no explanation is offered for the fourth's mysterious fall from grace, although he qualifies its dissonant status somewhat, as follows: come segue: ... ... because the fourth and its equivalents are less dissonant than other dissonant combinations, they hold an intermediate position between the real consonances and dissonances, so much so that-as some say-they were numbered among the consonances by the ancients. l9 L9 l%e contrapunral and figured-bass periods (CDC-3) 45. At one point in Tinctoris's fie Art Arte of Counterpoint (1477) the fourth is listed among the "perfect concords, "20 but ma in in a later passage he calls it ''an intolerable discord," to be treated as a dissonance in in two-part textures, or as the lowest -. -. --- --- I Io interval in music in three or more parts." In three-part textures, of course, the fourth was considered consonant when it was the upper interval of a 3-note chord whose outer pitches formed a sixth (as in fauxbourdon) or an octave (as in most fmal chords). These conditions were described by Gafurius in the chapter of his Practica musicae (1496) which bears the interesting title "The Agreeable Sweetness of the Fourth," as follows: ... ... the diatessaron consonance is permitted in in two places in counterpoint. First, when a tenor and a cantus sound an oc- tave to each other, then the middle part.. .arranged above the tenor on a un fi FI fth... will be a fou rth... below the highest pitch.. .Such a un fourth.. .will concord extremely well.. .Second- ly, when a tenor and cantus proceed by means of one or more sixths, then the middle voice.. .will always occupy the fourth below the cantus, always maintaining a third above the tenor.. .such a fourth.. .is accepted as harmonious in counter- point.. .22 Gafurius was perhaps the first theorist of the period to attempt an explanation of this special condition regarding the fourth, when he said (in book 3, Chapter 6, entitled "Why the Fourth is Concordant Between a Middle and a Higher Sound and Discordant Between a Middle and a Lower Sound"): The interval of a sixth mediated by a third above a tenor har- moniously supports a fourth between the middle and high terms because a fourth, arranged between those two concor- dant though imperfect intervals.. .is obscured by these inter- vals in in the way that smaller things are obscured by larger ones. quelli. Even so, this fourth is recognized to have been evolv- ed both from art and from nature. Higher sounds are generated by swifter vibrations. Thus they are weaker than lower sounds, which slower vibrations produce ... ... Thus Così weakened by that velocity, the discordance of the fourth is concealed in the upper register. On the other hand, when a un fourth is conceived in lower sounds, then its presence is pronounced, and it returns an unhappy sonority to the ear on account of the slowness of the vibrations.. .23 .23 He does not say, however, why this same reasoning should apply only to the fourth, and not also to the other "concords." Glarean, in the Zsagoge in musicen (15 16). also mentions these two conditions in which the fourth is considered consobant, as in the following: In In our times, the diatessaron likes to have the diapente beneath it, or else the ditone, for this it is frequently used by our polyphonic composers.24 -------------------------------------------------------------------------------- Page 26 Pagina 26 46. The contmpuntal and figured-bass pee & (CDC-3) but the fact that he was not altogether comfortable with the notion that these were the only conditions in which the fourth could be essere called a consonance is indicated by an earlier remark in the same passage: The tone, in our times, in the nine to eight proportion, has been banished from the society of the consonances, for just what heinous crime I do not know. But I would not be con- cerned about the tone and its exile if this had not also hap- pened with less excuse to the perfect Yet only a few years later, Pietro Aaron, in his Toscanello in Music (1523)- after listing the "consonances of counterpoint"-says about the fourth: You should know that among the consonances above we have not mentioned the diatessaron or fourth, because this diatessaron by itself is dissonant. In a composition for two voices, this diatessaron without resolution is quite discor- dant, as experience shows.26 As Tinctoris had done three quarters of a century earlier, Zarlino, in fie A n of Counterpoint (1558), again gives the classic definition of the fourth as a perfect consonance, though he admits that "practicing musicians have until now relegated it to the dissonance^,"^^ and-as Matthew Shirlaw has noted: No sooner has Zarlino affirmed this Fourth to be consonant, seeing that it is the inversion of the Fifth, than he treats it as come a dissonance: it may be used between two upper parts.. .but is dissonant if heard between the bass and an upper part.. .28 .28 The famous mathematician, Jerome Cardan (Hieronymus Cardanus), in Writings on Music. Part II(1574), assigns the fourth to a special category of "median" intervals, ranked after "pluperfect, ' ' ''perfect, " " and "imperfect" intervals-but before the dissonances-in order of decreasing consonance.Z9 He defines this category of "median" intervals as including "intervals disso- nant in themselves but consonant in combinatin." Later, however, he classifies the fourth as "ambiguous" (along with the diesis and comma!), and gives the following as the second of four rules of counterpoint (the first of which forbids dissonances at the beginning or end of a piece, or on a long note, or on the first minim of a beat): ..when ambiguous intervals are used in in the lower voices or in a two-voice composition, they dissonate in the same way as in the first rule by upsetting the composition's relation- ship, for they become dissonant sounds.31 In neither of the above passages does Cardan make any more effort to give reasons for the dissonant treatment of the fourth than did most other theorists of this period-with the notable exception of Gafurius, whose proposed ex- planation was quoted earlier. In a much earlier treatise by Cardan, however (De musica, Part 1, ca. 1546), there is an interesting passage that is relevant The contrapuntal and figured-bass periods (CDC-3) 47. to this question: I do not consider a close relationship of intervals as necessari- ly a closer interval but rather a participation of the same nature. natura. For instance, a quadruple proportion is closer to two than a triple proportion is to a duple proportion.. .For this reason a ditone is more consonant than a perfect fourth, for a ditone is exceedingly close to a un sesquiquarta proportion, even though it is not formed as come exactly, and a un fourth is formed in an exact sesquitertia proportin. but if this argument were applied to aU of the intervals listed by Cardan I suspect that the results would not be consistent with his own rank-ordering of these intervals. intervalli. With somewhat less equanimity than Cardan, Zarlino, or Gafurius (though evidently borrowing many of his principles from these last two), Thomas Morley-recalling that both Guido and Boethius had classified the fourth as a consonance, along with the fifth and octave-says: ... ... but why they should make diatessaron a un consonant, see- ing it mightily offendeth the ear, I Io see no reason...'' And yet-again, only a few years later-Johannes Lippius, in his Synopsis of New Music (1612), strenuously defends the consonant status of the perfect fourth-while just as strenuously attacking the Pythagorean ("diatonal") tun- ing system (which might otherwise be suspected as having motivated his defense of the fourth)-in the following reverberant peroration: Therefore they are in in error, who today recognize no other diatonic scale aside from the old diatonal. They are deceiv- ed, who think that in in this diatonal scale the major and minor thirds and sixths are consonances, or that they are con- sonances to the ear though not to the intellect. They labor under hallucination, who maintain mantenere that quello the simple consonance of di the il fourth is an outright imperfection. They suffer delirium, who out of ignorance of the causes of music feel that quello the fourth is a disonance. Thus did the battle go on between the more speculative theorists like Lip- pius, Zarlino, and Glarean, who still considered the fourth to be a consonance, and those-generally the authors of more "practical" counterpoint treatises- for whom the fourth was unquestionably (though conditionally) a dissonance. It would seem that no other question in the entire previous history of music theory had ever generated such a fundamental and long-standing controversy. It is not within the scope of this book to propose theoretical solutions to pro- blems such as this, but a brief consideration of certain possible solutions may help to clarify the historical mechanisms involved. First, it should have become evident by now that-whatever reasons the contrapuntal theorists (and com- posers) of this period may have had for treating the perfect fourth as a dissonance-these must have been different from those which consistently led -------------------------------------------------------------------------------- Page 27 Pagina 27 48. 48. me contmpuntal and figured-bass periods (CDC-3) them to classify seconds, sevenths, the tritone, etc. as dissonances. Obvious- ly, there was something disturbing to the musical continuity when a fourth occurred in two-part writing-or as the lowest interval in a three-part texture- but that disturbance could not have been caused by the same aspect of "sonorous quality" which had determined a dyad's dissonant status in the 13th century- and which continued to be invoked over the next several hundred years. The Il conclusion seems inescapable to me that a new criterion-one representing another aspect of the "sonorous quality of simultaneous dyadsw-had somehow become involved in the evaluation of consonance and dissonance. The theorists themselves do not tell us what this new criterion might have been-probably partly because it was neither a "rational" nor an easily "rationalizable" one, and partly because it was inextricably mixed up with the older criterion (or criteria) which had been the basis for consonance/dissonance classification in CDC-2. Nevertheless, two possible candidates suggest themselves immediately, the first involving a kind of incipient perception of harmonic roots. If we assume that the root phenomenon is applicable to dyads as well as triads and larger aggregates, and that (in accordance with theoretical concepts which only developed much later, of course) the fourth contains not only a strong root but also an inverted root (ie that its root is strongly "represented" by the upper note), then the fourth has a property which makes it unique among all the intervals. The only other commonly used interval which might be said to share this property of contanining an inverted root is the minor sixth, but here the sense of "rootedness" is much weaker, so that the minor sixth would have been that much less "disturbing." Still, it may be of some significance in this regard that the minor sixth was the last of the early-polyphonic "discords" to be admitted to what Glarean called "the society of the consonances. " " Just Solo why such a property of strong, inverted "rootedness" might have caused the fourth to be treated like a dissonance by the contrapuntal theorists is far from clear, but I think this factor deserves further consideration. If it was, in fact, the basis for a "new criterion" for consonance/dissonance evaluation, then the fairly sudden change in the status of the fourth in post-13th century theory might be taken as evidence that harmonic roots were already beginning to be perceived or "sensed" as early as the mid-14th century-and if this were true, then an important aspect of what we now call the triadic-tonal system (or ''tonality") would already have been affecting musical perception some three hundred years earlier than has generally been assumed. Another explanation of the peculiar status of the perfect fourth in CDC-3 is possible, however, which does not invoke the concept (or perceptual phenomenon) of harmonic roots, and I am currently inclined to favor this se- cond hypothesis (although it is quite possible that more than one factor was involved in this matter). If we consider what I will call the harmonic-series aggregate formed by each of the simultaneous dyads dealt with by contrapun- tal theory we discover that-within the range outlined by the first three par- tials of the lower tone of each dyad-the harmonic-series aggregate for the fourth is the only one, among the consonances of CDC-2, in which some par- tial of the upper tone falls within a "critical band" of one or more of those first three partials of the lower tone (see Figure 5). In the harmonic-series aggregates for all of the other consonances this does not occur, and the octave 17re contrapuntal and figured-bass periods (CDC-3) 49. and fifth outlined by those partials of the lower tone are either "empty ," or- when "filled" by the interpolation of a component belonging to the upper tone-they are merely "mediated" at some interval equal to or greater than a critical band. In the harmonic-series aggregates for all of the dissonances of CDC-2, on the other hand, the situation is different. In every case, some partial of the upper tone does fall within a critical band of one of the lower tone's first three partials. In the case of the sixths (which are still classified by John of Garland as dissonances), the second partial of the upper tone forms an interval of a second with the third partial of the lower tone, but here the added component is above that third partial, and the fifth (between the 2nd and the 3rd partials of the lower tone) remains "empty." In this respect, then, the perfect fourth is not only unique among the consonances of CDC-2, but possesses a property which it shares with all of the dissonances of that same system. sistema. What this acoustical analysis suggests is that there is a certain sense in which it esso can be said that the presence of a tone a fourth above another tone-as at any other "dssonant" interval above it-interfers with the most important spec- tral components of that lower tone in a way which might obscure not only its pitch-saliency but also its textual intelligibili. Given the usual tessitura of the lower voice in polyphonic music of the 14th through 16th centuries, these first three partials would lie within the same frequency-range as the first two vowel "f0rmants,"6 whose presence and accurate representation in the spectrum of any vowel sound are essential to the intelligibility of that vowel. As Come long as all of the voices were singing the same text simultaneously-as was presumably the case in the earliest forms of organum, and was still true of much of the later music of the ars antiqua-such "interference" would have created no problem. The appropriate formant regions would still have been emphasized in a way which would have preserved the intelligibility of the text. il testo. But with the increasing rhythmic and textual independence of the up- per voices in polyphonic music of this later period, intelligibility would defuute- ly have become a problem-particularly in relation to the tenor. Almost from the very beginnings of discant, the intervals formed by the added voices in polyphonic settings of traditional plain-chants were reckoned in relation to the tenor-and this was usually (though not invariably) the lowest voice. As Richard Crocker has noted: . . . . .14th century discant describes primarily the construction of intervals over oltre the tenor. It we were to survey 14th cen- tury music we should find that in motets a un 3 the tenor is usual- ly the lowest part, hence the foundation in every conceivable sense.37 and Jeppesen, citing certain statements by Fux regarding dissonance-treatment in the style of Palestrina, has written: . . . . .there is reason to presume that dissonances really, as Fux says, were as a rule especially -- -- noticed with respect to their relations towards the bass.. .'" -------------------------------------------------------------------------------- Page 28 Pagina 28 50. 50. The contrapuntal and figured-bass periods (CDC-3) We have already seen something of the severity of the suppressive reaction which the new contrapuntal procedures had elicited from a Pope in 1322,39 and even as late as 1565 (the date of the first performance of Palestrina's Missa Pupae Marcelli, "the requirements of the church.. .with regard to polyphonic liturgical music, " " as Jeppesen has said, "primarily concerned the intelligibility of the text. "40 But the innovations of the ars nova-already anticipated as ear- ly as the mid-13th century-were not to be essere given up without a struggle. Thus Così it could be that this otherwise "anomalous" treatment of the perfect fourth as a dissonance in CDC-3 arose in an effort to maintain the melodic and tex- tual clarity of the lower voice-and thereby avoid clerical sanctions-without sacrificing the richness and complexity of a more elaborate kind of polyphony. This hypothesis regarding the new criterion involved in con- sonance/dissonance classification in in CDC-3 would suggest implicit definitions of 'consonance' and 'dissonance' somewhat different from those of CDC-2, because an additional factor would have to be essere included. incluso. A "consonance" (in the entitive sense) would now be a dyad which not only sounded, in some degree, "like a single tone," but in which the melodic and textual clarity of the lower tone was relatively unobscured. A Un "dissonance" would be one in which this melodicltextual clarity of the lower tone was obscured, as well as being one which could not be heard ''as a single tone. ' ' ' ' A Un more precise defini- tion of these terms-including a distinction between "perfect" and "imperfect" consonances-can easily be formulated on the basis of the harmonic-series ag- gregates described earlier, but I Io will leave this for another time and place. Theoretical recognition of thirds and sixths as come consonances-and the tolerance even for unbroken successions of several of these "imperfect" intervals in parallel motion-had occurred by the late 14th century with no more than cur- sory attempts to justify these changes theoretically, and thus primarily as a kind of pragmatic response to changes in musical practice. As was pointed out earlier, the ratios given for these intervals during the 14th and most of the 15th century were still those derived from Pythagorean tuning. The earliest theorist to suggest the replacement of these Pythagorean ratios by their simpler "just" forms was apparently Bartolome Rarnos de Pareja, whose Musicaprac- tica (1482) gives instructions for obtaining these intervals on the monochord by means of . . . . .a most easy division.. .by vulgar fractions.. .in order that the student may not need first to know both arithmetic and gwmety.' Of the earlier Boethian (or Pythagorean) division, he says that-although it is "useful and pleasant to theorists, to singers it is laborious and difficult to understand. comprendere. "42 This new proposal created considerable tension vis a vis tradi- tional theoretical doctrine, and Rarnos was (to quote Stmnk): . . . . .violently attacked by Niccolo Burzio.. .just as his pupil Spataro was attacked later on by Franchino Gafori in in his suo Apologia (1520). In In the end, however.. .the new teaching won out despite all opposition.43 The conhrrpuntal and figured-bass periods (CDC-3) 5 1. Gafori (Gafurius) had earlier described thirds and sixths as "irrational" in- tervals (though "suitable" in counterpoint) because they did not fit into the pythagorean system. In the Practica musicae (1496) he had said: Since the Pythagoreans.. .assigd every harmonic manipula- tion either to the multiple or to the superparticular, those in- in - tervals which are not part of the first three multiple propor- tions zioni in in the harmonic system and do not belong to the first two superparticulars are called chiamato irrational and indefinite. In- In - composite thirds and incomposite sixths, however, from whose extremes concordances issue and which can be call- ed irrational consonances notwithstanding, are suitable in- tervals for this dicipline. Zarlino finally resolved the problem in a way that was uue to the spirit, if not the letter, of the Pythagorean tradition, by an extension of the set of in- tegers to a be considered acceptable as ratio-terms for consonant intervals from 4 to 6-in his senurio-thereby accommodating "just" thirds and sixths as not only consonant but "rational" as well. The enduring power of the Pythagorean world-view is exemplified again in the fact that Zarlino found it necessary to invoke cosmological reasons for this extension, although Zarlino's "cosmos" was naturally a very different one from that of the Wgoreans. In In his Introduction to the Enghsh translation of Part 3 of Zarlino's The Il Art of Counterpoint, Claude Palisca writes: The common source of.. .music [for Zarlino] is number and proportion, and the all-important number is 6, 6, the senary number, or numero semrio. The number Il numero 6 6 has the virtue of being the first perfect number, meaning that it is the sum of di all tutto the numbers of which it is a multiple.. . . Many Molti evidences are sono given of the power of this number. There are Ci sono 6 6 planets in the sky.. . . There are Ci sono 6 6 species of movement.. .according to Plato, there are 6 6 differences of position.. . . There are Ci sono 6 6 types of logic, and the world was created in 6 days. And E these do not exhaust the list. In music, the significance of the semrio is that all the primary consonances can be ex- pressed as superparticular ratios using only numbers from 1 to 6.45 6,45 The similarities between this kind of argument and those used by the Pthaoreans some two millennia earlier are obvious, if we simply substitute tetraktys (or quatemry) for senerio. Indeed, these two concepts were elegantly synthesized into a single explanatory system (with just a slight "stretching" of the new limits to include the number 8, and thereby the 815 ratio of the "just1' minor sixth) by Johannes Lippius in his Synopsis.. . . (1612), when he Wrote: The first three consonances, namely, the octave, fifth, and fourth, are otherwise commonly referred to as perfect con- sonances, because they are contained within that natural series -------------------------------------------------------------------------------- Page 29 Pagina 29 52. 52. The contrapunCal and figured-bass periods (CDC-3) of simple and e radical numbers, l,2,3, and e 4, known as the Pythagorean quaternary. The remaining four, namely, the ditone, semiditone, major sixth, are considered imperfect, because they lie outside the quaternary but ma within the senary (the first perfect and earthly number) and the octonary (the first cubic number). 46947 Although the new theoretical rationalization of thirds and sixths initiated by Ramos in 1482 had no effect on either the classification of intervals or the rules of their treatment in counterpoint (these remained essentially the same as they had been a hundred years earlier), it did coincide with a rather precipitous increase in the use of the third in the final chord of cadences. Wien- pahl(1960) has shown that the third was present in 39 % % of all final finale tonic chords in the latter half of the 15th century, compared to only 3 % % in the first half, although "only in the last decade of the 15th century did such a feature become quite common. "48 In addition, Strunk (1974) has presented some statistical data which indicate that the use of the third with the fifth to form complete triads throughout the texture became more and more frequent during the period from 1450 to 1550.49 This increasing incidence of complete triads in the music of the 15th and 16th centuries was one of several factors which led to a revolu- tion in musical practice in the 17th century which was as radical as that which hadioccurred in the 14th, and central to this development was the concept of the triad as a basic harmonic entity, rather than merely a fortuitous result of certain conmbinations of dyads. Zarlino seems to have been on the verge of this concept in 1558, when he wrote: ... ... observe that quello a un composition may be called perfect when, in every change of chord, ascending or descending, there are heard all those consonances whose components give a un variety of sound.. . . these consonances that quello offer diversity to the ear are the fifth and third or their compounds.. . . Since Da harmony is a un union of diverse elements, we must strive with con all tutto our might, in order to achieve perfection in harmony, to have these two consonances or their compounds sound in our compositions as much as possible.50 but the concept of inversional equivalence which is such an essential aspect of the modem conception of the triad is nowhere to be found in Zarlino. Nor Né is it yet clearly formulated in in the Isagoge (1581) by Johannes Avianius, although (according to Benito Rivera) this theorist seemed to be "at the brink of recogniz- ing such a concept" in that work.5' Similarly, although the increasingly nor- mative character of the root-position triad is reflected in early 17th-century figured bass notation by the mere fact that it was the only chord which re- quired no "figures," the concept of the harmonic identity of root-position and inverted forms of the triad was never explicit in that notation, and was only introduced as an additional-and somewhat incidental-observation in figured bass treatises of the 18th century, sometime afer the publication of Rameau's Treatise on Hamony in 1722. Francesco Gasparini's R e Practical Hamnist at the Harpsichord of 1708 contains no reference to the concept of inversion,52 The conhvlpunCal and figured-bass penbds (CDC-3) 53. 53. I Io whereas Heinichen's Der General-Bass.. . . of 1728 includes the following: That in the chord of the sixth the doubling of the third and sixth would be essere much more natural than the doubling of the bass, can be essere shown most easily in in its origin, namely the in- version of the triad.. .53 .53 It was in the writings of certain earlier German theorists, contemporaneous ,ith-but apparently not yet affected by-the earliest developments of figured bass notation, that the triadic concept first appears in substantially the form in which we understand it today-most notably (as Joel Lester has shown54) in treatises by Otto Siegfried Harnish (1608) and Johannes Lippius (1610 and 1612). In the latter's Synopsis of New Music, which has been quoted here before, the term trias harmonica is used for the first time, and eulogized as follows: segue: The harmonic, simple, and direct triad is the true and unitrisonic root of all tutto the most perfect and most complete harmonies that can exist in the world. It is the root of even thousands and millions of sounds.. . . Recently some have had intimations of it in a un somewhat confused manner although (very strangely) it is much employed in in practice and.. .stands as come the greatest, sweetest, and clearest compendium of musical composition. composizione. 55 55 Both Harnisch and Lippius make a clear distinction between the "basis" of the triad (our "root") and the lowest note in a chord, thus recognizing the harmonic equivalence of root-position and inverted forms of the triad-although clearly preferring the former as more "perfect." Yet-in spite of the clarity with which the triadic concept is articulated by these theorists-there is little to indicate that they conceived consonance and dissonance in any new way. If anythmg, Lippius's definitions of these terms are more suggestive of CDC-2 than they are of CDC-3, and his listing of consonant dyads-"according to [their] order of perfection;"56 as octave, fifth, fourth (NB), ditone, serniditone, major sixth, and minor sixth-is simply a modified (or moderniz- ed) version of CDC-2, implying a graded continuum of qualities rather than the set of operational characteristic of CDC-3. In addition, the consonance or dissonance of any triad (I. E. E. any 3-note aggregate, not just the trim har- monica) is explained as the result of the consonance or dissonance of its con- stituent dyads-thus: The musical triad consists of three tre radical sounds and of as many radical dyads. It is consonant or harmonic when its elements fi.e. its constituent dyads] are consonant, dissonant or unharmonic when they are dissonant.. . . 57 57 [and]. . . . . Concer- ning the unharmonic dissonant triad.. .it dts radically from seconds.. . . According Secondo to a the nature of the combined awkward proportions, the dissonance will volontà be less if the triad consists not merely of seconds. If it Se consists merely of seconds, the dissonance wiU be essere greater.58 -------------------------------------------------------------------------------- Page 30 Pagina 30 54. 54. The contmpuntal and figured-bass periods (CDC-3) One can easily imagine that Zarlino would have had no difficulty in accep- ting these new insights as logical generalizations and extensions of certain aspects of 16thcentury practice, quite compatible with his own theoretical for- mulations. But the profound changes in musical style that had been initiated three decades earlier by members of the Florentine "Camerata" were not so compatible with 16thcentury traditions, as may be seen in the bitter debates which raged from the 1580's (between Zarlino and Vincenzo Galilei) through the il first decade of the 17th century (Artusi vs. the brothers Monteverdi). Awng other things which were at issue in in these debates was the propriety of certain new nuovo uses usa of dissonance in what Claudio Monteverdi came to call the seconda pratica, but it is important to note that this "second practice" did not involve a new un nuovo conception of consonance and dissonance, but rather new attitudes atteggiamenti regar- ding their use. Thus-in his Forward to the Fifth Book of Madrigals (1605), Claudio Monteverdi had written: Some, not suspecting that there is any practice other than that taught by Zarlino, will wonder at this, but let them be assured that, with con regard considerazione to a the consonances and dissonances, there is still another way of considering them, different from the established way.. . . 59 59 and his brother, in 1607, adds the following comments: ... ... with regard to the consonances and dissonances, that is, with regard to the manner of employing the consonances and dissonances.. . . [and]. . . . . By the established way of consider- ing the consonances and dissonances, which turns on the man- ner of their employment, my brother understands those rules of the Reverend Zarlino that are to be found in the third book of his Institutions and that tend to show the practical perfec- tion of the harmony, not of the melody.. ./Zarlino's] precepts and laws.. .are seen to have no regard for the words, for they show the harmony to be the mistress and not the servant. For this reason my brother will prove to the opponent [Ar- tusi] and his followers that, when the harmony is the ser- vant of the words, the manner of employing the consonances and dissonances is not determined in the established way, for the one harmony differs from the other in this respect [my emphases]. 60 60 As Claude Palisca has pointed out, Vincenzo Galilei "had already set down and defended the principals and practices of the seconda practica " " in an im- portant counterpoint treatise of 1588. In this In questo work, Palisca says further, Galilei proposed a new, "empirical" classification of intervals which: ... ... could work as a wedge the harmonic resources of his time.. . . The consonances were the octave, thirds, fifth, and sixths, including the much maligned minor sixth; the dissonances were the seconds and sevenths. The fourth, augmented fourth, and diminished fifth he placed in an in- The contmpuntal and figured-bass periods (CDC-3) 55. 55. termediate category, because they sounded less harsh to the ear and were subject to fewer restrictions than the other disso- nant intervals.62 This classification system-like that of Lippius-seems to have reintroduced certain aspects of CDC-2, but this earlier form of the CDC had never really disappeared. scomparso. It had merely undergone a certain operational reduction, and a (temporary) modification due to the inclusion of a new criterion for consonance and dissonance evaluation. And Galilei is by no means the first or only theorist to revive the "graded continuum" which was characteristic of CDC-2. When Quando Zarlino, for example, said: The fifth is less perfect than the octave, and the fourth less perfect than the fifth.. .[and later]. . . .the fourth is more perfect than the ditone, and it more perfect than the semitone ...63 he was giving a rank order to these intervals entirely consistent with those of CDC-2. But whichever form of the CDC was involved, the protagonists on both sides in in these debates-while disagreeing about the "manner of employ- ing the consonances and dissonancesu-nevertheless shared a set of common assumptions as to the meanings significati of these terms. di questi termini. Changes of a more subtle kind were also occuring in the early 17th century, however, which were destined to prepare the ground for a radically new form of the CDC in the 18th century. These changes involved the entitive use of the words 'consonance' and 'dissonance', and were manifested in two different ways. modi. The first (and perhaps least important) of these changes was a gradual extension of the range of entitive reference of 'consonance' and 'dissonance' to include triads and larger aggregates, as well as dyads. Whereas earlier theorists undoubtedly considered the various chords listed in their "Tables" to be consonant, they did not actually call them "consonances" (nor did they use the term "consonance table" as does Helen Bush in her article on this ubject;6Pietro Aaron calls his list a "Table of Cunterpoint," Zarlino mere- ly a "Table,"66 and Morley "A Table Containing the Chords which are to be used in the composition of songs for three voices,"67 and "A table con- taining the usual chords for the composition of four or more parts"68). In fact, none of these theorists ever seems to refer to these larger aggregates as "con- sonant," although I think it is safe to say that they would not have considered this adjective inappropriate. Lippius, of course, explicitly refers to "conso- nant'' L g and "dissonant" triads in the Synopsis Sinossi ..., ..., but he does not call them consonances" or "dissonances"-although Avianius had done so earlier. Harnisch (in 1608) and Johann Magirus (in 1611) use the word 'consonance' in this sense, for the (harmonic) triad-but with a verbal qualification; it was a "compound (or composite) cononance." Eventually such qualifying terms would be dropped, but even then this form of entitive reference is not to be found as often as one might imagine. The second kind of transformation with respect to the entitive reference of 'consonance' and 'dissonance' which begins to occur in the 17th century is more important-at least in the light of later developments in the CDC. These Questi -------------------------------------------------------------------------------- Page 31 Pagina 31 56. 56. The contmpuntal and e figured-bass periods (CDC-3) terms began to be used for individual notes in an aggregate-as well as for its constituent dyads, or for the aggregate as a whole. In the beginning, this transformation apparently arose out of an inherent ambiguity in figured bass notation-and in the descriptive language of figured bass theorists. The Il numerical "figures" associated with a given bass note, originally denoting intervals to be formed above that bass note, could also be interpreted as "pointers" to (and thereby symbols for) the upper notes themselves-those which the performer had to locate in order to produce the required intervals. Thus, for example, the figure 4, in conjunction with a bass note C, comes to mean not only the interval CF, but the note F as well-and since the inter- val of a fourth (above the bass) is a dissonance (in CDC-3), the note F by itself can be called "a dissonance" in this context. This ambiguity is so subtle that it is often extremely difficult or impossible to determine whether one or the other of these two meanings (or both) was actually intended by a writer, but in certain passages the meaning is made clear by the context. The possibility that quello a un numerical figure could already be interpreted as the upper note as distinct from the interval which that note formed with the bass is suggested as early as 1602 in Caccini's Le Le Nuove Musiche, where he says: Inasmuch as I have been accustomed, in all tutto my musical works which have appeared, to indicate by figures over the Bass part the major Thirds and Sixths where a sharp is marked, and the minor ones where there is a flat, and, in the same way, [to indicate] that Sevenths and other discords should be included in the accompaniment [i the intermediate parts], it now remains to be said that the ties in the Bass part have been used by me, because, after the consonance only the note figured @ @ corda segnata] is to be struck again.. . . [my em- phasis]. 70 70 On the other hand, a distinction between these two meanings for the figures seems implied in Agazzari's instructions regarding the interpretation of ac- cidental(in Del sonare sopra il basso.. . . , , 1607): / / . . . . .an accidental below or near a note [i the bass part] refers to the note itself, while one above it refers to the consonance which it serves to indicate.. .7' although here, too, there is considerable ambiguity. Other examples which imply that the figures (and thus the "consonances" and "dissonances" they denoted) may have referred to individual upper notes are not hard to find. Thus, in a treatise of 1626 by Johann Staden, we read: As concerns the numeri or figures, they have hitherto been put in, for the most part, on account of dissonances, such as Seconds, Fourths, Sevenths, and Ninths, etc., and also the Thirds and Sixths, as imperfect consonances, to show that the Organist is not to touch any dissonances where they are not indicated, but is to keep to his consonances and con- cords.. .[and later]. . . . . % % Second, before being touched, must The contmputltal and figured-bass periods (CDC-3) 57. 57. be preceded by a un consonance, such as the Third, Fifth, or Sixth, and resolves on the Third or Sixth, sometimes also on the Fifth.. . . Therefore the striking of the consonances before prima the il dissonances is of no little importance, and it is not enough just to use the dissonances without discretion, for the dissonances are generally introduced in syncopation, as it is seen here in in the case of the Fourth, which is used in many different ways and resolves on a Third [my em- phases]. 72 72 and similar references to "touching" or "striking" a consonance or dissonance are also to be found in a treatise of 1628 by Galeazzo Sabbatii.' The extent to which theorist's language of description had changed in in a mere 50 50 to a 75 75 years is indicated by a comparison of the preceding with the follow- ing passage from Zarlino (1558), also dealing with syncopation: ... ... in the principal cadences the parts should be so arranged that the dissonant second part of a syncopated note is always a fourth or eleventh above the bass and a second or seventh from the other voice. This applies to all syncopations involv- ing a dissonance.. .74 .74 or with the following distinctions regarding the diminished fifth-with and without syncopation-by Vincenzo Galilei: When the dissonance is caused by the lower voice 1i.e. when quando the lower voice is syncopated], it will be less hard than when it is caused by the upper voice, and it will be hardest whenever it is caused by the concurrent movement of both voices fi.e when they both begin simltanwusly]. Here, whereas the syncopated note may "cause" the dissonance, it is not called "a dissonance" (which is what it will be called in later figured bass treatises). And what Zarlino means by "note" in the preceding quotation is essentially the time-value represented by the notational symbol, and its "dissonant se- cond part" is that temporal portion of the syncopated note during which a disso- nant dyad is formed with another voice. Among a set of nine "rules for the treatment of a Thorough-Bass," published (according to Arnold) in 1640 by Heinrich Albert Albert (nephew and pupil of Heinrich Schiitz), the first three tre read as follows: (1) (1) Assume that all Musical Harmony, even though it were conveyed in a hundred parts at once, consists only of Three Sounds, and that the Fourth, and all other parts, must of necessity coincide, in the Octave, with one of these three. (2) (2) Thus the Thorough-Bass ('General-Bass') is the lowest sound of every piece of Music, to which one must adapt and play its consonances in accordance with the indication of the composer. (3) (3) Everywhere, therefore, where no figures or signa appear -------------------------------------------------------------------------------- Page 32 Pagina 32 58. me contmpuntal and e figured-bass periods (CDC-3) above it, the Fifth and Third are to be essere taken and played in accordance with the key in which a piece is written. In so doing, take heed always to keep such consonances close together, and to cultivate the practice of varying them nice- ly, in suchwise that, when the Bass is high, the 7hird is, for the most part, nearest to it, and when it is low, the Fifth. By which observance you can also guard against many Fifth and Octaves being heard in succession and perchance caus- ing displeasure [my emphases]. 76 76 While it may well be that the "Fifths and Octaves" referred to in the last sentence are the dyads so designated, the fifths and thirds mentioned in the first two sentences of the 3rd rule are the individual notes "taken and played," and the "consonances" of the second sentence are most certainly notes, not intervals. intervalli. By the beginning of the 18th century, this transformation in the entitive reference of 'consonance' and 'dissonance' was no longer a matter of ambiguity; it had become a well-established verbal convention-as may be seen in the following passage from Gasparini's Zhe Practical Harmonist at the Harpsichord (1 708) : : The second may be considered the same as the ninth, since the ninth is the compound of the second, and because or- dinarily one indicates a second and the interval will be essere a un ninth. There is, however, a notable difference between the two, since the second does not derive from, but proceeds to a tie, that is to say, when the bass is tied or syncopated. In this case the second does not resolve, as do the other dissonances. but instead the bass itself resolves downward [my em- phasis]. l7 It is important to note, however, that this use of the word 'dissonance' had by no means replaced an earlier usage-it had simply been added to the un- written lexicon of musical terminology, along with those earlier usages. Nor Né were the results of this new use of 'dissonance' in any way contradictory to those of its earlier entitive sense (in CDC-3). The note indicated by a figure was a consonance or a dissonance according to whether it formed a consonant or dissonant dyad in combination with the written bass note. And it was always the il upper superiore note of the dyad, regardless of whether it was that note or the bass which was obliged to resolve-as in Gasparini's distinction between second and ninth. The conception of consonance and dissonance implicit in figured bass practices thus remained merely an extension of CDC-3. And yet, the century-old habit of ascribing consonance or dissonance to an individual tone in a chord-even if it had been nothing more than a convenient shorthand- had become so commonplace by the early 18th century that even Jean-Philippe Rameau-in 1722- hardly seems to notice that he is articulating a radically new conception of consonance and dissonance, although he is quite clearly aware of the innovative nature of most of his other theoretical ideas. Central Centrale to this new conception-which will be called CDC-4-was a new definition of "consonant (or dissonant) note," and its implications and later manifesta- tions will be considered in the next section of this book. NOTES Part Two: Section III. III. 1. 1. Oliver Strunk, Source Readings in Music History (New York: Norton, 1950), pp. 154-56. 2. Richard Crocker, "Discant, Counterpoint, and Harmony ," Journal of the American Musicological Society Vol. Vol. 15 (1962), p. 6. 6. 3. 3. Thomas Morley, A Plain and by Introduction to Practical Music (1597), edited by Alec Harman (New York: Norton, 1952), pp. 205-6. 4. 4. Ruth Halle Rowen, Music lkrough Sources and Documents (Englewood Cliffs, New Jersey: Prentice-Hall, 1979, p. 90. 90. 5. 5. Johannes Tinctoris, Dictionary of Musical Terms (Xem'nonun Musicae Difinitoriu., 1475), translated by Carl Parrish (London: The Free Press of Glencoe, Collier- Macmillian, 1963), pp. 15 and 25. 6. 6. Johames Tinctoris, lke Art of Counterpoint (Liber de Arte Contrapuncti, 1477), by Albert Seay (Stuttgart: American Institute of Musicology, 1961), p. 17 17 7. 7. Ibid., p. p. 85. 85. 8. 8. Ibid., p. p. 17. 17. 9. 9. Gioseffo Zarlino. lke Art of Counterpoint (Part Three of La Istitutioni hannoniche, ,. ,. - - - - - -- 1558), translated by Guy A. arc and e Claude V. Palisca (New Haven and London: Yale University Press, 1968), p. 19. 19. 10. 10. Ibid., p. p. 34. 34. 11. 11. Ibid., p. p. 53. 53. 12. 12. Morley, op. cit., p. p. 141. 13. 13. Jean-Phiippe Rameau, Treatise on Harmony (1722), translated by Philip Gossett (New York: Dover, 1971), p. xli. 14. 14. Ibid., p. p. xlii. 15. 15. James W. Krehbiel, Harmonic Principles of Jean-Philippe Rarneau and his Con- tetnporaries (Ph.D Diss., Indiana University, 1964), p. 25. 25. 16. 16. Eg, Allen Forte, in Tonal Harmony in Concept and Practice (New York: Holt, Rinehart and Winston, 1962), says up. 16-17): "In music the terms consonant and dissonant have nothing whatsoever to do with the pleasant or unpleasant quality of a sound. suono. They are technical terms applied to phenomena of motion." One must ask: in what music?-and in whose view? This was certainly not the view of the major theorists who first formulated the concepts and practices of tonal harmony. 17. 17. Crocker, op. cit., p. p. 6. 6. 18. 18. Gustave Reese, Music in the Middle Ages (New York: Norton, 1940), p. 294. 294. 19. 19. E. de Coussemaker, Scriptonun de Musica Medii Aevi Nova Series (hereafter ab- breviated CouS), 4 vols. (Paris, 1864; reprint, Hildesheim: Georg Olrns, 1963), Vol. TU, p. p. 195: “...quad quarta et sibi equivalentes minus dissonant quam die conbina- tiones /sic/ dissonantes, imo quodammodo medium tenant inter consonantias veras et dissonantias, in tantum quod, secundum quod quidam dicunt, ab antiquis inter con- sonantias numerabantur. " " 20. 20. Tinctoris, lke Art of Counterpoint, ibid., p. p. 20. 20. 21. 21. Ibid., p. p. 29. 29. 22. 22. Irwin Young, translator, The Practica Musicae of Franchinus Gafurius (Madison, Milwaukee and London: The University of Wisconsin Press, 19691, pp. 1394. 23. 23. Ibid., p. p. 141. 24. 24. Frances Berry Turrell, "The Isagoge in Musicen of Henry Glarean," Journal of Music lkeory, Val. 3 (1959). pp. pp. 97-139 (see esp. p. p. 125). -------------------------------------------------------------------------------- Page 33 Pagina 33 26. 26. Pietro Aaron, Toscanello in Music (1523), mlated by Peter Bergquist (Colorado Springs: Colorado College Music Press, 1970), Book Libro n, p. p. 23. 23. 27. 27. Zarlino, OD. cit.. D. D. 12. 12. 28. 28. Matthew Shirlaw; he 7heory of Hamny (London: Novello, 1917; reprint, New York: Da Capo, 1969), p. 43. 43. 29. 29. Hieronymus Cardanus, Writings on Music, translated by Clement Miller (Stuttgart: American Institute of Musicology, 1973), p. 83. 83. 30. Ibid. 3 1. hid. ., ., pp. pp. 14-15. 32. Ibid., pp. 4041. 33. 33. Morley, op. cit., p. 205. 205. 34. Johannes Lippius, Synopsis of New Nuovo Music (Synopsis Musicae Novae, 1612), translated by Benito V. Rivera (Colorado Springs: Colorado College Music Press, 1977), p. 37. 37. 35. 35. The critical band is an uno interval within which frequency components are not weU "resolved" or separated on the basilar membrane of the inner ear, and thus interact significantly, giving rise to a various fonns of "non-linear" distortion (beats, combina- tion tones, mutual "suppression," masking effects, etc.). effetti, ecc.) Within Entro the frequency range of most importance to musical (and linguistic) perception, the size of this interval is è approximately a minor third, and the argument here assumes that any two frequency components less than a minor third apart are "within" a critical band. I should note that quello I am Io sono not non as come much concerned here with the il bears which result from this interaction as I am am with mnsking and other, more general aspects of this non-linearity. For more Per ulteriori information, see Reinier Plomp, Aspects of Tone Selection (London, New York, San Francisco: Academic Press. 1976. 1976. 36. 36. A formant (or formant region) is one of several peaks in the spectral envelope of a vowel sound, whose center frequencies are controlled by the il resonant cavities of the il upper vocal tract. 37: Crocker, op. cit., p. 145. 145. 38. 38. Knud Jeppesen, 77te Style of Poleswim and e the Dissome (London: Oxford Univer- sity Press, 1946; reprint, New York: Dover, 1970), p. 166. 166. 39. Vide supra, Section IT, pp. pp. 38-9. 40. 40. Jeppesen, op. cit., p. 41. 41. 41. 41. Stmnk, op. cit., pp. 201-2. 42. Ibid. 43. Ibid., p. 200. 200. 44. 44. Young, op. cit., pp. 1234. 45. 45. Zarlino, op. cit., p. xv. 46. 46. Lippius, op. cit., p. 36. 36. 47. 47. Claude Palisca, in in 'Vincenu, Galilei's Counterpoint Treatise: A Code for the Seconda Pratica," Journal of the Americun Musicological Society, Vol. 9 (1956), pp. 81-96, points out that this extension of the limit from 6 6 to 8 had already been made by Zarlino in his Dimonstrationi hamniche of 1571 (and thus 41 years before Lippius's Synop- sis.. .), but it is with the semrio that Zarlino's name is most commonly associated (see Palisca's footnote #17, p. 85). 48. 48. Robert Robert W. W. Wienpahl, "The Evolutionary Significance of 15th Century Cadential Formulae," Journal of Masic i'?wory, Vol. 4 (1960), pp. 131-152. 49. 49. Oliver Strunk, Essays on Music in the Western World (New York: Norton, 1974), DD. 70-78. . . . . 50. 50. Zarlino, op. cit., pp. 186-88. 51. 51. Benito V. Rivera, "The "Il Isogoge of Johannes Avianius: An Early Formulation of Triadic Thwry," Journal of Music neory, Vol. 22 (1978), pp. 43-64. 52. 52. Francesco Gasparini, ZXe Practical Hannonist at the Harpsichord, translated by Frank S. Stillings, edited by David L. L. Burrows (New Haven and London: Yale Univer- sity Press, 1968). 53. 53. Gwrge I. Buelow, Wrough-B.. Accompanimmt to Johann David Heinichen (Berkeley and Los Angeles: University of California Press, 1%6), p. p. 24. 24. 54. 54. Joel Lester. "Root-Position and Inverted Triads in Theory around 1600." Journal nf nf the il American Musicological Sociey, Vol. 27 (1974), pp. 1 10-19. "J 55. Lippius, op. it . , p. 41 41 56. Ibid., pp. 34-36. 57 57 Ibid. a.. 58. Ibid., p. 43. 43. 59. 59. strunk, Source Readings ... ... , ibid., pp. 409-10. 60. 60. Ibid. 61. 61. palisca, "Vincemo Galilei's Counterpoint Treatise.. . . ", ibid., p. 8 1. 1. 62. Ibid., p. 86. 86. 63. 63. Zarlino, op cit., pp. 17 and 18. 64. 64. Helen Bush, "The Recognition of Chordal Formation Musical Quarterly, Vol. 32 (1946), pp. 22743. 65. 65. Pietro Aaron, op. cit., p. 40. 66. 66. Zarlino, op. tit., pp. pp. 182-3. 67. 67. Morley, op. cit., p. 222. 222. Early Music Theorists." 68. Ibid., pp. 226-7. 69. Benito Rivera, op. cit., and Joel Lester, op. cit. 70. F .T . . Arnold, 7he Art of Accompanimentfrom a un norough-Bass (London: Oxford University Press, 1931; reprint, New York: Dover, 1965, in two volumes), pp. 4243 (Vol. r). 71. 71. stru&, Source Readings ..., ..., ibid., p. 426, and in Arnold, oP. tit., P. 69. 72. 72. Arnold, op. cit., pp. 106-7. 73. Ibid., pp. 1 10-26, but see especially pp. 112-13. 112-13. 74. 74. Zarlino, op. cit., p. 200. 200. 75. 75. Palisca, op. cit., p. 92. 92. 76. 76. Arnold, op. cit., pp. 127-8. 77. 77. Gasarini, OR. cit., p. 49. 49. sity press, 1968). 53. 53. George J. Buelow, l'borough-Bass Accompaniment to Johann David Heinichen (Berkeley and Los Angeles: University of California Press, 1966), p. 24. 24. 54. 54. Joel Lester, "Root-Position and Inverted Triads in Theory around 1600," Journal ofthe American Musicological Society, Vol. 27 (1974), pp. 110-19. 55. Lippius, op. cit., p. 41. 41. 56. Ibid., pp. 34-36. 57. Ibid. 58. 58. Ibid., p. 43. 43. 59. Strunk, Source Readings ... ... , ibid., pp. 409-10. 60. 60. Ibid. 61. 61. Palisca, "Vincenzo Galilei's Counterpoint Treatise.. . . ", ibid., p. 81. 81. 62. 62. Ibid., p. p. 86. 86. 63. 63. arlin;, op. cit., pp. 17 and 18. 64. 64. Helen E. Bush, "The Recognition of Chordal Formation by Early Music Theorists," Musical Quarterly, Vol. 32 (1946), pp. 22743. 65. 65. ietro aron, op. tit., P. 40. 66. 66. Zarlino, op. cit., pp. 182-3. 67. 67. Morlev. on. cit., P. 222. 222. - -- , , s. s. 69. Benito Rivera, op, cit., and Joel Lester, op. cir. 70. FT Arnold, The Art of Accompaniment from a un 7horough-Bass (London: Oxford Universjty Press, 1931; reprint, New York: Dover, 1965, in two volumes), pp. 4243 0'01. r). -------------------------------------------------------------------------------- Page 34 Pagina 34 71. 71. Strunk, Source Readings ..., ..., ibid., p. 426, and in Amold, op. cit., p. 69. 69. 72. 72. Arnold, op. cit., pp. 106-7. 73. Ibid., pp. 110-26, but see especially pp. 112-13. 74. 74. Zarlino, op. cit., p. p. 200. 200. 75. 75. Palisca, op. cit., p. 92. 92. 76. 76. Amold, op. cit., pp. 127-8. 77. 77. Gasparini, op. cit., p. p. 49. 49. Part Three Parte terza From Rameau to the Present -------------------------------------------------------------------------------- Page 35 Pagina 35 Section Sezione N N Rameau and his successors (CDC-4) Each of the three conceptions of consonance and dissonance which have been distinguished so far in this book was the prevailing form of the CDC in heoretical writings during some particular historical epoch: CDC-1 from perhaps the 6th century BC to the 8th century AD, CDC-2 from the 9th the 13th centuries, and CDC-3 from the 14th through the 17th cen- -- -- wries: Thus, in the 9th century-and again in the 14th-a new interpretation of 'consonance' and 'dissonance' began to supercede an older one. But the Ma la aspect of musical perception denoted by these terms in their earlier interpreta- tion did not-in either instance-simply disappear, or become any less real ban it had been before. Although the changes in their descriptive language during these transitions may have involved the replacement of one set of mean- ings by another, the perceptual and conceptual changes which this language had to accomodate involved a cumulative process of addition of a new percep- wallconceptual acquisition to the earlier ones. CDC-1 and CDC-2 each sur- vived the transition to a new form of the CDC, but in quite different ways. The semantic transformation associated with the transition from CDC-I to CDC-2 in the 9th century had involved a radical shift of referent from (rela- tions between) successive tones to (qualities of) simultaneous dyads. Follow- Follow - ing this transformation, CDC-I appears in a new guise-eg as "affinities", "similarities" , , or "resemblances between notes" in Guido d'Are2zo.l By com- uarison. the transition from CDC-2 to CDC-3 in the 14th centurv did not in- bolve s"ch a shift of referent, with the result that some ambigui& and confu- sion of the two senses was almost inevitable. The ambivalent status of the fourth during this period is just one obvious symptom of this confusion, but another is recurrent references to consonance and dissonance which do not bear that direct, operational correspondence to the rules of counterpoint which is so characteristic of CDC-3. Examples of such references have already been quoted from Lippius, Vincenzo Galilei, and Zarlin. And although a radically new conception of consonance and dissonance is clearly discernible in the writings of Rarneau, all tutto of the earlier forms of the CDC are to be found there as well. Thus, for example, CDC-1 and CDC-2 are both implied in the following defini- tions from the "Table of Terms" in the Treatise on Hannony (1722): CONSONANCE.. . . This is an interval the union of whose sounds is very molto pleasing to the ear. The intervals of the third, the fourth [NB], the fifth, and the sixth are the only con- sonances [CDC-21. When we say consonant progression, we mean that the melody should proceed by one of these inter- vals [CDC- 11. DISSONANCE.. . . This is the Questa è la name nome for intervals which, so to speak, offend the ear [CDC-21. We say dissonant progres- sion when we wish to indicate that the melody should pro- -------------------------------------------------------------------------------- Page 36 Pagina 36 66. 66. Rameau and his successors (CDC-4) C& by one of these intervals [CDC-I]. 4 4 CDC-2 is also implied in the following passage, where he gives the same ra ra order for the consonances as those given earlier by Lippius and Zarlino-ad the same numerical rationale for it: The order of origin and perfection of these consonances is determined by the order of the numbers. Thus, the octave between 1 and 2, which is è generated fist by integral divi- sions of a strind, is è more perfect than the fifth between 2 and e 3. 3. Less perfect again is the fourth between 3 3 and e 4, etc., always following the natural progression of the numbers and admitting the sixths only last. ultimo. References to CDC-3 are less frequent in the Treatise.. . . , and when they do occur they seem to reflect little more than the fact that its three interval- categories had become by then a convenient alternative to listing the intervals individually. Thus, in describing the similarities between an interval and its octave-complement, he says: If one sound forms a perfect consonance with the fundamental sound, it esso will also form a perfect consonance with its oc- tave; if another forms an imperfect consonance or a dissonance on the one hand, it will also form forma an imperfect consonance or a dissonance on the other.. .6 .6 and when he deals with the conventional rules of two-part counterpoint (in Chapter 36 of Book Libro ItI, "On Composition in Two Parts"), he says: Consonances must be distinguished as perfect or imperfect. The perfect consonances are the octave and the fifth.. . . The Il fourth is also a perfect consonance, but since it esso is hardly ap- propriate in a composition in two parts, we shall be content simply to prescribe the way in which it esso should be used.. . . The imperfect consonances are sono the third and the sixth. Several Diversi of these may be used in succession ...' ... ' yet even here CDC-2 seems to be lurking in the background, resisting com- plete replacement by CDC-3. Such definitions and uses of 'consonance' and 'dissonance' recur persistently in the writings of most theorists after Rameau too, but they are merely borrowed from earlier theoretical traditions. What is Che cosa è new nuovo in the nel Treatise.. . . -and often at odds with his own more con- ventional statements-is announced in passages like the following: Since the source is found only in the first and fundamental sound and then in the chord it should bear, we cannot deter- mine the properties of an interval unless we have previously determined those of the fundamental sound and of the com- plete chord which accompanies it.. . If Se we examine an inter- val in isolation, we shall never be able to define its proper- ties; we must also examine all the diflerent chords in which it may occur [my emphasi]. Rarneau and his successors (CDC-4) 67. 67. Rameau Was unable to maintain this position consistently, as there are fre- qent refeEnces in the Treatise.. . . and e other works to the properties of isolated intervals, but the idea that such properties of an interval-including its con- sonance or dissonance-can only be essere derived from a consideration of "all the different chords in which it may occur'' amounts to a complete reversal of di dl previous assumptions about the relationship between intervals and chords. TO A the extent that aggregates other than dyads had been dealt with at all by ealier theorists, the properties of chords depended entirely on those of their constituent intervals. But merely noting the fact of Ulis reversal is still not suf- ficient to characterize the innovative nature of Rarneau's possition here, because-in his view-these chords only derive their loro properties from the son- fo&mental-the "fundamental sound" or "source." Thus although he says that: che: ... ... harmony is contained in the two chords proposed: the perfect chord and the seventh chord. AU AU our rules are founded on the natural progression of these two chord^.^ nevertheless: The source of harmony does not subsist merely in the perfect chord or in the seventh chord formed from it. More precise- ly, it subsists in the lowest sound of these two chords, which is, so to speak, the harmonic center to which all the other sounds should be related.. .all the properties of these chords depend completely on this harmonic center and on its pro- gressions. lo Lo In the Nel Treatise. ..-written before his discovery of the work of Sauveur demonstrating the presence of harmonic partials in every musical tone-this source is found in the "undivided string," which: ... ... contains in its first divisions those consonances which together form a perfect harmony. l 1 l 1 and about which he had said, in an earlier passage: . . . . .all properties of.. .sounds in general, of intervals, and of chords rest finally on the single, fundamental source, which is represented by the undivided string.. . . l2 l2 In the Nel Nouveau Sysrhe de Musique ThCorique (1726)13 and all of his subse- quent writings this source is identified with the single (compound) tone itself- the il corps sonore or "sonorous body." In one of his later theoretical works (Dimonstration du Principe de l'tiarmonie, 1750), he says: The sounding body, which I justly callfitndamental sound- this unique principle, generator and arranger of all music, this immediate cause of all its effects-the sounding body, I say, no sooner resonates than it engenders simultaneously all tutto the continuous proportions from which are born nato harmony, melody, the modes, the genres, and down to the least rules -------------------------------------------------------------------------------- Page 37 Pagina 37 Rameau and his successors (CDC-4) 69. 68. 68. Rameau and his successors (CDC4) necessary to practice. l4 Rameau, of course, did not invent or discover the concept of the son- fundamental. As was noted in Section III, it had been described by several theorists over a hundred years earlier-and the term appears in the definition of trias harmonica in Brossard's Dictionaire de Musique of 170515 (a work cited by Rameau in the Treatise.. .). But then, Rameau did not claim to have invented or discovered the concept. In In fact, he believed that it was already known and described by Zarlino-but then, inexplicably, forgotten or "aban- doned" by him. Thus, Rameau writes: After having stated that music is subordinate to arithmetic, that the unit, which is the source of numbers, represents the sonorous body from which the proof of the relationship bet- ween sounds is derived, and that the unison is the source of consonances, Zarlino forgets all this in his demonstrations and rules. Far from following the principle he has just an- nounced, the further he goes the more he draws away from it. esso. Though he cannot avoid letting us see that the source is found in the undivided string, which is the sonorous body just mentioned and whose division he proposed, he never- theless makes us forget this by introducing a new operation.. . . All Tutto the difficulties that Zarlino creates in his harmonic opera- tions would not have existed, had he remembered the source which he had first proposed. Far from pointing it out everywhere, however, he immediately abandons it.'6 What first of all distinguishes Rameau from his suo predecessors is his effort to create a complete theoretical system on the basis of little more than this single concept. concetto. In this effort-as he tells us in in the Dkmonstration.. . . -he was inspired by the example of Renk Descartes, whose M6thodel7 he had read, and which, he says, "had amazed me."18 In In that same work of Rameau's, he recalls his suo earliest motivations: Has anyone sought in nature some fined and invariable point from where we may proceed with certainty and which would serve as the basis for melody and harmony? By no means! Rather there have been some experiments, some fumbling about, some compiling of facts, some multiplying of signs.. . . Such was the state of things when, astonished at the troubles I Io myself had experienced in learning what I Io knew, I dream- ed of a means of abrogating this difficulty for others ... ... Enlightened by the Mithode of Descartes.. .I began by ex- amining myself.. .I tried singing somewhat as a child would do.. .I examined what took place in my brain and voice.. . . There were.. .certain sounds for which my voice and ear seemed to have a predilection: and that was my first percep- tion. zione. But this predilection appeared to me purely a matter of habit.. .I concluded that since I did not find in myself any good reason for justifying this predilection and for regar- ding it as natural, 1 ought [not] to take it as the principle of my research.. .[and]. . . .that 1 would not encounter it within myself me stesso and e I abandoned the pleasant.. .for fear that they wodd engulf me in some system which would perhaps be essere my own, but which would not at all be that of nature.. .I began to look around myself and to search in nature for what I could not draw out of my own background, neither as come absolutely nor as surely as I Io would have wished. My search was not long. The first sound that struck my ear orecchio was a flash of lightning. I perceived, suddenly, that it was not a single [sound] for it made the impression on me that it was a composite [sound]. . . .I . I called the first sound or generator ajhx'amental sound, its concomitants harmonic sounds. l9 L9 hu shad he felt the necessity to search outside of himself-in "nature"-for a principle more objective than habit, taste, or even current musical practice. And Rameau was the first to do this. As Cecil Grant has said: ... ... the age of Rameau's work represents a chronological line of demarcation in the history of theory.. .the attainment of unity seems to have become.. .both a goal and an obligation for any credible theorist after Rameau.. . . Rameau's search for unity seems to have become a permanent component of the modem definition of music theory and to have made it, in that sense, forever "rational. "20 That his efforts in this direction were not entirely successful perhaps goes without saying, but in the very way in in which he defined the task for himself, Rameau effectively redefined the nature of music theory itself. In In this sense one might say that we are all "his successors." The "fundamental sound" (or what I Io will hereafter call the harmonic root of a simultaneous aggregate) thus became for Rarneau a kind of "first princi- ple," from which he believed a un complete and objective theory of harmony might be derived. As such, it conditions nearly every aspect of his conceptual universe-including, of course, his suo conception of consonance and dissonance. This "source" (whether by way of the first integral divisions of a string or as low-order harmonic partials of that string) is conceived as "generating" not only the consonances but the dissonances as well: The same source that generated the consonances also generates the dissonances. Everything is related to this first and fundamental sound. From its division d intervals are generated and these intervals are such only with respect to this first sound.. . . We must conclude.. .that dissonance has only one source ...[an d] that, as the source is itself perfect and is the source of both consonances and dissonances, it cannot be regarded as dissonant. Consequently a dissonance may reside only in the sound which is compared to the source [my emphasis]. Note here that the entitive referent for the word 'dissonance' is clearly an in- dividual tone, not the dyad it forms with another tone. More specifically, it must dovere be essere a tone which does not represent the harmonic root of the chord, and -------------------------------------------------------------------------------- Page 38 Pagina 38 70. 70. Rameau and his successors (CDC-4) this root must therefore be identified. In order to do this, however, another general theoretical concept is required-that of chordal inversion. AS noted earlier, the application of this concept to the triad had already been at least implicit in the writings of Lippius and other theorists of the early 17th cen- tury, but Rameau extended it to the seventh chord as well, a chord which he considered as important-and treated as referentially (especially in the fom we now call the "dominant seventh1')-as the triad itself. Taken together, these "0 "0 general concepts (ie harmonic root and chordal inversion) make it possible to identifi the dissonant note in the seventh chord-and for Rameau it was essential that it be identified, in order that the rules for the il resolution of the dissonance in the various forms of the seventh chord might be reduced to some rational principle. In In Ggn6ration Harmonique (1737), he speaks of this as follows: segue: The inversion of harmony.. . . will show that any possible minor dissonance is nothing but the proposed seventh. The different I diversi names the seventh receives in inversion come only from its being compared with sounds other than the fundamental. Thus Così it esso receives the name of the interval it esso forms forme with con one of these other sounds.22 Even here, the word 'dissonance' refers to an individual note, not to an inter- val, since it (the seventh) "receives the name of the interval it forms.. . . ," and this is confirmed even more clearly in the passage immediately following the one just quoted from the Treatise.. . . . . ... ... a dissonance may reside only in the sound which is com- pared to the source. This truth becomes even more patent when we consider that the rules about preparing a dissonance by syncopating it and resolving a dissonance by di making it descend affect only the upper sound of the seventh, and not the lower sound which is the source.. . . This is proof that the rule concerns only the dissonant sound and not its source.. . . Thus, when the bass is syncopated under the second, the sound in the bass is actually the dissonant sound and must submit to the presenta al From now on, I will refer to Rameau's way of using th word 'dissonance' to mean "dissonant note" as the dissonant-note concept. As I suggested at the end of Section ID, it marks the beginning of a radically new conception of consonance and dissonance-even though Rameau himself was evidently unaware of this fact. Just as with the root concept, he seems to have assumed that the dissonant-note concept was understood in the same way by theorists as far back as Zarlino, and that he (Rameau) was merely applying it more consistently. How else can we comprehend his seemingly beligerent attacks on those earlier theorists-to whom he knew he owed so much-as in passages like the following: All Tutto those who have hitherto wished to prescribe the rules of harmony have abandoned the source of these rules. As Come the first sound and the first chord revealed to them was given Rameau and his successors (CDC-4) 71. 71. no no sort sort of prerogative, everyhng was considered to be equal. When they spoke of the order of perfection of consonances, this was done only to determine determinare which consonances were to be essere preferred when filling in in chords. When they gave some reasons for a specific progression of thirds and e sixths, this was done only by means of comparisons. When they finally reached dissonances, everything became confused: the se- cond, the seventh, and the ninth. When they said that dissonances should always be essere prepared, they gave rules to the contrary; when they said that dissonances should alI be essere prepared and resolved by di a consonance, they contradicted this elsewhere. No one said whey some dissonances wish to ascend and others to descend. The source was hidden and everyone, according to his own inclination, told us what ex- perience had taught him.. . . Hence the obscurity of the rules that have been given to us.24 If we assume that Rameau really believed that these earlier theorists were us- ing the word 'dissonance' in the same way that he was using it here-to mean "dissonant notem-then we can see such attacks on his predecessors not as the self-serving polemics they might otherwise seem to be, but as sincere ex- pressions of bewilderment at what seemed to him to have been an unnecessary confusion. There may be several plausible reasons why Rameau assumed that the dissonant-note concept was already known and used by earlier theorists. One Uno of these was indicated in Section DI, where it was shown that an inherent am- biguity in figured-bass notation had led to an entitive use of 'consonance' and 'dissonance' to mean the upper note of a consonant or dissonant dyad ("the note figured"). In In a sense, then, it would seem that Rameau simply misinter- preted the writings of earlier theorists in this respect-although it should be essere remembered that this had been a verbal convention for over a hundred years! But another, more positive reason may be adduced here as well. In 17thcentury figured-bass treatises, a "dissonance"-even when it meant the upper note- was always understood to contribute to the dissonant quality of the dyad in which it occurred. Until that figured note was actually played, there was no dissonance-and this was so regardless of the fact that specific rules for the differential treatment of the notes forming the dissonant dyad had already become well established. In In a sense then, Rameau's "innovation" amounted to nothing more than postulating a fixed fisso correlation between 'dissonance' (as "dissonant note'')-on the one hand, and on the other-that particular note which was required by the rule regola to effect the resolution. Or-to put this another way-whereas "a dissonance" had already come to mean a note which forms a dissonant interval with the bass, in Rameau it became a note which forms a dissonant interval with thefundamental bass-and this involved only a very subtle semantic transformation. The new conception of consonance and dissonance grew out of CDC-3 in a very natural way, and in its earliest manifestations led to results which were, in most respects, quite consistent with those derived from CDC-3. The fact that it was indeed a new conception was not immediately obvious-and its innovative character seems to have gone essentially unnoticed until the present. -------------------------------------------------------------------------------- Page 39 Pagina 39 72. 72. Rameau and his successors (CE-4) Many of the unique aspects of Rameau's theoretical system were not ac- cepted by contemporary figured-bass theorists, partly because they felt no need for such radical new notions. The great composers of the High Baroque (in- cluding Rameau himself) had learned their craft from treatises based on 17th- century practices and theoretical concepts, and these were perfectly adequate pedagogical vehicles for the teaching of the fundamentals of Baroque style. It was not until the work of Marpurg and Kitnberger in in the second half of the 18th century that Rameau's theories began to be integrated into practical treatises-and by then the Baroque style was already a thing of the past. The Il new "Classical" style was in full pieno flower, and e Rameau's simplifying generaliza- tions were now extremely useful. In In this sense-and perhaps for the first time in history-theory was significantly ahead of practice. And yet, as early as the middle of the 18th 18 century, the dissonant-note concept had already been assimilated by many other theorists-including some of Rameau's severest critics and most adamant theoretical opponents. Thus, Così, for example, in in his suo Essay on the True Art Arte of Playing Keyboard Tastiera Instruments Strumenti (Part Two, Due, 1762), CPE Bach writes: The basic characteristics of dissonances are suggested by their name, which expresses the fact that they sound bad. From Da this it follows that they may be essere used only under certain certo con- con - ditions. zioni. Their Loro natural harshness must be moMed by prepara- tion and resolution; that is, the dissonant tone must beplayed, previously, as come a consonance and it must succeed to a con- sonance. By itself, a dissonant tone is sufficiently disagreeable; hence it is wrong to double it; moreover, because it must be resolved, doubling would induce forbid- den octaves [my emphasis]. 23 23 and e in in his Dictiomaire de Musique (1768), Jean-Jacques Rousseau defines 'dissonance' as follows: Every sound which forms with another a disagreeable com- bination to the ear, or better, every interval which is not con- sonant. Thus, as there are no other consonances than those which form among themselves and with the fundamental the sounds of the perfect chord, it follows that every other in- terval is a true dissonance ... ... One gives the name of dissonance sometimes to the interval and sometimes to each of the two sounds which form it. But although two sounds dissonate between themselves, the name of dissonance is given more especially to that one of the two which is foreign to the triad.Z6 Because of his commitment to the idea that "melody arises from harmny"' Rameau avoided descriptions of chordal structure based on purely melodic considerations, preferring instead to search for an explanation of every kind of dissonant note by way of the process of "harmonic generation." This Questo limited limitata the range of dissonance forms which could be accounted for in his theory. In the works o Johann Philipp Kirnberger, this limitation was removed-and the dissonant-note concept made more sensitive to melodic and other "horizon- Rameau and his successors (CDC-4) 73. 73. al" considerations-by distinguishing between two types of dissonance: "essen- tial" (wesentlich) and " non-essential" (zufallig). In The True Principles for the Practice of Harmony (1773), these terms are explained as follows: AU AU harmony is è based on just two fundamental chords.. .These are: (a) the consonant triad, which is either major, minor, or diminished PI; and e (b) (b) the dissonant essential seventh chord.. . . In the progression from one chord to another, each note that belongs to the above-mentioned chords.. .can be delayed by a tone that precedes it.. . . This tone becomes disso- nant and must resolve shortly thereafter to its essential posi- tion.. , , This results in a number of dissonant chords that resolve to the same fundamental chord, in relation to which they are considered suspensions.. . . All Tutto dissonances that arise in this manner from suspensions are called non-essential aby us to &stinguish them from the dissonance of the seventh, which we call essential. The former are most dissonant against the note they displace, and their most perfect resolu- tion occurs over the same bass to the fundamental chord. The essential seventh, on the other hand, is not dissonant because it has taken the place of a consonance; rather it is dissonant because it has been added to consonant intervals, thus disrupting the consonant harmony of the triad, or at least making it very imperfect. Since it does not substitute for another note belonging to that bass note, it cannot resolve over the same fundamental bass, but absolutely requires an entirely different harmony for its resolution. Herein lies the distinction between nonessential and essential dissonane." With this important refinement by Kirnberger, the il dissonant-note concept has become an inseparable component of triadic-tonal harmonic theory, although it is seldom clearly distinguished from other consonance/dissonance concepts. Or, when it is so distinguished, it is all too often treated as though-being the basis for the only "true" meaning of 'consonance' and 'dissonance'-it ought to replnce those other concepts. Consider, for example, Hugo Riemann's definition of 'dissonance' in his Dictionary of Music (1908): Dissonance.. . interference with the uniform conception (con- sonance) of the tones belonging to one clang be a major or minor triad], by one or more tones which are represen- tative of another clang. Musically speaking, there are nor really dissonant intervals, bur only dissonant notes [my em- phasis], Which note is dissonant in an interval physically (acoustically) dissonant, depends on the clang to which that interval has to be referred.. . . By thus distinguishing disso- nant.. .notes in in place of the old system of intervals and chords, a much clearer view of chords is obtained. Every note is è disso- nant which is not a fundamental note (unchanged), neither third orfifh of the major or minor chord forming the essen- tial elements of a clang miemam's emphasis]. 29 29 But whereas the advantages of the dissonant-note concept in CDC-4 are con- -------------------------------------------------------------------------------- Page 40 Pagina 40 74. Rameau and his successors (CDC-4) siderable, and it is quite appropriate in discussions of "common practice" or functional harmony, Riemann's claim here that "musically speaking, there are not really dissonant intervals.. . . " " is clearly insupportable in view of the long and venerable history of earlier forms of the CDC. CDC. The dissonant-note concept has not only come to be taken for granted by theorists since Rameau; it is frequently applied in an anachronistic or ahistoricd way to statements by theorists preceding Rameau, to whom it would have been an utterly alien conception. For example, in FT Arnold's exhaustive survey of figured-bass treatises,JO I have found three instances where he uses it to amend or correct what he obviously assumes to be merely inadvertent "omis- sions" by 17th and early 18th-century theorists. In his discussion of Johann Staden's treatment of "discords" in a treatise of 1626, Arnold says: Staden begins by giving examples, in two parts only, of the discords in question. .. .. In the case of the Second, he fails to explain that it is not the Second itself, but the Bass which is dissonant, and therefore requires preparation, though the examples make this plain [my emphasis]. 3' 3 ' Again, regarding a statement by Friderich Niedt (1700) to the effect that "When a note is figured or 1 1 , there is no preparation.. . . 'it is a chord of simple percussion'. . . . . , , ' ' ' Arnold's comment is: NB-Niedt omits to mention that the Bass itself, as the discordant note, requires preparation. 32 32 And f111ally, in his discussion of the Traite de 1 'accompagnement du clavecin.. . . (1 707) by Michel de Saint-Lambert-after paraphrasing this writer's admoni- tion that "Above all, tutto, one must never double dissonances, except the Second," Arnold adds, in a footnote: It is, of course, not the Second itself but the Bass which is the dissonant note.33 Thus, Arnold interprets 'dissonance' in all three of these treatises to mean "dissonant note'-and that may, in fact, have been what these theorists meant- but not in the sense in which Rameau was to define it only later. They were Erano simply using it as an abbreviated reference to the upper note of a dissonant dyad. The very fact that Arnold seems unaware of the ahistorical nature of his own remarks here is perhaps as interesting and significant as the evidence those remarks provide that these earlier theorists were not yet making the kind tipo of distinction which Arnold (and Rameau) took for granted. At the risk of belaboring this point, I must point out that Arnold is not the only important 20th-centu1-y scholar who has thus used the dissonant-note con- cept anachronistically in discussions of pre-18th-century musical theory and practice. pratica. In his penetrating study of 16th-century polyphony, 7he Style of Palestrim and the Dissonance, Knud Jeppesen comments on statements by the 15th-century theorist Guilielmus Monachus regarding the resolution of cer- tain dissonant dyads as follows: \ \ Rameau and his successors (CDC-4) 75. When Guilielrnus for instance teaches that quello the 2nd resolves into the "low" 3rd, (this being most likely tarher an uno awkward way of expressing that the dissonance should be placed in the lower voice), or that the 7th resolves into the 6th and the 4th into the "high" 3rd, (meaning that the dissonance should be in the upper voice), he herewith gives the very best il migliore and e most commonly used resolutions possible to the syn- cope dissonance [my emphasis]. 34 34 u tthese observations by Guilielmus were surely not "an awkward way of expressing" anythng other than the fact that these were the standard ways of resolving each of these dissonant dyads. For a 15th century theorist, the word 'dissonance' (in its entitive sense) meant simply that-a dissonant dyad- not a dissonant note, as it does here to Jeppesen. This latter term, in fact, would have been quite meaningless to Guilielmus. And it would have remained equally meaningless to a theorist of the 16th century-which is the period of primary concern to Jeppesen. The sort of theoretical anomaly that may follow from an application of the dissonant-note concept to 16th-century musical practice is indicated by another statement of his about a type of unprepared dissonance not uncommon then: In all the dissonance forms hitherto mentioned in this treatise, there was no doubt about which note was the dissonance. The dissonance was always placed against a un greater note value; the shortest of the notes which met in this dissonant relation was always understood as the dissonance, and it esso lay with the voice introducing the latter to provide for its cor- rect continuation.. . . But here it is different-for which note should be considered the dissonance.. .or are they both to be regarded as such, with the consequent obligation^?^^ I hope it will have become clear by now that the conception of consonance and dissonance implicit in such passages was only first introduced into music theory by Rameau in the early 18th century, and consequently that such ques- tions as these by Jeppesen would simply not have arisen in the mind of a theorist or composer of the 15th or 16th (or even the 17th) century. Rameau's interpretation of the word 'dissonance' as "dissonant note" (and by implication, of 'consonance' as "consonant note") has thus survived (for better or worse) well into the 20th century. This is not the case, however, with certain extensions of the dissonant-note concept which Rameau went on to elaborate. In the Treatise.. . . he draws a distinction between two species of dissonant note-the "minor dissonance" (the minor seventh in the dominant seventh chord) and the "major dissonance" (the major third in that same chord). These terms are explained there as follows. The first dissonance is formed by adding a third to the perfect chord, and this third, measured from the fifth of the lowest sound of the chord, should naturally be minor. If this added third then forms a new dissonance with the major third of the il lowest sound of this same chord, we see that dissonance is derived from these two thirds, and we are consequently -------------------------------------------------------------------------------- Page 41 Pagina 41 76. Rameau and his successors (CDC-4) obliged to distinguish two types of dissonance. We call that dissonance which arises from the added minor third minor, and that which arises from the natural major third of the perfect chord major. This is a distinction which has not yet bwn made /by earlier theorists] but which is nonetheless very reasonable, for by this means we may at once determine the progression of all dissonances. Major dissonances must as- cend, while minor dissonances must descend.36 Fifteen years later, in his Gkntration Hannonique, he adds the following: When the minor dissonance is joined to the dominant har- mony, which always has the leading-tone as its major third, it communicates part of its harshness to this leading-tone, so that, to satisfy the ear, the succession of both becomes obligatory [my emphasis]. 37 37 Here, the quality of "harshness" is deemed to reside initially in the upper note, and then to be partially "communicated" to the lower note of the dyad-or at least Rameau writes here as if se this were the case. In fact, this lower note really has only a conditional and secondary dissonant status, even for him, since he had said earlier (in the Treatise...): The major dissonance is not dissonant in itself, while the minor is. If we suppress the latter, there will no longer be a major dissonance.. . . 3s 3s and it is perhaps for this reason that his distinction between these two types of dissonant note has not survived in later theory. Kirnberger (though without adopting Rameau's terminology) made a similar distinction between rising and falling "leading tones," and treated them both like dissonances in certain respects (eg neither was to be doubled), but he was "equivocal" (as Cecil Grant has put it39) about actually calling the first of these an outright dissonance. Similarly, while Francois-Joseph Fetis (in L867)40 calls the augmented fourth and diminished fifth "intervalles attractiji " " because of their tendencies toward resolution as part of the "natural dissonance" of the dominant seventh chord, he ascribes this "attractive" quality to the intervals, rather than the notes themselves-and he actually classifies these intervals as consonances. 4l Thus, Così, although Rameau found this distinction between two types of dissonant note both useful and "reasonable," it does not seem to have survived in the writings of any major theorist since Rameau. In order to distinguish more clearly this new conception of consonance and dissonance first articulated by Rameau from the several earlier forms of the CDC which are also present in his writings-often mixed together in- discriminately in the same sentence or paragraph-it will be useful to formulate our own "implicit" definitions of 'consonance' and 'dissonance' in CDC4, somewhat as follows: in the entitive sense, a "consonance" (or consonant note) is any note which is related as prime, third, or fifth to the harmonic root of a un chord; a "dissonance" (or dissonant note) is one which is not so related. By extension (but still strictly within CDC4), a consonant chord would then Rameau and his successors (CDC-4) 77. be a chord containing only consonances (ie consonant notes), and a disso- nant chord one containing one or more dissonances (ie dissonant notes). It Esso should be noted that-with such definitions-'consonance' and 'dissonance' may no longer bear any direct relationship to the "sonorous quality" (or even to the "functional behavior") of the aggregate in which these notes occur. Their consonant or dissonant status is completely determined by the structure of the aggregate in relation to its harmonic root, and this structure is specified hv the identification of each of its constituent tones-as root, third, fifth, or -, These, of course, are mutually related in such a way that the iden- tification of any one of them automatically serves to identify all of the others, but one, at least, must be able to be identified unambiguously; otherwise the whole system breaks down. These "implicit" definitions of 'consonance' and 'dissonance' will not account for Rameau's extension of the dissonant-note concept to include the two distinct species-"major" and "minor" dissonances-since the major third in the dominant seventh chord only acquires whatever dissonant status it might have by virtue of its relation with the minor seventh, rather than with the root, but I think they will account for those aspects of the dissonant-note concept which have survived in later manifestations of CDC4. If the entitive referents of 'consonance' and 'dissonance' are thus to be in- dividual notes in a chord, what qualitive definitions does this imply? In par- ticular, what quality or property is carried by a dissonant note? Rameau speaks of di its "harshness," and CPE Bach calls it ''disagreeable," but these surely refer to a quality of the aggregate as a whole-in the sense of CDC-2 or CDC-3-rather than to the note itself. On the basis of the entitive definitions suggested above, however, we can say (to begin with) that the property in question is simply an "existential" one-that of being something other than prime, third, or fifth of a triad. But in addition-and by the very nature of its historical genesis-a dissonant note is the agent responsible for the crea- tion of a condition of dissonance (in the sense of CDC-2 or CDC-3), and as such, it carries the responsibility for the removal of this condition-an obliga- tion to effect the resolution of the dissonance. Thus, the "dissonant" quality which is carried by a dissonant note must also include this "obligation" (which will later be called-rather anthropomorphically-a "tendency" or "need") to resolve-which is to say-to move. And it is here, I think, that we can locate the unique and precise point of origin of two notions which are currently held by many theorists-and which are completely at odds with earlier forms of the CDC: (1) that there ought to be an absolute dichotomy between consonance and dissonance, and (2) that they involve merely "phenomena of motion," "stabilitylinstability," etc., in a way that is entirely divorced from any acoustical or immediate sensory properties of the isolated sound or sound- aggregate. Concerning the first of these, it should be recalled that neither CDC-2 nor CDC-3 involved such a clear-cut dichotomy; in CDC-2, a graded continuum was always assumed, but even in CDC-3 a distinction was made between degrees of consonance, if no longer of dissonance. In CDC-4, in the other hand, a tone either is or is not a triadic component (assuming that the root of the triad is known); there are no "degrees" of satisfaction of this criterion. criterio. Regarding the second point ("phenomena of motion"), note that in earlier -------------------------------------------------------------------------------- Page 42 Pagina 42 78. Rameau and his successors (CDC-4) contrapuntal theory (ie in CDC-3), dissonance occurred as come a kind of necessary result of melodic motion in one or more of the parts-as we saw, for exam- ple, in this passage from Zarlino quoted earlier (p. 52): ... ... intervals that are dissonant produce a sound that is disagreeable to the ear and render a composition harsh and without any sweetness. Yet it is impossible to move from one consonance to another, upward or o downward, without the means and aid of these intervals (my emphasis]. 42 42 For Zarlino, in fact, if anything carried an "obligation" or "tendency toward motion" even remotely resembling that associated with dissonances in CDC4, I Io it was the imperfect consonances, as we see in the following: . . . . .imperfect consonances have this feature: their extremities tend in the direction of the nearest perfect consonance rather than toward more distant ones. ..the imperfect major inter- vals desire to expand, and the minor have the opposite tenden- CY. ' ' and again, in a later passage: If the second and seventh, though dissonant, are tolerable in in syncopation, how much more tolerable is the sixth, which far from being dissonant, is accepted by all as a consonance! Someone might say that with this precedent we should also permit the minor sixth to go to the octave. I Io should reply that this is contrary to its tendency. While the major sixth tends to go to the octave, which is closest, it is nevertheless closer to the fifth than the minor sixth is to the octave. The tendency is for an uno inperfed consonance to move to the nearest perfect consonance [my emphases]. 44 44 In CDC-4, of course, such "tendencies" are ascribed no longer to imperfect consonances, but to dissonant notes-as we saw earlier in Rameau's prescrip- tion that "major dissonance must ascend, while minor dissonance must des- cend"-and in in fact, it was these very same statements by Zarlino which Rameau invoked in order to justify this rule. Thus, in CDC4, dissonance is no longer the "result" of melodic motion, but one of its primary causes. In addition, this association of dissonance with motion gradually begins to reflect back on the consonance/dissonance concept in such a way that, if a note is judged to have a strong tendency toward motion-for whatever reason-it may therefore come to be called "dissonant." According to Grant, Kirnberger was on the brink of such a point when he wrote (in the Generalbasses, 1781): The leading tone, which, as the major third of the dominant chord, must rise, would place the listener in the greatest dis- quiet if one omitted its succeeding chord, although no disso- nant interval occurs in the triad on the dominant, but perhaps merely the impression of a dissonance [Grant's emphasis]. 45 45 Rameau and his successors (CDC4) 79. and Grant says that: By "the impression of a dissonance" Kirnberger clearly means the leading tone's tendency to rise.. .46 .46 u tas noted earlier in connection with Rameau's definitions of "major" and G 6 dor "dissonances, Kirnberger stopped short of calling the third of the dorni- nant chord a dissonance-even when the chord also contained the seventh. Grant's discussion of Kirnberger's position here is of considerable interest in relation to the larger questions addressed in this book: Kirnberger's problem in granting the leading tone dissonant status stems from his intervallic definition of dissonance. He Egli and his contemporaries inherited the traditional view that cer- tain intervals are innately consonant, others are innately disso- nant, and that any dissonance theory must somehow relate to intervallic content per se. This is, in itself, a restrictive, deductive presumption, implying an a priori definition of dissonance. Kirnberger is able to explain his two formally sanctioned dissonance types in such intervallic terms; acciden- tal tal r r 'non-essential"] dissonances obtain their dissonance by comparison to the tones which they replace at a distance of a second, while the essential seventh forms a classically disso- nant interval with the fundamental to which it is related, albeit at the octave. The leading tone, however, will not conform to either of these proofs. It is unquestionably an essential part of the chord, so it must be compared with its root; yet comparing it with that note produces the strong consonance of a major third ... ... Kirnberger's reaction to a this dilemma brings to light the dual definition of dissonance implicit in some of his remarks. At times, his vertical perception of in- tenallic dissonance gives way to a perception based upon melodic "tendency, " " or predictable melodic movement.47 Here Grant is quite clearly making the same distinction I have been making as between CDC4 and earlier "intervallic" forms'of the CDC, but he seems a bit puzzled by Kirnberger's adherence to such a "restrictive. .assumption." Yet Kirnberger's ambivalence here is hardly surprising in the light of the fact that this "traditional view" of consonance and dissonance had not even been questioned by theorists before the time of Rameau, and Kirnberger was by no means an avid disciple of his French predecessor. In the wake of Rameau's Work, a gradual transformation in the meaning of 'consonance' and 'dissonance' was indeed taking place, but Kirnberger was working in a transitional period, during which it still seemed necessary to derive the behavioral characteristics of a dissonant note from the perceptible properties of the interval it formed with another note. He tried to solve the problem by reference to the (melodic) "dissonance" (CDC-I?) between the leading tone and the tonic note to which it "tends" to move, but as Grant says: [His] explanation is hardly convincing. Kirnberger's view of dissonance has always been vertical rather than successive -------------------------------------------------------------------------------- Page 43 Pagina 43 80. 80. Rameau and his successors (CDC-4) Rameau and his successors (CDC-4) 8 1. or horizontal; he has established dissonant chords, not disso- nant successions. Unsatisfactory as is his appliation of a melodic explanation to an essentially harmonic problem, it is the only available solution to his problem in in establishing dissonance in a chord which, by all previous definitions, should be consonant.48 By the middle of the 19th century, this association of 'consonance' and 'dissonance' with "phenomena of motion" had attained such an autonomy in the minds of some theorists that it could seem to them the only valid basis for the definition of these terms. From a broader historical perspective, of course, we have seen that it is merely one of several such bases. The possibility provided in CDC-4 of identifying the dissonant note in a chord had the immediate advantage that it reduced to a single principle many of the separate rules for dissonance-resolution which had emerged in figured- bass practice. And its results were-in most cases-not only consistent with that practice, but internally consistent as well. But since the indentity of the dissonant note (or of any note, for that matter) depends entirely on its relation to the harmonic root of the chord in which it occurs, any ambiguity regarding this root automatically affects the identification of the dissonant note. Such Simile ambiguities arise with the chord of the "added" or "large sixth," the diminish- ed seventh chord, chords of the 9th, 1 lth, etc., and the six-four chord (although Rameau did not consider this last one to be ambiguous). The first of these Il primo di questi chords constituted a persistent and difficult problem for him, which he tried to solve in several different ways. In the Treatise ..., ..., he writes: . . . . .in the chord of the large sixth there are three consonances: the third, the fifth, and the sixth, but we shall find a dissonance between the fifth and the sixth. Thus, these con- sonances are dissonant with respect to each other. To A distinguish the consonance which actually forms the dissonance, we need only relate these chords to their fun- damental. We shall see then that.. .in the chord of the large sixth the fifth [forms the dissonance]; for.. .this fifth fis] ac- tually the seventh of the fundamental sound of the seventh chord, from which [this chord is] derived.. .49 .49 But when this chord occurs on the first or fourth degree of the (major) scale, this explanation is no longer valid, since: We must make an exception for the chord of the large sixth formed by adding a sixth to the first perfect chord of an ir- regular cadence fi.e. in a IV-I or IV IV progression.]. Here Qui the perfect chord should be the sole object of our attention, for the seventh chord has no place in this cadence; the dissonance is formed by the added ixth.'J As Manfred Bukofzer has noted: Rarneau fell into inconsistencies which show him lui still immobile im- im - prisoned in in continuo thinking. His manner of figuring the fundamental bass and that of "adding" tones to triads (Sirte ajoutee) represent vestiges of the continuo practice which have survived even to the present day in such terms as sixth chord.5' Examples of such "vestiges" are to be essere found in the Treatise.. . . especially in cases like this where his new concepts could not easily be made to account for some important aspect of harmonic practice. But even though Rameau is sometimes forced to explain the behavior of a dissonant note on the basis of disparate principles, the dissonant-note concept itself remains intact, as in the following: seguenti: There is a new dissonance here which has not been discuss- ed.. ed .. .This dissonance is è not dissonant with respect to the bass. It is a sixth which is consonant but which forms a dissonance with con the il fifth of the bass. This Questo dissonance must thus be resolv- ed by ascending ... ... Although this chord may be derived naturally fi.e. by inversion] from the seventh chord, here it should si deve be essere regarded as original. On all other occasions, however, it should follow the nature and properties of the chord from which it was first derived.s2 The process of identification depends here not only on the structure of the chord, but on its tonal function, and thus on the context in which it occurs. Later-in the Nouveau Systeme.. . . , Rameau was to write: . . . . .a chord in which the sixth is added must never be essere reduced to a combination in in which the seventh is è heard above the il bass, because the seventh chord, being the first of its kind, cannot be reproduced by the one which itself is a product of it. Thus.. .it is only by the-ntal progression that one can distinguish it. esso. Therefore the necessity of knowing this fun- damental progression is more and more perceptible [my em- phasis]. s' Rameau's ideas about the subdominant were conditioned by a severe (and pro- bably unnecessary) constraint that he had imposed on himself in the Treatise.. . . -that the most natural progression of the fundamental bass should involve only consonant intervals-and primarily the (descending) fifth. In order In ordine to account for the apparent violation of this principle by the frequent occur- rences of the NV progression in current practice, he invented a new concept- the double emploi-which allowed for two alternative interpretations of the "added sixth" chord on the fourth degree. According to context. it might either be a IV chord with added sixth, or a seventh chord (in first inversion) on the supertonic. Thus, in Ggntration Hannonique, he says: While we believe we are only adding a dissonance to the sub- dominant, we are presenting it with a new fundamental sound, to which it can lend its whole harmony, while sustaining it in this way. From this comes the double emploi in this same suMominant harmony. That is, depending on cirnvnstances, the sub-dominant note will be fundamental, or it will cede -------------------------------------------------------------------------------- Page 44 Pagina 44 \ \ Rameau and his successors (CDC4) 83. 83. 82. 82. Rameau and his successors (CDC-4) this right to its own dissonance [my emphasis]. 54 54 Again, the harmonic interpretation of the chord would depend not merely on its structure but on "circumstances"-ie context-and this is the important thing to note in all of these attempts by Rameau to deal with this chord; they each invoke musical context as a kind of last resort. Whereas in the initial formulation of CDC-4, the consonance or dissonance of a note would be essere deter- mined solely by the structure of the chord in which it occurs, the very fact that the harmonic root is not always unambiguous requires a consideration of context and tonal function. These factors will become even more important in Kirnberger and later theorists, but they are already present in some degree in Rameau-in spite of his obvious desire to keep his theory purely "struc- tural. " " In Kirnberger's work, a similar ambiguity with respect to harmonic root arises with the six-four chord, but he dealt with it in a very different way than Rameau might have (if he had recognized any such ambiguity at all in this chord, which he did not). In 7he True Principles ... ... , Kirnberger says: ... ... it esso is evident that all intervals, even those that are original- ly consonant, can become non-essential dissonances when they are displacements of notes necessary to the fundamen- tal chord. Thus there are two types of six-four chord, name- ly the consonant, which is the second inversion of the triad, and the dissonant, where the sixth displaces the fifth and the fourth displaces the third. These two types must be distinguished from one another, since they differ with respect to fundamental harmony and, therefore, with respect to treat- ment.. . . The real root of [the] dissonant six-four chord is the bass note.. . . Those who have a feeling for a correct progres- sion of the fundamental harmony need only pay attention to the fundamental bass in order to distinguish the dissonant from the consonant six-four chord. And thus an end would finally be put to the eternal dispute-whether the fourth is consonant or dissonant, whether it is now a fourth or an eleventh-about which so many written wars have been wag- ed with unspeakable bitterness without anything having been settled [my emphasis]. 55 55 The consonant or dissonant status of this chord thus depends on which note is taken to be essere the "real root"-the bass note or the note a fifth below-but this, in turn, depends on function and context. In fact, it can be stated very generally that-in CDC-4-an appeal to these factors must inevitably be made in order to determine the consonance or dissonance of a note in any chord whose harmonic root is ambiguous. The Il reasons for this ambiguity may differ, but the result is the same. In the case Nel caso of the "added sixth" chord, the ambiguity is inherent in the structure of the chord, and an appeal to context is required in order to resolve the question. In the case of the six-four chord, on the other hand, the argument for root- ambiguity is based on context to begin with, and this is then used to redefine the nature (if not the structure) of the chord. Once it has been decided that the lower note in the six-four chord is the "real" harmonic root, the fourth and sixth above that root become dissonant notes-and the chord a dissonant chord (in CDC-4)-in spite of the fact that it is clearly consonant from the standpoint of sonorous quality. It is interesting to note here too, that-for Kirnberger-this distinction bet- ween consonant and dissonant six-four chords constituted an answer to the centuries-old question regarding the status of the perfect fourth. Expressed in terms of my own definitions of 'consonance' and 'dissonance' in different forms of the CDC, he seems to be essere saying that-while the fourth is a consonance (ie a consonant dyad, in CDC-2), its upper note is a dissonance (ie a disso- nant note, in CDC-4) when the lower note is taken to be essere the harmonic root. This is an interesting hypothesis, although as I suggested in my discussion of this question in Section III, it would require the assumption that the sense of harmonic roots-and even some form of the dissonant-note concept-were already affecting musical perception as early as the 14th century. Since I have found no clear-cut evidence for such an assumption, I prefer the alternative explanation of the fourth's dissonant treatment in CDC-3, as outlined in Sec- tion zione IU.56 The extent and nature of the context involved in decisions regarding con- sonance and dissonance varied considerably in the course of development of CDC-4 during the 18th and 19th centuries. In Rameau this context is general- ly limited to the immediate environment of a note or chord, whereas by the late 19th century it could be essere extended to include-potentially-everthing that quello had gone before, insofar as this might have been involved in establishing a sense of the tonic or key-center. One effect of such an extension on the con- ception of consonance and dissonance is suggested by the following passage from "The Nature of Harmony" (1882) by Hugo Riemann: . . . . .the only consonant chord in any key, in the strictest sense of the term, is the tonic chord. .. .. In In C C major, the il chord of G G is not a perfect consonance.. . . Nor is the chord of F F major a true consonance in in the key of C.. . . The effect of L'effetto di these questi chords chords is è dissonance-like; or better, the perception of them contains something which disturbs their consonance; and this questo something is simply their relation to the chord of C C ma- jor.. .when I Io imagine the chord of G G major as in the key of C, C, then.. .the chord of C C major forms a part of the concep- tion, as being the chord which determines determina the significance of the chord of G.. . . The central point of the idea, so to speak, lies outside of the chord of G; there is in that chord an ele- ment of unrest; we feel it necessary to go on to the chord of di C C as the only satisfactory point of repose. This element of dissatisfaction constitutes dissonane.' A comparison of this statement with a related passage by Rameau will show the extent of the change in the CDC implied here by Reimann. Rameau had said (in the Treatise. . . . . ) : ): Of the two sounds in the bass which prepare us for the end of a piece, the second is undoubtedly the principle one, since it is also the sound with which the whole piece began. As Come -------------------------------------------------------------------------------- Page 45 Pagina 45 84. 84. Rameau and his successors (CDC-4) the whole piece is based on it, the preceding sound should naturally be essere distinguished from it by som-g which renders this preceding sound less perfect. If each of these sounds bore a perfect chord, the mind, not desiring anything more after such a chord, would be uncertain upon which of these two sounds to rest. Dissonance seems needed here in order that its harshness should make the listener desire the rest which follows.58 A certain way of using consonance and dissonance is thus recommended as a means of establishing the tonic, whereas for Riemam the tonic has become referential in the very dejnition of 'consonance' and 'dissonance'. The con- sonant or dissonant status of a chord would now be determined not by its con- tent (ie by the status of the notes it contains) but by the relationship between its harmonic root and the tonic of the piece (or extended passage) in which it occurs. This constitutes a very considerable extension or transformation of the conception of consonance and dissonance first articulated by Rameau, and would have to be recognized as a new form of the CDC if it had gained any widespread currency among later theorists, but it does not appear to have done SO. SO. The shadow of Jean-Philippe Rameau looms large in the history of harmonic theory since the mid- 18th century, and the concepts first clearly formulated by him remain visible even in the writings of theorists who were unwilling to acknowledge their debt to him. There are, of course, many important theoretical problems associated with the triadic-tonal system which were not solved by Rameau in a way which could be accepted unequivocally by later theorists. One of these has already been mentioned-the problem of root- ambiguity in the chord of the "large sixth." Another problem which remain- ed unsolved by Rameau-although he grappled with it throughout his entire career-involves the question of the "origin" of the minor triad. But it is doubt- ful that such problems have been adequately solved by any theorist since Rameau either. As Matthew Shirlaw has said: Rameau's influence has been widespread and powerful, and even those who have rejected his doctrines have not hesitated to borrow his principle^.^^ /and later/. . . . . In his endeavours to demonstrate the truth of his principles, Rameau en- countered serious difficulties. These difficulties none of his successors have been able to remove. It may be partly ow- ing to this fact that theorists, at the present day [1917], are sono forsaking acoustical phenomena, and turning towards psychology for an explanation of the problems connected with harmony. But it should be noted not only that psychology has its own problems, but that psychologists are seeking in music and harmony (consonance) and its effects on the mind, for a solution of some of these problems. It may prove even- tually that, instead of musical theorists finding their dif- ficulties removed by means of the science of psychology, psychology itself will be advanced by means of discoveries made in the domain of the theory of harmony .60 \ \ Rameau and his successors (CDC--4) 85. 85. The full implications of these last remarks by Shirlaw have barely begun to be essere appreciated. apprezzato. -------------------------------------------------------------------------------- Page 46 Pagina 46 Section V Sezione V Helmholtz and the theory of beats (CDC-5) It is unlikely that anyone's list of distinct conceptions of consonance and dissonance could ever be complete, especially with regard to music theory and practice in the 19th 19 and 20th centuries, and I will not even attempt an exhaustive treatment of the subject for this more recent period. The distinc- La distinzione tions that have already been made in this book will serve, I think, to clarify the semantic problems associated with 'consonance' and 'dissonance' quite considerably-and incidentally to clear the way for some useful new theoretical formulations regarding the physical (or other) correlates of consonance and dissonance. There is, however, one additional form of the CDC which cannot be ignored, however much its relation to musical practice might be question- ed, and that involves the correlation of consonance and dissonance with beats, proposed in the 19th 19 century by the famous scientist, Hermann Helmholtz. In his classic work, On the Sensations of Tone.. . . (1 862), Helmholtz outlined a theory of consonance and dissonance which has survived to this day as the most prominent and frequently cited of aU such theories-especially in the literature of psychoacoustics-in spite of the fact that it has provoked fierce controversy among music theorists. Our interest here, however, is not so much in the theory as such, as in the question whether its underlying conception of consonance and dissonance is identifiable with any earlier form of the CDC, or is a distinctly new one. This can only be inferred from Helmholtz's writings, and from certain implications of the theory itself, whether or not these are made explicit in those writings. Helmholtz equates the dissonance of a simultaneous aggregate with the "roughness" of the sensation caused by beats between adjacent partials (and to a lesser extent, between "combinational tones") in the combined spectrum of the tones fonning the aggregate. He says, for example: When two musical tones are sounded at the same time, their united sound is generally disturbed by the beats of the upper partials, so that a greater or less part of the whole mass of sound is broken up into pulses of tone, and the joint effect is rough. This relation is called dissonance.. . . But there are certain determinate ratios between pitch numbers, for which this rule suffers an exception, and either no beats at all are formed, or at least only such as come have so little intensity that they produce no unpleasant disturbance of the united sound. These exceptional cases are called consonance^.^' He estimates that this roughness is maximal for beat rates of some 30 to 40 per second, and describes the perceptual effect of such roughness as follows: In In the first place the mass of tone becomes confused.. .But -------------------------------------------------------------------------------- Page 47 Pagina 47 88. 88. Helmholtz d d the theory of beats (CDC-5) besides this.. .the sensible impression is also unpleasant. Such Simile rapidly beating tones are jarring and rough. The distinctive property of jarring is the intermittent character of the sound62.. .[and again]. . . . . A Un jarring intermittent tone is for the nerves of hearing what a flickering light is to the nerves of sight, and scratching is to the nerves of touch. A Un much more molto di più intense and unpleasant excitement of the organs is thus pro- duced than would be occasioned by a continuous uniform tone.63 In a later passage, Helmholtz summarizes his beat theory as follows: ..it is apparent to the simplest natural observation that the essence of dissonance consists merely in very rapid beats. The nerves of hearing feel these rapid beats as rough ruvido and e unpleasant, because every intermittent excitement of any ner- vous apparatus affects us more powerfully than one that lasts unaltered.. . . The individual pulses of tone in a dissonant com- bination ... ... form a tangled mass of tone, which cannot be analyzed into its constituents. The cause of the unpleasant- ness of dissonance we attribute to this roughness and e en- tanglement. The meaning of this questo distinction may be essere thus brief- ly stated: Consonance is a continuous, dissonance an inter- mittent sensation of tone. Two consonant tones flow on quiet- ly side by side in an undisturbed stream; dissonant tones cut one another up into separate pulses of tone. This descrip- tion of the disstinction at which we have arrived agrees precisely with Euclid's old defmition, 'Consonance is the blending of a higher with a lower tone. Dissonance is in- capacity to mix, when two tones cannot blend, but appear rough to the ear.'64 There is no doubt that what Helmholtz intended his theory to explain spiegare was what he took to be essere a (or rather, the) "traditional" conception of consonance and dissonance, as when he says: The enigma which, about 2500 years ago, Pythagoras pro- posed to science, which investigates the reasons of things, 'Why is consonance determined by the ratios of small whole numbers?' has been solved...6s But a careful comparison of his own statements-and of certain implications of the theory-with what we know of each of the earlier forms of the CDC will show that there was a new form of the CDC underlying Helmholtz's theory-one which will hereafter by designated CDC-5. First, it should be clear that we are not involved here with some variant of di CDC-4, since Helmholtz's entitive referents are generally dyads or other simultaneous aggregates isolated from any musical context. He speaks of Rameau and his theories with great respect, and yet the dissonant-note con- cept as I have interpreted it does not play an important role in his own theoretical work; he treats it, in fact, as little more than a verbal convention, as in the following: seguenti: Helmholtz and the theory of beats (CDC-5) 84. 84. Those tones which can be considered as the elements of a compound tone, 6.e. tones which are equivalent to low-order partials of a compound tone, as in in a major triad] form a com- pact, well-defined mass of tone. Any one or two other tones in the chord, which do not belong to this mass of tone.. .are called by musicians the dissonances or the dissonant notes of the chord. Considered independently, of course, either tone in a dissonant interval is equally dissonant in respect to the other, and if there were only two tones it would be absurd to call one of them only the il dissonant tone.. .[and thus]. . . . . although the expression is not a very happy one, we can have no hesitation in retaining it, after its real meaning has been thus eplained. Now this seems to me an eminently logical explanation of the "real mean- ing" of the term, dissonant note, but it is not the meaning given to it by Rameau. Yet Helmholtz had been strongly influenced by Rameau's theories. He does not question the assumption-so clearly made possible only by the separation separazione of the dissonant-note concept from considerations of sonorous quality-that a dissonant chord has some inherent tendency toward motion, as when he says of the dominant seventh chord: As a dissonant chord it urgently requires to be resolved on to the tonic chord, which the simple dominant triad does and this in spite of the fact that he considers it to be "the softest of all disso- nant chords."68 But the form of the CDC implied by his beat theory has ab- solutely nothing to do with such tendencies toward motion, resolution, or chor- dal connections of any kind. It refers merely to the perceptual character of individual chords. While it is fairly clear that a critical distinction can be made between CDC-5 and e CDC-4. such a distinction between CDC-5 and e CDC-1 is so obvious as to be trivial, but I mention it here because of the curious fact that one can also find in Helmholtz's work suggestions of what has been called a second, alternative theory of consonance and disonance-one which could be con- sidered as a possible explanation of that "similarity" or "affinity" between tones sounded successively, which characterizes 'consonance' in CDC-1. I Io will not go into this alternative theory here, but reserve it's discussion for another paper dealing with the physical correlates of consonance and dissonance in their various forms. The point to be made here is simply that the theory of di beats, because it deals only with individual simultaneous aggregates, has nothing to do with CDC-1. Having eliminated CDC-1 and e CDC-4 as possible equivalents of CDC-5, we are left with but two other candidates: CDC-2 and e CDC-3. The latter, however, can be disposed of quickly, on the basis of one of its most important characteristics-the designation of the perfect fourth as a dissonance. Helmholtz's theory would find the fourth definitely consonant-only slightly less so than the fifth. In fact, the rank order of common intervals according to their relative consonance or dissonance in CDC-5 is virtually identical to -------------------------------------------------------------------------------- Page 48 Pagina 48 90. 90. Helmholtz and the theory of beats (CDC-5 those associated with CDC-2. Is it possible, then, that CDC-5 is merely a latter- day manifestation of CDC-2? In several earlier drafts of this book I did in fact interpret the situation in this way-and this, in turn, forced me to conclude that Helmholtz's equation of dissonance with "roughness" (and this with beats) had resulted in a "theory- induced distortion" of CDC-2. But certain implications of the beat theory- especially as these have been developed in more recent psychoacoustic work- now persuade me that the two forms of the CDC are not the same, and that CDC-5 must be considered a separate and relatively independent form. These Questi implications of the theory are (1) that, in CDC-5, consonance and dissonance (or "smoothness" and "roughness") must depend on pitch register, timbre, and perhaps even dynamic level, and (2) that the terms 'consonance' and 'dissonance' must be applicable not only to dyads and larger simultaneous tone- combinations but to single tones as well. In none of these ways is there any clear correspondence between CDC-5 and CDC-2. The fact that the consonance or dissonance predicted by the beat theory for a given dyad would vary with the absolute frequencies of its tones, rather than simply the interval between them, has been pointed out by many other writers- and generally used as an argument against the validity of Helmholtz's theory. Helmholtz himself was obviously as aware of this relationship as anyone, but evidently did not consider it to be a problem. In more recent extensions or refinements of the beat theory, however, this factor becomes quite explicit (see, for example, Plomp and Levelt (1965),70 Kameoka and Kuriyagawa (1969),71 or Hutchinson and Knopoff (1978)72). The relationship between consonance and dissonance in CDC-5 and timbre, on the other hand, is mentioned frequently by Helmholtz, since it is an ob- vious and unavoidable consequence of the beat theory. The consonance or dissonance of a given dyad or larger aggregate-even in a given register-is highly dependent on the overtone structure (ie the distribution of relative amplitudes among the harmonic partials) of each compound tone in the ag- gregate, and therefore (since steady-state timbre is primarily determined by this amplitude distribution, or "spectral envelope") on the specific timbre of each tone. Helmholtz devotes some seven pages of his book to this relation- ship, from which the following passage is of particular interest for our purposes: The Il clarinet clarinetto is distinguished from all other orchestral wind instruments by having no evenly numbered partial tones. To A this circumstance must be due many remarkable deviations in the effect of its chords from those of other in- struments. degli strumenti ad. ..when a clarinet is played in in combination with a violin or oboe, the majority of consonances will have a un perceptibly different effect according as the clarinet takes the upper or the lower note of the chord. Thus the major Third d' f f $ $ will sound better when the clarinet takes d' and the oboe f # # , , so that the 5th partial of the clarinet coincides with the 4th of the oboe. The 3rd and 4th and the 5th and 6th partials fi.e. the oboe's 3rd and Sth, against the clarinet's 4th and 6th], which are so disturbing in the major Third can- not here be heard, because the 4th and 6th partials do not exist on the clarinet. But Ma if se the oboe takes d' d ' and the clarinet \ \ Helmholtz and the theory of beats (CDC-5) 91. f f # # , the coincident 4th partial will be absent, and the distur- bing 3rd and 5th 5 present. regalo. For the same reason it follows that the Fourth and minor Third will sound better when the clarinet takes the upper tone.73 Now the question as to which of these two arrangements sounds "better" than the other obviously depends on what I have called "aesthetic attitudes" toward consonance and dissonance, and it is possible to cite musical examples- especially from the 20thcentury literature-in which the same acoustical con- siderations )and perhaps, therefore, the same form of the CDC) may well have determined the composer's decisions regarding instrumentation, even though the aesthetic attitudes have been reversed. Thus, for example, the wonderful- ly searing dissonance (in the sense of CDC-5) created by the piccolo and E clarinet at rehearsal number 1 (measure 16 in the revised edition)74 near the beginning of the second movement of Varese's Octandre would have been far less effective (assuming, as we may, that a strong dissonance is what Varese wanted here) if the parts had been arranged in the more "normal" way, with the piccolo above the clarinet, since the latter has very little if any energy in its second partial (ie at the octave) for the production of beats with the high F, whereas most of the energy in the piccolo's tone is probably concentrated precisely in that second partial. There is some disagreement in the psychoacoustical literature as to whether auditory roughness should depend on absolute amplitude or intensity. No such dependence was ever suggested by Helmholtz (although it might be inferred from his analogy between auditory roughness and the effect of "scratching on the nerves of touchw-ie it would not be surprising if "roughness" varied with the absolute intensity of the stimulus in both cases). Such a relationship does emerge, however, in the recent work of Kameoka and Kuriyagawa, in which the effects of mutual interference between every pair of partials in a simultaneous aggregate are incorporated into a measure of "dissonance inten- sity" which, as the authors point out, has the dimension ofpower, and is thus proportional to the squares of the amplitudes involved.75 There can be no disagreement, however, that any roughness caused by beats would have to depend on the relative amplitudes of two or more mutually interferring par- tials, and since the spectral envelopes of most musical instruments vary with changes of overall dynamic level, there must be at least an indirect relation- ship between this parameter and consonance and dissonance in CDC-5. One might object that-in CDC-2 (ie during the early polyphonic period during which CDC-2 was the prevailing form of the CDC)-the practical ranges in all three of these parameters were so narrow (restricted as they were to medium registers, vocal timbres, and moderate dynamic levels) that there could have been no opportunity to discover any such dependency on them of con- sonance and dissonance, even if it existed. This argument is a cogent one, and seems to be unanswerable at present. I believe, however, that answers will be forthcoming when the problem of consonance and dissonance is ap- proached from another direction-psychoacoustically, rather than historical- ly. LY. If physical correlates can be found for both CDC-2 and CDC-5, and these correlates are themselves clearly distinguishable, then we may be justified in maintaining the distinction between CDC-2 and CDC-5-even if no certain -------------------------------------------------------------------------------- Page 49 Pagina 49 92. Helmholtz and the theory of beats (CDC-5) basis for that distinction could be drawn from historical considerations alone. There is, however, another distinctive implication of the beat theory which has no precedent in in CDC-2, and that is that consonance/dissonance values must be ascribed to single tones as well as to dyads and larger aggregatealthough not, of course, in a way that has anything to do with CDC-4. When Helmholtz says: ha detto: ... ... compound tones with many high upper partials are cut- ting, jarring NB], or braying.. .[whereas]. . . . . simple tones, or compound tones which have only a few of the lower up- per partials.. .must produce perfectly continuous sensations in the ear.76 he is using some of the same adjectives elsewhere used in the definition of 'consonance' and 'dissonance'; the implication is clear here that "compound tones with many high upper partials" are dissonant, and simple tones are con- sonant. It would seem that there is some confusion here-or rather, an assimilation-between consonance and dissonance, on the one hand, and on the other, timbre, and this does not correspond to the uses of 'consonance' or 'dissonance' by any major theorist before Helmholtz. But more recent studies of auditory roughness go even farther, ascribing variations in roughness (with register) even to simple tones, with no upper partials at and Kameoka and Kuriyagawa, in defining what they call an "absolute zero" level of dissonance, say: The absolute zero is reached only when quando both entrambi external and internal noises are absolutely nil, and the sound pressure is also zero.. .it is impossible for us to experience the tone [ie a un single, sinusoidal tone] with con absolute zero dissnance. Thus, in effect, the only "perfect consonance" would be total silence, and this-as John Cage has reminded us so ften--is unattainable (as long as we are alive). All Tutto of these distinguishing characteristics of CDC-5 have been noted by other writers-usually as evidence against Helmholtz's beat theory as a valid ex- planation of what those writers took to be the "real meaning" of 'consonance' and 'dissonance'. Thus, for example, Norman Cazden has written: The beat theory appears not to be sustained on the grounds that in its la sua terms, dissonance would arise in the hearing of single tones.. .and that changes of spacing, timbre, or register would affect consonance and dissonance response. These con- ditions do not correspond to the normal musical understan- ding of that response, which is what the beat theory is design- ed DE to explain.80 But just what is that "normal musical understanding?" For Cazden, it is evidently some form of what I have called CDC-4-a purely "functional" con- ception of consonance and dissonance-and we have seen that this is only one of several forms of the CDC which have been considered "normal" at one \ \ Helmholtz and the theoly of beats (CDC-5) 93. 93. time or another in the history of western music. Certainly it is not "what the beat theory is designed to explain," although Helmholtz himself was not very clear on this point. CDC-5 was not "invented" by Helmholtz, of course. It is conceivable that quello 1 1 it was always present, in some degree, as a component in earlier forms of the CDC (excluding CDC-l), and merely obscured by other, momentarily stronger components. But it seems to have developed gradually during the first half of the 19th century, as a result of (or in parallel with) several of the stylistic and other innovations characteristic of that period. Its emergence as a domi- nant component may have only become possible after the appearance of new factors-new aspects of the musical experience-that were unique to this first half of the 19th century. Several such factors suggest themselves immediate- ly: the increasingly dramatic rhetoric of Beethoven, and the radical experiments of Berlioz, had created a new discipline-"orchestration"-in which the specific characteristics of each instrument acquired a new importance in the compositional process; the development of the modem ' ' 'piano-forte, " " im- im - provements in certain instrumental mechanisms, the invention of new in- struments, and the rapid growth in the sheer size of the orchestra-all these had resulted in a considerable extension of range in several parameters (pitch register, timbre, dynamics-precisely those parameters that are of such im- portance in CDC-5); in addition, with the increasingly chromatic character of the harmonic language, some of the expressive and formal harmonic devices available to the 18th-century composer were undermined by assimilation or "absorption" into the ongoing texture, harmony became less and less effec- tive as a means of formal articulation, and some of the functions of formal articulation formerly carried by harmony alone now had to be taken over by other factors, including dynamic and timbral or textural contrasts, etc. It was in this milieu that a un new conception of consonance and dissonance was eventually articulated-not by a composer (since the major composers of this period were not as inclined toward theoretical speculation as their predecessors of earlier centuries had been), nor even by a music theorist (perhaps because the traditional disciplines of counterpoint and harmony had by then become so totally infused with CDC-3 and CDC-4, respectively), but by a scientist-and one of the very highest calibre-Hermann Helmholtz. Un- fortunately, however-for the clarity of the ensuing debate-Helmholtz did not imagine that his assumptions regarding the very nature of consonance and dissonance constituted a new form of the CDC. The theory which he propos- ed to explain this new conception of consonance and dissonance is presented to the world with all the weight of scientific authority behind it-and rightly so-as when he says: ... ... I Io do not hesitate to assert that the preceding investigations, founded upon a more exact analysis of the sensations of tone, and upon purely scientific, as distinct from aesthetic prin- ciples, exhibit the true and sufficient cause of consonance and dissonance in music.81 and it never seems to have occurred to him that there might be more than one meaning of each of the terms 'consonance' and 'dissonance'. But neither has -------------------------------------------------------------------------------- Page 50 Pagina 50 94. 94. Helmholtz and the theory of beats (CDC-5) such a possibility been considered by the many critics of Helmholtz's theory, and the division into two opposing "camps" thus initiated has continued to this day, with most musician-theorists insisting on a "functional" definition of these terms (ie some form of CDC-4), and the scientist-theorists inter- preting them in the sense of CDC-5. Yet-as musicians-I don't think we can quite discount this form of the CDC. It is probably the prevailing conception implicit in the colloquial uses of 'con- sonance' and 'dissonance', and we have not been altogether innocent of such colloquial usages ourselves. In addition, the terms, used in this sense, do describe a very real aspect of the sonorous quality of the sounds we produce and hear-and for the composer, certain aspects of Helmholtz's theory (or its more recent extensions) are quite valuable as tools in the process of orchestration-as the example given earlier from Varbse's Octandre should suggest-or, more generally (as in the field of electronic music), in the manipulation and control of timbre, texture, and "sonority." Section VI Sezione VI Summary and Conclusions: Toward a New Terminology In an effort to unravel the tangled knot of confusion that currently exists regarding the meanings of 'consonance' and 'dissonance', I have traced the historical development of the consonance/dissonance concept from Pythagoras and Aristoxenus through Rameau and Helmholtz. It has been shown that five different conceptions of consonance and dissonance emerged in the course of that development, and that (with the possible exception of the last one, CDC-5) each of these was closely related to musical practice for an extended period during which it was the prevailing form of the CDC. And yet-since in most cases an earlier form of the CDC was carried over into the following period, and continued to exist along with the newly emergent form-each has surviv- ed, in one manifestation or another, to the present. In the earliest form of the CDC-which I have called CDC-1-the terms 'consonance' and 'dissonance' had an essentially melodic connotation, referr- ing to a sense of affinity or relatedness between the pitches forming an inter- val. The consonances were those intervals which were directly tunable: the perfect fourth, fifth, octave, and the octave-compounds of these. All other in- tervals were considered dissonant. The fact that such consonant intervals in- volved simple integer ratios between string-length was an essential element in the Pythagorean tradition, but even Aristoxenus-in spite of his anti- Pythagorean stance regarding the relevance of such ratios to musical perception-held the same melodic conception of consonance and dissonance, and classified the same intervals as consonant. Although the terms 'consonance' and 'dissonance' are seldom used in this way today, the aspect of musical perception involved in this earliest form of the CDC survives in the contem- porary musical vocabulary as (for example) "relations between tones." With the advent of polyphony in about the 9th century, a new conception of consonance and dissonance emerged-CDC-2-which had to do with an aspect of the sonorous character of simultaneous dyads. In its earliest rnanifesta- tions, this new form of the CDC was only barely distinguishable form its predecessor, because in the earliest forms of polyphony only the consonances of CDC-1 were used to form simultaneous aggregates. With the increasing melodic independence of the added voice or voices in the loth, 1 lth, and 12th centuries, however, the category of consonances was gradually expanded to include thirds and (by the same process of expansion, though not until sometime later) sixths. In addition, finer distinctions began to be made with respect to this new dimension of musical perception, leading to more elaborate systems of interval-classification in the 13th century. John of Garland, for example, distinguished six degrees of consonance and dissonance, rank-ordering the in- tervals along a continuum which ranged from "perfect consonances" at one end (the unison and octave) to "perfect dissonances" at the other (the minor -------------------------------------------------------------------------------- Page 51 Pagina 51 \ \ 96. 96. Summary and Conclusions: Toward a un New Tenninolog Summary Sintesi and e Conclusions: Toward a New Terminology 97. second, major seventh, and tritone), with varying shades of "intermediate" and "imperfect" consonances and dissonances in between (see Figure 1, Sec- tionI). The definitions of these terms given by the major theorists of this period (including Franco of Cologne and Jacobus of Ligge, as well as John of Garland) suggest that 'consonance' meant something similar to the concept of "fusion" advocated by the 19th-century theorist Carl Sturnph-ie the degree to which a simultaneous dyad sounded like a single tone. Although the theorists of this period were all strictly Pythagorean in viewpoint, their rank-orderings of in- tervals did not simply follow the order that would be derived from a considera- tion of the complexity of their Pythagorean ratios. This suggests that these theorists were carefully listening to the sounds of these dyads, and basing their classification systems on perceived qualities rather than theoretical doctrine. New developments in polyphonic practice in the later 13th and early 14th centuries-including what came to be called "the art of counterpoint"- eventually led to a new system of interval-classification, and a new concep- tion of consonance and dissonance which I have called CDC-3. This form of the CDC seems to have been shaped by two factors: (1) a tendency to reduce the number of distinctly labelled categories to a smaller set which would have an operational correspondence to the rules of counterpoint, and (2) the emergence of a new criterion for the evaluation of consonance and dissonance. As a result of the first of these factors, the five or six perceptually distinct categories in CDC-2 were reduced to three operationally distinct categories: "perfect consonances" (octave and fifth), "imperfect consonances" (thirds and sixths), and "dissonances" (all others, including the perfect fourth). Although in most other respects the new classification system looks simply like a reduced version of those in the 13th century, the change in status of the fourth cannot be explained in this way, and thus the second factor listed above is invoked-the emergence of a new criterion, involving another aspect of the sonorous character of simultaneous dyads. Among several hypotheses which might be advanced to account for the peculiar status of the fourth in CDC-3, the most likely one would involve the perceptual effect of an upper voice in a two-part texture on the melodic and/or textual clarity of the lower voice. voce. CDC-3 remained the prevailing conception of consonance and dissonance even after the new "rationalization" of thirds and sixths as consonances in Zarlino's senario, the emergence of the triadic concept, and the profound stylistic innovations of the seconda pratica in the late 16th and early 17th cen- turies. But in the new notation and descriptive language of 17thcentury figured- bass practice an ambiguity developed whereby "a consonance" or "a dissonance" might refer not only to the dyad fonned with the bass by the note figured, but to that note itself. In the writings of Rameau, beginning with the Treatise on Harmony of 1722, what had been merely a kind of verbal shor- thand in the language of figured-bass treatises was reinterpreted in a way which became what I call the dissonant-note concept. This was central to a new con- ception of consonance and dissonance-CDC-4. In this form of the CDC, any note which is related to the harmonic root of an aggregate as prime, third, or fifth-ie any note which is a triadic component-is a consonance (or con- sonant note), while any note which is not thus related to the harmonic root is a dissonance (or dissonant note). Because the consonant or dissonant status of a note depends on the identity of the harmonic root of the chord in which it occurs, any ambiguity regarding that root affects the status of every other note in the chord, and such ambiguities can only be resolved by a considera- tion of context and function. Since the property associated with consonance or dissonance in CDC-4 can no longer be simply some aspect of "sonorous quality" (or "character"), it is assumed to be its obligation to resolve (in the case of a dissonance) or the lack of any such obligation (in the case of a con- sonance). And since "obligation" later becomes "tendency, " " motion is im- im - plied. Thus, in CDC-4, consonance and dissonance no longer have any direct or necessary connection to "sonorous qualities," and definitions are possible in which such qualities are not involved at all-'consonance' and 'dissonance' can become purely "functional." With certain modifications instituted by Kim- berger, CDC-4 has become an essential element in 20th-century formulations of the theory of "common practice" harmony. Finally, in response to the increasingly chromatic character of the harmonic language during the first half of the 19th century, to the radical extensions of pitch-registral, dynamic, and timbral ranges made possible by the growth of the orchestra, and to the increasing use of contrast in these parameters to serve some of the functions of formal articulation previously carried (in the diatonicltriadic tonal system) by harmony alone, a new conception of con- sonance and dissonance emerged, which I have designed CDC-5. In this form of the CDC-first clearly articulated by Helmholtz in 1862-the dissonance of a dyad or larger simultaneous aggregate is defined as equivalent to its "roughness," and this turns out to be dependent on pitch register, timbre, and intensity, as well as on its constituent intervals. In addition, it becomes appropriate to ascribe consonance/dissonance values to single tones (although not in the sense of CDC-4)-as well as to dyads and larger tone-combinations. Although the relevance of CDC-5 to musical practice has frequently been ques- tioned (especially by music theorists concerned with more "functional" defmi- tions of 'consonance' and 'dissonance'), it is the form of the CDC implicit in most psychoacoustical studies that have been done since the work of Helmholtz, and is probably the basis for the prevailing colloquial uses of the terms (even by many musicians). Thus, in the course of the two-and-a-half millennia since Pythagoras, the entitive referents for 'consonance' and 'dissonance' have changed from melodic intervals (in CDC-I), to simultaneous dyads (in CDC-2 and CDC-3-eventually extended to larger aggregates as well), and then to individual tones in a chord (in CDC-4), and finally to virtually any sound (in CDC-5). The qualitive referents have changed correspondingly from relations between pitches, through aspects of the sonorous character of dyads (and then larger aggregates), to the tendencies toward motion of individual tones, and then again to still another aspect of the sonorous character of simultaneous aggregates. The implicit definition of 'consonance' has gone through a sequence of transfomtions from directly tunable (in CDC-I), to sounding like a single tone (in CDC-2), to a condition of melodic/textuul clarity in the lower voice of a contrapuntal tex- ture (in CDC-3), to stabilizy as a un triadic component (in CDC-4), and finally to smoothness (in CDC-5)-with 'dissonance' meaning the opposite of each of these. In only one instance did the semantic transformation involved in the transition from one form of the CDC to another result in a clear replacement -------------------------------------------------------------------------------- Page 52 Pagina 52 98. Summary and Conclusions: Toward a New Teminology of one set of meanings by another, and that was with the shift from an essen- tially "horizontal" orientation in CDC-1 to a "vertical" one in CDC-2. In In all other cases the process was cumulative, with the newly emergent set of meanings simply being added to the earlier ones, and thus contributing to the current confusion. This brief summary of the general evolution of the CDC is represented schematically in Figure 6. (See Appendix). With the possible exception of Riemann (and his definitions of 'consonance' and 'dissonance' can easily be treated as a variant or extension of CDC-4), no theorist of the 19th century appears to have held a conception of consonance and dissonance that differed in its basic assumptions from one of the five forms of the CDC described above. Nor does any really new form seem to be ex- pressed in the writings of the most prominent theorists of the first half of the 20th century, although other aspects of harmonic theory were developed by them in important new directions. The references to consonance and dissonance by Schoenberg, Schenker, Hindemith, et al. can usually be identified as manifestations of one or more of these earlier forms of the CDC, although the distinctions I have made between these forms are not generally made ex- plicit in their writings. One obvious reason for the current semantic confusion and disagreement regarding the meaning of 'consonance' and 'dissonance' is simply that these same two words are continually being used to mean different (though perhaps equally important) things-often without any apparent awareness or explicit acknowledgment that this is the case-and the obvious remedy for this would be to qualify these terms in some way which would clarify which of these several meanings is intended. Another source of confusion and disagreement has been the inclination on the part of some recent theorists to redejne 'consonance' and 'dissonance' in ways which are completely different from every semantic or lexical tradition preceding the 20th century, or to insist on the exclusive use of these terms in a purely functional sense. For example, Cogan and Escot (in Sonic Design, 1976) have proposed what they call a "consonance-dissonance system," which they define as follows: . . . . .a consonance-dissonance system.. .is a context that creates a hierarchy of intervals ... ... some of which are predominant (consonances), and some subordinate subordinate (dissonances). In such In tal a system the dissonances are handled specially so that they do not intrude upon the basic sonority that is è established, predominantly, by the consonances. The conception of consonance and dissonance implied here appears to be essen- tially statistical, and a distinction between "predominant" and "subordinate" intervals would of course be very useful as a means of describing the characteristic sonority of a piece-or of a whole style-period. But the use of such statistical measures as criteria for dejining 'consonance' and 'dissonance' clearly puts the cart before the horse. Consonant aggregates do indeed "predominate" in Western music from the 9th through the 19th centuries, but it is not this fact in itself that makes them "consonant." On the contrary, Al contrario, they were used "predominantly" because they were considered to be consonant-according to one or more criteria having little if anything to do \ \ Summary and Conclusions: Toward a New Terminology 99. with statistical frequency-and consonant textures were clearly preferred by composers of that period. On the other hand, many 20th-century composers evidently prefer dissonant textures, but in accordance with such a "consonance- dissonance system," the ubiquitous seconds, sevenths, and ninths in the music of Schoenberg, Webern, Ruggles, or varkse would have to be called "con- sonances," and the less frequent octaves, fifths, etc., "dissonances." This is certainly not the way these composers would have described the various aggregates in in their own music; Schoenberg's "emancipation of the dissonance'' was surely never interpreted by any of them as an occasion for the semantic reversal of the consonance/dissonance polarity. To a great extent, of course, the natural evolution of a language inevitably involves some radical semantic transformations, and these will often include what Lewis Rowell has aptly called "semantic casalties." But in Cogan and Escot's "consonance-dissonance system" (and even in Riemann's "ex- trapolation" of CDC-4) the words consonance and dissonance have been ap- propriated to mean something quite different from any of their earlier meanings-and something, incidentally, which could be expressed quite ade- quately by terms like "predominant" and "subordinate" (or "stability" and "instability" in relation to a tonic, in Riemann's case). These terms are in- variably invoked in order to explain what is meant by 'consonance' and 'dissonance' in these new formulations anyway, so there is really no need to use these older words at all. One of the most outspoken advocates of an exclusively "functional" defini- tion of 'consonance' and 'dissonance' has been Norman Cazden, who recom- mends the term euphony for this non-functional form of the CDC-or rather, for all of the various non-functional aspects of "sonorous quality" which might be invoked in the description of tone combination^.^^ Sirmlarly, Richard Bobbitt has insisted that: ... ... studies studi in in music theory should no longer use the terms "consonance" and "dissonance" when describing the il quality qualità of isolated, non-functional intervals ...'I5 for which he would simply substitute the term "intervallic quality." But neither Cazden nor Bobbitt seems to be aware that the use of the words 'consonance' and 'dissonance' in a "non-functional" sense is supported by a long and venerable historical tradition-beginning in the 9th century, remaining essen- tially unchallenged after the transition from CDC-2 to CDC-3 in the 14th cen- tury, and surviving in some manifestations right through to the present day. Although I am not the first to have noted some of the distinctions between the several forms of the CDC which have been discussed in the book, I would seem to be alone in suggesting that it is not these "non-functional" senses of consonance and dissonance which are in need of a new terminology, but rather the purely functional or contextual senses which have arisen only since the 17th century. That a new, more precise terminology is urgently needed, however, is beyond dispute, and the distinctions that have been made here on the basis of a historical analysis might be useful in developing such a terminology. The inelegant acro- -------------------------------------------------------------------------------- Page 53 Pagina 53 100. 100. Summary and Conclusions: Towcud a New Tennino- nyms used in this book to designate the different conceptions of consonance and dissonance ("CDC-n") were chosen deliberately for their neutral and essentially uninformative character, and I never expected or intended that they should be adopted for use outside of this present context. But the distinctions between the qualitive referents in the various forms of the CDC-and between their implicit definitions of 'consonance' and 'dissonance'-suggest one possible approach to the solution of this problem of terminology. That is, qualifying words or phrases might be used which reflect the different meanings more clearly, and I will suggest the following: for CDC-I, monophonic or melodic consonance and dissonance; for CDC-2, diaphonic consonance and dissonance; for CDC-3, polyphonic or contrapuntal consonance and dissonance; for CDC-4, triadic consonance and dissonance (this form is often called "func- tional, " " but this is not altogether accurate either, and might better be reserved for the more purely functional conception articulated by Riemann-although his might also be essere called tonic consonance and dissonance, if not simply "stabili- ty/instability"), and finally-for CDC-5-timbral consonance and dissonance. Such a use of qualifying terms is one possibility suggested by the results of the historical investigations reported in this book. As a lasting solution to the terminological problem, however, it is not as attractive to me as another, more radical one, which is also made possible by these results. That is-having made these distinctions between basically different conceptions of consonance and dissonance-it has at last become feasible to search for acoustical (or bet- ter, psychoacoustical) correlates of each of these forms of the CDC. And if such correlates can be found, they might themselves suggest a terminology which is more precise than any that can be derived from historical data alone. The research outlined in this book was originally motivated by a desire to clarify certain questions that arose during just such a search for acoustical correlates of consonance and dissonance. That effort reached an impasse at a certain point, with the realization that the various theoretical disagreements regarding con- sonance and dissonance were not merely disagreements about their physical (or other) basis, but much deeper ones having to do with the very nature of the perceptual phenomenon signified by the terms themselves. Quite obvious- ly then, any search for "correlates" (whether physical, psychological, or other)-and thus any effort to develop an explanatory theory of consonance and dissonance-was doomed to failure almost before it began, since there was no common consensus as to what it was that such a theory would need to "explain. " One of my initial assumptions was that-although many of the important aspects of harmonic practice would not be amenable to a purely acoustical analysis-at least some of them might be-and that it v merely a question of isolating these from the plethora of facts and concepts associated with various periods in the history of harmonic practice which could not be dealt with acoustically. I am now convinced, however, that acoustical correlates can be found for each of theJive forms of di the CDC which have been identified here. It is beyond the scope of this book, however, to even begin to present the theoretical analysis from which such correlates might be derived, and that analysis will therefore be presented elsewhere. There are many similarities between what I have called in this book "con- ceptions of consonance and dissonance" and the concept of "paradigms" Summary ad COCUSOIIS : Toward a New Terminology 101 ! ! developed by Thomas Kuhn in in Zhe Structure of Scientific Revolutions (1962).86 Like each of the major paradigms in the history of science, each form of the CDC provided an effective conceptual framework for musical practice (as for what Kuhn calls "normal science") during some extended historical period- although it could not have answered every question that arose during that period. As Kuhn says: To be accepted as a paradigm, a theory must seem better than its competitors, but it need not, and in fact never does, explain all the facts with which it can be onfronted. That "normal" activity (whether scientific or musical) may even contain the seeds of a subsequent conceptual "revolution," since: ... ... research under a paradigm must be a particularly effec- tive way of inducing paradigm change. That is what fun- damental novelties of fact and theory do. Produced in- advertently by a un game played under one set of rules, their assimilation requires the elaboration of another set.88 For a time, however, such novelties or "anomalies" may not give rise to paradigm change, because of a natural and valuable cultural inertia: In the normal mode of discovery, even resistance to change has a use.. . . By ensuring that the paradigm will not be too easily surrendered, resistance guarantees that scientists will not be lightly distracted and that the anomalies that lead to paradigm change will penetrate existing knowledge to the core. The very fact that a significant scientific novelty so often emerges simultaneously from several laboratories is an index both to the strongly traditional nature of normal science and to the completeness with which that traditional pursuit prepares the way for its own change.89 Partly because of the inevitable emergence of such novelties or anomalies- and perhaps partly because of the elusive nature of "reality" itself-a period of "crisis" eventually occurs: . . . . .when.. .the profession can no longer evade anomalies that subvert the existing tradition of scientific practice-then begin the extra-ordinary investigations that lead the profession at last to a new set of commitments, a new basis for the prac- tice of science. The extra-ordinary episodes in which that shift of professional commitments occurs are the ones known.. .as scientific revolution^.^^ During such periods of crisis and impending revolution many candidates for a new paradigm may be proposed-and many may possess some measure of viability, since: Philosophers of science have repeatedly demonstrated that more than one theoretical construction can always be placed upon a given collection of data. History of science indicates -------------------------------------------------------------------------------- Page 54 Pagina 54 102. 102. Summary and Conclusions: Toward a un New Terminology that, particularly in the early developmental stages of a un new nuovo paradigm, it is not even very difficult to invent such alter- nates. But that invention of alternates is just what scientists seldom undertake except during the pre-paradigm stage of their science's development and at very special occasions dur- ing it subsequent evolution. So long as the tools a paradigm supplies continue to prove capable of solving the problems it defines, science moves fastest and penetrates most deeply through confident employment of those tools. The reason is clear. chiaro. As in manufacture so in science-retooling is an ex- travagance to be reserved for the occasion that demands it. The significance of crises is the indication they provide that an occasion for retooling has arrived.9' What finally does emerge from such a period of crisis will usually be radical- ly different from its predecessors: The transition from a paradigm in crisis to a new one from which a new tradition of normal science can emerge is.. .a reconstruction of the field from new fundamentals, a reconstruction that changes some of the field's most elemen- tary theoretical generalizations as well as many of its paradigm methods and applications. During the transition Durante la transizione period there will be a large but never complete overlap bet- ween the problems that can be essere solved by the old and by the new paradigm. But there will also be a decisive difference in the modes of solution. When the transition is complete, the profession will have changed its view of the field, its methods, and its goals.9z The parallels between this aspect of the history of science and the emergence of new conceptions of consonance and dissonance in the history of music are remarkable. Qually remarkable is the fact that in both fields there is a tendency toward a distortion of the real history of these changes-a distortion especial- ly noticeable in textbooks, which-as Kuhn says: ... ... being pedagogic vehicles for the perpetuation of normal science, have to a be rewritten.. .in the aftermath of each scien- tific revolution, and, once rewritten, they inevitably disguise not only the role but the very existence of the revolutions that produced them ... ... Textbooks thus begin by truncating the scientist's sense of his discipline's history and then pro- ceed to supply a substitute for what they have eliminated.. .the textbook-derived tradition in which scientists come to sense their participation is one that, in in fact, never existed.. . . Scien- tists are not, of course, the il only group that tends to see its discipline 's 's past developing linearly toward its present van- tage. The temptation to write history backward is both om- nipresent and perennial [my emphasis]. 93 93 \ \ Summary and Conclusions: Toward a New Terminology 103. 103. In music, the graphic arts, and literature, the practitioner gains his education by exposure to the works of other ar- tists, principally earlier artists. Textbooks.. .have only a secondary role.94 I Io think this underestimates the extent to which a music student's attitudes toward "the works of. ..earlier artists" are conditioned by the textbooks which pur- port to explain the theoretical premises of their music. If such distortions of history are questionable in science, how much more so they should be in music, where a quest for "truth" has not generally been considered to be the fundamental motivating force. And yet-as the many parallels between the histories of science and music suggest-these two disciplines may have more in common than has been supposed since the demise of the Medieval quadrivium. The very fact that it now sees possible to develop a new terminology for 'consonance' and 'dissonance' which is relevant to each of the five historical forms of the CDC-but is based strictly on objective physical or structural characteristics of musical sounds-is persuasive evidence that there has always been an intimate connection between musical percep- tion, practice, and theory-on the one hand, and on the other-what Rameau and the philosophers of the Enlightenment chose to call "nature." One wonders now how it could ever have been thought otherwise. To a far greater extent than has hitherto been recognized, the Western musical enterprise has been characterized by an effort to understand musical sounds, not merely to manipulate them-to comprehend "nature," as much as to "conquer" her- and thus to illuminate the musical experience rather than simply to impose upon it either a willful personal "vision" or a timid imitation of inherited con- ventions, habits, assumptions, or "assertions." In this enterprise, both com- posers and theorists have participated, although in different, mutually com- plementary ways-the former deahg with what might be called the "theatre" of music, as the latter with its theory. A conception of these as indeed mutual- ly complementary aspects of one and the same thing is suggested by the fact that both theory and theatre derive from the same etymological root-the Greek verb theasrnai-which was used (I (I am told) by Homer and Herodotus to mean "to gaze at or behold with wonder." Indeed they are not! But the analogies between scientific and music theoretical textbooks are much closer than Kuhn seems to realize, when he says: -------------------------------------------------------------------------------- Page 55 Pagina 55 NOTES Part Three: Sections IV, V, and VI 1. 1. See p. Vedi p. 22, Section 11. 2. 2. See pp. 64 64 and 66-67, Section III. III. 3. 3. Jean-Philippe Rameau, Treatise on Hamny (1722), translated by Philip Gossett (New York: Dover, 1971), p. xli. 4. 4. Ibid., Ibid., p. p. xlii. 5. 5. Ibid., Ibid., p. p. 6. 6. 6. 6. Ibid., Ibid., p. p. 11. 11. 7. 7. Ibid., Ibid., p. p. 317 317 8. 8. Ibid., Ibid., pp. pp. 119-20. 9. 9. Ibid., Ibid., p. p. 70. 70. 10. 10. Ibid., Ibid., p. p. 141. 141. 11. 11. Ibid., Ibid., pp. pp. 59-60. 12. 12. Ibid., Ibid., p. p. 13. 13. 13. 13. B. Glenn Chandler, Rarneau's "Nouveau System de Musique Th6orique": An An- notated Translation with Commentary, Doct. Diss., Indiana University, 1975. 14. 14. Cecil Powell Grant, Kimberger versus Rameau: Toward a New Approach to Com- parative mory, Doct. Diss., University of Cincinnati, 1976, p. 57, with original French text on pp. 304-5. 15. 15. Sebastien de Brassard, Dictionaire de de Musique Musique (1705), reprint: Frits Knuf, Hilversum 1965, pp. 168-9. 16. 16. Rameau, Treatise ... ... , , ibid., pp. pp. 22-4. 17. 17. Reni Descartes, Discours de la mithode.. . (1637), available in English translation in Descartes, Philosophical Essays, translated by Laurence J. Lafleur (Indianapolis: The Bobbs-MerriIl Company, 1961). 18. 18. Roger Lee Briscoe, Rameau S S "Dimonstration du Principe de 1 'Harmonic and ' ' 'Nouvelles R6jlaions de de M. M. Rameau sur sa Dimonstration du Principe & & 1'Hamnie ": An Annotated Translation.. . . , Doct. Diss., Indiana University, 1975, p. 1 16. 19. 19. Ibid., Ibid., pp. pp. 114-19. 20. 20. Grant, op. cit., pp. pp. ix-x. 21. 21. Rameau, ibid., p. p. 112. 112. 22. 22. Deborah Hayes, Rameau's Theory of Harmonic Generation; An Un Annotated Tramla- tion and Commentary of G&ration Hamnique by Jean-Philippe Rameau, Doct. Diss., Stanford University, 1968, p. 146. 146. 23. 23. Rameau, ibid., pp. pp. 112-13. 24. 24. Ibid., Ibid., pp. pp. 119-20. 25. 25. Carl Philipp Emanuel Bach, Essay on the True Art of Playing Keyboard Instnunents, translated and edited by William J. Mitchell (New York: Norton, 1949), pp. 191-2. 26. 26. Jean-Jacques Rousseau, Didomire & & Musique Musique (1768; reprint, Hildesheim: Georg Olms, 1969), p. 155: "Tout Son qui forme avec un autre, un Accord dksagrkable 21 21 l'oreille, ou rnieux, tout Intewalle qui n'est pas consonnant. Or, comme il n'y a point d'autres Consonnances que celle que foment entre eux & avec le fondarnental les Sons de 1'Accord parfait, il s'ensuit que toute autre Intewalle en [sic: est?] une vkritable dissonnance.. . On donne le nom de dissonnance tant6t h h 1'Intewalle & tantBt i io chacun des deux Sons qui le foment. Mais quoique deux Sons dissonnent entr'eux, le nom de de dissonnance se donne plus spkialement celui des deux qui est etranger a un 1'Accord. " " 27. 27. Rameau, ibid., p. p. 152. 28. 28. David W. Beach and Jurgen Thym, "The True Principles for the Practice of Har- mony by Johann Philipp Kirnberger: a Translation," Journal of Music Zkeory, Volume Volume -------------------------------------------------------------------------------- Page 56 Pagina 56 23, Number 2 (Fall, 1979), pp. 163-225 (see pp. 169-71). 29. Hugo Riemann, Dictionary of Music, translated by JS Shedlock (New York: Da Capo, 1970), pp. 192-3. 30. FT Arnold, The Art of Accompanimentfrom a Thorough-Bass (London: Oxford University Press, 1931; reprint, New York: Dover, 1965, in two volumes). 31. Ibid., p. 106. 32. Ibid., p. 230. 33. Ibid., p. 199. 34. Knud Jeppesen, Zh? Style of Palestrina and e the Dissonance (London: Oxford Univer- sity Press, 1946, and New York: Dover 1970), p. 225. 35. Ibid., p. 163. 36. Rameau, ibid., p. 144. 37. Hayes, op. cit., p. 151. 38. Rameau, ibid., p. 144. 39. Grant, op. cit., p. 142. 40. Francois-Joseph Fktis, Trait6 Complet de la Thkorie et de la Pratique de I'Har- monie, ninth edition (Paris: 1867). 41. Ibid., p. 21. 42. Gioseffo Zarlino, The Art of Cowtterpoint (Part Three of Le Le Istitutioni hamniche, 1558), translated by Guy A. Marco and Claude V. Palisca (New Haven and London: Yale University Press, 1968), p. 34. 43. Ibid., p. 23. 44. Ibid., pp. 172-3. 45. Johann Philipp Kirnberger, Gmmhiitze des Generalbasses als erste Linien zur Com- position (1781), as quoted in Grant, op. cit., p. 145. 46. Grant, op. cit., p. 145. 47. Ibid., pp. 144-5. 48. Ibid., pp. 146-7. 49. Rarneau, ibid., p. 110. 50. Ibid., p. 111. 51. Manfred Bukofzer, Music in the Baroque Era (New York: Norton, 1947), p. 387. 52. Rameau, ibid., pp. 73-5. 53. Chandler, op. cit., pp. 350-52. 54. Hayes, op. cit., pp. 139-40. 55. Beach and Thym, op. cit., p. 176. 56. See above, pp. 59-61 (Section III). 57. Hugo Riemann, "Die Natur der Harmonik" (1882), translated by JC Fillmore as "The Nature of Harmony" and added to his New Lessons in Hamny (Philadelphia: Theodore Presser, 1887), pp. 29-30. 58. Rameau, ibid., p. 62. 59. Matthew Shirlaw, The Theory of Harmony (1917: reprint, New York: Da Capo, 1969), p. xi. xi. 60. Ibid., pp. xv-xvi. 61. Hermam Helmholtz, On The Sensations of Tone as a Physiological Basis for the Theory of Music (1 862), translated from the edition of 1877 by Alexander J. Ellis (New York: Dover, 1954), p. 194. 62. Ibid., p. 168. 63. Ibid., p. 170. 64. 64. Ibid., p. 226. 65. Ibid., p. 229. 66. Ibid., pp. 346-7. 67. Ibid., p. 347. 68. Ibid. 69. Carl Stumpf, "Konsonanz und Dissonanz," Beitrage zur Akustik und Musikwissenschaji, I (Leipzig : : Johann Ambrosius Barth, 1898). 70. R. Plomp and WJM Levelt, "Tonal consonance and critical bandwidth," Jour- nal of the Acoustical Society of America, Vol. 38 (1965), pp. 548-60. 71. A. 71. A. Kameoka and M. Kuriyagawa, "Consonance theory Part I: Consonance of dyads," Journal of the Acoustical Sociely of America, Vol. 45 (1969), pp. 1451-59, and "Consonance theory Part II: II: Consonance of complex tones and its calculation method," J. Acoust. Soc. Am., Vol. 45 (1969), pp. 1460-69. 72. William Hutchinson and Leon Knopoff, "The Acoustic Component of Western Consonance," Integace-Journal of New Music Research, Vol. 7 (1978), pp. 1-29. 73. Helmholtz, ibid., pp. 210-1 1. 74. Edgard Varese, Octandre, revised and edited by Chou Wen-Chung, 1980, Col- franc Music Publishing Corp., New York. 75. Kameoka and Kuriyagawa, ibid., p. 1461. 76. Helmholtz, ibid., pp. 178-9. 77. Georg von Bekesy, Experiments in Hearing, translated and edited by EG Wever (New York: McGraw-Hill, 1960), p. 351. 78. Kameoka and Kuriyagawa, ibid., pp. 1455-6. 79. John Cage, Silence (Middletown: Wesleyan University Press), p. 8. 80. Norman Cazden, "Sensory Theories of Musical Consonance," Journal of Aesthetics and Art Criticism 20 20 (1962), pp. 301-19. 81. Helmholtz, ibid., p. 227. 82. Robert Cogan and Pozzi Escot, Sonic Design (Englewood Cliffs, New Jersey: Prentice-Hall, 1976), p. 128. 83. Lewis Rowell, "Aristoxenus on Rhythm," Journal of Music i'beory, Vol. 23.1 (Spring, 1979), pp. 63-79 (see especially p. 68). 84. Normann Cazden, "The Definition of Consonance and Dissonance," unpublish- ed, 1975, p. 9. 85. Richard Bobbitt, "The Physical Basis of Intewallic Quality and its Application to the Problem of Dissonance,' Journal of Music Theory, Vol. 1 (Nov., 1959), pp. 173-235. 86. Thomas S. Kuhn, The Structure of Scienti5c Revolutions (Chicago: University of Chicago Press, 1962). 87. Ibid., pp. 17-18. 88. Ibid., p. 52. 89. Ibid., p. 65. 90. 90. Ibid., p. 6. 91. Ibid., p. 76. 92. Ibid., pp. 84-85. 93. Ibid., pp. 137-138. 94. Ibid., p. 165. -------------------------------------------------------------------------------- Page 57 Pagina 57 1. Musica (and Scholia) enchiriadis (anonymous, 9th- 10th c . . ) ) 2. De Harmonica institutione (ca. 900), Hucbald 3. Micrologus (1 026-28), Guido d'Arezzo 4. Ad organum facirndum (anonymous, 1 lth-12th c.) 5. Item de organo (anonymous, 12th c.) 6. Montpellier organum treatise (anonymous, 12th c.) 7. De musica libellus (ca. 1220), Anon. VII (CS I) 8. De mensurabili musice (ca. 1250) John of Garland 9. Ars cantus mensurabilis (ca. 1260), Franco of Cologne 10. De mensuris et discantu (ca. 1275), Anon. IV (CS I) 1 1. Tractatus de consonantiis musicalibus (late 13th c.?), Anon. I (CS I) 12. Tractatus de discantu (late 13th c.), Anon. II II (CS I) 13. De speculatione musicae (ca. 1300), Walter Odington 14. Speculum musicae (ca. 1330), Jacobus of iige 15. Tractatus de cantu perfecto et imperfect0 (14th c.?), Henrici de Zelandia (CS 111) 16. Quatuor pnncipalia musicae (1 35 I), pseudo-Tunstede (CS IV) 17. Ars contrapuncti (late 14th c.?), "secundum" Johannes de Muris (CS III) 18. Ars discantus (late 14th c.?), "secundum" Johannes de Muris (CS 111) 19. Tractatus de discantu (late 14th c.?), Anon. Anon. XIII (CS III) 20. Ars contrapunctus (late 14th c . . ?) ?) , , "secundum" Philippe de Vitry (CS 111) 2 1. Tractatus de contrapuncto (14 12), Prosdocimus de Beldemandis 22. Compendium cantus jgurati (1 5th c .) .) , , Anon. Anon. XI1 (CS 111) 23. Regilae supra contrapunctum, Johannes Hothby (d. 1487) 24. Liber de arte contrapuncti (1477), Johannes Tinctoris - -- - -- 25. De praeceptis artis musicae.. . . (1480-90), Guilielmus Monachus 26. Practica musicae (1446), Franchinus Gafurius 27. Tetrachordum musices (1 5 1 I), Johannes Cochlaeus 28. Isagoge in musicen ( ( 15 16), Henry Glarean 29. Toscanello in musica (1523), Pietro Aaron 30. 30. Le Le istitutioni harmoniche (1 558), Gioseffe Zarlino Figure 1. Figura 1. ccc ccc (D) (D) (D) (D) (D) (Dl (Dl (D) D D ccc ccc (Dl (Dl (Dl (Dl (Dl (Dl (D) (D) (D) ccc ccc (Dl (D) (D) (Dl (D) (D) (D) (D) (D) ccc ccc (Dl (D) (Dl (D) (D) (D) (Dl (Dl (Dl ----- ----- 1 1 ccc ccc (C) (C) I Io (D) (D) (Dl (D) (Dl (Dl (D) I Io L - - - 1 1 c c c c c c (C) (C) (C) (C) t t (D) (D) (D) (D) (D) 1 1 pC mC mC iC iC (D) (D) (D) (D) (D) (D) (D) pC mC mC iC iC iD iD mD mD iD pD pD pD pC mC mC iC iC iD iD pD iD iD iD iD pD pD pD I Io pC mC mC iC iC D D (D) (D) (D) (D) (D) (D) pC mC mC iC iC iD iD pD iD iD iD pD pD pD pC mC mC iC iC iC D D D D (D) (D) D D D D Consonance/dissonance interval-classificiation systems, 9th- 16th centuries. Legend: Legenda: (D) (D) (D) (D) (D) (D) ------. ------. 't icI 'B 'B ' B 1 1 1 1 1 1 P P I Io ------ ------ D D D D D D D D D D D D iD iD iD iD pD pD pD pD (D) (D) (D) (D) (D) (D) iC (D) (D) (D) (D) (D) pC pC $ $ iC iC iC - - - - - - - - - - I - - - - - - - - . . . . pc pc c c t t 'C 'C ic IC M M = = major, m = = minor, T = = tritone (in entry #14 two sizes of tritone are distinguished); CS = = as named by Coussemaker in the specified volume of the Scriptorum.. . . ; ; C C = = 'consonance', D = = 'dissonance', p = = perfect, m = = intermediate, i = = imperfect (when two of these lower-case letters are used in a single entry, the upper one refers to the first octave-compound of the primary interval'classified by the lower one). Entries in parentheses are implied or presumed classfications, not explicitly named as such in the source. pC m CD pC pC PC PC PC PC PC PC pC pC pC pC pC pC iD iD (D) (D) P P m m m m ------------------ ------------------ iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC D D D D (i)D I Io I Io D D D D D D D (D?) (D) (D) (D) (D) (D) D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC pC pC I Io (iC?)I iC iC iC iC D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D D I Io PC PC pC pC pC pC pC pC pC pC pC pC pC pC pC pC I Io (D) pC/D (D) (i)D D D (D) C/D pC/D iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC iC -------------------------------------------------------------------------------- Page 58 Pagina 58 Appendix Appendice -------------------------------------------------------------------------------- Page 59 Pagina 59 Appendix Appendice Appendix Appendice Pythagorean Just I Io I Io \ \ I Io e- 0 0 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 6 6 7 7 8 8 9 1 0 1 1 1 2 (interval-size in semitones) Figure 4a. Figura 4a. 13th-century theorists' consonance/dissonance rank-orders of intervals (.-' = = John of Garland's, o' = = Franco of Cologne's, x--' = = 13th-century "aver- age"). I Io I Io * * I Io I Io 1 1 1 1 I Io I Io I Io I Io
Platone ed agli altri filosofi dell’antichità greca cheavrebbero tutti attinto – secondo la ferma convinzione del mago rinascimentale – a quella sacrasorgente. In realtà egli risaliva semplicemente all’ambiente pagano del Cristianesimo primitivo,a quella religione del mondo, fortemente imbevuta di influenze magiche e orientali, che avevacostituito la versione gnostica della filosofia greca e il rifugio per quei pagani stanchi cheandavano in cerca di una risposta ai problemi della vita, diversa da quella offerta dai primicristiani, loro contemporanei.Il dio egiziano Thoth, scriba degli dei e depositario della sapienza, era stato identificato daigreci col dio Ermete e dotato, in alcuni casi, dell’epiteto di « tre volte grande ». I Latini feceropropria questa identificazione di Ermete o Mercurio con Thoth e Cicerone spiega, nel Denatura deorum, che esisterono di fatto cinque Mercuri: l’ultimo di loro, dopo aver ucciso Argo,era stato costretto a recarsi esule in Egitto dove « dette agli Egiziani leggi e lettere » e assunseil nome di Theuth o Thoth. Sotto il nome di Ermete Trismegisto si sviluppò una vastaletteratura in lingua greca […].L’importanza della figura mitica di Ermete Trismegisto nel movimento di rinascitapp. 139-41: «Un altro appunto da fare alla Yates (affiancabile ai suoi tanti meriti) è quello di averenon solo cancellato la filosofia naturale di Bruno in rapporto alla scienza, ma anche di non aversottolineato le diverse qualità della tradizione ermetica». L’ambiguità del termine «ermetismo»nelle sue diverse accezioni è peraltro messa in evidenza da E. McMullin, Brunus and Copernicus,in «Isis», marzo 1987, pp. 55-74, richiamato nel citato contributo di N. Badaloni. -------------------------------------------------------------------------------- Page 6 della magia è sottolineata da un particolare cui la Yates stessa fa riferimentodefinendola «una situazione straordinaria»: la traduzione, in pochi mesi nel corso del1463, del Corpus Hermeticum da parte di Ficino, su espressa volontà di Cosimo de’Medici prima che si affrontassero i testi platonici, disponibili nella loro totalità. Lacopia del Corpus a disposizione di Ficino, «latore un monaco, uno di quei moltiagenti impiegati da Cosimo de’ Medici per raccogliergli manoscritti», non era deltutto completa, poiché priva dell’ultimo dei quindici trattati di cui era costituital’opera11. «Benché i manoscritti platonici fossero già tutti riuniti e aspettassero solo divenire tradotti, Cosimo ordinò a Ficino di metterli da parte e di tradurre subito l’operadi Ermete Trismegisto prima di affrontare i filosofi greci». Secondo supposizionedella Yates, la ragione dell’ordine potrebbe ravvisarsi in un desiderio da parte diCosimo, vicino alla morte (lo coglierà nel 1464, l’anno dopo l’incaricocommissionato a Ficino) di leggere per primo Ermete: «Cosimo e Ficino sapevano daiPadri che Ermete Trismegisto era molto più antico di Platone»12.Egli dette alla sua traduzione il titolo di Pimander: Nel Corpus Hermeticum questo titolo siriferiva solo al primo trattato ma egli lo applicò a tutto il Corpus o, piuttosto, ai quattordicitrattati contenuti nel suo manoscritto. Ficino dedicò la traduzione a Cosimo e la dedica, oargumentum, come egli lo chiama, rivela lo stato d’animo, l’atteggiamento di profondo timorereverenziale e di stupore con cui egli si era avvicinato a questa meravigliosa rivelazione diantica sapienza egiziana.In queste affermazioni della storica inglese è tutto l’interesse verso l’opera di ErmeteTrismegisto, destinata a segnare i futuri studi in tema di magia e a condizionareancora per lungo tempo, ben oltre la correzione di «un errore cronologico radicale»,la storia del pensiero13.Pur non negando l’importanza rivestita dagli studi della Yates, se da un lato èindiscutibile l’apporto delle sue ricerche alla ricostruzione della biografia e dellaspeculazione bruniane, dall’altro tale rilettura non è esente da critica: si pensi al ruoloche essa attribuisce alla scoperta copernicana nei suoi echi bruniani, secondariorispetto all’ermetismo.Diversamente, il nesso con il copernicanesimo è punto importante dellaspeculazione del Bruno. Su questa linea interpretativa, si pone A. Ingegno inErmetismo e oroscopo delle religioni nello Spaccio bruniano, qui preoccupandosi di11 La traduzione di Ficino fu condotta su un manoscritto che si trova nella Biblioteca MediceaLaurenziana (Laurentianus, LXXI 33 (A)), ritrovato in Macedonia e portato a Firenze. La notiziadell’incarico di tradurre per prima l’opera di Ermete è data dallo stesso Ficino nella dedica aLorenzo de’ Medici del commento a Plotino: qui, egli descrive l’impulso dato agli studi grecidall’arrivo in Firenze di Gemisto Pletone e di altri dotti bizantini, e racconta come Cosimo gliavesse affidato il compito della traduzione.12 F.A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., pp. 25-27.13 Ermete Trismegisto, secondo l’interpretazione invalsa nella tradizione e fondata suLattanzio ed Agostino, appare quale profeta dell’avvento del Cristianesimo: ma, se Lattanziogiudica Ermete come uno tra i maggiori veggenti pagani, il quale aveva avuto il merito diprevedere la venuta del Figlio o Sermo perfectus (la Yates ricorda, a questo proposito, a pagina 20,che «la Parola perfetta, o Sermo perfectus, è una traduzione corretta del titolo greco originaledell’Asclepius»), Agostino non gli riconosce merito alcuno a questo proposito, derivandone laprescienza degli avvenimenti futuri dalla venerazione da lui praticata ai demoni. -------------------------------------------------------------------------------- Page 7 ricondurre il significato stesso dell’ermetismo bruniano nel suo copernicanesimo14. Etale interpretazione è richiamata da Carlo Monti nella Introduzione alle Opere latinedi Giordano Bruno15.La complessità dei motivi convergenti nella cosmologia bruniana è comunque fuoridiscussione e può trovare ulteriori conferme sia nella struttura astrologica dello Spaccio inriferimento alla dottrina dell’oroscopo delle religioni sia nel nesso tra religione egizia ecopernicanesimo indicato nel De immenso, dove si pone la coincidenza tra abbandonodell’antica cosmologia prearisotelica e il tramonto della religione egizia, secondo la profeziadell’Asclepio. La nuova cosmologia, infatti, si pone quale mezzo per il sorgere di un rinnovatoconcetto di Divino simboleggiato appunto dal mutamento della natura. L’influenzadell’ermetismo, dunque, va colta proprio in questa nuova concezione della natura intesa comeesperienza del Divino e tale concezione della natura è comprensibile solo alla luce di unanuova cosmologia cui Bruno arriva, appunto, attraverso il copernicanesimo.E non si dimentichi come qualche decennio prima della Yates fosse già il Corsano adare nuova linfa all’indagine storiografica: soprattutto nell’Ottocento, infatti, le operedi Bruno erano state esaminate in maniera non disinteressata, creando e portando adesasperazione il mito di un Bruno di matrice laica e liberale. E da qui Corsanoprocedeva, non limitandosi tuttavia al solo dato biografico, bensì valorizzando perprimo in modo organico le opere magiche di Bruno16. Il problema è strettamenteintrecciato con la comprensione in chiave critica dell’evo moderno: qui, l’attenzioneper le problematiche magica ed ermetica è parte costitutiva di un nuovo modo diintendere ragione ed insieme natura ed esperienza umana nell’epoca moderna. Di quila (ri-)scoperta delle opere inedite di Bruno.Si è trattato di un lungo processo, nel quale il libro pubblicato da Antonio Corsano nel 1940ha avuto un rilievo decisivo per due motivi: ha sottolineato, anzitutto, la dimensioneantiumanistica della «nova filosofia»; e ha, poi, utilizzato, e valorizzato per la prima volta inmodo organico, le opere magiche di Bruno, sia per ricostruirne un momento cruciale della vita,sia per mettere in luce l’aspirazione strutturalmente pratica e «riformatrice» del suo pensiero.[…] Ponendosi in un crocevia nel quale si intrecciano, e si congiungono, motivi sia di ordinefilosofico sia di ordine biografico, Corsano affronta un problema fondamentale dellastoriografia bruniana, interrogandosi sulle ragioni che spinsero Bruno a tornare in Italia. Ed èsu questo punto che fa agire le opere magiche: Bruno – questa è la sua tesi – torna in Italiaavendo in mente un preciso progetto di «riforma universale» del mondo. Tutt’altro che ungesto improvviso, o incomprensibile, quella scelta è connessa, per la prima volta, ad ungiudizio preciso sul proprio tempo storico, con particolare attenzione, anzitutto, al significatofilosofico-storico del successo in Francia di Enrico di Navarra. E, in questo quadro, è connessal’individuazione di un ruolo specifico che Bruno avrebbe potuto svolgere nei nuovi tempi chesi stavano schiudendo, facendosi – proprio in virtù delle sue capacità di mago, di «vincolatore»degli animi – «capitano» di popoli e promotore dell’universale renovatio mundi. Alcuni14 A. Ingegno, Ermetismo e oroscopo delle religioni nello Spaccio bruniano, « Rinascimento», 7, 1967, p. 169.15 C. Monti, Introduzione, in Giordano Bruno, Opere latine, a cura di C. Monti, UTET,collana Classici della Filosofia (collezione diretta da Nicola Abbagnano), Torino, 1980, p. 62.L’edizione contiene: Il triplice minimo e la misura; La monade, il numero e la figura; L’immensoe gli innumerevoli.16 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, Firenze, Sansoni,1940. L’opera è ora disponibile per i tipi della Congedo Editore, Lecce, 2002. L’edizione cui sifarà riferimento in seguito è quella del 1940, edita da Sansoni. -------------------------------------------------------------------------------- Page 8 decenni prima della Yates, Corsano, prendendo le mosse dalle opere magiche, risponde dunqueefficacemente ad una domanda alla quale la storiografia dell’Ottocento, di matrice laica eliberale, non aveva saputo dare una risposta persuasiva e convincente.E si sottolinei in particolare quanto segue:Nel suo lavoro Corsano […] dà forte rilievo al De magia, alle Theses de magia, al Devinculis, valorizzando il tema del «vincolo», del «vincolare», ed osservando, acutamente, comein Bruno «domini la preoccupazione del dominio etico-sociale, del civiliter vincire», nellaquale individua anzi il Leitmotiv di tutte le opere magiche. E su questo sfondo di problemimostra quale peso abbiano, secondo Bruno, la «credulitas», la «fides», la quale appunto perquesto è «vinculum magnum et vinculum vinculorum», cui seguono «veluti filiae» tutte le altreforze dello spirito umano – da «quelle più alte, ‘spes, amor, religio’ alle più torbide e irruentima anche potenti e operose passioni». Del resto, e Corsano lo sottolinea, lo stesso Cristo ebbebisogno della «credulitas» per ottenere miracoli. Se essa fosse mancata, il miracolo sarebbestato impossibile: «Neque enim credibile est nec credendum proponitur quod omnes praetercredentes etiam sanitati restituerit».Il passo, citato dall’Introduzione di Michele Ciliberto alle Opere Magiche, mette inparticolare risalto il contributo di Corsano agli studi bruniani, soprattutto se lo siconsidera insieme alla fondamentale interpretazione della Yates, la quale «trasformale opere magiche prima tenute al margine, nella ‘chiave di volta’ di tutta l’esperienzaumana, intellettuale e filosofica del Nolano»17.Con il suo Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Frances A. Yates collocadunque il Nolano nel solco dell’ermetismo: «Giordano Bruno, come mago, aveva unasua missione religiosa ermetica. Egli è un enfant terrible fra gli ermetici religiosi, maè pur sempre un ermetico religioso. Se lo si colloca in questo contesto, Bruno vieneformalmente inserito nei movimenti del suo secolo»18.Ciò che, tuttavia, distingue in modo evidente la visione di Corsano da quella chesarà in seguito proposta dalla storica inglese è l’enfasi posta dal primosull’importanza della professione (se pur non ristretta entro gli argini della originariaformulazione matematica dei principi) copernicana, superata nel momento stessodella sua adozione in virtù di una visione della teoria in senso più filosofico. La Yatesè, infatti, tesa all’affermazione della teoria di un Bruno in chiave magica, tale darelegare gli aspetti più propriamente innovativi insiti nella teoria copernicano-bruniana in secondo piano, quasi a cornice del quadro magico-ermetico propugnato.Sebbene sia stata trascurata l’importantissima circostanza del rapporto di Bruno conl’ermetismo, alcuni studiosi italiani hanno da tempo riconosciuto che la magia occupa un ruoloconsiderevole nel pensiero di Bruno. Il Corsano fissò la sua attenzione su questo tema in unlibro pubblicato nel 1940 ed in seguito osservò che dietro il pensiero magico di Bruno sipossono rintracciare alcuni elementi di un disegno di riforma religiosa. Sviluppando le idee delCorsano sulla magia e sulla riforma bruniane, il Firpo ha ipotizzato una connessione fra l’una el’altra, nel senso che Bruno ritenesse di poter realizzare la sua riforma grazie alla magia.17 M. Ciliberto, Introduzione, in Giordano Bruno, Opere Magiche, Milano, Adelphi Edizioni,2000, pp. XIX-XXII. L’edizione, diretta da Michele Ciliberto, è a cura di Simonetta Bassi,Elisabetta Scapparone, Nicoletta Tirinnanzi: si tratta di una recente pubblicazione della opere atema magico di Bruno, promossa dal Comitato Nazionale per le celebrazioni di Giordano Brunonel quarto centenario della morte, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Studi sulRinascimento.18 F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 255. -------------------------------------------------------------------------------- Page 9 La Yates prosegue rilevando in nota come «sia Corsano che Firpo si occupanodell’ultimo periodo di Bruno e del suo ritorno in Italia nelle vesti di magicoriformatore» e come a Corsano sia «sfuggito che tutte le opere di Bruno sono pienefin dall’inizio di elementi magici»19.Ancora, occorre porre in evidenza come l’atteggiamento della studiosa ingleseporti con sé la conseguenza di lasciare a margine gli aspetti copernicani e più nel vivofilosofici del pensatore, sì da ridurre tutto il pensiero dello stesso nel recinto dell’artemagico-cabalistica. Vera cifra della lettura del Bruno compiuta secondo le lineeseguite dalla Yates è la radicalizzazione di motivi ficiniani e pichiani, rispettivamentedi una rivalorizzazione e rivalutazione moderna della magia naturalis nel primo (manon già teorizzazione di motivi nuovi) e della cabala nel secondo. Si tratta, infine, diuna « reductio ad magicum » della speculazione bruniana: se da un lato essa ha ilmerito di riabilitare il Bruno nella sua identità di mago, dall’altro ridefinisce,riducendola, l’identità del filosofo20.Inoltre, nel lavoro della Yates non è riconosciuto ruolo centrale alle opere a temamagico, De magia e De vinculis in genere in primo luogo, per fare spazio aconsiderazioni svolte intorno anzitutto alla Cena delle ceneri, allo Spaccio dellabestia trionfante, agli Eroici furori. L’opera stessa nasce originariamente da unatraduzione inglese alla Cena, che avrebbe poi spinto la storica inglese a studi piùapprofonditi21.Il nuovo approccio ai testi bruniani a carattere magico, iniziato con Corsano, è conil fondamentale lavoro della Yates amplificato in opere non immediatamentemagiche, e per questo il motivo è reso più forte. Tuttavia, ribadiamo come taliconsiderazioni vadano chiarite alla luce degli esiti cui gli assunti della Yatesriteniamo conducano.Con diretto riferimento al De vinculis in genere, il Corsano ha dimostratol’importanza di quest’opera, insieme con il De magia, nel chiarire i motivi cheportarono Bruno a ritornare in Italia.19 F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 255, nota 84: per ilriferimento a Corsano, si veda Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., pp.281 sgg. Con riguardo alla posizione di Firpo, la Yates fa chiaro riferimento all’analisi da luicompiuta sui motivi che ricondussero il Nolano in Italia: il riferimento testuale è a Il processo diGiordano Bruno, Napoli, «Quaderni della Rivista storica italiana», 1949, pp. 10 sgg. Nella nuovaedizione dell’opera, a cura di Diego Quaglioni per i tipi della Salerno Editrice, vedasi il capitolo II,Il ritorno in Italia del Bruno (Agosto 1591), pp. 9 sgg.20 Un tale esito dell’immagine di Bruno presente alla Yates è evidenziato da M. Ciliberto,Introduzione, in Giordano Bruno, Opere magiche, cit., p. XXI, quale rovesciamento paradossaledell’atteggiamento che aveva caratterizzato gli studiosi precedenti a Corsano, i quali avevanotralasciato gli aspetti e le opere magiche, giacché «difficili da situare nel quadro delleinterpretazioni ‘moderne’ del Nolano» quando non addirittura «incomprensibili». A quest’ultimoproposito, basti qui ricordare i nomi di Gentile e di Tocco, e per quest’ultimo le considerazioniesposte nello includere le opere magiche all’interno dell’edizione nazionale di fine Ottocento delleOpera latine cona, a fine di completezza e non per un valore positivo ad esse riconosciuto,ché anzi la presenza delle stesse risultava scomoda ed imbarazzante per chi intendesse il Nolanonelle sue vesti di moderno pensatore.21 F.A Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 6; Ead. Giordano Bruno e lacultura europea del Rinascimento, Roma-Bari, Biblioteca Universale Laterza, 1994. -------------------------------------------------------------------------------- Page 10 Attraverso di esse egli ha messo in luce come l’antico atteggiamento strettamente teoreticodel Bruno venisse via via sopraffatto da un crescente impulso all’azione, quasi che finalmenteconseguita chiarificazione dei propri concetti, depositata nei poemi francofortesi, gli imponessedi uscire dall’astratta sfera speculativa per diffondere ed imporre la riconosciuta verità. Ilcostante fervore didattico del Bruno segna appunto il ponte di passaggio tra il pensiero el’azione, la teoria e la prassi. Nella propria filosofia il Nolano era venuto riconoscendo semprepiù distintamente un valore etico-sociale, una significazione di annunzio evangelico e diuniversale rigenerazione; l’insegnamento diveniva predicazione e apostolato, e la sua opera dirinnovatore della scienza – tollerata, se non applaudita in Germania – si espandeva inun’azione di riforma religiosa, che le Chiese protestanti mostravano di reprimere conintransigenza non meno rigorosa di quella che lo stesso impulso avrebbe trovato in paesecattolico. La religione che Bruno propugna è una religione intellettualistica, naturalistica,semplificata, spoglia di dommatismi, al fine di sgombrare il terreno da ogni appiglio alledisquisizioni ed alle eresie; un deismo fondato sulla carità concorde degli uomini, che più nullaha di comune con la dottrina rivelata del cristianesimo. Risolta in questa visione etico-religiosala sua tormentosa indagine dialettica e cosmologica, Bruno è trascinato all’azione e concepisceil proposito di ridurre tutto il mondo ad una religione, traendone per sé, di conseguenza,quell’autorità politica, di cui la propria dottrina lo fa degno.Citiamo da Firpo il passo nel quale, nel solco delle considerazioni di Corsano, egliriconosce nei motivi che condussero il Nolano in Italia quelli propri di una decisivasvolta filosofica, che doveva aver mosso quegli a porsi a « capitano », passandodal campo della speculazione teoretica a quello della pratica22.La questione è meglio chiarita alla luce della terza denuncia di Giovanni Mocenigo,nella sua deposizione del 29 maggio 159223:Molto reverendo Padre et signor mio osservandissimo, perché la Paternità Vostra moltoreverenda m’ha imposto ch’io vada molto ben pensando a tutto quello che io havessi udito daGiordano Bruno, che facesse contro la nostra fede catholica, mi son ricordato d’havergli sentitodire, oltre le cose già scritte a Vostra Paternità molto reverenda, che il proceder che usa adessola Chiesa, non è quello che usavano gl’apostoli, perché quelli con le predicationi et congl’esmpi di buona vita convertivano la gente, ma che hora chi non vuol esser catholico, bisognache provi il castigo et la pena, perché si usa la forza et non l’amore; che questo mondo nonpoteva durar così, perché non v’era se non ignoranza, et niuna religione che fosse buona; che lacattolica gli piaceva ben più delle altre, ma che questa ancora havea bisogno di gran regole; etche non stava bene così, ma che presto presto il mondo haverebbe veduto una riforma generaledi se stesso, perché era impossibile che durassero tante corruttele; et che sperava gran cose su ’lre di Navara, et che però voleva afrettarsi a metter in luce le sue opere et farsi credito perquesta via, perché, quando fosse stato tempo, voleva esser capitano.E nel quadro della riforma ermetica delineata dalla Yates «anche questeaffermazioni concordano perfettamente con la dottrina esposta nello Spaccio»,essendo manifestazione della «missione religiosa ermetica» del Bruno e del concettodelineato in Firpo di una «connessione» tra magia e riforma religiosa in Bruno24.22 L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, cit, pp. 9-10. Si tratta delcapitolo II, Il ritorno in Italia del Bruno (Agosto 1591), nel quale lo storico torinese affronta la«questione preliminare» dei motivi del ritorno in patria del filosofo, «problema di sommo rilievo,perché quello stato d’animo iniziale ha certamente determinato tutta la successiva condottaprocessuale del Nolano».23 Ibid., Doc. 10, pp. 157-58.24 F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, cit., p. 255. La Yates riferisce leparole della suvvista terza denuncia del Mocenigo, traendole dai Documenti della vita di Giordano -------------------------------------------------------------------------------- Page 11 E forse proprio un’intenzione del genere può costituire la molla segreta dello Spaccio dellabestia trionfante: il mago opererebbe cioè sulle immagini celesti dalle quali dipendono tutte lecose inferiori, per far sì che la sua riforma possa attuarsi.Presentiamo adesso alcune considerazioni svolte da Firpo, che rivestono quiparticolare importanza25:Le pagine che precedono rappresentano un tentativo di lettura integrale ed obbiettiva deidocumenti e le deduzioni ultime che se ne possono trarre sembrano recare finalmente un po’ diluce sul problema nucleare del processo bruniano: il motivo centrale della condanna, ossia –trovando la condanna piena giustificazione legale nell’impenitenza – il motivo della pertinaceostinazione suprema. Tre spiegazioni sono state abbozzate e con varie argomentazioni difese:la fedeltà indefettibile al proprio credo filosofico; la constatazione desolata del fallimentod’ogni aspirazione alla riforma religiosa; una frattura d’ordine psicologico-sentimentale fatta èverso i giudici, di cupa disperazione, di indurato orgoglio, financo di follia.[…] D’altronde, fin dai primi interrogatori, il Bruno aveva sottolineato la propria esitazionedi fronte al carattere «ineffabile» di quei dati della rivelazione, aveva confessato la riluttanzadella ragione nel piegarsi al mistero, mai s’era accinto a scalzare razionalisticamente quellepietre angolari dell’intera religione cristiana. Certo dunque si è che la lunga disputa, alterna dicontestazioni, di arrendevolezze e di ripulse, che si disnoda nel corso del 1599, ebbe il suoterreno precipuo nel cuore della filosofia bruniana, sopra le tesi dell’infinita creazione senzatempo, dell’animazione universale e del moto terrestre. Di fronte alle accuse disciplinari oteologiche ben noto ci è il contegno del Bruno: negare il negabile, attenuare l’incerto, invocareil perdono per le colpe provate; nel campo filosofico invece egli non nega né sminuiscel’opinione che le stampe documentano, e si rifiuta altresì di riconoscerne l’errore, cioèl’inconciliabilità nei riguardi del dogma e della Scrittura. E’ in questo senso che a Veneziaaveva dichiarato di «saper più degli Apostoli», e in Roma aveva negato ai Santi Padri autoritàin materia di scienza, e si era detto preparato a chiarire «tutti i primi theologhi del mondo, chenon sapriano rispondere»: la verità certa e primaria, quella della prima filosofia, dovevaparergli conciliabile con la verità rivelata, sia pure sfrondando duramente le sovrastrutturedogmatiche, ritenute in gran parte arbitrarie.E’ in tale direzione che si manifesta, nella fase ultima del processo romano, l’aspirazionedel Nolano ad una radicale riforma religiosa. In questo conato si innestano quei «rudimenti dicritica biblica», che già erano stati acutamente rilevati nello Spaccio e che più largamentericompaiono nei costituti, là nel tentativo di ridurre il cristianesimo a favola morale, qui diforzare – spesso con evidente artificio – determinati versetti, onde foggiarne sostegno alleproprie tesi naturalistiche.Qui è la sintesi di quello che dové costituire, secondo l’analisi condotta dal Firposulle fonti processuali, l’atteggiamento del Nolano riguardo alle accuse che glivenivano mosse. La vicenda processuale affermò anche la dignità della filosofiarispetto alla religione rivelata, ciascuna delle quali si affermava «circa prima principiaindubitabilia» secondo quanto sentenziato nella Summa terminorum metafisicorum,«con la differenza che i principi della prima sono forniti d’immediata certezzarazionale, quelli della seconda sono manifesti perché ci provengono da una .Bruno, a cura di Vincenzo Spampanato, Firenze, 1933, p. 66: i documenti raccolti inquest’edizione sono stati ristampati a cura di G. Gentile dalla precedente pubblicazione dellostesso Spampanato, Vita di Giordano Bruno con documenti editi e inediti, Messina, Principato,1921 (riprod. anast. con postfazione di N. Ordine, Gela, Roma 1988). Per la terza denucia delMocenigo si veda ora nella nuova edizione del materiale processuale contenuta in L. Firpo, Ilprocesso di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, cit., Doc. 10, pp. 157-59.25 L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, cit., p. 105. -------------------------------------------------------------------------------- Page 12 superiore intelligenza»26. Il contegno del Bruno nella fase ultima del processo romanorivela quanto l’enunciazione teorica del principio fosse seguita dalla suadimostrazione pratica di fronte agli inquisitori, pur senza per questo giungere al puntodi «disumanare l’eroe della vicenda per raggerarlo in una mitologia»27.Così Firpo perviene alla sua Conclusione, dando veste critica all’immagine delfilosofo quale si presenta nella sua pur demitizzata grandezza. Firpo prosegue dunquedenotando28:L’atteggiamento del Bruno nel corso del 1599 si illumina così d’una piena coerenza: nonquella monolitica del diniego costante, ma quella umana e viva della lunga ed alterna disputacoi giudici e più con se stesso. Non folle ostinazione, non petulanza di grafomane si rivela nelsuo comportamento, ma volontà ferma di non lasciarsi soffocare, ansia di farsi comprendere,parabola dolorosa dalla speranza, allo stupore, alla disperazione. Il 25 gennaio Giordano sipiega all’intimazione del Bellarmino, ma chiede la condanna ex nunc e presenta un memorialea difesa: chiara è la contestazione del valore dogmatico di alcune almeno delle proposizionicensurate: il filosofo si sottomette docile, ma chiede in cambio riconoscimento di coerenzaspeculativa e nega ogni preesistente definizione della materia controversa. […] Si genera in luila persuasione di essere vittima d’una congiura di teologi che voglion far passare per errorequello che tale non è, o almeno mai fu definito, ed egli sente che l’opinione sua vale la loro enon vuole accettarne la sentenza; nega perciò di aver mai sostenuto eresie, non riferendosiinsensatamente alla massa di accuse del processo, ma al ristretto elenco di tesi filosofichecondannate, e rifiuta di rinnegarle non per ostinazione assoluta, ma per non soggiacere a quelloche gli pare un sopruso; si appella con gli ultimi memoriali al Papa, sperando che ClementeVIII possa intervenire, giudice imparziale, in una disputa nella quale Giordano vede se stesso ei membri del tribunale in qualità di contendenti, eguali affatto per autorità e dignità.Lo storico torinese definisce in questo modo il processo, giunto nella sua faseconclusiva, secondo i toni di una dotta contesa tra l’imputato e i suoi accusatori.Secondo questa chiave di lettura, accusa e (auto)difesa contendono l’una all’altra laragione finale e conclusiva di un processo condotto fino al suo drammatico epilogoattraverso affermazioni e contestazioni in tema di teologia così dell’una comedell’altra parte.E se «nessuno vorrà negare alla Chiesa cattolica che il processo fu condotto26 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., p. 275.27 Nel passo appena citato, Firpo prosegue: «La prima tesi può dirsi quella tradizionale,ricorre nel Berti e nel Tocco, trova pagine eloquenti nel Gentile, costruisce il mito del Brunoeroico e indomabile, non più mero difensore della teoria della doppia verità, ma assertore dellasupremazia assoluta del vero speculativo sui dogmi delle religioni positive, ridotte a semplicefunzione pratica e sociale. La sua sottomissione veneziana viene spiegata così come un coerenteossequio alla religio loci, un atto niente affatto umiliante, doveroso anzi e in armonia con la severariprovazione del Nolano per i seminatori di pubblico scandalo; quando poi i giudici veneti –alquanto artificiosamente dipinti come superficiali dabbenuomini – cedettero il posto agliinquisitori romani, al sottile Bellarmino, quando cioè l’esteriore sottomissione meramentedisciplinare apparve insufficiente e si volle che il Bruno subordinasse al dogma il proprio credofilosofico, passando dal piano pratico al piano speculativo Giordano si sarebbe mostratoinflessibile, senza un attimo di esitazione o di debolezza, fino alla morte. V’è in questa tesi, comevedremo, tanta parte viva di verità quanto basta ad assicurare da tutti gli antichi e nuovi detrattorila grandezza del Bruno, ma v’è anche un semplicismo, una tendenza a ridurre a moduli elementarie puramente razionali un comportamento certo complesso e intessuto di molteplici motivi, adisumanare l’eroe della vicenda per raggelarlo in una mitologia».28 Ibid., pp. 110-11. -------------------------------------------------------------------------------- Page 13 secondo il rispetto della più stretta legalità, senza acredine preconcetta, semmai conaccenni di tollerante comprensione per l’eccezionale personalità dell’inquisito»,ciononostante «per quanti ritengono invece arbitrario e violento, nel regno dellospirito, ogni atto di autorità, e nella libera ricerca riconoscono la più genuinavocazione umana, Bruno rimane la vittima di un’intolleranza, la cui giustificazionenon va oltre il piano storico, l’assertore non già di opinioni filosofiche contingenti,ma del diritto dell’uomo di credere a ciò che pensa, non di pensare per forza quellocui altri vuol ch’egli creda».Firpo, ciò premesso, può quindi concludere29:Giordano e i suoi giudici restano così personificazioni di due mondi antitetici, radicalmenteinconciliabili oggi come allora. Agli uomini dell’una e dell’altra schiera soltanto si puòchiedere che le rissose contumelie degli orecchianti, il loro sconsigliato zelo, non turbino queldibattito che ancora continua, dopo la sentenza ed il rogo, dovunque autorità e libertà sicontrappongono, in dialettica perenne, nella storia dell’uomo.Il problema filosofico ed insieme religioso del contrasto e dell’affermazione di unaverità sull’altra nel contesto di questo momento storico era, nel momento in cui Firpodiede inizio alla sua opera, già chiaramente scolpito in Corsano30:Da quando nel 1868 videro la luce integralmente i documenti del processo veneziano, ilproblema dell’atteggiamento del Bruno di fronte ai giudici veneti, prima, romani dopo, èdivenuto uno dei più appassionanti della storiografia moderna. Né si tratta delle sole difficoltàcausate dall’ancora insufficiente documentazione del processo romano, le cui lacune è ormaivano sperare che possano mai esser colmate, date le peripezie sofferte dall’archivio del SantoUffizio nel periodo rivoluzionario e napoleonico. Ma persino di fronte alla perfettadocumentazione del processo veneto sorsero e perdurarono dissensi di estrema gravità:basterebbe citarne uno solo, quello della impostazione dei rapporti fra filosofia e teologia.Intese il Bruno di considerare le due verità eterogenee, e ciascuno a suo modo perfetta, epperòincapaci di venire in conflitto e di richiedere alcun rapporto di subordinazione e sacrificiodell’una all’altra, oppure riconobbe una superiorità dell’una sull’altra? In questo caso, qualedelle due considerò superiore.La questione qui accennata necessita di un approfondimento, poiché è evidentel’indispensabile ricorso alle opere, soprattutto considerando la pressoché totaleimpossibilità di chiarire il problema con ulteriori ritrovamenti di carte processuali. Esolo a tal fine risulta possibile affrontare in modo proficuo i motivi insiti nellaspeculazione del Bruno: così invertendo l’azione compiuta da Firpo, e quindileggendo l’opera del Nolano attraverso la fonte processuale, quale momento diaffermazione compiuta del pensiero.Corsano analizza il ritorno in Italia del Bruno, rinvenendone la causa nel passaggioda quegli compiuto dalla teoria speculativa all’azione pratica, riferendo dai documentiprocessuali l’affermazione «che sa più degli Apostoli, che gli bastava l’animo di far,se avesse voluto che tutto il mondo sarebbe stato d’una religione»31.29 Ibid., pp. 112-15. Si vedano anche le considerazioni svolte in D. Quaglioni, Il Bruno diLuigi Firpo, cit., pp. 45-46, già esaminate in nota 4 dell’introduzione, nelle quali si cita il passo inquestione.30 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., pp. 275-76.31 L. Firpo, Il processo di Giordano bruno, a cura di D. Quaglioni, cit., Doc. 8, pp. 152-54:l’affermazione è estratta dalla deposizione del libraio Giacomo Brictano del 26 maggio 1592, nel -------------------------------------------------------------------------------- Page 14 Ma ci sarebbe ancora da spiegarsi quel voler sapere «più che non sapevano gli Apostoli»:che il Bruno volesse gareggiare in iscienza e dottrina con i semplici discepoli di Gesù, non parnemmeno da discutere: egli li avrebbe messi senza esitazione tra i sapienti di virtù asinina,ricettandoli di una perfezione tutta passivamente ricevuta, non attivamente ricercata eposseduta. E allora, per risolvere ogni incertezza, non resta che ricorrere a un altro documentodi assai più diffusa e minuziosa ampiezza, che è la denunzia del Mocenigo.Pur definendo la fonte «assai sospetta», per la mediocrità e meschinitàdell’accusatore, Corsano prosegue affermando:Tuttavia il documento potrebbe valere assai più della fonte: tanto più che, fuor di ogniindizio di natura psicologica, epperò troppo vago e congetturale, si è gia avuto il modo disaggiarne la veridicità col confronto di altre testimonianze: ciò fece il Tocco, trovanocoincidenze con i colloqui col Cotin, nel mentre lo Spampanato ha rilevato che quasi tutte leaccuse elencate nelle famosa lettera dello Scioppio sono quelle stesse che si incontrano nelladenunzia. Un terzo procedimento di verificazione potrebbe essere, a mio parere, il raffrontocon le opere inedite, l’ultima testimonianza autentica del pensiero del Bruno.Tra queste, tolti i De rerum principiis, che possono considerarsi una concentrazione supeculiari problemi di fisica della dottrina generale condotta a maturità nel De immenso, e laMedicina lulliana, che dichiaratamente non intende esser altro che una compilazione, meritanosoprattutto attenzione il De magia e il De vinculis.Si entra ora nel vivo dell’analisi dei motivi profondi della magia sociale del Bruno,così come asserita nelle due opere appena ricordate, e con particolare riferimento allaseconda.Ora, ciò che colpisce più in queste opere, che sappiamo essere dettate frettolosamente alBesler fra Francoforte, Zurigo e Padova, come se il Bruno fosse incalzato da un bisognoimperioso verso una impresa ormai indifferibile32, è il prevalere dell’aspetto prammatico eantropologico, così singolarmente in contrasto con la ispirazione pancosmica che abbiamovisto trionfare nel De immenso.Corsano prosegue richiamando la definizione del mago, che qui citiamo per interodal De magia, dove Bruno pone la necessità di isolare semanticamente l’oggetto didiscussione ed attribuirgli il giusto significato33:Antequam de magia, sicut antequam de quocunque subiecto disseratur, nomen in suasignificata est dividendum; totidem autem sunt significata magiae quot et magi.Magus I [primum] sumitur pro sapiente, cuiusmodi erant trismegisti apud Aegyptios,druidae apud Gallos, gymnosophistae apud Indos, cabalistae apud Hebraeos, magi apud Persas,qui a Zoroastre, sophi apud Graecos, sapientes apud latinos.Bruno apre il trattato passando in rassegna i diversi significati assunti dal terminemagia, e delle caratteristiche che connotano ciascuna delle tipologie elencate. Ad esseva aggiunta un’ultima definizione, per la quale Bruno avverte:corso della fase veneta del processo al Bruno.32 Qui Corsano evoca la Prefazione degli editori Tocco e Vitelli al vol. III delle Opeare latinecona, contenente le opere inedite, p. XXIV.33 Per i passi citati dal De magia di Bruno, l’edizione di riferimento è Giordano Bruno, Operemagiche, cit., pp. 158 sgg. -------------------------------------------------------------------------------- Page 15 Ultimo sumitur magus et magia iuxta significationem indignam, ut inter istas nonannumeretur neque ad numerata habeatur, ut magus sit maleficus utcunque stultus, qui excommercio cum cacodaemone et pacto quodam pro facultate ad laedendum vel iuvandum estinformatus; et iuxta hanc rationem sonat non apud sapientem, vel ipsos quidem grammaticos,sed a quibusdam usurpatur nomen magi bardocucullis, qualis fuit ille fecit librum De malleomaleficarum, et ita hodie usurpatur ab omnibus huius generis oribus, ut legere licet apudpostillas, catechismos ignorantum et somniantium praesbyterorum.Dalla sua rassegna Bruno esclude, respingendola, la concezione in chiave negativadei termini mago e magia, secondo la quale mago sarebbe anche colui che intesserapporti o alleanze con demoni malvagi, così acquisendo la facoltà di provocare ildanno o dare il giovamento. Abusato da scrittori di bassa lega, i termini si richiamanonon presso i sapienti né dai grammatici, ma «apud postillas, catechismos ignorantumet somniantium praesbyterorum».Nomen ergo magi quando usurpatur, aut cum distinctiontione est capiendum antequamdefiniatur, aut si absolute sumitur, tunc iuxta praeceptum logicorum et specialiter Aristotelis inV Topicorum pro potissimo et nobilissimo significatu est capiendum.E’ la conclusione, l’ammonimento finale, dove Bruno considera come il nomemago debba assumersi, ancor prima di definirlo, tenendo presenti le sue varieaccezioni, «aut si absolute sumitur» nel suo senso eminente e principale.A philosophis ut sumitur inter philosophos, tum magus significat hominem sapientem cumvirtute agendi.Corsano approfondisce l’analisi intorno al De vinculis in genere, considerando orada vicino l’arte dell’avvincere, ed inserendola all’interno di considerazioni critichesulla speculazione bruniana che, nel suo ultimo tratto, si fa pratica anelando adattuarsi in chiave civile34.E nel cenno introduttivo al De vinculis in genere, per il possesso di quest’artedell’avvincere, senza di cui non si è medico, non indovino, non uomo d’azione, non amante,non filosofo, se si richiede una conoscenza universale delle cose («rerum quodammodouniversalem rationem») si è per la conoscenza e per il dominio compiuto dell’uomo, «quiepilogus quidam omnium est»; e si dichiara insistentemente essere quest’arte inalienabiledall’azione sociale, come strumento infallibile per operare sugli uomini e piegarli ai propri fini,e cogliere tutti i processi di reciproca attrazione e seduzione che operano sulla natura umana:sia che abbiano origine psicofisica da istinti e bisogni di sensuale dilettazione, sia che neabbiano una più schiettamente psichica e culturale, derivante da opinioni e convenzioni che, sestabilite, acquistano carattere di naturale fissità; sia che vengano infine da un’affascinatrice,persuasiva potenza di numeri e costrutti, quale esercita la bene ornata parola dell’oratore.[…] Ma qui importa soprattutto segnalare come vi domini la preoccupazione del dominioetico-sociale, del «civiliter vincire», che ritorna quasi ad ogni passo dell’opera, e si determinacon maggiore vigore nell’ammonimento che cotesto risultato non si possa conseguire se non sidistingua bene la diversità dei temperamenti su cui si opera («diversitatem compositionum etcomplexionum»), e non si sappia che altro è condursi con gli uomini di alta eroica natura, altrocon i comuni, altro con i più rozzi e brutali.Si potrebbe dunque pensare che il Bruno s’illudesse di poter fare accettare quella suareligione della pura filantropia agli uomini tutti, quando gli avviene così spesso di mettere fra i34 A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, cit., pp. 278-83. -------------------------------------------------------------------------------- Page 16 fondamenti della sua etica la filautia, col riconoscimento della quasi inestirpabile dedizionedell’uomo all’amor di sé, all’egoismo caparbio e inflessibile, ma a suo modo perfettamentenaturale, quindi razionale?La risposta ce la danno le Tesi sulla magia: in cui fra le condizioni fondamentali dell’azionemagica, pel dominio della universale natura dell’uomo e per l’uomo, è posta la fede,onnipotente operatrice di miracoli […]dichiarata «vinculum magnum et vinculumvinculorum», cu seguono «veluti filiae», tutte le forze più poderose dello spirito umano, daquelle più alte, «spes, amor, religio», alle più torbide e irruenti ma anche potenti e operosepassioni; e la scienza non men che l’ignoranza, causatrice di prava disposizione all’agire.E si sottolinei con decisione il legame delle precedenti considerazioni con lareciprocità del vincolo, che qui si va componendo, secondo l’interpretazione diCorsano, nell’indagine del Bruno35.Così era anche naturalmente segnato il passaggio al De vinculis, potendosi ben considerarela fede come il modello più perfetto di quel vincolo che connette con uguale potenza diobligatio il vinciens e il vincibile, il soggetto attivo operante e il passivo credente. Poiché qui ilBruno raggiunge la più alta consapevolezza di quello che aveva già avvertito nei termini piùapertamente naturalistici delle opere precedenti: non potersi far credere senza credere, poiché“non est possibile vincire quenquam sibi, cui vinciens ipsum non siet etiam obligatus”, poichéper operosa e dominatrice che sia la condizione del vinciens, in quanto vinculis dominans e taleda essere affetto solo per una sua peculiare maniera, non può essere che egli si sottraggaall’intima legge della reciprocità del vincolo senza cadere nella impotenza: come non puòessere veramente amato chi non ami, come non c’è retore che persuada senza essere persuaso.La concezione della magia in chiave civile conduce il Nolano ad un atteggiamentoche interpreta quindi il vincolo inserendolo nel contesto sociale.Se «l’impianto teorico della concezione bruniana della magia poggia su dueprincipi semplici: 1) la continuità scalare del reale o scala degli esseri; 2)l’onnipervadenza dell’anima del mondo o spirito universale», le cautele con le qualisono poste le distinzioni in tema di concezioni della magia, secondo la prospettivaadottata in apertura del De magia, precedono le considerazioni svolte sul tema delciviliter vincire36.Bruno, dunque, afferma la dignità della magia liberandola dalla critica negativafrutto di certi autori, svolgendo poi in maniera lucida le proprie considerazioni sulla35 Ibid.36 A. Biondi, Introduzione, in Giordano Bruno, De magia, De vinculis in genere, a cura di A.Biondi, Pordenone, Biblioteca dell’Immagine, 1986, pp. IX-XIX. Il curatore dell’edizioneprosegue affermando: «La scala degli esseri è simbolo tradizionale della continuità del reale […]:Bruno la delinea in ripetute occasioni, e da diversi punti di vista, articolandola variamente,moltiplicandone I passaggi o gradi o livelli. Essa è il tramite o la sede di un processo antitetico didiscesa/ascesa che esprime il movimento delle forme nello spazio infinito e nel tempo infinito. Idislivelli di realtà sono il presupposto della dottrina degli ‘influssi’ e dei ‘vincoli’: “principio dellamagia è considerare l’ordine degli influssi o scala degli enti: che è lo strumento per cui, comesappiamo, Dio agisce sugli dei, gli dei sugli astri, gli astri sui demoni, i demoni sugli elementi, glielementi sui composti”. Ad ogni livello di questa scala si identifica una realtà superio
L'ASSENZA del FONDAMENTO. I Paradigmi della TEMPORALITA ': Il "TEMPO IMMAGINARIO"
Il pensiero filosofico, la ragione classica Sono stati costretti ad abbandonare le "grandi narrazioni" di fronte alla "nuova" scienza, ma, solo con Heidegger, la natura (= fysis) ha in sé LA STESSA essenza del "caos": si è in Presenza di una visione del mondo Governato dall'assenza del Fondamento o da una temporalità caotica (= wildniss). Il pensiero ontologico si eventuò così senza fondamenta epistemiche: dal nulla Ordinato L', il lineare, lo stabile, abbandonano, con Heidegger, la filosofia.Nel pensiero calcolante si eventua l'indicibile, l'impredicibile. Sul versante scientifico: da Euclide ad Hilbert, al fondo della scienza matematica, c'è Stata La Speranza di Poter Decidere Nelle asserzioni concernenti i numeri interi se fossero vere o false. E con Gödel, nel 1931, il disegno hilbertiano va a gambe all'aria: l'aritmos non potra più Avere la fondatezza o E Rigoroso o è completo. Il teorema mostra gödeliano Che ci sono asserzioni formulare in modo esatto per le qualifiche non SI PUÒ Mostrare Né Che sono vere Né Che sono false: c'è incompatibilità tra rigorosità e completezza.Nel contempo, il pensiero dispiegò anche i paradossi del logos. Il teorema di Gödel è il grimaldello della "crisi della Ragione", dei fondamenti, del soggetto. Di fronte al "sapere" ed al "general intellect" non si impone più la semplice energia (= argon ") Implicazioni da esclusa intellettive. Anche l'Entità Essere in sé, la natura infinitesima per Essere compresa Dovra interagire con l'esserci. Nasce l'intelligenza "altra", vale a dire in Possesso di sapere-sapienza, avviene così il passaggio dall ' "argon" alla "teche". Anzi l'ontologia della techne con la sua Gestell, impianto, creerà l'energia artificiale. Il "sapere" non Appare più subordinante, coercitivo, ma suadente, giocoso, seduttivo, pervasivo: la sua pervasività si insinua in ogni aspetto dell'esistenza: Istituzioni, cultura, scienza, immaginario. Il pensiero calcolante non finisce con la crisi dei Suoi fondamenti, ma da Reale SI Dà Virtuale al. Il potere immateriale ed i sistemi informatizzati creano Quella "differenza" che implodere Fara, tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, interi Paradigmi culturali. Si eventua il soft del pensiero calcolante Che si Dà anche Quale pensiero poetante. Sia la filosofia, la scienza SIA ma anche la letteratura (Proust) Nell'ultimo secolo Hanno affondato lo sguardo sul problema del tempo. Giacchè si disgelo Che la temporalità è la struttura ontologica dei Valori Etici ed estetici. La classica visione del tempo procede per Spostamenti progressivi e lineari: è di Bergson La nozione del tempo sulla fondata nel metafora dello srotolamento del passato verso il rotolamento del futuro; di Heidegger, la metafora del "sentiero" che sale sulla montagna: si passa dall ' bidimensionale immagine ottocentesca del tempo ad una tridimensionale. MA E che Hawking, per la prima volta, ci fornisce La possibilità di calcolare una temporalità non lineare E quindi ci dischiude una visione della temporalità "altra" dai Paradigmi delle narrazioni ottocentesche con la teoria dei "numeri immaginari". Il tempo non si dispiegherà solo più NEGLI assi positivi, ma anche in Quelli Negativi.
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La visione del "tempo immaginario" Connessione in entra-collusione con la teoria del "valore". Valenze epistemiche, etiche o estetiche si sentiranno intrise di tempo negativo, mai più progressivo solista, positivo. Che tipo di "valore" esisterà se lo si volesse calcolare Attraverso il "tempo immaginario"? Per ora lo SI PUÒ solo immaginare o pensare o donare. In ogni forma della comunicazione intanto, dilaga un'espressione: "caotica" come sinonimo di coacervo di fenomeni, di SITUAZIONI instabili e conflittuali, di assenza di certezze e finalità. Gli dei ci hanno Abbandonato e non si sa se ci sarà un dio Che ci Possa Salvare. Forse il "chaos" è compresente in tutto l'Universo ma Risulta ancora incomprensibile al sapere codificato.Il canone epistemico allontana da sé l'inaudito con la potenza imperativa della techne, del virtuale, del tautos. Il "chaosmo" joyciano e lo "zeit-raum" di Mozart potranno, come si vedrà, successivamente, Essere utili strumenti di lavoro, per disvelare al pensiero poetante, ma anche epistemico, l'evento dell'essere Che si Dà dal nulla, dal niente. Se, nel mondo post-moderno, filosofia e ricerca scientifica, rimettono in discussione la ragione classica, La possibilità di misurazione dai "frattali" di Mandelbrot alle "Catastrofi" di Thom, al "dadaismo epistemologico" di Feyerabend fino a Medawar per il quale " non ESISTE un metodo scientifico "e lo scienziato è uno che" racconta storie "è inevitabile un ritorno al" mythos ". Pensiero, mito poetico Che dal nulla e senza fondamenti epistemici o del logo, si eventua Nella Metis ontologica. Il mito "ha abitato tra noi" e come gli dei ci ha LASCIATO, oppure PUÒ Essere Ancora principio attivo del pensare? Se nel pensiero poetante c'è l'eterno ritorno della mitopoiesi ci sarà anche nel pensiero epistemico e nel pensiero calcolante. Giorgio Colli dispiega l'interpretazione nicciana di mito e "logos": Soprattutto NEGLI inediti conservato nel Fondo degli eredi: al di là della differenza canonica tra dionisiaco ed apollineo per un eventuale nuovo chiasma mitico. "Cose senza riso, ornamento Né, nato unguento la sillaba, con bocca folle, dadi", il frammento eracliteo non Sembra oscuro: La Sapienza origina dalla "mania" (da: Mantica = arte della Divinazione). Ma La Sapienza si eventua anche myeis dal, dal mistikos, Che dall'essere sedurre La presenza mondana degli Dei. Apollo "l'obliquo", dall'occhiata Che conosce Ogni cosa con la parola e che "i dadi Non ne nasconde ma accenna", comunica all'uomo la sapienza.Il mito si eventua Dalla Fonè, Dalla mistica voce della Divinità Che si Getta Nella fondità. Il Dio "parla per enigmi" e l'enigma, coessenziale alla Divinazione e alla Sapienza è sempre crudele e tragico infatti "risuona dalle mascelle feroci". E l'enigma si eventua, anche Attraverso i paradossi del logos, dell'eristica, Dell 'indicibile. La Sapienza, la Conoscenza si manifestano Attraverso l'Apollinea enigmaticità (non nel senso Nicciano): la parola "ama nascondersi". G. Colli ci Svela il chiasma Enigmatico e mistico del mito Che si Dà Quale Essere Che si eventua senza Kanone e senza Fondamento. La parola (il "logos"), tesse trame in CUI PUÒ perdersi Teseo nel labirinto Che è già simbolo del "logos". "Logos" (E) Insidia parola sono inganno,, perdizione così come, ricorda Eraclito a proposito di Omero e dei Pescatori, inganno è l'enigma anzi la sua anfibologia si disvela Nella Metis Sofia Nella E E si eternizza nell'ikona. Contro l'uomo sono tese l'arco e le parole di Apollo che "si slancia" "sfrecciando veloci pensieri": è il dio Che si eventua senza Essere Né evocato Né immaginato, Giacchè il divino si da, è, c'è, senza perché.
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La Parola, Attraverso CUI Il Dio Manifesta "La Sapienza", è collegata alle frecce; Apollo è "colui Che agisce, colpisce da lontano, totalmente distrugge": Parola, Sapienza, distruttività e crudeltà del dio sono STRETTAMENTE intrecciate.La preesistenza, il pre - esserci dell'evento Che si Dà prima della differenza tra ordine, disordine e armonia, il caos. La parola, il discorso, appunto il "mythos" in Omero sta anche per progetto e macchinazione. Il "logos", elaborazione Razionale, contrapposto un "mythos", nasce col passaggio dall'enigma alla retorica, dal misikos all'epistemico, Dalla gettanza della Metis ideale alla fondatezza dei modelli poetici. La Mutazione del "logos" Originario (= un discorso, appunto un "logos" che accenna ad altro vale a dire allo sfondo divinatorio) si completa con la scrittura e Soprattutto con la letteratura filosofica di Platone. Givone nel Corso di Perfezionamento in Epistemica Ontologica, ci ha disvelato venire Nella Ermeneutica della Verità o Disvelatezza o Aletheia della Radura: la "Sofia" si sottrae: nasce la filosofia. Forse lì, nell'ontologia e nell'ermeneutica del mito della verità o Nella disvelatezza del mito del logo c'è la differenza ontologica tra la verità epistemica, la verità Ermeneutica e la verità ontologica. Sull'interpretazione ci sono e si scriveranno MOLTI volumi, qui è esaustiva l'interpretanza di Givone: non è l'interpretanza infinita della verità Che Dà all'Esserci o all'Essere la sua fondatezza e la natura del suo essere nel mondo, nato si sa di più del cos'è, ma lo spazio vuoto o la radura, lo spazio sgombro o svuotato Dagli Enti, anche dalle Entità in sé e per sé, la pianura platonica, disvela l'ontologia della verità dell'essere o dell ' Nella Essere physis, dell'Esserci nella natura, dell'Esserci Nella mondità. Solo Nella radura della verità ontologica si disvela il mito della verità e il logo Ermeneutica della svelatezza ed epistemica Che si biforcano solo Quando è l'Entità Che imperativa declinazione in sé l'assenza dell'essere, edifica l'oblio della verità mitopoietica, Fonda Il logo dell'epistemè imponendo una verità relativa alla quantità ed alla verifica. Givone ci ricorda Che In ogni verità Fondamentale c'è l'abisso, c'è la disvelatezza del nulla, c'è la fondatezza abissale dell'essere Che si eventua Nella poiesis e nel mito e si Dà Quale ontologia strutturale della verità o struttura ontologica della physis disvelatezza Nella, Nella mondità, nell'ikona, telefono Nella, Nella phychè. La gettatezza nel vuoto della verità, kate-Agora, il passaggio Necessario della filosofia della mente, nous, dell'essenza dell'essere in Entità statica, eterna, atemporale, infinita, Stabile, impositiva senza il nulla, senza più il Fondamento dell'essere dilapidazione la disvelatezza nella verifica della datità, tautologica seriale,, isologica, isomorfica, loghi al supersimmetrica, alla mathesis del aritmos, Aritmetica, alla physis del frammento. La svolta linguistica, il virtuale, il Frattale estetico imperativo Hanno imposto la verità dell'entità senza l'Essere, senza più il nulla, senza l'abisso, la svolta ontologica Che si eventua, E Soprattutto Attraverso il pensiero poetante Riuscirà a Ritrovare anche il senso ed il consenso della struttura ontologica della verità ol'ontologia strutturale della disvelatezza dell'evento dell'essere o dell'essere o dell'essere la physis physis Nella? Ambiguità, duplicità, compresenza di significanze Nella parola "mythos". Il percorso: "mania" - Sapienza - enigma - labirinto e "logos" porta alla "Signora del Labirinto", ad Arianna, la donna che-DEA salva Teseo. Il filo del "logos". Ma quale "logos"?
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L'interpretazione nicciana del "mythos" e del "logos" è Stata rovesciata da Heidegger: "la filosofia non nasce dal mito. Essa nasce dal pensiero". MA Nel contempo la gettatezza dell'essere è sub-sidente ad ambedue. Questo il percorso etimologico heideggeriano: "Mito significa: parola che dice.Voce misterica della Divinità Che si eventua Metis Nella, Nella poiesis. Dire per i Greci significa: manifestare, lontano apparire Ciò che è. "Logos" significa la Stessa cosa "". E 'l'Essere o Il suo evento mitico Che si Dà Quale mistica della poiesis, della metis, dell'eristica. "Logos" da "leghein" sta per "Raccogliere, accogliere, Parlare": in greco: significa Parlare "Far Comparire, Lasciare apparire qualcosa Nel suo aspetto". Anzi il senso è ancora più profondo: Raccogliere ed accogliere La presenza dell'essere Che si eventua. Il significato Originario dell ' "essere" si coglie in una radice dell'etimo: bhu-bhue = schiudersi, imporsi, predominare; da qui "fusis-fuein" ( "fui", latino). "Fusis" è "Ciò che sboccia da se stesso (come ad esempio lo sbocciare di una rosa) cioè il dispiegarsi ed aprendosi nel dispiegamento apparizione racconto tariffa". Radici Ancora grazie: "fu = fa" Servono uno ribadire Il Legame "" essere "-" fusis "- apparire -" fainestai "". E, l ' "essere" (= "einai") sta per "venire-a-manifestarsi-dentro l'ambito di Ciò che è e disvelamento,, apparendo così, durare e dimorare". Heidegger parla Chiaramente di coappartenenza di "essere" e "fusis": "essere" e pensiero coincidono e l ' "essere" Appare che (= "fusis") porta con sé il raccoglimento, ( "Logos"). L'oblio della coappartenenza di pensare ed "essere" produce la perdita del senso Originario del termine "logos" che Viene così Considerato solo come "discorso, proposizione". La ricostruzione di Colli, SIA PUR con l'innovazione, Rispetto a Nietzsche, di Apollo come dio dell'invasamento dell'Armonia e non, non pare sufficiente. Le radici del mito Sembra vadano ricercate altrove: nell'entousiasmos, nell'essere abitati dal mito e dal mistero Che si eventua nel mondo e nell'essenza dell'esserci. "Per parafrasare il filosofo: cos'è il" logos "nel-l '" abisso senza fondo "; nell'assenza del Fondamento, nel" ab - grund "costituisce l che' esser-ci", "in CUI l 'esser -ci "è gettato? In breve: cos'è la razionalità Nella crisi del Fondamento e nel trionfo della "techne"? "Logos" e "techne" prevalgono sul mito veramente o sono solo una sua singolarità? In questo tempo segnato dal trionfo del pensiero tecnico: Dove si è nascosto il "mythos", cos'è il pensiero, la Conoscenza, il "logos"? E 'temerario forse affermare Che l'interpretazione del mito si intreccia alla riproposizione della Questione della Natura? Il mito Sembra cooriginario, coessenziale alla natura ed Avere LA STESSA essenza strutturale della "fusis" (forza che cambia e Trasforma) più della Quella che "hyle" nel senso proprio del Termine di "materiale per costruzione". L'interpretazione del mito implica una ripresa del Concetto di materialità inteso che Però come origine della sua interpretazione, fusis "della". Non un materialismo della "hyle" ma della "fusis", un oltrepassamento della materialità verso l'immaterialità. Intanto la crisi del "logos", techne "della", delle grandi narrazioni Sembrano indifferenti alla temporalità "immaginaria" del mito in Quanto questo non si impone al mondo come un "episteme".
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Siamo "gettàti nell'enigma", nel "problema": un Ostacolo da superare, una sfida da Raccogliere ma anche siamo "gettàti" nella "Formulazione di una ricerca". "" Per parafrasare Heidegger l 'esser-ci "é" gettàto "nell' ab-grund". L ' "ab-grund" costituisce l' "esser-ci". Siamo in "Esso" ed e "Esso da" partire Bisogna che: dal-l ' "abisso senza fondo". Se "Il linguaggio della metafisica non POTEVA servire" ad Heidegger, a noi servono fino in fondo il linguaggio heideggeriano? Non possiamo dire, con Heidegger, che "tutto" DEVE "capovolgersi"? La domanda Fondamentale (= "grundfrage") E allora. "Qual'è il senso del" logos "Nella crisi del" grund? "
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Cap. 2 ^
LA STORIA MITIKA ed ONTOLOGICA del mito della Physis
Il mito della Physis è essenzialmente un luogo mitico, una topologia del mito dell'abisso, della fondatezza, dell'aldilà: la storia del mito della Physis è la storia dei luoghi del mito, la storia mitika del mito è la storia dell'essere mitiko, o dell'eterno ritorno del mito o della risonanza infinita dell'essere nel mito, Nella latenza, custodita, curata per eventuarsi Nella Epoke mitica della Physis. La storia del mito della Physis è la storia della Radura dell'essere, dell'essere diradato, sgombro, libero d'Essere nell'abisso mitiko, senza nulla, senza niente, senza fine, senza tramonto, senza eclisse. Nessuno è ancora Stato libero di ricercare la storia dell'ontologia del mito della Physis, aldilà dell'ermeneutica teologica, oltre la metafisica nichilista epistemica categorica,, paradigmatica. Non c'è ne l'ontologia dell'essere mitico, ne l'ontosofia del mito o la storia mitika del mito della Physis. La storia del mito si fonda sulla storia mitica della Libertà: senza esser liberi di Contemplare il mito, non c'è mito ma solo fondamentalismo teologico, teocrazia: la storia mitika del mito della Physis è la storia mitika della libertà d'Essere in Presenza della contemplazione dell'essere Divinità. Il mito c'è Quando l'Essere si pone Dinanzi Nella contemplazione dell'essere Che si da, si getta alla Presenza Nella radura, dell'essere Nella topologia, Quale Ontologia dell'essere poetante, il Gegengrundsein Che si eventua Nella ontovarietà della gettatezza del mito è la radura poetante Che custodisce, kriptata, latente la cura dell'essere. I luoghi della Gegengrundsein sono gli spazi kaosmici ove si getta Dinanzi, Davanti l'Esser mitiko I luoghi del mito sono Quelli che l'esserci si trova di fronte non ad un orizzonte del mondo, o ad una prospettiva mondana, o ad un tramonto o eclisse cosmici, ma l'Essere è abitato Poeticamente dall'orizzonte e Dalla prospettiva dell'essere senza fine, senza declino, senza tramonto, senza eclisse, Quale eterno ritorno della Risonanza dell'essere mitiko. Solo così si eventua l'epoche della storia mitika, non teokratica, del mito della Physis. Tanto per Essere rigorosi fino in fondo: il mito non è la topologia della teocrazia, nato il mito è la singolarità nichilista cosmica del tempo immaginario, Giacchè quelle suggestive topologie sono sempre categorie della prospettiva del mondo tramontante Mentre l'orizzonte dell'essere mitiko non Mai si trova di fronte all'eclisse, al tramonto, alla fine della storia, del tempo, dello spazio, del kosmo. Nel mito Invece c'è l'eterno ritorno della differenza ontologica tra il Gegenseyn e il Widerseyn: non il nulla o il niente, ma l'Essere Che ci Viene in-contro, l'Essere Che si getta alla presenza, per l abitare 'Essere Che contempla la radura. La storia mitika del mito è la storia della differenza Che si eventua nell'ontologia poetante, Quale Presenza Che abita il luogo kaosmico. La storia mitika del mito della Physis è la storia dell'essere Che contempla l'Essere di fronte, Radura della Quale presenza, ove non ha mai abitato Né l'Entità, nato l'Esserci, Né la mondità, Né la metafisica, nato La teocrazia, ma solo la risonanza dell'essere Che ci Viene in-contro, Quale eterno ritorno.
Pag. 06 La storia mitika del mito della Physis è la storia dalle origini ai templari, tanto per abitare i luoghi storici del mito, si eventua Nella risonanza Quale Essere mitiko Essere divino Che ci Viene incontro, Essere Che abita l'Essere, Essere Che si incontra kriptato nell'Essere mitiko della Physis. La topologia, il luogo ove l'Essere ci Viene in-contro e ci abita è il "Mithos": la topologia del mito è la mitika topologia della storia del "Mithos" Solo Nella topologia del "Mithos" La storia si eventua Quale storia mitika del "Mithos": Giacchè solo lì è libera d'Essere storia mitika del "Mithos" e mai più storia della teocrazia, storia metafisica della teologia teocratica, storia metafisica della teologia teocratica, storia della Volontà di potenza della teocrazia, storia dell ' Etica teocratica. I luoghi ove il "Mithos" CI Viene incontro, o dove l'Essere in-contra l'Essere Che si eventua ed abita l'essenza del pensiero poetante, sono i luoghi del "Mithos" Sacri, Oscuri, misterici, kriptati, Perché Quella prossimità dell'essere con la sua ikona Che si getta alla Presenza e la abita è mitica nel senso di inaudita indicibile, e, dai Paradigmi fisici cosmici, la storia mitika del mito è la storia degli spazi liberi, abitati solo dall'Essere Che CI Viene in-contro, Quale Gegenseyn, mai nullità, e nel Contempo: Essere Che si incontra nell'essere Che si getta Abita a cura di, Nella contemplazione, l'Essere poetante. Le Varietà del venire incontro dell'essere sono infinite, indicibili, senza eclissi: perché i luoghi del "Mithos" sfuggono alla classificazione dell'imperativo categorico del rigore Razionale o della metafisica ideale nichilista, sinergetica, supersimmetrica, inferenziale, logistica, teocratica. Gli eventi del "Mithos" sono sempre in relatività con gli eventi e le ontovarietà dell'essere Che ci Viene incontro, Che si eventua Quale libertà ontologica: si incontra l'Essere, si contempla la libertà d'Essere kaosmica. I luoghi del "Mithos" sono gli spazi topologici ove l'Essere si dispone Nella contemplazione, nell'ascolto, visione Nella, Nella sensibilità e nel pensiero poetante dell'essere di fronte, dinnanzi, Davanti Che ci Viene incontro, kaosmica Nella Gegenseyn. La storia mitika del "Mithos" è la storia delle radure, dei vuoti ontologici della Physiseyn, ove l'Essere si eventua per Essere contemplato e per abitare Poeticamente l'Essere di fronte, oltre Che Poeticamente abitare il mondo da solo, la "Physis" , Il Kosmo. Quando un luogo, una radura, un vuoto sono abitate Poeticamente dall'Essere Che si getta Viene CHE E in-contro all'Essere, si eventua il "Mithos" e la sua storia Quale storia mitica del mitiko abitare Poeticamente l'Essere poetante, in libertà, in verità, in prossimità con l'Essere ontosofico. La libertà di ricerca sulla storia mitica del "Mithos" della Physis si eventua Nella storia dei luoghi ordinari del senso del "Mithos", della sua essenza, della sua Presenza qui ed aldilà del mondo i luoghi del "Mithos", anzi meglio la topologia del "Mithos", lo spazio vuoto, la radura, lo spazio libero Dalla mondità ove è custodito, curato, evocato e contemplato il Gegenseyn: l'Essere Che Viene incontro per abitare Poeticamente, il mondo non solo, ma l'Ikona dell ' Essere, l'essenza dell'essere, l'Essere poetante, l'Essere ontologico, l'Essere ontosofico. Si eventua così nello spazio e nel tempo del mondo la differenza ontologica: si presenta la topologia dell'essere mitiko, di là e di qua la topologia fluttuante del mondo dell'Esserci, del mondo virtuale, del mondo immaginario, del mondo ontologico, del Mondo poetante. Il mondo dell'essere mitiko si getta Nella mondità anche Quale mondo mitiko, mondo caotico mondo cosmico, caosmico mondo, mondo onirico, mondo estatico e la sua influenza metafisica si dispiega nel mondo etico, epistemico, paradigmatico, ermeneutico, costituente, noetico. Quale Fondamento della verità dell'Esser mitiko la sua influenza Dà senso al kaos, all'invisibile, all'indicibile, all'inaudito, all'assenza presente della sua Sacralità provvidenziale: l'unica Che ci Possa Salvare o curaro nel mondo dell ' aldilà, del bene e del male.
Pag. 07 La mitiko Topologia dell'ssere e la sua topologia animata dell'essere animato Che trascende l'Esserci, ma non è l'Essere ontologico o poetante. Quelle ontovarietà dispiegano La complessità della fondatezza dell'essere mitiko nel mondo virtuale, animato, ontologico, immaginario, onirico, metafisico, sinergetico, supersimmetrico e disvelano quanta Volontà di Potenza CI SIA NELLA STORIA mitika del "Mithos" della Physis. Volontà di potenza dell'eterno ritorno dell'essere "Mithos", nell'epochè della storia dell'Esserci, ma anche Volontà di influenza egemonica imperativa categorica Nella Metafisica, Ermeneutica, Poetica, Etica, estetica, episteme, virtuale, immaginaria, onirica, estatica, mitica, magica. Nell'Essere "Mithos", l'Essere animato non si adegua, in verità Né all'Esserci, nato all'Essere ontologico o poetante. Nel mondo del "Mithos" il mondo animato non ritrova l'adeguatezza metafisica, epistemica, Razionale, Poetica, estetica, etica con il mondo dell'Esserci, nato con l'Essere nel mondo immaginario cosmico,, virtuale, kaosmico. Ma Quella differenza ontologica dell'adeguatezza non trascura l'Ortogonalità influente della Volontà di potenza metafisica della storia mitika del "Mithos", anzi la sua categorica imperativa Dà senso, identità, teocrazia storica e trascendentale. L'Essere "Mithos", Quale Essere animato nel mondo mitico è la misura di tutto: del kosmo che c'è e del mondo che non c'è, o è invisibile, indicibile, inaudito, mitico, magico, estatico; l ' Essere "Mithos", è anzi l'unico centro gravitazionale Che Dà senso, Stabilità, il ritmo, Soprattutto E E per lo più da l'impianto, la creazione, la Gestell al mondo dell'Esserci, dell'Esser qui, là dell'Esser , dell'Esser aldilà. La topologia del "Mithos", Quale storia mitika del mito della Physis è la Gestell del mondo e dell'essere animato, Quale Esserci Che ci Viene in-contro Nella sua morfogenesi di Essere animato: e Percio da venerare e da Contemplare. Giacchè solo quell'Essere è "Mithos" physis della Che ci potra Salvare, curare o, Consolare O, O Guidare nel destino Nella sorte, nell'avventura della storia mitika del "Mithos". La Topologia dell'essere "Mithos" è implementata Nella bistabilità dei sentieri Che si biforcano: c'è la superficie della Gestell Fondante il mondo dell'Esserci, immaginario virtuale, trascendente,, metafisico, etico, poetico, estetico, sinergetico, cosmico, epistemico, ermeneutico, ma c'è, Quale eterno ritorno Nella superficie supersimmetrica, l'Essere animato Che ci Viene incontro nel vuoto ontologico, Radura Nella libera dal nichilismo, Nella singolarità kaosmica del nulla, Quale Gestell: contro-Essere, Essere Che ci incontra e avviene, si getta nell'Essere ma anche nell'Esserci, per abitarvi con il senso del "Mithos" della Physis o dell'essere animato. La storia del mito è Stata, ed è, sempre interpretata Quale Volontà di potenza della metafisica imperativa influente: non c'è una storia poetante del mito, una storia Né ontologica, nato una storia mitica, nato una storia ontologica, nato una storia mitica nel senso di Topologia del "Mithos" dell'essere Più che del mondo o della mondanità. Il futuro della libertà di ricerca della storia mitica del "Mithos", si presenta nel plesso, o nel chiasma, dell'essere storia della Gestell mitika dell'Esserci e del mondo, e storia della Gegenseyn dell'Esser mitiko Che ci in-contra, Che avviene in-contro, Risonanza Quale dell'essere animato sempre, eternamente ritornante nell'aldiqua dall'aldilà.
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L'Esserci mitiko Che ci Viene in-contro, Gegenseyn Quale è la donazione di misura, la Misurata topologica del "Mithos" e della storia mitika del "Mithos" animato Che Poeticamente abita l'Essere, oltre Che Il Mondo el'Esserci, Quale si eventua Stabilità del Kaos, morfogenesi visibile dell'invisibile, Koinè, linguaggio comune etico ed etnico dell'indicibile, dell'inaudito, dell'indecidibile mistero, mistico svelato del mito eternamente ed infinitamente interpretato Ermeneutica del vuoto silenzio della singolarità del "Mithos "Quale storia mitika del" Mithos ". La storia mitika dell'Esser "Mithos" è la storia dell'abbandono, della kriptazione, della latenza, dell'oblio dell'essere ontologico nell'Esser animato: Infinita SIA Quale vivenza dell'Esserci, SIA Vivenza Quale della mondanità eterna,, Mitica, indicibile, inaudita. L'Essere Che vi Viene in-contro o Che si in-contra è l'Essere animato Che Dalla latenza custodita kriptata,, curata, della radura della Topologia dell'essere, si eventua imperativamente Quale misura del tempo e dello spazio, dell ' Etica e dell'estetica, del kosmo e del Kaos, del bene e del male. Dell'Esser gettatezza Ma Quella "Mithos" non è semplicemente imperativo metafisico della Volontà di Potenza Quella è solo la sua metamorfosi teocratica, influente, altrimenti il "Mithos" SAREBBE solo una delle Varietà ermeneutiche, epistemiche, estetiche, astronomiche l'Esser gettati, Quale "Mithos" dell'essere animato Dà Stabilità alla più Complessa Ontoteologia o Teoontologia. Aldilà del bene e del male, anzi Quale fondatezza Che eventua ora l'uno ora l'altro o annienta SIA l'Unità, SIA l'alterità la storia Che si getta, Quale storia mitika del "Mithos", si presenta sempre Nella sua Varietà ontoteologica influente Che si da, Viene CI Che in-contro, Che si in-contra nei sentieri interrotti del "Mithos", Quale metastabilità del Kaos, orizzonte prospettico dell'Esser animato Che Dà senso all'Esserci, alla vivenza, alla Creazione, alla mondità, all'aldilà. L'Essere animato Che si in-contra si getta nell'Esserci, nel mondo, Vivenza Nella Quale impianto imperativo stabile della Volontà di potenza dell'essere Mithos: è la Gestell dell'essere animato Che ci Viene in-, contro metafisica non Quella , Etica o, epistemica, ma Quella metastabilità Che annienta il Kaos, il nulla, il niente oltrechè l'Esserci preesistente, per fondare la Topologia del "Mithos" dal nulla, dall'invisibile, dall'inaudito, dal vuoto cosmico. La Topologia dell'essere "Mithos" Che ci in-contra abita mistericamente il Fondamento dell'Esser animato, dell'Esserci della vivenza del mondo: abita la Stabilità della Gestell Quale venire in-contro della Presenza Che ci in-contra nell'Essenza dell'essere. La Stabilità dell'Esser animato è la storia mitika del "Mithos" controkaos Quale E che Risonanza Davanti ci presenta di fronte al Kaos per Essere Gestell topologica della radura, del vuoto dell'invisibile, dell'indicibile, dell'inaudito: la storia del "Mithos" è la storia dell'Esser di fronte al Kaos, Quale Essere animato Che ci Viene in-contro E che si in-contra Nella essenza della vivenza, dell'Esserci, della mondità. La storia del "Mithos" è la storia mitika della SIA metastabilità dell'Esser animato Che si presenta, ci si eventua, in-Nella dell'essere contra fondatezza, dell'Esserci Quale vivenza, del mondo, aldilà dell'essere. Il Metaodoseyn è il sentiero ininterrotto del Gegenseyn: eterno ritorno della risonanza dell'essere Che ci Viene in-contro, E che si getta alla Presenza dell'essere Che si in-contra di fronte dinnanzi,, Quale evento dell'essere animato.
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Il gettarsi incontro Nella metastabilità della Presenza SIA Quale Volontà di Presenza o teocrazia, SIA Quale dono della misura del "Mithos" o Ontoteologia, la storia mitika del "Mithos" da senso all'imperativo categorico del Gegenkaos Essere di fronte, Davanti, al Incontro Kaos del mondo. Ma la sua Presenza si eventua anche nel gettare nell'essenza del Fondamento dell'Esserci e della Vivenza l'incontro dell'essere animato, Quale Topologia dell'essere o Varietà dell'essere ontologico. La storia del "Mithos", sarà la storia dell'interfaccia, intervolto, interessere animato Che ci Viene incontro nel sentiero dell'essere. Il Campo del "Mithos" el'intervolto dell'interessere topologico animato. I sentieri del campo del "Mithos" sono la risonanza dell'eterno ritorno della storia del "Mithos". Il campo mitiko è l'intervarietà della Topologia dell'essere Quale campo metamorfico Che Dà Ortogonalità all'abisso, da la visione dell'essere animato all'invisibile, da ascolto al silenzio inaudito, Seno Dà al "Mithos" Getta I sentieri dell ' Essere animato nell'Abgrundseyn, nel senza fondo delle fondamenta dell'essere: il campo mitiko è la Gestellsein dell'Abgrundseyn, l'impianto della metastabilità Che s'eventua nei sentieri dell'abisso. La storia del "Mithos" è la storia del campo sacro, Quale intervarietà della topologia dell'essere animato. Il Campo Sacro e la metastabilità, la Gestell dell'abisso, dell'Abgrundseyn, dell'interessere, dell'intervolto, dell'interfaccia ortogonale imperativo dell'aldilà Che si eventua Quale vuoto cosmico, radura dell'invisibile, silenzio dell'inaudito, indicibile. Il campo sacro del "Mithos" è la risonanza dell'eterno ritorno dell'essere animato Che si getta NELLA STORIA Quale storia del "Mithos". Il campo sacro del mondo è la Gestell nell'Abgrundseyn, Quale Ortogonalità imperativa senza fondo nell'aldilà, oltre l'orizzonte, oltre il tramonto della storia, oltre la storia della multa, oltre l'eclisse del mondo della storia classica. Il campo sacro del "Mithos", la Gestell mitika, l'impianto mitiko ove l'Essere animato Che avviene, si getta dall'aldilà, ci Viene in-contro e si incontra Nella Gegenseyn Quale Davanti Essere aldilà Che si Presenza di fronte, , dinnanzi Quale intervolto, dell'invisibile, indicibile, inaudito del mito Nella Volontà di potenza metafisica influente nell'Etica,, nell'Estetica, Nella Noetica, nell'Ermeneutica. Il Campo del "Mithos" sacro si presenta sempre aldilà della semplice teocrazia, Quale Volontà di potenza della metafisica ideale dell'aldilà, Nella sua intervarietà di ontoteologia o Teontologia: Evento Che si incontra nei sentieri Seynweg della gettatezza dell'interessere animato Quale intervolto interimmagine dell'Abgrundseyn, dell'essere abissale Che si in-contra Nella radura topologica, nel vuoto ontologico, cosmico, Nelle singolarità nichiliste della cronotopia immaginaria. La differenza ontologica tra il campo sacro della storia mitika e la storia classica del "Mithos" si eventua Nella differenza tra la storia della Volontà di potenza dell'Esserci metafisico e la storia della Topologia dell'essere animato Che ci Viene incontro, si che in -contra, di fronte Quale Gegenseyn dell'aldilà, dell'abisso, matastabilità Quale, dell'Abgrundseyn Gestell. La storia del campo sacro è la storia mitika dell'immagine dell'essere Che ci in-contra di fronte: dell'immagine intervolto, Interbild. Il Campo del "Mithos" E la Bildseyn dell'abisso Che ci sta sempre di fronte, ci abita E che ci in-contra Quale aldilà.
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Ma il campo sacro del "Mithos", si presenta anche Quale impianto metastabilità,, struttura ontologica, in qualità di salvezza, cura, pensiero poetante della Physis. La storia del campo sacro del "Mithos" è anche la storia dell'essere al potere del mito: ma solo Nella sua Varietà di Bildseyn, di immagine dell'essere animato, mai Quale Volontà di potenza della metafisica dell'immagine del mondo. Anzi il campo sacro del "Mithos" con la sua Bildseyn influenza la mondità, mai PUÒ Essere soggetto, Giacchè la sua fondatezza si disvela sempre Dalla metastabilità dell'abisso, Che dell'invisibile, dell'indicibile, dell'inaudito, dell'aldilà Davanti si Presentano di fronte, in-contro alla mondanità, e si gettano Nella sua per ndatezza senza Essere mai fondati. In quel senso il campo sacro del "Mithos" è libero, è più libero, dalle immagini del mondo: la storia mitika del "Mithos", è la libertà Dalla Volontà di potenza della metafisica nichilista, della fine della storia, è più libera, Giacchè abbandona le immagini del mondo per gettare in-contro le immagini dell'essere animato. Il campo mitiko non è stato, e non sarà mai una nuova metafisica, se mai è la Teontologia, Essere senza ontologica: si eventua Invece Quale alterità, Essere senza differenza, e Quale relatività senza Essere dispiegamento. Il campo sacro del "Mithos" è la radura ove si getta e si incontra sempre di fronte l'evento dell'immagine dell'essere animato. La storia del "Mithos" è la storia dell'accadere della presenza, Volontà e potenza dell'immagine dell'essere Che si dispiega dall'abisso, dall'aldilà, dall'invisibile, dall'indicibile, dall'inaudito: che decostruisce il Tempo el'immagine del mondo, dell'Esserci, della metafisica imperante nichilista. Il campo sacro del "Mithos" crea lo spazio alla Bildseyn Che si eventua Dalla metastabilità dell'Abgrundseyn, ma non Dà fondatezza alla Grundseyn: SI Svela in-contro, di fronte, in relatività, Quale immagine dell'essere mai fondata nel, fondabile Né Dalla immagine del mondo, o dell'Esserci, o della Physis: Teontologia della Bildseyn Quale intervolto, intervarietà della Ikonaseyn del pensiero poetante. Il campo sacro del "Mithos" della Physis è la storia della differenza del venirci in-contro dell'essere e del Suo gettarsi nel mondo, Physis Nella cosmica: in qualità di immagine dell'essere Che si eventua, Quale Essere animato metastabile dell ' intervarietà dell'Abgrundseyn: Nella sua Varietà della semplice gettatezza Nella storia dell'Esserci, o dell'essere al mondo. Mai mondo nell'Essere o Volontà d'Essere mondità dell'immagine dell'essere. E Bildseyn sono i sentieri del campo sacro del Daseyn "Mithos", ove si eventua l'in-contro la Gegenseyn della Physis ontologica. Li la risonanza dell'essere Che ci in-contra, da senso alla Teontologia, Quale alterità della metafisica nichilista, in relatività con l'ontologia poetante della Physis. La storia di quell'in-contro si in-contra Nella risonanza della storia del "Mithos", Quale storia dell'immagine d'Essere Che si getta di fronte all'immagine del mondo o dell'Esserci: Bildsetn Che si getta in - contro al Daseyn. Il campo sacro del "Mithos" della Physis E quella Topologia ove la storia mitika si eventua Quale Bildseyn del Daseyn, ed anche dell'immagine del Attraverso mondo, l'immagine dell'essere animato in relatività con l'immagine dell'essere Che si Getta dall'aldilà, dall'invisibile, dall'abisso, Abgrundseyn, indicibile, inaudito.
Pag. 11 Ma il campo sacro del "Mithos" della Physis ontologica è anche la Topologia metastabile della Bildabgrundseyn: immagine dell'abisso dell'essere o dell'essere abissale Che si getta Nella storia del "Mithos". In qualità di Bildabgrundseyn il campo sacro del "Mithos" metastabilizza si in Bildgestellseyn, ikona della sua struttura ontologica, ove si eventua l'incontro tra l'Essere animato, dell'Esserci Bildseyn el'immagine. Il campo sacro del "Mithos" della Physis è al tempo stesso stabile ed instabile: la sua Stabilità e relativa all'Essere animato Che si eventua Quale Essere mitiko: dall'abisso dell'essere CI Viene incontro e in-contra l'Esserci ed Il mondo, la Physis e la sua struttura ontologica. Nella stabile E 'Gestell dell'immagine dell'Esser mitiko ma instabile nell'Abgrundseyn intermittente la Gegenseyn, Risonanza Quale dell'essere poetante della Physis. L'anfibologia del campo sacro del "Mithos" da alla sua Gestellseyn L'Essenza della metastabilità in relatività con l'ontologia, Quale Teontologia, in relatività con l'immagine dell'Esserci e del mondo Quale teokrazia della storia classica del "Mithos" . Essenziale E quella differenza, Perché crea la biforcazione tra l'immagine della storia mitika el'immagine del mondo della storia del "Mithos" della Physis. Il sentiero nel campo sacro del "Mithos" dell'immagine della storia del "Mithos" della Physis è interrotto Stato, Giacchè La storia si è dispiegata, ed anche, o immagine della Volontà di potenza della metafisica o teocrazia. La Teontologia, Quale immagine dell'essere mitiko Che si getta Nella immagine della storia del "Mithos" non è più presente Né nel mondo, nato nel sacro mondo, nato nel mondo sacro, nato nell'Esserci del sacro campo del "Mithos" della physis. Solo la libertà di ricerca eventuerà nel futuro Un'immagine della storia del "Mithos" dell'Esser gettatezza quale "Mithos" animato, Che si disvela dall'abisso dell'aldilà. Solo così il campo sacro del "Mithos" della Physis Quale campo dell'immagine o interimmagine animato della storia del "Mithos" eventua la storia del mondo animato, fin'ora Mentre la storia del mito si è Presentata nell'interpretazione dell'immagine del mondo imperativa ed influente, Quale Volontà di potenza metafisica sull'immagine della storia del mito della Physis. Nella storia del "Mithos" della Physis si eventua una interferenza: quale immagine della storia del campo sacro del "Mithos" che da la misura non solo al mondo, all'immagine del mondo, all'Esserci, alla vivenza, ma anche al nulla Fondamentale purtroppo all'essenza dell'essere, la storia mitika libera, esprime, disvela la verità, ma anche la occulta, la oblia, la Kripta Sotto la parvenza della cura, della latenza Che custodisce conserva, accudisce, consacra e contempla. L'interferenza ontologica Nella differenza Ermeneutica del Capo del Sacro "Mithos" della Physis da la misura della sua Volontà di potenza imperativa kategorica, ma anche la valenza dell'Esser mito Quale sentiero, di libertà di svelatezza della Libertà, di contemplazione Che dekripta l 'Evento dell'Incontro Che ci incontra nel chiasma dell'Esser animato, immagine qualifiche in relatività con l'Essere ontologico. Quella interferenza Che Appare originariamente nel campo sacro del "Mithos" della Physis, ma anche si eventua in altri campi Quale la psiche o la Physis o la Koinè, disvela la ontologica tra l'Essere-sé dell'Esserci nel mondo el'esser differenza -Sé Quale Selbstsein: Nella storia del "Mithos" della Physis c'è sempre la trivarietà della Topologia dell'essere: Seyn, Daseyn, das Selbstseyn ove l'Esserci ol'Essere è indeterminato, ma sempre in relatività Quale Daselbstseyn: sempre Esserci nell'Essere-sè e nell'Essere al di là dal sé, dal Selbstseyn, senza paradossi di identità o di Principi logici di contradizione, anzi quelle evenienze non fanno Altro che confortare l'imperativo categorico del campo sacro del "Mithos" della Physis .
Pag. 12 L'interferenza di Quella presenza, indeterminatezza nel campo sacro del mito ontologico della storia mitika del "Mithos" della Physis da la misura dell ', dell'invisibile, dell'infinitesimale, dell'indicibile, dell'inaudibile, del bene e del male , ma anche della das Selbstsein dell'adilà del bene e del male, dell'aldilà del Mondo e del nulla, dell'aldilà del tempo e dello spazio, dell'aldilà della cronaca e della storia mitika, e dell'etica dell'adilà , dell'estetica dell'aldilà della guerra e della pace. Nell'interferenza ontologica Varietà Quelle sono solo episodi ed eventuali dell'immagine del campo sacro del "Mithos" che da la misura dell'Esserci Quale Essere-sé nell'Essere animato nel mondo animato, animata Nella Physis. La storia mitica del "Mithos" è creatrice di storia, non solo Nel suo campo sacro del "Mithos" della Physis, ma in generale e nel senso della globalità, Quale evento della nuova libertà: libertà d'Essere animata in qualità di Varietà della das Selbstsein: Esserci, Essere mitiko, Essere in relatività con l'Essere aldilà. La nuova libertà d'Essere animata è creatrice di storia del campo sacro del "Mithos" della Physis, ma anche di Quello immaginario, virtuale ortogonale,, metafisico influente nichilista, decostruttivo, ermeneutico, epistemico, etico, estetico, sinergetico. Il campo sacro del "Mithos" Quale storia sacra del "Mithos" della Physis Sarà così il Fondamento della nuova libertà: libertà d'Essere Contemporaneamente, Quale das Selbstseyn, Esserci, Essere alterità nell'aldilà, Essere mitiko dell'essere animato. Il Campo del Sacro Mithos così non è, l'unico, ma il più evidente Nella Creazione della storia, SIA Gestell, SIA Gegen-Gestell: o meglio, e di più, è il Gegen-Stell: l'impianto della storia mitika della Physis, struttura ontologica Che ci Viene incontro dall'adilà, dall'alterità, ma che ci in-contra nel sentiero dell'essere animato. Il Gegen-Stell, la sua struttura ontologica, è la metastabilità Che ci Viene incontro, Quale Presenza Che ci incontra nel campo sacro del "Mithos" della Physis per impedire il declino nel nulla, nel kaos, nell'abisso, nell'Abgrundseyn. La storia mitika Che crea la storia dell'immagine del mondo, è La presenza metastabile dell'aldilà, dell'alterità Che ci incontra sempre di fronte, per interferire nel declino, klinamen nel abissale della metafisica nichilista tramontante, eclissante. Ma affinchè appaia La presenza della storia del "Mithos" della Physis nel campo mitico interferente non è Sufficiente il sapere dell'Esserci e del mondo, MA L'indispensabile dispiegare il sapere dell'essere animato Che si eventua di fronte e ci incontra dall'alterità dall 'aldilà. Il campo mitiko della storia del "Mithos" della Physis si presenta nel mondo della storia solo Attraverso il sapere del Fondamento dell'essere animato, il Quale s'eventua sempre Quale interferenza Che ci incontra sempre di fronte, E Viene ad abitare Poeticamente il sacro campo della storia mitika dell'essere animato. Solo il sapere dell'essere consente di Essere sempre di fronte ed incontro all'Essere mitiko nell'equilibrio del campo sacro del "Mithos" che consentirà di decostruire e CREARE IL sentiero della storia del "Mithos" della Physis. Il sapere dell'essere mitiko si dispiega nel campo sacro del "Mithos" della Physis Quale Creazione della storia mitika del "Mithos", Che fondatezza da, getta nel mondo e nell'immagine del mondo mitiko le kategorie del "Mithos" e la verità dell'essere animato. Il sapere dell'essere mitiko Che ci Viene in-contro e ci incontra nel campo sacro del "Mithos" della physis, Quale sapere mitiko dell'essere animato, Nella getta che storia mitika del "Mithos" della Physis la sua creatività, la sua verità, la sua missione dell'Esserci, la sua immagine del mondo.
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Quella sapienza mitika dell'essere "Mithos" della Physis Che si eventua sempre di fronte, Quale Essere animato trascendente la semplice Volontà di Potenza Metafisica teokratica, o nichilista o sinergetica kosmica per dispiegare, nel campo sacro del "Mithos" che crea la storia sulla Volontà di verità del "Mithos", e sulla Volontà animata, o Volontà mitika della storia mitika. Mai Sarà animata una nuova ontologia, ma è già trascendenza e tramonto della metafisica nichilista, epistemica, Ermeneutica, paradigmatica Che disvela l'immagine del mondo Quale creatività dell'immagine della storia della globalità del mondo. La Volontà di verità mitika fonda la Teontologia, Quale sapere dell'essere animato nel campo sacro del "Mithos" che crea la storia del "Mithos" el'immagine della storia dell'Esserci globale del kosmo: la storia mitika della Physis Quale misura della Storia del mondo mitiko.
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Cap. 3 ^
UN "ATTRATTORE STRANO" Nella CRISI della Concezione PROGRESSIVA.
La ragione: il problema Fondamentale dei nostri tempi. Prima di Leibniz non esisteva una teoria dei fondamenti della Ragione: il primo assioma logico dei fondamenti della razionalità moderna è rinvenibile Nella frase leibniziana: "nihil est sine ratione", niente è senza ragione ovvero nessun ente PUÒ esistere senza un Fondamento, senza una razionalità . Metafisica Ma quando si opera l 'oltrepassamento della E QUANDO si attua la "differenza ontologica", e ancora Fondamentale quell'assioma leibniziano e, successivamente, hegeliano? Le conoscenze razionali sono confutabili SIA Attraverso la messa in crisi dei fondamenti SIA Attraverso la costruzione di una metafisica Che pone ai fondamenti originari dei Problemi irrisolvibili, aporetici e paradossali. La logica è entrata in crisi irrimediabilmente. Tale crisi già era, in origine, permanente? La risposta è forse rinvenibile Nella contrapposizione Che Heidegger instaura tra il "nihil est sine ratione" leibniziano e A. Silesio per cui "la rosa è senza Perché, poiche Fiorisce di sé, non gliene cale; CHIEDE non vista d'essere". Ora, Di queste contemporaneità, sorgenti in simultanea, tra nascita dei fondamenti e crisi degli Stessi è intrisa la storia della ragione. E 'la storia della logica Che si ripete E che si ritrova ad un bivio, ad una biforcazione. Fin dall'origine, Nella Logica è presente questa biforcazione o "ontologica differenza" originaria: Quale Coesistenza di causa "logos" dell'ente e l'eristica Quale dinamica interna, dis-Cordia dell'ente. Il problema del tramonto dell'Occidente, la tematica della crisi delle civiltà, delle ideologie, dei sistemi: risonanza di un problema più Essenziale, Quello della crisi dei fondamenti, del Fondamento della ragione. C'è una Contemporanea Necessità di Comprendere, riflettere sulla natura, sulla sua ipotetica e reale crisi irreversibile. Se problematica simile è intrisa di Paradigmi letterari e filosofici o in crisi o neo-metafisici è forse enunciabile una tematica nuova Che Dovra Essere poi fusa con la teoria della crisi? Il motto di Windelband va Preso sul serio: «Comprendere Kant, significa andare oltre Kant». DOBBIAMO dunque chiederci in cosa consista propriamente Che lo Sforzo di «andare oltre Kant». Una risposta Che tipo di dati è Stata, è rinvenibile NEGLI atti di una celebre Controversia filosofica, ossia Nella storica e definizione sistematica del neokantismo Che Martin Heidegger fece valere nei Confronti dell'ultimo Rappresentante della Tradizione neokantiana - Ernst Cassirer - a Davos nel 1929.
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Intorno al 1850 La situazione E che racconto tanto le scienze dello spirito Quanto quelle della natura Hanno Preso Possesso della totalità del conoscibile, per CUI Sorge La questione: che cosa rimane ancora alla filosofia, se la totalità dell'ente è Stata spartita tra le scienze ? Le rimane solo la Conoscenza della scienza, non la Conoscenza dell'ente, e questo punto di vista è determinante per il ritorno a Kant. Di conseguenza, Kant Stato è visto come teorico della Teoria della Conoscenza Fisico-Matematica. La Teoria della Conoscenza, questo Stato è l'aspetto sotto il Quale si è visto Kant. ANCHE IL Husserl Tra il 1900 e 1910 in un certo senso è caduto Nelle braccia del neokantismo (M. Heidegger, Kant e il problema della "Metafisica"). Propone una Definizione similitudine una diagnosi esatta: è verissimo Che alla Costituzione del neokantismo contribuisce Il Mutamento dello status della filosofia, Sviluppo singolo racconto non sottrae alla filosofia tradizionali ambiti di sua competenza, ma al tempo stesso la spinge ad assumere Il ruolo di "scienza della scienza ", ovvero - al di là della Formulazione di sapore fichtiano di riflessione Sulle forme e le strutture conoscitive Attraverso le qualifiche si costituiscono le diverse Regioni del sapere ei Diversi Livelli dell'oggettività: come dice Heidegger,« la Conoscenza della scienza, non la Conoscenza dell'ente ». Qui si coglie l'inadeguatezza della Definizione di Heidegger: non è affatto vero, cioè, Che «Kant Stato è visto come teorico della Teoria della Conoscenza-fisico» matematica. Ma non si Dovrebbe mai dimenticare Dall'inizio Che peccato, basti pensare uno Lange, l'immagine del neokantismo come di una "grigia" Teoria della Conoscenza Storicamente è parziale e non Conto da, di Ciò che tutto il neokantismo Volle Essere e di Fatto fu: una filosofia sistematica della cultura o, come dirà Cassirer, delle «forme simboliche» in CUI SI ARTICOLA la cultura. Nella polemica di Heidegger alla Quale si sono richiamati Invece MOLTI Studi recenti Comporta un rapporto molto più stratificato con Kant, non solo con il Kant della Critica della ragion pura, ma anche con Quello della ragion pratica e - Soprattutto - con il Kant della Critica del Giudizio Da qui il peculiare giudizio su Nietzsche formulato da Carnap nell'opera proprio in CUI Egli compie la famosa analisi di Was ist Metaphyisik? (1929) di Martin Heidegger. Scrive Carnap in «Logiche Überwindung der Metaphysik durch Analyse der Sprache» (1932): «La nostra congettura, secondo la metafisica non CUI SAREBBE Altro che un surrogato, e per di più insufficiente, dell'arte, pare Confermata anche dal Fatto Che proprio Il metafisico dal più forte temperamento artistico Che FORSE SI SIA mai dato, cioè Nietzsche, ha commesso meno di tutti l'errore di commistione quella. La Maggior parte delle sue opere ha un prevalente contenuto empirico, vi si tratta, per esempio, dell'analisi storica di determinati fenomeni artistici, ovvero dell'analisi storico-morale della Psicologica. Tuttavia, nell'opera in CUI Egli esprime con la massima Efficacia Ciò che altri dicono per mezzo ossia della metafisica o dell'etica, in Così parlò Zarathustra, non sceglie l'Equivoca forma TEORETICA, ma si decide apertamente per la forma dell'arte , la poesia »(trad. it.,« Il Superamento della metafisica mediante l'analisi logica del linguaggio », in Il neoempirismo. Il rapporto fra Carnap e Heidegger è molto più complesso di Quanto comunemente non si creda. Recentemente è Stato riesaminato Soprattutto da M. Friedman in Parting of the Ways A. Carnap, Cassirer e Heidegger, OpenCourt, Chicago & La Salle
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Colmo Divario racconto felicemente il matematico e filosofo Henri Poincaré, una specie di Kant liberato dai rimasugli della scolastica medievale e sino con il Crisma della scienza moderna. Parrini, «Sulle vedute epistemologiche di Enriques (e di Croce)», Rivista di Storia della filosofia. Quelli che passeranno a Vienna e diverranno esponenti di punta del Verein Ernst Mach (Schlick e Carnap, Reichenbach diventerà la figura propulsiva della Gesellschaft für Philosophie empirische (poi di Hilbert, Gesellschaft fu wissenschaftliche Philosophie). SI TRATTA di ELABORARE una posizione di tipo empiristico, il convenzionalismo di Poincaré, in grado di Evitare gli eccessi del sensismo di Mach senza per questo sconfinare in Posizioni kantiane e neokantiane come quelle sostenute da Cassirer. I campi dei fondamenti della geometria, della logica e della fisica matematica: una profonda TRASFORMAZIONE della Concezione kantiana dei Principi sintetici a priori: Principi Che sono necessari, certificati e non rivedibili ma altresì APPLICABILI al mondo naturale Dato Nella nostra esperienza sensibile. Le rivoluzioni Nella matematica e fisica matematica Nella Hanno mostrato Che nessun principio del genere è stabilito in modo assoluto una volta per tutte. Principi tipicamente non empirici, i Quali, Nonostante la Loro Tendenza ad andare Soggetti uno revisione in periodi di profonde rivoluzioni concettuali, sono in Ciascun momento costitutivi della intelaiatura della Ricerca nelle Scienze Naturali delle regole del gioco. Principi vigenti al momento Che la Conoscenza scientifica DEVE La sua validità oggettiva e la sua comunicabilità intersoggettiva. Nuova Concezione Che Possiamo Chiamare i Principi a priori relativizzati (relativizzata principi a priori) e di descrivere in modo dettagliato come SIA possibile l'esperienza scientifica oggettiva. Che lo sottende L'idea di un a priori relativizzato il Quale struttura gli avanzamenti empirici della scienza naturale riveste una rilevanza filosofica centrale. Riflesso contemporaneo Nella Concezione di Kuhn delle regole o 'Paradigmi' Che definiscono un dato di 'scienza normale'. Non è forse Necessario Intraprendere una vera e propria "ontologia del tempo" prima, e poi Creare e / o esplicitare l'ontologia del tramonto? SE NON ESISTE un'ontologia del tempo come si fa ad Individuare un'ontologia del tramonto o della crisi al di fuori ed al di là della "Metafisica del tramonto? Potrebbe essere utile Procedere verso un'innovazione teorica, per Individuare Una soluzione del problema del tramonto, Attraverso l'uso Che è Stato Fatto dell ' "attrattore strano" di Lorenz per la crisi delle scienze. SI PUÒ quasi concepire il problema strano del tramonto come l'evidenziarsi di un "attrattore" Possiede Che in sé i limiti del Suo dispiegamento ma che procede Seguendo una direzionalità verso un itinerario, abissale forse, DI CUI non conosciamo ancora perfettamente e gli esiti possibili . In breve: si conosce quasi perfettamente il confine del problema ma è ancora impossibile percepirne il percorso, prefigurarne futuro l'itinerario. Se non sarà possibile Individuare un itinerario da "attrattore strano" Nella temporalità, allora, in assenza di altri Paradigmi si tornera ad una visione ciclica e mitica Giacchè pare irreversibile la crisi della Concezione progressiva.
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Cap. 4 ^
TEMPORALITA 'LINEARE ed "Immaginaria"
La visione del tempo è enucleata nell'elaborazione scientifica del tempo ovvero da un'elaborazione linearizzata del tempo. Con l'introduzione delle macchine, ma anche la linearizzazione del Concetto di tempo cambia o si evolvono: invece di Essere Diviso in parti dovute, il "tempo" Viene investito Nella sua natura Essenziale da un Meccanismo tecnologico Che ne incrementa differenzialmente le POTENZIALITA e le valenze. Il problema del "valore" Concezione del "valore". La teoria del "valore" c'è tutta la visione lineare e positivistica del tempo se fino agli anni'60 ha funzionato, Dopo, con l'Irruzione delle Nuove Tecnologie è entrato in crisi. Non è forse un pò datata e coeva alle teorie ottocentesche la visione linearizzata del tempo? E peraltro Ogni Tentativo di Uscire da questa gabbia della temporalità lineare non fa ricadere Chiunque Nella visione ciclica e mitica del tempo? Perchè il Dibattito sul problema del tempo che la filosofia, la scienza nonchè la moderna letteratura (Proust), Nell'ultimo secolo ha Elaborato non è entrato in Connessione-collusione col paradigma temporale soggiacente nella "teoria del valore"? Richiamare bene E 'tre passaggi dell'epistemologia sul tempo, condensabili in tre figure di pensatori: Bergson, Heidegger, Hawking. E 'di Bergson La nozione di fondata nel tempo sulla metafora dello srotolamento del passato verso il rotolamento del futuro; di Heidegger è possibile richiamare la metafora del sentiero Che montagna sulla vendita: Ad ogni curva pare Che torni il sentiero verso il passato ed Sta. Invece per risalire sul Vertice del futuro. A causa CI portano uno rappresentare una visione della temporalità "altra" Quella da lineare: si passa da Un'immagine bidimensionale dell'800 ad una tridimensionale ove la visione lineare è semplicemente un aspetto particolare Queste. Euclidee Qui c'è lo stesso passaggio verificatosi Quando la geometria euclidea fu superata dalle geometrie lobacewskyane o iper-euclidee o non, c'è lo stesso passaggio di Copernico Quando scopri la non realtà delle teorie tolemaiche. Aspetti della ricerca epistemologica, Filosofia della Conoscenza, Filosofia della Scienza, Stessa Nella scienza. Il Tentativo di assorbire integralmente la filosofia Nelle scienze trova la sua principale ragion d'Essere NEGLI Sviluppi del sapere scientifico Nella Tendenza ad occupare spazi tradizionalmente riservati alla filosofia. I recenti Sviluppi post-positivistici tanto della Filosofia della Scienza della Filosofia della Conoscenza, o dell'intersezione Fra queste Nell'ambito delle scienze, ma anche di rimpiazzarla con l'Ermeneutica, come e Stato proposto da Rorty sulla base della sua critica alle concezioni gnoseologiche di tipo realistico e fondazionalistico. Aristotele »diceva dell'essere si parla in tanti modi ed Essere Alcuni paiono ancora utili e sensati.
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Aspetti della ricerca epistemologica, Filosofia della Conoscenza, Filosofia della Scienza, Nella scienza stessa. Il Tentativo di assorbire integralmente la filosofia Nelle scienze trova la sua principale ragion d'Essere NEGLI Sviluppi del sapere scientifico Nella Tendenza ad occupare spazi tradizionalmente riservati alla filosofia. I recenti Sviluppi post-positivistici tanto della Filosofia della Scienza della Filosofia della Conoscenza, o dell'intersezione Fra queste Nell'ambito delle scienze, ma anche di rimpiazzarla con l'Ermeneutica, come e Stato proposto da Rorty sulla base della sua critica alle concezioni gnoseologiche di tipo realistico e fondazionalistico. Aristotele »diceva dell'essere si parla in tanti modi ed Essere Alcuni paiono ancora utili e sensati. In nuce c'è qualcosa Che Possa approdare ad una nuova visione della temporalità? La visione del tempo lineare Dipende Dalla Possibilità di calcolare, con i numeri reali, un segmento e / o una linea retta. Ma quando Vengono scoperte altre teorie di numeri non reali ma Nello stesso tempo razionali e naturali anche La possibilità di calcolare un tempo non lineare diventa un gioco. Hawking verso la metà degli anni '70 elaborò, Attraverso i "numeri immaginari", la teoria del "tempo immaginario". I "numeri immaginari", si sa, sono perfettamente numerabili, calcolabili anche se non commensurabili con le altre teorie numeriche (numeri "reali", "naturali", "irrazionali "....) Nell'estate del 1995 a Firenze, S . Hawking ha capovolto la visione: da singolarità dello spazio implosivo del cosmo, una singolarità gettante energia continua nell'universo antientropica ed. Quale paradigma si è eventuato? Un modello spaziale delle singolarità spazio-temporali o singolarità cosmiche virtuali dell'ipospazio nell'iperspazio temporale.S.Hawking ha disvelato nell'abisso della spazialità relativistica einsteiniana, l'ipospazio soggiacente Che non è un "nulla" o un "niente", ma una "superentità" della ipospaziale topologia fluttuante.Nel modello matematico proposto da Hawking, le parti stabili delle singolarità cosmiche s'immaginano instabili, per la nota teoria dell'indeterminatezza di Heisenberg: non si potra mai sapere con assoluta precisione, pur disponendo della Migliore thecnè "futuribile, Quale status possiedano le particelle elementari ai confini dello spazio vuoto: se statico e impermeabile Percio A qualsiasi fenomeno di attraversamento quantico, o instabile ed" ek-statico "e Pertanto vibrante di gettatezze singolari, strane o virtuali. Tra le tante possibili o probabili o immaginarie o virtuali Alcune omologhe e coerenti e simmetriche o asimmetriche o super-simmetriche: tant'è Che nell'ipospazio soggiacente, esisterà Almeno una superstringa di particelle virtuali o superonde fotoniche o gravitoni, Capace di Attraversare l ' Orizzonte degli eventi da uno spazio-tempo ad un altro: e, per simmetria, sara anche non impossibile il chiasma ipospaziale della super-stringa cosmica. Getti quantici instabili e virtuali, se simmetrici, creeranno un campo gravimagnetico implosivo; se asimmetrici, un campo di fissione esplosivo estatico: genesi, dal "nulla" o dal "niente" o dal "nihil" cosmico, della materia o antimateria virtuale: singolarità dello spazio-, tempo quantistica della relatività cronotopie. Sarà così? Nessuno, forse per qualche secolo potra Rispondere a similitudine domanda cosmica, ma, analizzando con Maggior Attenzione, il modello topologico di S. Hawking Alcune Illuminazioni per eventi Fondamentali della fisica sono possibili. Di tanti, sono qui enunciati solo Alcuni, forse non d'immediata temporale Necessità, ma in futuro, dotati di qualità virtuose essenziali.Il chiasma ipospaziale PUÒ Essere immaginato stabile e statico o instabile ed estatico, o strutturalmente stabile ed estatico.
Pag. 19 Le graviquantiche curvatura dello spazio-tempo circondanti si inabissano in singolarità ipospaziali virtuali: Tali da Creare una curvatura positiva circolare e simmetrica alla Corrispondente biunivoca: una superstringa infinitesima Quantica e di dimensioni prossime alla costante di Planck (10 Elevato -35). La virtualità ipospaziale dara alla luce una stringa cosmica ove il flusso di materia o antimateria virtuale ellittica o spiralica, si configurerà Quale campo soggiacente l'ipospazio Virtuale. La superficie gravitazionale dell'universo s'increspa in negativo, secondo il ritmo dei numeri immaginari coniati da Hawking, fino a disvelare nell'ipospazio soggiacente, le superstringhe morfogenetiche del campo graviquantico: se simmetrico implodente, se uno spin asimmetrici Virtualmente aggettante nuova energia nell'universo, tanto da Generare nuovi, o in passato, big-bang. Per super-simmetria la stringa ipospaziale s'inabisserà nell'ipercronotopia, tanto da convergere verso la simmetria vicina, o lontana, anni luce.Si eventuerà un chiasma ipospaziale, morfogenesi virtuale e di altri multiversi singolari o strani o immaginari.Se la scienza non ci inganna, e le riflessioni di Hawking sono dense di pregnanza e salienza, siamo di fronte ad un evento della visione del kosmos sconvolgente e paradigmatica al tempo stesso, Capace di relegare uno Particolarità divertenti, tutte le teorie precedenti. Ma anche pregnante talmente da disvelare modelli nuovi, utili per dispiegare gli eventi immaginati da Hawking e svelare salienze ed inaudite ancora inimmaginabili.Là si disvela un modello metabolico cosmico Che s'eventua dal nulla, o dal nihil, virtuale ma che forma un chiasma uno Stringa immaginaria, e in generale delle Nazioni Unite ipospazio virtuale immaginario.Sarà Quella morfogenesi cronotopica uno stabilizzare un campo gravi-quantico estatico o pregnante di gravità quantistica.In Quella supersimmetrica singolarità, le dovute singolarità cosmiche Saranno forse eternamente intangibili, statici, o supergravità delle cronotopie Periferiche , ma generanti un campo ipospaziale comunicante e fluttuante e aggettante materia ed antimateria, particelle virtuali e strane, galassie e universi.Per conferire rigorosità e bellezza ad un simile modello di singolarirà virtuale ipospaziale, è possibile inscrivere quel paradigma descritto con i numeri immaginari in Varietà topologiche o meglio in trivarietà.Il doppio chiasma ipospaziale virtuale, Sarà una bivarietà ove s'inabissano le Polarità estreme ed Inferiori, Quando le pareti si disvelassero instabili, un indeterminato ed ekstatiche.La bivarietà virtuale immaginata da Hawking si inabissa nell'ipospazio d' toro topologico attraversando una stringa cosmica, anch'essa formata da una bivarietà topologica.Nella supersimmetria immaginata da la doppia bivarietà toroidale si disvela Quale singolarità virtuale del chiasma, Hawking topologico. Ma Quel che Appare alla nostra visione non è Altro che una composizione frattale della trivarietà ove le singolarità spazio-temporali possono disporsi Nella più assoluta libertà universale cronotopia Nella, senza alcuna Stabile coessenzialità temporale e spaziale, da favola e molto apparire le singolarità kosmiche singolarità uniche inequivocabilmente nell'universo Distinte, ma in realtà ben inserite nel campo graviquantico Attraverso l'ipospazio virtuale di SH Se quel paradigma è pregnante in macro nel cosmo, nel Altrettanto Sarà micro, tant'è Che non sarà tanto difficile immaginare stringhe micro Nella regione di Planck, ma supersimmetriche alla ipospazialità di Hawking. Sarà bene riflettere sulla cronotopia virtuale creata Hawking e ben disvelata dal modello topologico della trivarietà.Quindi Hawking ci fornisce, per la prima volta, La possibilità di calcolare una temporalità cosmica non lineare E quindi ci dischiude una visione della temporalità "altra" dai Paradigmi delle narrazioni dell'800. Se la scienza e la filosofia Hanno Elaborato una formalizzazione della temporalità diversa.Quel Che ci Appare in luce ed in modo dispiegato fu presente, in nuce? Prima, però, un Raffronto tra la visione temporale lineare e la tridimensionalità del "tempo immaginario".
Pag. 20 Mentre la classica visione del tempo procede per Spostamenti progressivi e lineari Come se fosse una freccia (la famosa freccia,, del tempo), l'evoluzione del "tempo immaginario" si dispiega Nella superficie di una sfera, sorge da un polo "immaginario" (il nord) raggiunge l'Equatore e si chiude in un polo, di linee congiungenti, "immaginario" (il Sud). Se si pongono Le Due diverse interpretazioni del tempo in relazione, si comprende come c'è una Convergenza ma anche una biforcazione nel percorso. Ora, se il "valore" Dipende da un "tempo" lineare, Che tipo di "valore" esisterà Qualora lo si volesse calcolare Attraverso l'interpretazione del "tempo immaginario"? SE ESISTE un'evoluzione Nella Concezione del tempo, ne esisterà un'identica Nella Concezione del "valore"? Ovvero se ESISTE un "tempo immaginario" esisterà un "immaginario valore"? Ci siamo trovati di fronte uno questo tipo di problema di alta innovazione tecnologica e scientifica e di fronte A questo dilemma, Venga determinato da un "immaginario valore" non quantificabile. Ora i sistemi di software, di alta tecnologia e di comunicazione planetari Prevalentemente dipendono dal "sapere", è possibile Che esista un "immaginario Valore" non ben definibile e quantificabile ma che "muove" le sorti del sistema-mondo? Forse la teoria del "valore" Dovra Essere integrata Dalla sommatoria tra il "tempo lineare" il più "tempo immaginario", una struttura siffatta portera ad una somma del "valore" Originario più il "immaginario valore" della teoria del "tempo immaginario" di Hawking. SI PUÒ Costruire una teoria non più dipendente Dalla semplice nozione di "valore" ma semmai arricchita dalla Nuova visione del "Valore immaginario". Si potra stabilire un'evoluzione della stessa nozione, qual calcolo di un segmento di una retta euclidea, Quale calcolo differenziale di una retta, fino a scoprire e / o Inventare un "valore immaginario" calcolabile Quale tridimensionale di una superficie sferica Varietà. Quindi il "valore" avrà in sé una trivalenza Chiaramente mutuata da una differente compresenza della temporalità: alle classiche dovute "assoluto" e "Relativo", si aggiungerà Quella nuova (naturalmente da Rendere suffragabile dal consenso della comunità scientifica) denominabile in "valore immaginario". Nel calcolo Sarà possibile Aggiungere anche il "Valore immaginario" E quindi la teoria del "valore" non risulterà più inficiata da inconcludenze teoriche: così come un ESISTE "immaginario valore". E 'un investimento iniziale Che Verrà ad Essere messo in atto PER PRODURRE e procurare le risorse scientifiche Intellettuali e Sistemiche SIA Perché il "variabile" il Che "costante" Passano entrare in sinergia ed armonia.
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Cap. 5 ^
CRISI dei FONDAMENTI, "Zeit-Raum": CAOTICA la TEMPORALITA '.
Un'espressione, divenuta molto familiare, attraversa la cultura in generale: "è un caos". Qualche volta è sinonimo di confuso, qualche altra volta di coacervo di fenomeni o Viene usata per definire una Situazione ingovernabile, conflittuale fino agli ultimi termini ed incapace di una qualche Stabilità certa. "Caos E 'un" è un'espressione Che Viene usata per esprimere la Dissolvenza di una qualche identità, telos, lineamenti e fondamenti e sta per "non Certezza nessuna ESISTE, finalità, non c'è nessun Fondamento". "Emerge con precipitazioni diffuse, una rilevanza culturale, filosofica e scientifica l 'episteme" a causa di congetture: la più originaria PRENDE spunto Dalla dialogia tra apollineo e dionisiaco ove Ogni sapere, ogni senso non ritrova più in sè e fuori di sè le coordinate Fondamentali: Il mondo è Dominato da un'instabilità permanente, caotica appunto; Il senso della temporalità, in questa visione, avverte il declino della SIA SIA linearità della ciclicità senza un dispiegamento, però, di Un'interpretazione verso altre forme della Conoscenza e del sapere: il Senso di questa congettura rimane sempre al di qua del senso caotico contemporaneo. Roberta Lanfredini nei materiali approntati per il Corso di Perfezionamento in "Epistemologia teorica e applicata nel testo" Dall'empirismo logico all'epistemologia odierna " afferma: "L'ideale GENERALE E Racchiuso chiave nell'espressione" filosofia scientifica ", una espressione dell ricorrente sempre 'Empirismo logico. Ecco come Kuhn delinea l'ideale di una filosofia scientifica: "Noi tutti eravamo abituati Stati uno credere, in maniera più o meno assoluta, in una versione o nell'altra di un complesso tradizionale di convinzioni. La scienza procede dai fatti Forniti dall'osservazione. Questi fatti sono oggettivi nel senso Che sono interpersonali: tutti gli Osservatori umani normalmente dotati possono accedervi e non possono dubitarne. Certo, prima di diventare Poter dati avrebbero dovuto Essere Scoperti, e la Loro scoperta richiedeva Spesso l'invenzione. Il Bisogno di scoprire i fatti non era Però Considerato una Minaccia alla Loro autonomia. Il Loro lo status di punto di partenza oggettivo, disponibile a tutti, rimaneva salvo. Questi fatti Vengono prima delle leggi e delle teorie scientifiche alle qualifiche forniscono i fondamenti E che sono, una volta loro, la base per la spiegazione dei fenomeni naturali. Al contrario dei fatti su CUI si basano, leggi queste, spiegazioni e teorie non sono semplicemente data. Allo Scopo di trovarle Occorre Interpretare i fatti - leggi escogitare, teorie, e spiegazioni per aderire ad ESSI
Pag. 22 E l'interpretazione è un processo, per niente uguale per tutti: CI SI PUÒ aspettare Che si interpretino i fatti in maniera diversa, Che si escogitino leggi e teorie diverse. Costruiti in modo Diversi QUESTI processi costituivano Ciò che è denominato metodo scientifico ". La riflessione sulla attività scientifica delineata da Kuhn è Stata denominata da Putnam "Concezione Standard" dell'epistemologia. E che il punto Quella Stessa Concezione è Stata drasticamente messa in crisi. "A tutti noi - continua Kuhn - ERA STATO insegnato qualcosa del genere, Dopo secoli di Sforzi, non si Stava rispondendo alla cura. In primo luogo i fatti, frutto dell'osservazione, sono risultati modificabili. I risultati differivano tra loro, anche se mai di molto. E queste Differenze bastavano Spesso uno influenzare i punti cruciali di Un'interpretazione. Inoltre i fatti non risultavano mai Essere semplici fatti, indipendenti da convinzioni e teorie ESISTENTI. Produrli richiedeva un apparato Che dipendeva Dalla teoria, Spesso Dalla teoria Che gli esperimenti avrebbero dovuto sottoporre uno controllo. In queste circostanze gli Individui Fedeli uno uno oa Un'altra interpretazione uno volte difendevano il proprio punto di vista in modo Che violavano le Norme di comportamento professionale. Non mi riferisco in particolare all'imbroglio ma all'incapacità di Riconoscere scoperte Che andavano controcorrente, alla Sostituzione della Argomentazione personali con opinioni e ad altre tecniche del genere, non Invece Che sono stato affatto rare. (Critica contro Dogma, pp.161-163). Il termine CUI la strada percorsa dalla Nuova Epistemologia conducono E il Relativismo (non ESISTONO ipotesi teoriche più giustificate di altre, non solo non ESISTONO giustificazioni nel senso forte del fondazionalismo, ma non ESISTONO Nemmeno ragioni nel senso debole Dell'Anti-fondazionalismo; ragioni, cioè, relativizzate e contestuali: è questo il senso del famoso motto feyerabendiano "anything goes"); il soggettivismo (Qualsiasi ipotesi, lungi dall'essere verificata o falsificata da asserzioni empiriche, si autoconvalida autocertifica e, in un processo circolare irrimediabilmente: è questa La tesi del carattere dell'osservazione teoria carico); l'irrazionalismo (se è vero Che non ESISTE una base osservativa neutrale e stabile su cu EDIFICARE le nostre teorie, Qualsiasi scelta fra ipotesi alternative teoriche o, più in generale, fra programmi di ricerca alternativi, è Destinate irrimediabilmente, ad una sostanziale arbitrarietà: è questa la tesi della incommensurabilità) ". La seconda congettura, Viene alla luce Nella matematica con la "teoria del caos". C'è una qualche corrispondenza tra queste congetture e quel senso impalpabile Appena descritto, si puo stabilire una qualche Connessione tra i vari sensi del "caos" e / o definire Che cosa SIA questo "senso del caos"? Si evidenzia la Necessità di stabilire una minima Considerazione sull ' "ontologia del chaos", sul senso in sè del "caos", sua influenza sulla cultura Nella. Joyce col suo ossimoro "Caosmo" volle definire un senso Che Fosse, Nello stesso tempo, un "cosmo" Ordinato non e non prevedibile; questa parola vuol dirci Che l'antica distinzione tra ordine e disordine, Cosmo "tra" e "caos" , Ordinato tempo tra tempo e disordinato, possono Trovare un punto di fusione nell'essenza del "Caosmo" ovvero in un "cosmos" ove non regna più la simmetria Apollinea ma fa da padrona l'Assimetria dionisiaca.
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Nello stesso tempo quell'assimetria dionisiaca non si trova Però iscritta in una temporalità ben Definita, con un orizzonte degli eventi, dei limiti ben evidenziati; tant'è Che è impossibile Uscire da Quelli se non in una sorta di "de-lirio" e di "sub-limen" cioè di un andare oltre la linea dell'orizzonte E quindi in un altro mondo "caos-cosmo". Il "caos", Quando lo si contrappone al "cosmos" diviene sinonimo di fenomeni incomprensibili, indecidibili; Quando si trova un punto di fusione col "cosmos" l ' "ontologia del chaos" non fa altro Che dispiegare luoghi e Regioni dello spazio - Tempo ove gli eventi appaiono disordinati, incomprensibili, indecidibili nel piccolo ma in una dimensione diversa appaiono in una prospettiva differente Dalla precedente ma non per questo incomprensibili. Forse il "chaos" è compresente in tutte le dimensioni dell'universo ed Appare incomprensibile per la razionalità, per il sapere ed il calcolo. Ma quando l'Osservatore Lascia che il "caos" vinca le sue battaglie In quella dimensionalità e si sposta verso una dimensione "altra", il "caos" cessa di Essere racconto per rivelarsi Nella sua armonia e bellezza simmetrica. "Si PUÒ definire l 'ontologia del chaos" Quale rappresentazione dell'essenza delle cose Nella propria dimensione non delineata da nessuna cultura, razionalità, calcolo. Perchè il "caos" Possa Essere Considerato un oggetto di osservazione, quindi, SI DOVRA Trovare una soggettività visiva Che ne delimiti l'orizzonte, il senso e la forma. Parrini scrive: "Se Dio è morto, allora tutto è permesso". Se si prescinde da un qualche punto di riferimento assoluto, non risulterà impossibile effettuare una Qualunque gerarchizzazione oggettiva del Valore delle nostre Affermazioni, scelte, azioni e Comportamenti? Se Dio è morto gli imperativi morali non sono Che la codificazione di Reazioni emotive di preferenze personali. Nessun'azione è di per sé Stessa buona o cattiva, giusta o ingiusta. La Varietà e la contraddittorietà dei giudizi conducono in maniera abbastanza naturale all'idea secondo la Quale - come si canta Nella Dama di Picche - Il "Bene e il Male sono sogni vani". Qualcosa d'análogo nel caso Che qui c'interessa, il nichilismo epistemologico o conoscitivo. Se entra in crisi la credenza in uno standard assoluto di verità e falsità, il primo è Esito Quello soggettivistico. Si rifiuta l'idea o di una realtà in sé trascendente il processo conoscitivo, o di un 'occhio di Dio', o di una soggettività trascendentale autofondantesi, o di fatti ed esperienze non contaminare da 'soggettivi pregiudi-zi'. L'espressione coniata da Goldman (conoscenze in un mondo sociale, Clarendon Press, Oxford, 1999). Da questo soggettivismo al nichilismo aletico il passo è breve. Se "tutto SI PUÒ Interpretare SI PUÒ E così anche Interpretare viceversa" - SI CHIEDE Knecht nel Gioco delle perle di vetro - non é necessário concludere "una ESISTE Che non dissacrazione verità "? Come sottrarsi alla '' nietzscheana del Vero, all'idea tanto citata Che la verità è solo un" mobile esercito di metafore sul fronte della storia "? Nei campi dell'ermeneutica, della filosofia e della storia della scienza, della teoria della Conoscenza.
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Si è esaltato la concinnitas della Difesa nietzscheana del 'prospetticismo'. Dice Nietzsche, anche Posto che la riconduzione della verità uno interpretazione "Fosse Soltanto Un'interpretazione - e voi sareste abbastanza solleciti dall'obbiettarmi CIO - ebbene, tanto meglio". La verità e le sue diramazioni Molteplici teoriche (Conoscenza della natura, realismo metafisico, Relativismo, fondazionalismo, immanentismo) e disciplinari (l'annosa Questione dei rapporti fra i 'saperi' di tipo positivo e le pratiche interpretative). Mostra come analisi dettagliate del tipo 'o tutto o nulla': o Possiamo fondare le nostre pretese di verità sulla corrispondenza fra esse e una realtà in sé, oppure tutte le opinioni Hanno lo stesso Valore cognitivo; o le nostre ipotesi e teorie sono univocamente determinato Dalla logica e dall'esperienza, oppure sono prive di Ogni cogenza logica ed empirica, o si danno fatti al di fuori di Ogni interpretazione o non vi sono fatti ma solo interpretazioni. Babette E. Babich, Nietzsche's Philosophy of Science "La stilistica musicale di Nietzsche: come scrivere una filosofia della scienza". La riconduzione nietzscheana della verità è Stata recentemente criticata Attraverso la contrapposizione ad essa di quelle concezioni che, da Aristotele uno Lorenzo Valla, Hanno incluso la prova nell'armamentario retorico. Perché Soprattutto interessati uno manipolare il consenso scientifico per il proprio (creduto Purtroppo troppi personaggi, più o meno 'blasonati', che, un po 'per irrimediabile' impotenza teorica ', un po') tornaconto, Continuano uno incorrere in Quello che De Libera ha chiamato "il più grande peccato dello storico": il peccato di omissione "Se non gli è possibile dire o sapere tutto, non DEVE Però tacere nulla di ciò Che sa". In "Crisi del fondazionalismo, giustificazione epistemica e natura della filosofia" Intendo Mostrare come il Riconoscimento della crisi delle Epistémologie fondazionaliste Debba non necessariamente accompagnarsi o alla riconduzione dell'epistemologia uno una branca delle 'Scienze dei fatti' o, rortyanamente, uno un abbandono del progetto epistemologico in please dell'ermeneutica. SI PUÒ Tenere ferma l'idea della crisi dei fondamenti della Conoscenza senza accettare Le conseguenze antifilosofiche Che Alcuni ne Hanno tratto. Più precisamente, si puo accettare l'antifondazionalismo senza per questo Sentirsi obbligati uno rinunciare all'elaborazione di una teoria della Conoscenza che, da un lato, eviti la deriva del relativismo radicale e, dall'altro, Tenga Conto dei risultati delle scienze senza appiattirsi Su di esse perseguendo l'obbiettivo di un'epistemologia integralmente 'naturalizzata'. Conseguenza Che finisco per ricordare più gli studiosi da CUI mi sono pervenute riserve Che non Quelli Che Hanno Soprattutto espresso consenso e interesse (penso in particolare uno Rosaria Egidi, Massimo Ferrari, Sergio Givone, Alfonso Ottobre, Alessandro Pagnini, Michael Stöltzner, Thomas Übel, e Gereon Wolters. Nelle mie Intenzioni, Dovrebbe Ciò molto meglio Comprendere Quale via per la Combinazione '' teorica fra la Concezione qui difesa della verità oggettiva el 'affermazione del carattere contingente della sintesi conoscitiva Possa accogliere MOLTI aspetti dell'antifondazionalismo e del postmodernismo senza arenarsi Nelle secche del relativismo Radicale. "Epistemologia ed Ermeneutica" estendo il discorso di Conoscenza e realtà, cercando di vedere se, ed eventualmente in misura Quale, Concezione Genio della verità e dell'oggettività Possa Essere applicata anche alle cosiddette scienze interpretative.
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Temo Che come tutti i lavori in CUI si cerca di gettare 'ponti' fra tradizioni di pensiero diverse, anche questo SIA Destinate ad Incontrare MOLTI ostacoli ea provocare lo scontento di tutti, dei 'pluralisti' e dei 'monisti', ermeneuti degli '' e degli 'scientisti', analitici degli '' e dei 'continentali'. Nella speranza di Ridurre al minimo precipitosi Atteggiamenti pregiudiziali vorrei sottolineare ancora una volta Che il saggio intende Avere un carattere aperto e problematico come suol dirsi '' ''. In particolare tre nuclei tematici: l 'esplicitazione del Concetto di fondazionalismo epistemologico, il rapporto fra la' filosofia positiva ', lo scetticismo e il realismo metafisico; positiva le effettive Possibilità della' filosofia 'di porsi come una terza' via 'Tra Le posizioni Estreme ora del realismo metafisico e del relativismo radicale, fra l'ora della ermeneutico Quello Esito 'scientista' e '' crisi del fondazionalismo gnoseologico, ora fra il nichilismo filosofico metafisica Nelle sue varie forme ei differenti 'ritorni' alla. Per una classificazione delle varie tipologie caotiche, immaginiamo un disco in CUI SIA incisa una musica infinita. L ' "attrattore strano" sarà la forma REGOLARE del "caos" I CUI confini e l'orizzonte degli eventi sono ben delineati, per esempio a forma di disco, MA DI CUI è impossibile percepire e calcolare l'itinerario interno. Quando il sapere ha di fronte a se la forma completa del disco PUÒ definire l'evoluzione complessiva, PUÒ osare qualche ordine al disordine. Ma lo stesso soggetto visivo, All'interno del disco, non riuscirebbe mai uno stabilire un itinerario, un senso, una Conoscenza, un ordine: si troverebbe in un classico "caos". In questa dialogia tra ordine esterno e disordine interno o viceversa c'è tutta l'essenza dell ' "ontologia del caos". Il "caos" non PUÒ Essere Identificato con la dialettica classica, hegeliana o post-hegeliana perchè ho dovuto "logos", si contrappongono Quali Identità rigorose e definite. Nè è possibile rintracciare i Prodromi di questo paradigma Che incombe sulla nostra contemporaneità, Monade Nella leibniziana perchè questa non è Mai stata elaborata da Leibniz contenente Sfera Quale in sè il "caos" ma, invece il "cosmo", ovvero, non Monade Nella c 'è un succedersi di simmetria ed Assimetria, di "cosmo" e "caos", ma un succedersi di "cosmo" con "cosmo", con simmetria simmetria. Un recente interprete dell'empirismo logico, Michael Friedman, ha sostenuto Che la principale innovazione realizzata Dagli empiristi logici consisté non tanto in "una nuova versione dell'empirismo radicale ma in una nuova Concezione della Conoscenza a priori e del Ruolo Che essa svolge Conoscenza Nella empirica ". Secondo questa prospettiva gli Sviluppi Compiuti relativamente ai fondamenti della geometria, della logica e della fisica matematica Hanno Condotto uno inevitabilmente una profonda TRASFORMAZIONE della Concezione kantiana dei Principi sintetici a priori. Tali Principi non potrebbero più Essere concepiti come necessari, certificati, non rivedibili. Ciò che Viene Negato è un modo (assoluto, definitivo, stabilito una volta per tutte) di intendere l'a priori, non l'a priori in senso generale. Al contrario MOLTI Hanno rimarcato l'adesione, da parte degli empiristi logici, ad una Concezione relativizzata dell'a priori. L'a priori contestualizzato costituisce la base per ogni Quella Che è Stata Definita (Parrini) Negazione una "debole" del sintetico a priori kantiano. Secondo questa interpretazione il carattere proprio dell'empirismo logico SAREBBE da Individuare Esattamente Nella tensione fra aspetti di tipo kantiano e aspetti riduzionistici.
Pag. 26 Molte sono le tesi Che Gemmano dal principio di verificazione. Una delle più sentite è senz'altro il rifiuto della metafisica in Quanto insensata. La Metafisica Viene conseguentemente Concepita come discorso conoscitivamente privo di Significato confinata e uno espressione (eventualmente Poetica, non certo conoscitiva) del "sentimento della vita". Che Ciò emerge è Impostazione da questa l'idea di una filosofia RIGOROSA Che godesse delle caratteristiche del pensiero logico-matematico. " Forse nel Periodo musicale, Nello "zeit-raum" Mozartiano è già presente il "Caosmo". "Zeit-raum", Nella sua originarietà, significa spazio-ovvero il senso del tempo Periodo Quale fu formulato in origine: "Peri-odòs" (limite intorno ad una strada, ad un sentiero). La musica Mozartiana è la prima musica col senso dello "zeit-raum", del Periodo Che ha in sè una simmetria, rigorosità, Apollinea Completezza, cosmica ma che, Nella sua essenza, al Suo interno conserva Svela disordine e delle Nazioni Unite, un'assimetria , una tonalità Che va oltre l'ordine musicale esistente. Lo "zeit-raum" Quindi sarà, Quale metafora del "Caosmo", lo spazio cosmico entro CUI è possibile soggiornare lontano il tempo caotico e Nel contempo il tempo cosmico, ove soggiorna lo spazio del "caos". Mentre nel "cosmos" spazio e tempo ci appaiono, SIA Nella fisica classica fino a Newton SIA Nella fisica einsteiniana e post, come regolati da una legge e da una rigorosità e calcolabile Nel contempo come se fossero leggi identiche Governate da, sensi, forme; Nello "Zeit-raum chaosmico "è possibile Che lo spazio ed il tempo Siano governati da una" differenza ": Ordinato tempo e spazio disordinato, tempo caotico e spazio cosmico. Si potrebbe anche evidenziare una fenomenologia in una spazialità cosmica CUI SIA abitata da una temporalità caotica e viceversa.Roberta Lanfredini nel Corso "Epistemologia teorica e applicata" AA Cap 2003-2004. "Lafenomenologia" Stesura provvisoria. di prossima pubblicazione in "Fenomenologia applicata" (a cura di Roberta Lanfredini), Guerini e Associati, 2004. "La fenomenologia pura alla Quale vogliamo qui accedere, della Quale vogliamo caratterizzare la posizione peculiare Rispetto a tutte le altre scienze, E che vogliamo dimostrare Essere la Scienza Fondamentale della filosofia, è essenzialmente una scienza nuova, in Virtù della sua Peculiarita di principio lontana dal modo naturale di pensare, e proprio per questo si è sviluppata solo di recente. Essa si dice scienza di fenomeni [Phänomene]. La fenomenologia esige una Modificazione, Riduzione o ( "I due termini sono equivalenti) dei fenomeni comunemente intesi. Ed è proprio il Meccanismo della Modificazione Che permettera alla fenomenologia di distanziarsi da scienze "naturali" come la fisica o una fenomenologia della fisica. Le cose si complicano Quando constatiamo Che Quello di Modificazione fenomenologica non è un Concetto univoco: i fenomeni possono cioè essere "ridotti". Definiremo la Riduzione riflessiva; la Trascendentale Riduzione e riduzione Eidetica. Vedremo come ogni Riduzione portera uno isolare l'ontologia fenomenologica, cioè il dominio di oggetti DI CUI la fenomenologia si occu. Ciò Che Appare, o Ciò che si da, Vissuto un sottintende: il darsi di quel fenomeno.
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Tale Riduzione provoca una Modificazione dello sguardo con CUI solitamente guardiamo i fenomeni, considerandoli non come fenomeni indipendenti, assoluti, ma come fenomeni Che sono riferiti uno vissuti. L'atteggiamento da naturale si fa innaturale. L'intenzionalità (già usata, Nella e Scolastica in Brentano) indica, la proprietà di uno Stato di Essere Rivolto verso un oggetto (la percezione è rivolta al percepito, il giudizio allo Stato di cose giudicato; all'immaginato l'immaginazione, e così via). Per Husserl, contrariamente da Brentano, non tutti gli Erlebnisse intenzionali sono: le sensazioni slegate dall'atto di percezione in CUI risultano inserite, ma non lo sono Nemmeno Stati di coscienza indeterminati e indifferenziati. L'Erlebnis di contenuto intenzionale è da Husserl denominato "atto", quasi uno Indicare la Forza Che la coscienza in casi Alcuni ettari di tendere verso Qualcosa che non è contenuto nell'atto stesso. Una è la distinzione fra immanenza e trascendenza, STRETTAMENTE alla distinzione fra adeguatezza e inadeguatezza. Ma l'oggetto del Vissuto è trascendente, nel senso tecnico Che I suoi elementi non sono parti del Vissuto. Il Vissuto SI Dà alla riflessione in modo adeguato, si Dà cioè completamente, interamente, con un riempimento "senza residui". Al contrario l'oggetto trascendente SI Dà alla coscienza inadeguatamente, cioè in modo prospettico, unilaterale, o adombrato, con un riempimento Che non sarà mai totale e esaurito, ma sempre aperto e inesauribile. L'analisi di questa costellazione di modi Viene Definita analisi noetica. La noesi è per Husserl la struttura Che caratterizza il contenuto di un atto. L'assenza di tale struttura determina una impossibilità di tipo formale. Impossibilità fenomenologica: l'impossibilità Formale, non il senso [Unsinning]. Si non ha senso Quando l'Erlebnis ha una struttura contraddittoria o Che viola qualche principio ontologico-formale. L'oggetto Che non corrisponde uno noesi una ben strutturata dal punto di vista sintattico e semantico è un oggetto impossibile in Quanto impensabile, è un oggetto Che Varca i confini della pensabilità: tale oggetto è privo di uno statuto ontologico ". Si Potra allora definire un "attrattore strano" avente una dimensionalità temporale caotica ed una dimensionalità spaziale cosmica. La ragione classica si è trovata di fronte uno QUESTI fenomeni della scienza. Il pensiero filosofico, per riuscire a trovare Un'interpretazione DI QUESTI fenomeni, è Stato Costretto ad abbandonare le grandi narrazioni. Forse Nietzsche con la sua dialogia Apollo-Dioniso, accenno uno Ipotesi questa, ma al di sotto delle Complessità evidenziate Dagli "attrattori strani" formulati da Lorenz, del resto mai Appare, Nicciano nel pensiero, La presenza metaforica di una Divinità Che possieda gli elementi del dionisiaco e dell'apollineo Quale Stessa essenza della sua natura. Bisognerà attendere l'opera di Heidegger, per riuscire a trovare, nel pensiero filosofico, una qualche traccia della congettura "chaosmica". Forse nel famoso saggio del '63 intorno all'essenza della poesia, quasi in contemporanea con Lorenz, il filosofo ci preannuncia l'essenza del "caos" Quale essa ci appare.
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"Stranamente l 'attrattore strano" di Lorenz e l'interpretazione "chaosmica" heideggeriana appaiono lo stesso anno e predomineranno Nella cultura degli anni '80. E 'possibile stabilire una sinergia o meglio, il sole "una-enargheia" tra "fusis" e "caos"? E che cos'è una "sun-enargheia"? Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. Stabilire una Connessione tra "caos" e "fusis" è di per sé una sinergia ma quando da questa fusione Viene alla luce un nuovo paradigma o una nuova ontologia del senso, alla fusione sinergetica si sostituirà la "sun-enargheia" (= "argon "= Qualcosa che Viene alla luce, Che si Dà alla luce, che si fa luce da sé, Che Viene in evidenza) Che ci Appare senza la nostra intenzionalità ne determini il senso, la direzione, il telos. Ora, Nella nostra contemporaneità, non solo ci Appare la fusione sinergetica tra "cosmos" e "caos" ma una "sun-enargheia" ovvero una lucentezza Che va a Mettere in luce qualcosa di Diverso da una semplice fusione del "cosmo" col " caos "ovvero il" Caosmo "è in questa" sun-enargheia "tra" caos "e" fusis "qualcosa di simile all '" ontologia del Caosmo ". Già nel Termine stesso della "fusis" vi è una nozione della Natura e del tempo in Chiara assimmetria con il lineare, per esprimere similitudine Concetto Heidegger USA Il termine hölderiniano di "wildniss", Selvaggio vale a dire non Ordinato, ma non apollineo e dionisiaco caotico. In questa isologia Tra l'essenza della materia e l'essenza del "caos", c'è tutto il desiderio di esprimere una visione del mondo che è Governato dall'assenza del Fondamento o da una temporalità caotica o appunto dal "wildniss"; La Natura, quindi, non Appare come un susseguirsi di eventi cosmici ed eventi caotici, nè come la compresenza, dialogia tra "cosmos" e "caos", ma la natura, la "fusis" (ove Viene ad emergere il "cosmo") ha in sè LA STESSA essenza del "caos" e cioè il suo essere selvaggio ed il Suo apparire in evidenza quale "il caos". In altri termini la "fusis" per Heidegger è il Periodo, lo "zeit-raum", lo spazio-tempo ove il "caos" Viene alla luce per Generare mondi abitati da una caoticità imprevedibile ed indecidibile dove trovano dimora dei ed uomini Quindi il , l'apollineo e dionisiaco l'umano Che non è nè dionisiaco nè apollineo ma è l'uno e l'altro. In principio il "Caosmo" isologico E con la "fusis" e, a sua volta, questa isologia è possibile interpretarla come un "attrattore strano" ove la "fusis" si evidenzia con un orizzonte, una forma, una formula RIGOROSA e completa ma Che in sè Possiede infiniti itinerari labirintici. Per Poter Parlare della "fusis", quale "ontologia del Caosmo", non è più possibile utilizzare il linguaggio Che tutt'ora costituisce la nostra "Koinè", perchè l'evidenziarsi del "Caosmo" E qual "fusis", natura ha messo in crisi non solo le grandi narrazioni, ma anche l'essenza stessa del linguaggio. E 'possibile stabilire una sinergia o meglio, il sole "una-enargheia" tra "fusis" e "caos"? E che cos'è una "sun-enargheia"? Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. Il "caos" che si avverte nei mezzi di comunicazione, Nella cultura, nel sapere non è Altro che una manifestazione del "caos" nella "Koinè" del linguaggio cioè nel linguaggio comune del mondo contemporaneo.
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La crisi delle grandi narrazioni significa anche la crisi della "Koinè" del linguaggio comune ed anche e Soprattutto dell 'idea di Stessa Qualsiasi forma, Senso, Essenza di comunità, in questa crisi, Quale forma della prevalenza del "Caosmo" del mondo, di Ogni idea di "Koinè" e di Linguaggio comune e del declino del linguaggio stesso o "clinamen", Come orientarsi, Quale sentiero Percorrere SE Linguaggio, Ragione, "senso dell'essere" sono in preda al "caos"? La Lanfredini (ibidem): "Il noema è l'oggetto; il correlato della noesi. Un Noema fuori dalla Costituzione noetica, staccato da una costellazione di possibile Modalità intenzionali, PUÒ non sussistere. SI TRATTA DI UNA impossibilità materiale, non Formale. La cosa in sé non viola nessuna Possibilità formale. Al contrario, "un mondo fuori dal nostro mondo", per dirla con Husserl, è un mondo perfettamente concepibile. Tuttavia E, un mondo fuori dal nostro mondo è una "effettiva Assurdità, concreta": la cosa in sé risiedono, in linea di principio, La possibilità di un Legame e motivazionale, nel racconto di quanto, PUÒ non esistere. Che ha uno statuto ontologico Formale ma non ha alcuna Esistenza materiale: è concepibile (non è contraddittorio) ma inconoscibile. "Bisogna qui Tenere sempre presente Che Ciò che le cose sono - sul CUI Essere o non essere, sull'essere così o sull'essere diversamente - lo sono in Quanto cose dell'esperienza. Husserl affronta il problema della cosa in sé e, insieme, il problema della Relazione fra fisica della cosa e la cosa della fenomenologia. Non significa negare Che esistano delle Entità inosservabili. La determinazione TEORETICA delle cose richiedono uno "Svuotamento" delle proprietà Sensibili A favore di Entità non più Sensibili e del tutto formali. Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. "Nemmeno una fisica divina PUÒ trasformare le determinazioni categoriali della realtà Prodotte dal pensiero in determinazioni genuinamente intuitive, così come Nemmeno l'Onnipotenza divina PUÒ fa si che delle Funzioni Ellittiche vengano dipinte o suonate sul violino". Husserl ha Fatto riferimento alla fenomenologia come uno fenomenologia una scienza: in Distacco da Heidegger "Sono Giunto alla triste Conclusione Che non ho nulla A che fare, dal punto di vista filosofico, con questa abissalità [Tiefsinn] heideggeriana, con questa geniale non Scientificità" . Solo una nuova visione della temporalità PUÒ offrire nuovi orizzonti alla nostra riflessione; Relazione Quale, allora, intercorrerà tra temporalità caotica e / o immaginaria, "pensiero della differenza" el ' "ordine simbolico del mondo".
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Cap. 6 ^
"CHAOS" E "DIFFERENZA pensante".
Quello fece Derrida che, e non traspare che, in tutta la sua Completezza fu un'operazione di "transfert" verso heideggeriana dell'elaborazione la Formulazione di una teoria della "differenza" Nella scrittura, nella "Fonè", nel linguaggio. Ma le referenze bibliografiche di Derrida Erano Limitate solo ai testi della vulgata heideggeriana, successivamente, verso la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, semiediti ed inediti di Heidegger ci hanno illuminato di più intorno alla problematica della "differenza ontologica "e della" differenza nel-del-corpo ". Il passaggio di Derrida fu semplice: così come Heidegger operò la famosa svolta e cioè il passaggio dal pensiero dell ' "Ente" al pensiero dell' "essere", Derrida operò l'oltrepassamento idéntico Dalla visione ontica della "differenza" alla visione della ontologica "differenza". La "differenza" Quindi passo dall'essere CONSIDERATA un "Ente", un oggetto su CUI SI potesse esercitare un'epistemologia ed una scienza neutrale, all'essere la rivelazione di un "esser-ci" che e sempre nascosto, per la prima Volta, Viene ADDIRITTURA uno pensare in modo differente. In questo "sentiero" del pensare non c'è un ritorno alla metafisica semmai c'è un ritorno all'origine della "differenza" che il sistema ha occultato. Ora, scoprire la "differenza" come il primo dispiegamento della "differenza ontologica" Sul piano dell'esistenza è già un Notevole Contributo al "pensiero della differenza". Ma non è ancora la "differenza pensante"; forse chi può offrire forme e spiegazioni, il corpus teorico uscito intorno alla fine degli anni '80 E che va sotto la dizione di "Seminari di Zollikon". Fonda Heidegger, Derrida Prima che se ne accorga, il pensiero della "differenza-nel-corpo", ma anche Dà Fondamento alla "differenza pensante". Siamo qui, Come si può ben vedere, non ad un'elaborazione di una metafisica, semmai, ad un Superamento della stessa nozione della psiche elaborata Dalla scienza e post. Nei "Seminari di Zollikon", la "differenza ontologica" si esprime quale "differenza" più Nella Vasta interpretazione della "differenza-del Corpo". C'è per Heidegger una "differenza" tra "essere-corpo-inanimato" ed "essere-corpo-animato". "Questa" differenza-nel-CORPO-"è LA STESSA Che si dispiega nel passaggio dal pensiero dell '" Ente "al pensiero del-l' essere". "Quindi non una metafisica del genere, perchè la metafisica è sempre e solo una metafisica del-l 'Ente" Giacchè non è mai esistita una metafisica dell' "essere", perchè il pensiero dell ' "essere", prima della Formulazione della Metafisica, Fu già criptato dal pensiero. Fondamentale il passaggio dalla "ontologia della differenza" all ' "ontologia della differenza-nel-CORPO-" è rintracciabile nell'elaborazione di un "corpo inanimato" Che PUÒ Essere considerato, come un "ente" od un oggetto di studio da parte del pensiero metafisico, della scienza, dell'epistemolo-gia, ecc. Mentre, Dall'altra parte, c'è il dispiegarsi di un "essere-corpo" che non potra mai Essere compreso dal pensiero metafisico, filosofia Dalla, Dalla scienza, ecc.
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L ' "essere-corpo-animato" non si presenta mai al pensiero quale "ente" Stabile sussunto o sussumibile Nella razionalità elaborata dal pensiero maschile, perchè c'è sempre un dispiegamento Che va al di là dei confini: quasi un "caos" abissale ove è indeterminata Ogni Capacità di logica, razionalità. Pertanto il pensiero dell ' "essere-corpo" Dovra, per forza, Essere Un pensiero idéntico uno Quello che riusci ad intravvedere nell' "essere" occultato la verità dell ' "essere". "Quel venire alla luce del-l 'Essere-corpo" non PUÒ mai Essere un'imposizione, un "episteme": la "differenza ontologica-del-CORPO" renderà insufficiente il pensiero della "Metafisica" anzi cercherà in un altra forma di pensiero, si spera la "differenza pensante", chi Possa Ascoltare la sua voce, percepire la sua Presenza. Quel che è ancora nascosto è una verità Che si cela dietro questa svolta epocale del "pensiero della differenza": se fin'ora è apparso utile il passaggio dalla "differenza ontologica" alla "differenza": Ciò non basta più. Ma se il metodo è Facilmente criticabile e attaccabile da chi rinviene in quel procedimento ancora le vestigia della "Metafisica", l'essenza del problema non è ancora apparso in nessuna riflessione orale e / o scritta. E qual'è? La "differenza ontologica" è la denominazione di un passaggio dal pensiero da un "oggetto" ( "Ente") ad un "oggetto non" e ad un "soggetto" non: Il suo dispiegamento, la "differenza", ELABO E l' -razione del pensiero dall 'Entità all' "essere". Ma se l "essere-corpo-animato" è l'abisso, è Ciò che Dà fondatezza al pensiero stesso come puô Essere Fondato da un pensiero Che Viene da un ' "altra differenza"? E 'Necessario Quindi pensare sedare' "essere" che è ancora nascosto All'interno dell ' "essere-animato" Che e, da SE, SI Dà alla luce ed al pensiero. Fosse già in fieri, non insorgenza similitudine più Potrebbe Essere denominata come il parto della "differenza ontologica", neppure come subordinazione della "differenza" derridiana, MA SE CI Fosse E se esistesse SAREBBE forse il pensiero dell ' "ontologia della differenza". Mentre la "differenza ontologica" PUÒ Trovare una qualche forma di "Segno" ( "marca") Che la stabilizzi, magari in un simbolo infinitamente interpretabile, l ' "ontologia della differenza", quasi Fosse un "caos", per il pensiero attuale "inattuale ed, non ha trovato, non trova e non troverà forse, forme stabili di rappresentazione di" ordine simbolico "Perchè la sua origine abissale non si codifica nel l 'eucosmo" (nel senso di "ordine simbolico") perchè non si identifica in un mondo o nell ' "essere-in-questo-mondo", la sua ontologia è già oltre l' "essere-in-questo-mondo" perchè questa Dà alla luce il mondo. Ma quale tipo di Cosmo e Quale tipo di mondo PUÒ osa alla luce l ' "ontologia della differenza", Giacchè questa non PUÒ Essere mai formalizzata nè simbologizzata ma quale espressione del corpo, del suo "Essere-animato" è sempre caotica, imprevedibile, in Conflitto con sè e con il mondo. Forse, in queste poche riflessioni, c'è qualche frammento di pensiero o, meglio di una "differenza pensante" Che Possa il coraggio alla luce l ' "ontologia della differenza" Quale in sè Che si dispiega con l' "ordine simbolico" del mondo . Ma le teorie si affidano ancora uno Paradigmi temporali positivistici, la visione linearizzata della temporalità storica DEVE confrontarsi con l'intera Epistemologia scientifica del tempo per offrire Un'interpretazione "Nuova", "altra", "differente" del tempo. Una differente visione dell ' "essere-corpo", è Rimasta occultata nell' "essere" stesso e nell ' "Esistenza" dell'individuo Stessa Ed Solo Appare sul terreno del gioco.
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L'agonismo Sembra voglia svelare una dimensione dell ' "essere" che è occultata Rimasta. Forse all 'interno dell'ontologia del gioco è presente un "quid" che, nel corso storica dell'Evoluzione e Diramazione nei vari campi dell'esistenza ha prodotto a causa differenti Paradigmi agonistica Nella contrapposizione. "Quella prevalente, fuori del gioco: ove è Essenziale Distruggere l '" essere-che-è-di-fronte "; Quella All'interno del gioco ove l' essere" Vince sull ' "altro" che gli "sta-di - fronte "senza mai distruggerlo completamente Nella sua" essenza ", ma, anzi, Suscita nell '" altro "il dispiegarsi delle sue qualità migliori, della sua forza ed intelligenza. Nel gioco infatti l "essere" si trova di fronte sempre un altro "essere" che si esprime Nelle sue qualità d'eccellenza tant'è Che riesce uno piacerci solo Quando ci sorprende e ci vince con l'intelligenza, con le migliori qualità Intellettuali . Quindi c'è un ' "identità" ed una "differenza", c'è un'amicizia ed un antagonismo, una "filei", uno stretto Legame tra antagonisti dovuti, tra l' "essere" e la sua "alterità". Quello che si vede in campo non sarà Altro che la manifestazione ed il dispiegarsi tra l ' "essere" el' "altro essere" Che gli "sta-di-fronte"; Quindi non si gioca per vincere l'altro, ma si vince o si perde per continuare a giocare con l'altro. Nel gioco l'Avversario è da considerarsi come un antagonista del cui "essere" si sente Necessità: senza l'antagonista finisce il gioco, non c'è gioco. In altri termini: l ' "essere" e la sua antitesi nel gioco non dovranno mai Essere completamente soppressi ma, Attraverso delle regole, devono comunque coesistere e contrapporsi: nel campo di gioco Dovra sempre esserci un equilibrio ove l' "essere" sempre incontra l ' "altro" come "l' Essere-che-sta-di-fronte". "" Nel campo di gioco l 'altro "è il Suo stesso" essere "el' altro" vede l ' "essere" non come "essere" ma come "altro-dal-Suo-essere". La particolare piacevolezza del gioco, è da attribuire ad una visione più originaria e, PROBABILMENTE, permarrà in Qualsiasi epoca. Si è di fronte ad un capovolgimento paradigmatico Che ESISTE solo nel gioco. Segnatamente nel gioco la Completezza dell ' "Essere" si dispiega Nella totalità dell' "essere-corpo" tant'è Che Si potrebbe dire Che Nella naturale evoluzione, il gioco ci preannuncia Un'altra Mutazione. Una Conclusione provvisoria o meglio un inizio di ricerca SI PUÒ tracciare: la Necessità della Creazione di un ' "ontologia eristica" che sappia offrire all'essenza dell' "essere" una dinamica "ec-statica", Probabilmente genesi di un pensiero nè debole , nè forte nè calcolante.
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Cap. 7 ^
STRUTTURA ONTOLOGICA della Mathesis
La crisi dei fondamenti al di là della tecnica di fortuna Alcune teorie frattali, virtuali, immaginarie e ancora presente nel futuro della mathesis, ma nessuno si è inoltrato nel sentiero interrotto della crisi della fondatezza della matematica. Il Sentiero Che Abita il futuro presente eventuerà la crisi ontologica della mathesis, in relatività con la ricerca della verità ontologica, svelatezza o, dell'essere al di là dei Paradigmi della metafisica influente, ininfluente dell'imperativo categorico della Volontà di Potenza. Il futuro abita nel presente SIA Il pensiero ontologico, SIA l'indicibile paradosso godeliano della fondatezza metaontologica della mathesis: la mathesis dell'essere Quale disvelatezza della verità ontologica, altri Saranno felici delle magnifiche sorti virtuali della matematica, senza sottrarre nulla uno Quella presente epoca , è Giunto il tempo ontologico dell'evento della Epoche, della Mathesis Quale fondatezza ontologica della verità disvelata delle Matematiche. La metaontologia della mathesis si disvelerà Quale ontosinestesia del pensiero ontologico poetante e, in relatività con la crisi della fondatezza ontologica godeliana. Sia consentita la libertà di ricerca in assenza di ontosinestesie ineludibili: nel futuro Che non c'è che non c'è ancora è presente la sinestesia, e differenza, tra fondatezza RIGOROSA della Verità e fondatezza ontologica della disveletezza. Né il pensiero poetante, nato il pensiero ontologico dell'ultimo millennio Hanno eventuato Quella disvelatezza. La fondatezza ontologica abita il futuro Nella Presenza della fondatezza virtuale, immaginaria, kaosmica Quale modello ontologico del dicibile della Koinè ontologica eventuante i paradossi ontologici, ma gettante, oltre la verità ortogonale, i paradossi dell'adeguatezza categorica imperante paradigmatica. Non SI PUÒ eventuare Un mondo in poco tempo se nessuno riusci nell'intrapresa nei tre secoli dell 'ultimo millennio: ma l'inizio del futuro qualcuno da qualche parte Dovra svelarla nel presente, altrimenti il parakleta rimarrà criptato, obliato per altri tre Millenni. Qui il futuro abita il presente nell'essenza della fondatezza ontologica, o meglio Dagli eventi godeliani è possibile dispiegare una metaontologia della fondatezza della mathesis. Quale Completezza della fondatezza non sarà Sufficiente una ortogonale singolo Fondazione, noetica, imperativa, categorica, degli modale adeguata all'inferenza della Volontà di potenza paradigmatica SIA per l'infinita 'SIA eventi Che sfuggono o Che rimangono nell'oblio, per La disvelatezza dell'essere ontologico Che eventua la fondatezza ontologica della verità, ma anche della stessa fondatezza virtuale della techne Frattali, SIA della fondatezza immaginaria della temporalità, SIA Soprattutto E per lo più per l'eventuarsi della fondatezza kaosmologica fluttuante topologica, intuita dallo stesso Godel, poco prima dell'al di là, con le sue teorie kaosmiche degli universi transfiniti, ma sinestetici Nella temporalità ontologica.
Pag. 34 La presenza della fondatezza kaosmica virtuale immaginaria Quali Varietà dell'ontomathesis Abita il futuro dei dispiegamenti dei modelli del dicibile Quale Koinè della verità del senso della disvelatezza, dell'evento dei paradossi dell'isteresi transfinita, ontoattante, noetica dell'intenzionalità e noematica ontologica, Al di la 'delle possibili ed eventuali futuri qui è presente la singolarità della prova ontologica godeliana, disvelante l'metaontologica essenza della fondatezza in relatività con la poiesis, Piuttosto Che influenzata Dalla fenomenologia dell'intenzionalità inerente la Modalità noetica. La libertà di ricerca consentirà di eventuare SIA Il percorso classico SIA Il percorso virtuale Attraverso la Mathesis. Il primo sentiero LASCIATO interrotto, ma che va oltre la sua prova ontologica, da Godel eventuerà la fondatezza dell'Inter-essere metaontologica SIA nel virtuale, SIA nell'immaginario SIA nel kaosmico della poiesis. L'altro sentiero si biforcherà verso la prova ontologica godeliana E Quello del pensiero poetante della verità ontologica. Il Sentiero Che l'eventua oltre si fonda sulla paradossalità ontologica dei fondamenti, ma anche sull'isteresi transfinita, dell'Inter Quale evento-essere nel sentiero del virtuale ortogonale all'immaginario. Il futuro Che si eventua nel presente consente la libertà di ricerca sull'essenza della Mathesis Quale matematica della Grund dell'ontologia. L'ontologia godeliana nel futuro anteriore PUÒ Essere in sinestesia con il pensiero ontologico poetante, Grund Quale, fondatatezza in relatività con l'inter-essere: Attraverso il sentiero della metaontologia kaosmica transfinita in qualita 'd'isteresi virtuale dell'ortogonalità e immaginaria. La sinestesia tra il pensiero ontologico el'ontologia godeliana della mathesis eventua la disvelatezza della verità ontologica al di là della paradossalità indicibile e oltre l'intenzionalità noetica fenomenologica, anzi la mathesis Svela l'essenza ontologica della noematica in relatività con la fondatezza dell'Inter -essere, dell'Inter noematica l'ontologia-essere, la fondatezza dell'ontologia noematica consentono la libertà di ricerca virtuale, immaginaria, kaosmica della verità della Mathesis la libertà dei modelli ontologici, la libertà del dicibile ontologico Quale poiesis Che si Dà al e mondo all'essere nell'intermittenza dell'isteresi poiesis della transfinita. L'isteresi Che Abita i transfiniti ancora ortogonali del virtuale e dell'immaginario disvela il transfinito ontologico della Mathesis, Quale fondatezza del dicibile poetante Oltre la paradossalità dell'indicibile categorico dell'imperativo dell'inferenza intenzionale noetica. Al di là dell'intenzionalità della Mathesis Noetica calcolante si getta l'istetesi del transfinito ontologico dicibile Poeticamente Nella grund Che Abita il futuro Nella libertà del presente in qualità di metaontologia della sinestesia della fondatezza della noematica dell'interessere. La noesis si getta nell'abgrund, nell'abisso dell'essere, quale futuro in libertà d'Essere la Koinè poetante Dalla mathesis,, oltre la metafisica influente, ininfluente dei Paradigmi epistemici categorici della noetica, al di là dell'intenzionalità fenomenica, per Essere libertà di ricerca del transfinito caosmico, Quale isteresi del virtuale e immaginario ancora vincolati all'ortogonalità del tempo frattale. Il modello chaosmico noematico della fondatezza, si eventua nel futuro transfinito ontologico, Quale intermittenza della ontovarietà dell'isteresi transfinita in qualità di singolarità ontologica chaosmica dell'attanza poetante transfinita diagonale del virtuale e dell''immaginario ancora noeticamente ortogonali dell'intenzionalità frattale. L'attanza della Noesis Abita il futuro nel presente della gettatezza dell'intermittenza della grund Quale sinestesia della godeliana e l'ontologia della poetante ontopoiesis disvelatezza.
Pag.35 La libertà di ricerca del futuro della mathesis si presenta al mondo prioritariamente Quale noematica ontologica godeliana La Quale consente la grund in qualità di transfinito caosmico in intermitezza d'isteresi dell'ortogonalità virtuale nichilista ancora ed immaginaria, la noematica godeliana ontologica Annulla, annichilisce la paradossalità categoriche della metafisica influente, ininfluente, noetica, ed eventua il sentiero della sinestesia con il pensiero poetante, Quale koinesis della grund per disvelare la aletheia SIA la verità dell'Inter-essere oltre l 'iperfrattale, superfrattale O, oltre Che l'interimmaginario internichilista cosmico. L'ontologia godeliana della Libertà di ricerca futura si presenta prioritariamente Quale noematica del Grund dell'Inter della verità-essere, aletheia Al di là dei paradossi virtuali, immaginari, noetici della metafisica influente, ininfluente epistemica dell'imperativo categorico della Volontà di Potenza ilemorfica . La noematica ontologica godeliana si getta nell'abgrund dell'indicibile Quale nuova epoche della Koinè in relatività con il pensiero dell'interessere. La mathesis s'eventua nel futuro alla Presenza della Libertà del pensiero dell'Inter-essere caosmico, godeliana ontologica Quale noematica in sinestesia con il pensiero dell'interessere del Grund. La godeliana Noesis, Quale ontologia della fondatezza della noematica del pensiero dell'Inter-essere caosmico si eventua nel futuro in qualità di isteresi transfinita della ontologia della verità dell'interessere. Soltanto la noematica ontologica godeliana PUÒ Salvare la verità dell'abisso nichilista Solo la mathesis godeliana PUÒ Salvare la libertà della verita '.
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Cap. 8 ^
PHYSYS ONTOLOGIA della
Struttura ontologica della Physys del Caosmo della cronotopia dello spazio-tempo, temporalità.
Le Varietà dei Paradigmi della Fisica Che si sono eventuati Dopo la metafisica ininfluente ontogenica classica non sono ancora riusciti uno disvelare la differenza ontologica tra l'ontofisica dell'essere e la fisica delle Entità ilemorfiche. Ontofisica Nell'ultimo secolo dell'ultimo millennio Alcune teorie della mathesis, Alcune intuizioni del pensiero ontologico Hanno eventuato La presenza di una struttura ontologica nei modelli ontologici per l '. La dove l'essenza dell'essere è la misura del tempo ontologico, della velocità del tempo in relatività alla velocità della luce: SIA nell'astrofisica kaosmica, SIA Nella microfisica Quantica della Gestell, ontofisica dell'impianto della struttura topologica fluttuante planckiana dell ' con le sue ermeneutiche ed i Suoi Paradigmi, SIA Nella struttura ontologica del Caosmo. Nella struttura ontologica dello spazio-tempo della cronotopia della fondatezza della Physis si Svela una paradigmatica sistemica per la fisica, c'è una tematica prioritaria noetica, ma non c'è ancora una noematica, nato l'Ermeneutica, Né un'ontologia della physis , men che mai per l'ontofisica o la struttura ontologica dell'esserci dell'evento. Varie e variabili possono, e sono, Essere le ragioni, certo E che la Fondamentale SIA L'egemonia della "Metafisica" Millenaria influente, ininfluente. L'ontofisica Che si liberi della metafisica influente, ininfluente, consensuale, eventua modelli ontologici in libertà impianto Gestell Nello disgelare la l', la struttura della physis del mondo, della struttura ontologica del cosmo, del Kaos, del kaosmos. Analizzare Essenziale E ', Studiare, Interpretare gli eventi caotici o meglio kaosmici della temporalità, della singolarità spaziali, dei vuoti del tempo immaginario delle fluttanze Nelle Regioni planckyane Nella Gestell o di Planck ma la Fisica Quantica puro supergravitazionale SIA CHE SIA influenzata Dalla metafisica, nulla PUÒ di fronte ai nuovi eventi e Percio SI PUÒ rifugiare nel frattale solista, SIA grazie alla replicabilità ricorsiva computazionale. Ma chi non si arrende e non cedere alle lusinghe ortogonali, canoniche, è clonabili Nella Libertà noematica di svelare modelli ontologici dell'ontofisica anche Nella struttura ontologica di Plance, del kaosmos. Con il consenso nolente o volente del pensiero poetante delle teorie del kaos, degli attrattori, delle Varietà topologiche della Stabilità strutturale, dei modelli godeliani, dell'ermeneutica epistemicadel tempo immaginario Nella gravità Quantica o meglio la struttura ontologica dell'epistemica del Che si sa delle Verità Sarà possibile, in sintesi, disvelare una Epistemologia per l'ontofisica Che eventui l'oltre della metafisica influente, ininfluente per Intraprendere lo studio di modelli nomatici della ontologia influente: liberi Però dall'imperativo categorico della Volontà di potenza epistemica.
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La differenza ontologica tra l'Essenziale Epistemologia abitata Dalla metafisica influente, ininfluente el'epistemè in relatività con l'ontologia influente è l'Ermeneutica della temporalità: per millenni la visione del tempo si affida alla Ortogonalità lineare canonica, cosmica Nella nuova Epoche si eventua il tempo ontologico, virtuale, immaginario, trascendente e transfinito, kaosmico La sua struttura ontologica. La struttura ontologica transfinita trascendente ed i modelli ontologici ontofisici consentono il dispiegamento di singolarità ontovarietà non solo con la temporalità immaginaria ma di più e oltre con la temporalità ontologica, trascendente transfinita virtuale, SIA kaosmica Nella planckyana Gestell, Quantica Nella SIA supergravità. SI eventueranno anche gli attanti ontologici, al di là degli utilissimi fin'ora attrattori strani, la struttura ontologica degli attanti immaginari gli attanti virtuali consentiti dall'ontovarietà gli attanti trascendenti, transfiniti, kaosmici, catastrofici, catabolici., Ontobolici. Solo con quelle Varietà o strutture ontologiche Sarà consentito eventuale le velocità del tempo superiori alla canonica velocità gravifotonica. La velocità del tempo non sarà solo più una formula estetica della ontologia influente della nuova epistemica o noematica della ontofisica. I modelli ontologici consentiranno per lo più di Interpretare i nuovi fenomeni dell'ultralux, delle microsfere ottiche per computer quantici ma soprattutto, Almeno quello è certo consentiranno il brevetto La sperimentazione La progettazione e la realizzazione con tutti i Relativi beneficio. Quello Sarà anche il programma sempre in relatività con la ricerche sulla ontologia delle interazioni e le formattanze Fondamentali ol'ontologia dell'indeterminatezza ol'ontologia della velocità ed elasticità delle superonde, superstringhe, superconde, Varietà super, supersingolarità. Ma l'ontologia dei modelli per l'ontofisica consentirà anche di svelare l'ontologia della verità Soprattutto e per lo più Quella inerente all'ontologia dell'essere Ermeneutica ed in velocità nel mondo dell'essere in elasticità nel vuoto nel kaosmo dell'essere La velocità el'elasticità del superonde delle tempo, supercorde, metacorde, metaonde, ontoboliche o ontovarietà delle ontosingolarità quantiche, virtuali, immaginarie, transfinito, kaosmiche. L'ontologia dei modelli per l'ontofisica consente il disgelarsi della interazione ontologica ontomorfica o formattanza per le ontologie dell'elasticità Nella Gestell planckyana ontoelasticità delle ontosingolarità delle onde. Il dispiegarsi dell'ontologia dell'ontofisica consentirtà la disvelatezza della ontologia del campo immaginario, virtuale, campo transfinito trascendentale. Ontocampo cosmico utile per l'ontoelasticità virtuale immaginaria transfinita trascendente ma di più e meglio dell'interessere Nella sua isteresi virtuale immaginaria,, trascendente, kaosmica transfinita. L'ontologia del campo nellla Gestell planckyana consente il disvelarsi di modelli della topologia fluttuante per le supercorde l'ontovarietà creodale Nelle Differenze di creodi quantici, creodi gluconici o gravifotonici, quark creodi. O Di Meglio i creodi ontologici sentieri ontologici della topologia planckyana ontogenesi quantici, quarks virtuali, immaginari, transfiniti, trascendentali, kaosmici, la ontologia kaosmica qual è l'ontogenesi dei sentieri creativi Che dall'ontovarietà planckiana si disvelano nel tempo ontologico Nella velocità del tempo nel vuoto virtuale quantico immaginario, transfinito, trascendente o vuoto ontologico ritornano eternamente ed.
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L'ontologia delle singolarità creodali o virtuali immaginarie, transfinito, trascendenti, kaosmiche si eventua Nella Gestell planckiana Quali ontovarietà, cuspidali, Ellittiche, iperboliche, metaboliche, ontoboliche, è il modello della topologia fluttuante delle singolarità dei sentieri creativi con la sua isteresi pregnante di Almeno quattro valenze sinestetiche C'è di meglio per lo più l'ontologia dei sentieri creativi Nella Gestell planckyana eventua la differenza tra attanti ove l'ontologia della temporalità è caosmica, ove la temporalità si dispiega Virtualmente, ortogonalmente, canonicamente Nella Quantica supergravità. Nell'attanziale Invece c'è ancora una sinestesia o un'indeterminatezza tra la temporalità immaginaria e la transfinita trascendente: è l'ontologia dell'infinitesimno kaosmico immaginario Che Dà increspature al vuoto e crea il sentiero dell'essere o creodo ontologico metastabile ontobolico, della ontovarietà. I creodi dell'ontogenesi ontologica si gettano nel campo della Gestell o struttura ontologica planckiana ontocronie con Fluttuanti indeterminato, instabili, virtuali, immaginarie, trascendenti, transfiniti, kaosmiche, solo la differenza tra il sentiero creativo ei creodi SI Dà Quale evento della temporalità della mondità . La differenza ontologica della velocità del tempo getta sul campo diverse ontocronie da quelle più canoniche ed ortogonali qualifiche la supergravità Quantica uno Quelle più affascinanti Quali le singolarità immaginarie dal caosmo MA Nella Gestell planckiana fluttuante cripta e si decripta un sentiero creativo ove si eventua il transfinito, isteresi creodale dell'indeterminatezza tra le Differenze dovute contemplare paradigmatica dall'epistemè. Li I creodi ontologici custodiscono e disvelano SIA L'ontocronoia Quantica SIA L'Altra immaginaria superdeterminatativamente anche così ed eventuano Il tempo ontologico trascendente kaosmico. Il sentiero creativo Che si getta nel campo della Gestell planckiana E il creodo dell'ontocronia fluttuante tra le differenti velocità del tempo contemplare paradigmatica dall'epistemè: la velocità del Quantico supergravitazionale tempo, la velocità del tempo immaginario, la velocità del trascendente transfinito tempo, La velocità del kaosmico tempo ontologico. E 'evidente l'Ortogonalità della velocità della velocità del supergravitazionale Quantico tempo ancora sperimentale la velocità del tempo, superiore alla costante Fotonica, immaginario delle singolarità nichiliste cosmiche nel campo progettuale di ricerca, la presente e viva la velocità del tempo virtuale, transfinito, trascendente kaosmico: l'ontologia del tempo ove oltre all'attrattore temporale, ortogonale, strano o frattale CHE SIA, si eventua anche l'attante immaginario, l'attante transfinito, trascendente, l'kaosmico attante. L'ontologia delle ontovarietà del tempo getta nel campo della Gestell planckiana l'ontopoiesi dei sentieri creativi, le singolarità virtuali, immaginarie, trascendenti, trasfinite, kaosmiche, le singolarità ontologiche attanziali criptanti e decriptanti la velocità del tempo Prima che sia Tempo del mondo o tempo dell'esserci o tempo dell'essere nel mondo o nel tempo della mondanità tempo. Nel campo della Gestell o struttura ontologica planckiana oltre agli eventi virtuali o immaginari si gettano in interazione gli attanti degli eventi transfiniti trascendenti cosmici: è l'interessere Tra gli eventi dei sentieri creativi Che si Dà Quale topologia fluttuante delle ontovarietà dell'ontopoiesis dell'ontofisica .
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Il pensiero kaosmico è sceso nel campo dell'imprevisto frattale, ma non ancora si è gettato nel campo della Gestell immaginaria, virtuale, transfinita, trascendente. Il progranma di ricerca sui modelli per dispiegherà ontofisica l'e svelerà l'ontologia influente per l'ontopoiesis. La Gestell o struttura ontologica dei sentieri creativi Che si eventuano di fronte all'essere sono la morfogenesi virtuale immaginaria,, trascendente, transfinita, kaosmica della physis Nella sua indeterminatezza Quale gegenphysis dei virtuali, immaginari, transfiniti, trascendente, kaosmici: è l'impianto , La struttura ontologica, la montatura Che si getta nel campo della Gestell planckiana prima di fluttuare Nella frattalità degli attrattori strani delle teorie del kaos lorenziane Le sue dimensioni infinitesime non consentono una visione o previsione ma consentono l'eventuarsi delle icone morfogeniche, virtuali, immaginarie, transfinito, trascendenti, kaosmiche. Anzi le isteresi delle icone dei sentieri creativi eventua le differenza ontologica con i creodi SIA pure ontologici per disvelare l'ontofisica Che si getta di fronte dinnanzi Davanti libera e sgombra dalle Influenze della metafisica imperativa categorica della Volontà di potenza sinergetica, anche SIA Nella versione più epistemica della supergravità Quantica. I modelli ontologici delle icone consentiranno d'eventuare le icone morfogeniche, immaginarie, virtuali, trascendenti, transfiniti, kaosmiche Che si gettano nel campo della Gestell disvelano gli attanti dell'ontofisica, ontopoietici della velocità del tempo, del vuoto ontologico, dello spazio metastabile, delle ontoboliche ontovarietà. La icona è una Varietà ontologica ontobolica o un ontovarietà kaosmica Che ci sta di fronte dinnanzi sempre Davanti: i gegenikona Nella Gestell o struttura ontologica planckiana le icone dei sentieri creativi si eventuano nel vuoto ontologico ora Quali singolarità kaosmiche, leibniziane, morfogeniche di Varietà gluoniche, ora in qualità di singolarità immaginarie ontogeniche di Varietà cuspidali, Ellittiche, i quark. Nell'isteresi degli eventi della Gestell o struttura ontologica planckiana, le Varietà iperboliche si alternano uno quelle paraboliche il Loro interesserci, intersein, SI Dà qualifiche Ikone del vuoto ontopoietico fluttuante e dispiegante singolarità virtuali immaginarie, trascendenti transfiniti, kaosmiche L'ontofisica consente di eventuare modelli ontologici anche per le singolarità immaginarie, supergravitazionali o kaosmiche: Immagina Quali attrattori unidirezionali e per simmetria, o supersimmetria, aggettanti intermittenze quantiche cosmiche,. Ma un modello ontofisico si possono eventuale Varietà ove l'attente SI SIA presenta in tutte le direzionalità kaosmiche, in Che micro o macro mega, Giacchè i sentieri creativi morfoattanti si gettano in campo globale: Ogni infinitesimo per ontogenesi si eventua Quale singolarità non solo Virtuale anche immaginaria, trascendente, transfinita, kaosmica.
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Giacchè lì la temporalità si Svela trascendente ontopoietica, ma anche disvela la sua differenza ontologica Attraverso le increspature metastabili Che creano i sentieri irreversibili nel tempo dell'esserci Nella Gestell o struttura ontologica planckiana. Morfogenicamente i modelli ontologici eventuano le morfoattanze o le interazioni della Gestell di Planck delle ontofisica: nel disvelare le singolarità della temporalità ellittica la temporalità virtuale parabolica la temporalità transfinita iperbolica la metabolica temporalità dei sentieri creativi delle kaosmiche ontoboliche. Lì Nella Gestell-Planck si eventuano reversibili MA Nella gettatezza cosmica appaiono irreversibili, ma sempre kaosmici. Il modello ontologico consente di eventuare l'oltre del futuro Che ancora non c'è anche della nuova fisica teorica sperimentale Risorta Dalla superpotenza di calcolo Quelle Varietà classica emersa cromagmatica cromodinamica Nella SI disvelerà Quale singolarità virtuale o immaginaria dell'indeterminatezza del gluone-quark Dell 'Quantica intermittenza della Gestell planckiana. Il glu-quark è la virtuale singolarità intermittente della Gestell dell'indeterminatezza Quale creodo ontologico.
L'ASSENZA del FONDAMENTO. I Paradigmi della TEMPORALITA ': Il "TEMPO IMMAGINARIO"
Il pensiero filosofico, la ragione classica Sono stati costretti ad abbandonare le "grandi narrazioni" di fronte alla "nuova" scienza, ma, solo con Heidegger, la natura (= fysis) ha in sé LA STESSA essenza del "caos": si è in Presenza di una visione del mondo Governato dall'assenza del Fondamento o da una temporalità caotica (= wildniss). Il pensiero ontologico si eventuò così senza fondamenta epistemiche: dal nulla Ordinato L', il lineare, lo stabile, abbandonano, con Heidegger, la filosofia.Nel pensiero calcolante si eventua l'indicibile, l'impredicibile. Sul versante scientifico: da Euclide ad Hilbert, al fondo della scienza matematica, c'è Stata La Speranza di Poter Decidere Nelle asserzioni concernenti i numeri interi se fossero vere o false. E con Gödel, nel 1931, il disegno hilbertiano va a gambe all'aria: l'aritmos non potra più Avere la fondatezza o E Rigoroso o è completo. Il teorema mostra gödeliano Che ci sono asserzioni formulare in modo esatto per le qualifiche non SI PUÒ Mostrare Né Che sono vere Né Che sono false: c'è incompatibilità tra rigorosità e completezza.Nel contempo, il pensiero dispiegò anche i paradossi del logos. Il teorema di Gödel è il grimaldello della "crisi della Ragione", dei fondamenti, del soggetto. Di fronte al "sapere" ed al "general intellect" non si impone più la semplice energia (= argon ") Implicazioni da esclusa intellettive. Anche l'Entità Essere in sé, la natura infinitesima per Essere compresa Dovra interagire con l'esserci. Nasce l'intelligenza "altra", vale a dire in Possesso di sapere-sapienza, avviene così il passaggio dall ' "argon" alla "teche". Anzi l'ontologia della techne con la sua Gestell, impianto, creerà l'energia artificiale. Il "sapere" non Appare più subordinante, coercitivo, ma suadente, giocoso, seduttivo, pervasivo: la sua pervasività si insinua in ogni aspetto dell'esistenza: Istituzioni, cultura, scienza, immaginario. Il pensiero calcolante non finisce con la crisi dei Suoi fondamenti, ma da Reale SI Dà Virtuale al. Il potere immateriale ed i sistemi informatizzati creano Quella "differenza" che implodere Fara, tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, interi Paradigmi culturali. Si eventua il soft del pensiero calcolante Che si Dà anche Quale pensiero poetante. Sia la filosofia, la scienza SIA ma anche la letteratura (Proust) Nell'ultimo secolo Hanno affondato lo sguardo sul problema del tempo. Giacchè si disgelo Che la temporalità è la struttura ontologica dei Valori Etici ed estetici. La classica visione del tempo procede per Spostamenti progressivi e lineari: è di Bergson La nozione del tempo sulla fondata nel metafora dello srotolamento del passato verso il rotolamento del futuro; di Heidegger, la metafora del "sentiero" che sale sulla montagna: si passa dall ' bidimensionale immagine ottocentesca del tempo ad una tridimensionale. MA E che Hawking, per la prima volta, ci fornisce La possibilità di calcolare una temporalità non lineare E quindi ci dischiude una visione della temporalità "altra" dai Paradigmi delle narrazioni ottocentesche con la teoria dei "numeri immaginari". Il tempo non si dispiegherà solo più NEGLI assi positivi, ma anche in Quelli Negativi.
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La visione del "tempo immaginario" Connessione in entra-collusione con la teoria del "valore". Valenze epistemiche, etiche o estetiche si sentiranno intrise di tempo negativo, mai più progressivo solista, positivo. Che tipo di "valore" esisterà se lo si volesse calcolare Attraverso il "tempo immaginario"? Per ora lo SI PUÒ solo immaginare o pensare o donare. In ogni forma della comunicazione intanto, dilaga un'espressione: "caotica" come sinonimo di coacervo di fenomeni, di SITUAZIONI instabili e conflittuali, di assenza di certezze e finalità. Gli dei ci hanno Abbandonato e non si sa se ci sarà un dio Che ci Possa Salvare. Forse il "chaos" è compresente in tutto l'Universo ma Risulta ancora incomprensibile al sapere codificato.Il canone epistemico allontana da sé l'inaudito con la potenza imperativa della techne, del virtuale, del tautos. Il "chaosmo" joyciano e lo "zeit-raum" di Mozart potranno, come si vedrà, successivamente, Essere utili strumenti di lavoro, per disvelare al pensiero poetante, ma anche epistemico, l'evento dell'essere Che si Dà dal nulla, dal niente. Se, nel mondo post-moderno, filosofia e ricerca scientifica, rimettono in discussione la ragione classica, La possibilità di misurazione dai "frattali" di Mandelbrot alle "Catastrofi" di Thom, al "dadaismo epistemologico" di Feyerabend fino a Medawar per il quale " non ESISTE un metodo scientifico "e lo scienziato è uno che" racconta storie "è inevitabile un ritorno al" mythos ". Pensiero, mito poetico Che dal nulla e senza fondamenti epistemici o del logo, si eventua Nella Metis ontologica. Il mito "ha abitato tra noi" e come gli dei ci ha LASCIATO, oppure PUÒ Essere Ancora principio attivo del pensare? Se nel pensiero poetante c'è l'eterno ritorno della mitopoiesi ci sarà anche nel pensiero epistemico e nel pensiero calcolante. Giorgio Colli dispiega l'interpretazione nicciana di mito e "logos": Soprattutto NEGLI inediti conservato nel Fondo degli eredi: al di là della differenza canonica tra dionisiaco ed apollineo per un eventuale nuovo chiasma mitico. "Cose senza riso, ornamento Né, nato unguento la sillaba, con bocca folle, dadi", il frammento eracliteo non Sembra oscuro: La Sapienza origina dalla "mania" (da: Mantica = arte della Divinazione). Ma La Sapienza si eventua anche myeis dal, dal mistikos, Che dall'essere sedurre La presenza mondana degli Dei. Apollo "l'obliquo", dall'occhiata Che conosce Ogni cosa con la parola e che "i dadi Non ne nasconde ma accenna", comunica all'uomo la sapienza.Il mito si eventua Dalla Fonè, Dalla mistica voce della Divinità Che si Getta Nella fondità. Il Dio "parla per enigmi" e l'enigma, coessenziale alla Divinazione e alla Sapienza è sempre crudele e tragico infatti "risuona dalle mascelle feroci". E l'enigma si eventua, anche Attraverso i paradossi del logos, dell'eristica, Dell 'indicibile. La Sapienza, la Conoscenza si manifestano Attraverso l'Apollinea enigmaticità (non nel senso Nicciano): la parola "ama nascondersi". G. Colli ci Svela il chiasma Enigmatico e mistico del mito Che si Dà Quale Essere Che si eventua senza Kanone e senza Fondamento. La parola (il "logos"), tesse trame in CUI PUÒ perdersi Teseo nel labirinto Che è già simbolo del "logos". "Logos" (E) Insidia parola sono inganno,, perdizione così come, ricorda Eraclito a proposito di Omero e dei Pescatori, inganno è l'enigma anzi la sua anfibologia si disvela Nella Metis Sofia Nella E E si eternizza nell'ikona. Contro l'uomo sono tese l'arco e le parole di Apollo che "si slancia" "sfrecciando veloci pensieri": è il dio Che si eventua senza Essere Né evocato Né immaginato, Giacchè il divino si da, è, c'è, senza perché.
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La Parola, Attraverso CUI Il Dio Manifesta "La Sapienza", è collegata alle frecce; Apollo è "colui Che agisce, colpisce da lontano, totalmente distrugge": Parola, Sapienza, distruttività e crudeltà del dio sono STRETTAMENTE intrecciate.La preesistenza, il pre - esserci dell'evento Che si Dà prima della differenza tra ordine, disordine e armonia, il caos. La parola, il discorso, appunto il "mythos" in Omero sta anche per progetto e macchinazione. Il "logos", elaborazione Razionale, contrapposto un "mythos", nasce col passaggio dall'enigma alla retorica, dal misikos all'epistemico, Dalla gettanza della Metis ideale alla fondatezza dei modelli poetici. La Mutazione del "logos" Originario (= un discorso, appunto un "logos" che accenna ad altro vale a dire allo sfondo divinatorio) si completa con la scrittura e Soprattutto con la letteratura filosofica di Platone. Givone nel Corso di Perfezionamento in Epistemica Ontologica, ci ha disvelato venire Nella Ermeneutica della Verità o Disvelatezza o Aletheia della Radura: la "Sofia" si sottrae: nasce la filosofia. Forse lì, nell'ontologia e nell'ermeneutica del mito della verità o Nella disvelatezza del mito del logo c'è la differenza ontologica tra la verità epistemica, la verità Ermeneutica e la verità ontologica. Sull'interpretazione ci sono e si scriveranno MOLTI volumi, qui è esaustiva l'interpretanza di Givone: non è l'interpretanza infinita della verità Che Dà all'Esserci o all'Essere la sua fondatezza e la natura del suo essere nel mondo, nato si sa di più del cos'è, ma lo spazio vuoto o la radura, lo spazio sgombro o svuotato Dagli Enti, anche dalle Entità in sé e per sé, la pianura platonica, disvela l'ontologia della verità dell'essere o dell ' Nella Essere physis, dell'Esserci nella natura, dell'Esserci Nella mondità. Solo Nella radura della verità ontologica si disvela il mito della verità e il logo Ermeneutica della svelatezza ed epistemica Che si biforcano solo Quando è l'Entità Che imperativa declinazione in sé l'assenza dell'essere, edifica l'oblio della verità mitopoietica, Fonda Il logo dell'epistemè imponendo una verità relativa alla quantità ed alla verifica. Givone ci ricorda Che In ogni verità Fondamentale c'è l'abisso, c'è la disvelatezza del nulla, c'è la fondatezza abissale dell'essere Che si eventua Nella poiesis e nel mito e si Dà Quale ontologia strutturale della verità o struttura ontologica della physis disvelatezza Nella, Nella mondità, nell'ikona, telefono Nella, Nella phychè. La gettatezza nel vuoto della verità, kate-Agora, il passaggio Necessario della filosofia della mente, nous, dell'essenza dell'essere in Entità statica, eterna, atemporale, infinita, Stabile, impositiva senza il nulla, senza più il Fondamento dell'essere dilapidazione la disvelatezza nella verifica della datità, tautologica seriale,, isologica, isomorfica, loghi al supersimmetrica, alla mathesis del aritmos, Aritmetica, alla physis del frammento. La svolta linguistica, il virtuale, il Frattale estetico imperativo Hanno imposto la verità dell'entità senza l'Essere, senza più il nulla, senza l'abisso, la svolta ontologica Che si eventua, E Soprattutto Attraverso il pensiero poetante Riuscirà a Ritrovare anche il senso ed il consenso della struttura ontologica della verità ol'ontologia strutturale della disvelatezza dell'evento dell'essere o dell'essere o dell'essere la physis physis Nella? Ambiguità, duplicità, compresenza di significanze Nella parola "mythos". Il percorso: "mania" - Sapienza - enigma - labirinto e "logos" porta alla "Signora del Labirinto", ad Arianna, la donna che-DEA salva Teseo. Il filo del "logos". Ma quale "logos"?
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L'interpretazione nicciana del "mythos" e del "logos" è Stata rovesciata da Heidegger: "la filosofia non nasce dal mito. Essa nasce dal pensiero". MA Nel contempo la gettatezza dell'essere è sub-sidente ad ambedue. Questo il percorso etimologico heideggeriano: "Mito significa: parola che dice.Voce misterica della Divinità Che si eventua Metis Nella, Nella poiesis. Dire per i Greci significa: manifestare, lontano apparire Ciò che è. "Logos" significa la Stessa cosa "". E 'l'Essere o Il suo evento mitico Che si Dà Quale mistica della poiesis, della metis, dell'eristica. "Logos" da "leghein" sta per "Raccogliere, accogliere, Parlare": in greco: significa Parlare "Far Comparire, Lasciare apparire qualcosa Nel suo aspetto". Anzi il senso è ancora più profondo: Raccogliere ed accogliere La presenza dell'essere Che si eventua. Il significato Originario dell ' "essere" si coglie in una radice dell'etimo: bhu-bhue = schiudersi, imporsi, predominare; da qui "fusis-fuein" ( "fui", latino). "Fusis" è "Ciò che sboccia da se stesso (come ad esempio lo sbocciare di una rosa) cioè il dispiegarsi ed aprendosi nel dispiegamento apparizione racconto tariffa". Radici Ancora grazie: "fu = fa" Servono uno ribadire Il Legame "" essere "-" fusis "- apparire -" fainestai "". E, l ' "essere" (= "einai") sta per "venire-a-manifestarsi-dentro l'ambito di Ciò che è e disvelamento,, apparendo così, durare e dimorare". Heidegger parla Chiaramente di coappartenenza di "essere" e "fusis": "essere" e pensiero coincidono e l ' "essere" Appare che (= "fusis") porta con sé il raccoglimento, ( "Logos"). L'oblio della coappartenenza di pensare ed "essere" produce la perdita del senso Originario del termine "logos" che Viene così Considerato solo come "discorso, proposizione". La ricostruzione di Colli, SIA PUR con l'innovazione, Rispetto a Nietzsche, di Apollo come dio dell'invasamento dell'Armonia e non, non pare sufficiente. Le radici del mito Sembra vadano ricercate altrove: nell'entousiasmos, nell'essere abitati dal mito e dal mistero Che si eventua nel mondo e nell'essenza dell'esserci. "Per parafrasare il filosofo: cos'è il" logos "nel-l '" abisso senza fondo "; nell'assenza del Fondamento, nel" ab - grund "costituisce l che' esser-ci", "in CUI l 'esser -ci "è gettato? In breve: cos'è la razionalità Nella crisi del Fondamento e nel trionfo della "techne"? "Logos" e "techne" prevalgono sul mito veramente o sono solo una sua singolarità? In questo tempo segnato dal trionfo del pensiero tecnico: Dove si è nascosto il "mythos", cos'è il pensiero, la Conoscenza, il "logos"? E 'temerario forse affermare Che l'interpretazione del mito si intreccia alla riproposizione della Questione della Natura? Il mito Sembra cooriginario, coessenziale alla natura ed Avere LA STESSA essenza strutturale della "fusis" (forza che cambia e Trasforma) più della Quella che "hyle" nel senso proprio del Termine di "materiale per costruzione". L'interpretazione del mito implica una ripresa del Concetto di materialità inteso che Però come origine della sua interpretazione, fusis "della". Non un materialismo della "hyle" ma della "fusis", un oltrepassamento della materialità verso l'immaterialità. Intanto la crisi del "logos", techne "della", delle grandi narrazioni Sembrano indifferenti alla temporalità "immaginaria" del mito in Quanto questo non si impone al mondo come un "episteme".
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Siamo "gettàti nell'enigma", nel "problema": un Ostacolo da superare, una sfida da Raccogliere ma anche siamo "gettàti" nella "Formulazione di una ricerca". "" Per parafrasare Heidegger l 'esser-ci "é" gettàto "nell' ab-grund". L ' "ab-grund" costituisce l' "esser-ci". Siamo in "Esso" ed e "Esso da" partire Bisogna che: dal-l ' "abisso senza fondo". Se "Il linguaggio della metafisica non POTEVA servire" ad Heidegger, a noi servono fino in fondo il linguaggio heideggeriano? Non possiamo dire, con Heidegger, che "tutto" DEVE "capovolgersi"? La domanda Fondamentale (= "grundfrage") E allora. "Qual'è il senso del" logos "Nella crisi del" grund? "
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Cap. 2 ^
LA STORIA MITIKA ed ONTOLOGICA del mito della Physis
Il mito della Physis è essenzialmente un luogo mitico, una topologia del mito dell'abisso, della fondatezza, dell'aldilà: la storia del mito della Physis è la storia dei luoghi del mito, la storia mitika del mito è la storia dell'essere mitiko, o dell'eterno ritorno del mito o della risonanza infinita dell'essere nel mito, Nella latenza, custodita, curata per eventuarsi Nella Epoke mitica della Physis. La storia del mito della Physis è la storia della Radura dell'essere, dell'essere diradato, sgombro, libero d'Essere nell'abisso mitiko, senza nulla, senza niente, senza fine, senza tramonto, senza eclisse. Nessuno è ancora Stato libero di ricercare la storia dell'ontologia del mito della Physis, aldilà dell'ermeneutica teologica, oltre la metafisica nichilista epistemica categorica,, paradigmatica. Non c'è ne l'ontologia dell'essere mitico, ne l'ontosofia del mito o la storia mitika del mito della Physis. La storia del mito si fonda sulla storia mitica della Libertà: senza esser liberi di Contemplare il mito, non c'è mito ma solo fondamentalismo teologico, teocrazia: la storia mitika del mito della Physis è la storia mitika della libertà d'Essere in Presenza della contemplazione dell'essere Divinità. Il mito c'è Quando l'Essere si pone Dinanzi Nella contemplazione dell'essere Che si da, si getta alla Presenza Nella radura, dell'essere Nella topologia, Quale Ontologia dell'essere poetante, il Gegengrundsein Che si eventua Nella ontovarietà della gettatezza del mito è la radura poetante Che custodisce, kriptata, latente la cura dell'essere. I luoghi della Gegengrundsein sono gli spazi kaosmici ove si getta Dinanzi, Davanti l'Esser mitiko I luoghi del mito sono Quelli che l'esserci si trova di fronte non ad un orizzonte del mondo, o ad una prospettiva mondana, o ad un tramonto o eclisse cosmici, ma l'Essere è abitato Poeticamente dall'orizzonte e Dalla prospettiva dell'essere senza fine, senza declino, senza tramonto, senza eclisse, Quale eterno ritorno della Risonanza dell'essere mitiko. Solo così si eventua l'epoche della storia mitika, non teokratica, del mito della Physis. Tanto per Essere rigorosi fino in fondo: il mito non è la topologia della teocrazia, nato il mito è la singolarità nichilista cosmica del tempo immaginario, Giacchè quelle suggestive topologie sono sempre categorie della prospettiva del mondo tramontante Mentre l'orizzonte dell'essere mitiko non Mai si trova di fronte all'eclisse, al tramonto, alla fine della storia, del tempo, dello spazio, del kosmo. Nel mito Invece c'è l'eterno ritorno della differenza ontologica tra il Gegenseyn e il Widerseyn: non il nulla o il niente, ma l'Essere Che ci Viene in-contro, l'Essere Che si getta alla presenza, per l abitare 'Essere Che contempla la radura. La storia mitika del mito è la storia della differenza Che si eventua nell'ontologia poetante, Quale Presenza Che abita il luogo kaosmico. La storia mitika del mito della Physis è la storia dell'essere Che contempla l'Essere di fronte, Radura della Quale presenza, ove non ha mai abitato Né l'Entità, nato l'Esserci, Né la mondità, Né la metafisica, nato La teocrazia, ma solo la risonanza dell'essere Che ci Viene in-contro, Quale eterno ritorno.
Pag. 06 La storia mitika del mito della Physis è la storia dalle origini ai templari, tanto per abitare i luoghi storici del mito, si eventua Nella risonanza Quale Essere mitiko Essere divino Che ci Viene incontro, Essere Che abita l'Essere, Essere Che si incontra kriptato nell'Essere mitiko della Physis. La topologia, il luogo ove l'Essere ci Viene in-contro e ci abita è il "Mithos": la topologia del mito è la mitika topologia della storia del "Mithos" Solo Nella topologia del "Mithos" La storia si eventua Quale storia mitika del "Mithos": Giacchè solo lì è libera d'Essere storia mitika del "Mithos" e mai più storia della teocrazia, storia metafisica della teologia teocratica, storia metafisica della teologia teocratica, storia della Volontà di potenza della teocrazia, storia dell ' Etica teocratica. I luoghi ove il "Mithos" CI Viene incontro, o dove l'Essere in-contra l'Essere Che si eventua ed abita l'essenza del pensiero poetante, sono i luoghi del "Mithos" Sacri, Oscuri, misterici, kriptati, Perché Quella prossimità dell'essere con la sua ikona Che si getta alla Presenza e la abita è mitica nel senso di inaudita indicibile, e, dai Paradigmi fisici cosmici, la storia mitika del mito è la storia degli spazi liberi, abitati solo dall'Essere Che CI Viene in-contro, Quale Gegenseyn, mai nullità, e nel Contempo: Essere Che si incontra nell'essere Che si getta Abita a cura di, Nella contemplazione, l'Essere poetante. Le Varietà del venire incontro dell'essere sono infinite, indicibili, senza eclissi: perché i luoghi del "Mithos" sfuggono alla classificazione dell'imperativo categorico del rigore Razionale o della metafisica ideale nichilista, sinergetica, supersimmetrica, inferenziale, logistica, teocratica. Gli eventi del "Mithos" sono sempre in relatività con gli eventi e le ontovarietà dell'essere Che ci Viene incontro, Che si eventua Quale libertà ontologica: si incontra l'Essere, si contempla la libertà d'Essere kaosmica. I luoghi del "Mithos" sono gli spazi topologici ove l'Essere si dispone Nella contemplazione, nell'ascolto, visione Nella, Nella sensibilità e nel pensiero poetante dell'essere di fronte, dinnanzi, Davanti Che ci Viene incontro, kaosmica Nella Gegenseyn. La storia mitika del "Mithos" è la storia delle radure, dei vuoti ontologici della Physiseyn, ove l'Essere si eventua per Essere contemplato e per abitare Poeticamente l'Essere di fronte, oltre Che Poeticamente abitare il mondo da solo, la "Physis" , Il Kosmo. Quando un luogo, una radura, un vuoto sono abitate Poeticamente dall'Essere Che si getta Viene CHE E in-contro all'Essere, si eventua il "Mithos" e la sua storia Quale storia mitica del mitiko abitare Poeticamente l'Essere poetante, in libertà, in verità, in prossimità con l'Essere ontosofico. La libertà di ricerca sulla storia mitica del "Mithos" della Physis si eventua Nella storia dei luoghi ordinari del senso del "Mithos", della sua essenza, della sua Presenza qui ed aldilà del mondo i luoghi del "Mithos", anzi meglio la topologia del "Mithos", lo spazio vuoto, la radura, lo spazio libero Dalla mondità ove è custodito, curato, evocato e contemplato il Gegenseyn: l'Essere Che Viene incontro per abitare Poeticamente, il mondo non solo, ma l'Ikona dell ' Essere, l'essenza dell'essere, l'Essere poetante, l'Essere ontologico, l'Essere ontosofico. Si eventua così nello spazio e nel tempo del mondo la differenza ontologica: si presenta la topologia dell'essere mitiko, di là e di qua la topologia fluttuante del mondo dell'Esserci, del mondo virtuale, del mondo immaginario, del mondo ontologico, del Mondo poetante. Il mondo dell'essere mitiko si getta Nella mondità anche Quale mondo mitiko, mondo caotico mondo cosmico, caosmico mondo, mondo onirico, mondo estatico e la sua influenza metafisica si dispiega nel mondo etico, epistemico, paradigmatico, ermeneutico, costituente, noetico. Quale Fondamento della verità dell'Esser mitiko la sua influenza Dà senso al kaos, all'invisibile, all'indicibile, all'inaudito, all'assenza presente della sua Sacralità provvidenziale: l'unica Che ci Possa Salvare o curaro nel mondo dell ' aldilà, del bene e del male.
Pag. 07 La mitiko Topologia dell'ssere e la sua topologia animata dell'essere animato Che trascende l'Esserci, ma non è l'Essere ontologico o poetante. Quelle ontovarietà dispiegano La complessità della fondatezza dell'essere mitiko nel mondo virtuale, animato, ontologico, immaginario, onirico, metafisico, sinergetico, supersimmetrico e disvelano quanta Volontà di Potenza CI SIA NELLA STORIA mitika del "Mithos" della Physis. Volontà di potenza dell'eterno ritorno dell'essere "Mithos", nell'epochè della storia dell'Esserci, ma anche Volontà di influenza egemonica imperativa categorica Nella Metafisica, Ermeneutica, Poetica, Etica, estetica, episteme, virtuale, immaginaria, onirica, estatica, mitica, magica. Nell'Essere "Mithos", l'Essere animato non si adegua, in verità Né all'Esserci, nato all'Essere ontologico o poetante. Nel mondo del "Mithos" il mondo animato non ritrova l'adeguatezza metafisica, epistemica, Razionale, Poetica, estetica, etica con il mondo dell'Esserci, nato con l'Essere nel mondo immaginario cosmico,, virtuale, kaosmico. Ma Quella differenza ontologica dell'adeguatezza non trascura l'Ortogonalità influente della Volontà di potenza metafisica della storia mitika del "Mithos", anzi la sua categorica imperativa Dà senso, identità, teocrazia storica e trascendentale. L'Essere "Mithos", Quale Essere animato nel mondo mitico è la misura di tutto: del kosmo che c'è e del mondo che non c'è, o è invisibile, indicibile, inaudito, mitico, magico, estatico; l ' Essere "Mithos", è anzi l'unico centro gravitazionale Che Dà senso, Stabilità, il ritmo, Soprattutto E E per lo più da l'impianto, la creazione, la Gestell al mondo dell'Esserci, dell'Esser qui, là dell'Esser , dell'Esser aldilà. La topologia del "Mithos", Quale storia mitika del mito della Physis è la Gestell del mondo e dell'essere animato, Quale Esserci Che ci Viene in-contro Nella sua morfogenesi di Essere animato: e Percio da venerare e da Contemplare. Giacchè solo quell'Essere è "Mithos" physis della Che ci potra Salvare, curare o, Consolare O, O Guidare nel destino Nella sorte, nell'avventura della storia mitika del "Mithos". La Topologia dell'essere "Mithos" è implementata Nella bistabilità dei sentieri Che si biforcano: c'è la superficie della Gestell Fondante il mondo dell'Esserci, immaginario virtuale, trascendente,, metafisico, etico, poetico, estetico, sinergetico, cosmico, epistemico, ermeneutico, ma c'è, Quale eterno ritorno Nella superficie supersimmetrica, l'Essere animato Che ci Viene incontro nel vuoto ontologico, Radura Nella libera dal nichilismo, Nella singolarità kaosmica del nulla, Quale Gestell: contro-Essere, Essere Che ci incontra e avviene, si getta nell'Essere ma anche nell'Esserci, per abitarvi con il senso del "Mithos" della Physis o dell'essere animato. La storia del mito è Stata, ed è, sempre interpretata Quale Volontà di potenza della metafisica imperativa influente: non c'è una storia poetante del mito, una storia Né ontologica, nato una storia mitica, nato una storia ontologica, nato una storia mitica nel senso di Topologia del "Mithos" dell'essere Più che del mondo o della mondanità. Il futuro della libertà di ricerca della storia mitica del "Mithos", si presenta nel plesso, o nel chiasma, dell'essere storia della Gestell mitika dell'Esserci e del mondo, e storia della Gegenseyn dell'Esser mitiko Che ci in-contra, Che avviene in-contro, Risonanza Quale dell'essere animato sempre, eternamente ritornante nell'aldiqua dall'aldilà.
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L'Esserci mitiko Che ci Viene in-contro, Gegenseyn Quale è la donazione di misura, la Misurata topologica del "Mithos" e della storia mitika del "Mithos" animato Che Poeticamente abita l'Essere, oltre Che Il Mondo el'Esserci, Quale si eventua Stabilità del Kaos, morfogenesi visibile dell'invisibile, Koinè, linguaggio comune etico ed etnico dell'indicibile, dell'inaudito, dell'indecidibile mistero, mistico svelato del mito eternamente ed infinitamente interpretato Ermeneutica del vuoto silenzio della singolarità del "Mithos "Quale storia mitika del" Mithos ". La storia mitika dell'Esser "Mithos" è la storia dell'abbandono, della kriptazione, della latenza, dell'oblio dell'essere ontologico nell'Esser animato: Infinita SIA Quale vivenza dell'Esserci, SIA Vivenza Quale della mondanità eterna,, Mitica, indicibile, inaudita. L'Essere Che vi Viene in-contro o Che si in-contra è l'Essere animato Che Dalla latenza custodita kriptata,, curata, della radura della Topologia dell'essere, si eventua imperativamente Quale misura del tempo e dello spazio, dell ' Etica e dell'estetica, del kosmo e del Kaos, del bene e del male. Dell'Esser gettatezza Ma Quella "Mithos" non è semplicemente imperativo metafisico della Volontà di Potenza Quella è solo la sua metamorfosi teocratica, influente, altrimenti il "Mithos" SAREBBE solo una delle Varietà ermeneutiche, epistemiche, estetiche, astronomiche l'Esser gettati, Quale "Mithos" dell'essere animato Dà Stabilità alla più Complessa Ontoteologia o Teoontologia. Aldilà del bene e del male, anzi Quale fondatezza Che eventua ora l'uno ora l'altro o annienta SIA l'Unità, SIA l'alterità la storia Che si getta, Quale storia mitika del "Mithos", si presenta sempre Nella sua Varietà ontoteologica influente Che si da, Viene CI Che in-contro, Che si in-contra nei sentieri interrotti del "Mithos", Quale metastabilità del Kaos, orizzonte prospettico dell'Esser animato Che Dà senso all'Esserci, alla vivenza, alla Creazione, alla mondità, all'aldilà. L'Essere animato Che si in-contra si getta nell'Esserci, nel mondo, Vivenza Nella Quale impianto imperativo stabile della Volontà di potenza dell'essere Mithos: è la Gestell dell'essere animato Che ci Viene in-, contro metafisica non Quella , Etica o, epistemica, ma Quella metastabilità Che annienta il Kaos, il nulla, il niente oltrechè l'Esserci preesistente, per fondare la Topologia del "Mithos" dal nulla, dall'invisibile, dall'inaudito, dal vuoto cosmico. La Topologia dell'essere "Mithos" Che ci in-contra abita mistericamente il Fondamento dell'Esser animato, dell'Esserci della vivenza del mondo: abita la Stabilità della Gestell Quale venire in-contro della Presenza Che ci in-contra nell'Essenza dell'essere. La Stabilità dell'Esser animato è la storia mitika del "Mithos" controkaos Quale E che Risonanza Davanti ci presenta di fronte al Kaos per Essere Gestell topologica della radura, del vuoto dell'invisibile, dell'indicibile, dell'inaudito: la storia del "Mithos" è la storia dell'Esser di fronte al Kaos, Quale Essere animato Che ci Viene in-contro E che si in-contra Nella essenza della vivenza, dell'Esserci, della mondità. La storia del "Mithos" è la storia mitika della SIA metastabilità dell'Esser animato Che si presenta, ci si eventua, in-Nella dell'essere contra fondatezza, dell'Esserci Quale vivenza, del mondo, aldilà dell'essere. Il Metaodoseyn è il sentiero ininterrotto del Gegenseyn: eterno ritorno della risonanza dell'essere Che ci Viene in-contro, E che si getta alla Presenza dell'essere Che si in-contra di fronte dinnanzi,, Quale evento dell'essere animato.
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Il gettarsi incontro Nella metastabilità della Presenza SIA Quale Volontà di Presenza o teocrazia, SIA Quale dono della misura del "Mithos" o Ontoteologia, la storia mitika del "Mithos" da senso all'imperativo categorico del Gegenkaos Essere di fronte, Davanti, al Incontro Kaos del mondo. Ma la sua Presenza si eventua anche nel gettare nell'essenza del Fondamento dell'Esserci e della Vivenza l'incontro dell'essere animato, Quale Topologia dell'essere o Varietà dell'essere ontologico. La storia del "Mithos", sarà la storia dell'interfaccia, intervolto, interessere animato Che ci Viene incontro nel sentiero dell'essere. Il Campo del "Mithos" el'intervolto dell'interessere topologico animato. I sentieri del campo del "Mithos" sono la risonanza dell'eterno ritorno della storia del "Mithos". Il campo mitiko è l'intervarietà della Topologia dell'essere Quale campo metamorfico Che Dà Ortogonalità all'abisso, da la visione dell'essere animato all'invisibile, da ascolto al silenzio inaudito, Seno Dà al "Mithos" Getta I sentieri dell ' Essere animato nell'Abgrundseyn, nel senza fondo delle fondamenta dell'essere: il campo mitiko è la Gestellsein dell'Abgrundseyn, l'impianto della metastabilità Che s'eventua nei sentieri dell'abisso. La storia del "Mithos" è la storia del campo sacro, Quale intervarietà della topologia dell'essere animato. Il Campo Sacro e la metastabilità, la Gestell dell'abisso, dell'Abgrundseyn, dell'interessere, dell'intervolto, dell'interfaccia ortogonale imperativo dell'aldilà Che si eventua Quale vuoto cosmico, radura dell'invisibile, silenzio dell'inaudito, indicibile. Il campo sacro del "Mithos" è la risonanza dell'eterno ritorno dell'essere animato Che si getta NELLA STORIA Quale storia del "Mithos". Il campo sacro del mondo è la Gestell nell'Abgrundseyn, Quale Ortogonalità imperativa senza fondo nell'aldilà, oltre l'orizzonte, oltre il tramonto della storia, oltre la storia della multa, oltre l'eclisse del mondo della storia classica. Il campo sacro del "Mithos", la Gestell mitika, l'impianto mitiko ove l'Essere animato Che avviene, si getta dall'aldilà, ci Viene in-contro e si incontra Nella Gegenseyn Quale Davanti Essere aldilà Che si Presenza di fronte, , dinnanzi Quale intervolto, dell'invisibile, indicibile, inaudito del mito Nella Volontà di potenza metafisica influente nell'Etica,, nell'Estetica, Nella Noetica, nell'Ermeneutica. Il Campo del "Mithos" sacro si presenta sempre aldilà della semplice teocrazia, Quale Volontà di potenza della metafisica ideale dell'aldilà, Nella sua intervarietà di ontoteologia o Teontologia: Evento Che si incontra nei sentieri Seynweg della gettatezza dell'interessere animato Quale intervolto interimmagine dell'Abgrundseyn, dell'essere abissale Che si in-contra Nella radura topologica, nel vuoto ontologico, cosmico, Nelle singolarità nichiliste della cronotopia immaginaria. La differenza ontologica tra il campo sacro della storia mitika e la storia classica del "Mithos" si eventua Nella differenza tra la storia della Volontà di potenza dell'Esserci metafisico e la storia della Topologia dell'essere animato Che ci Viene incontro, si che in -contra, di fronte Quale Gegenseyn dell'aldilà, dell'abisso, matastabilità Quale, dell'Abgrundseyn Gestell. La storia del campo sacro è la storia mitika dell'immagine dell'essere Che ci in-contra di fronte: dell'immagine intervolto, Interbild. Il Campo del "Mithos" E la Bildseyn dell'abisso Che ci sta sempre di fronte, ci abita E che ci in-contra Quale aldilà.
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Ma il campo sacro del "Mithos", si presenta anche Quale impianto metastabilità,, struttura ontologica, in qualità di salvezza, cura, pensiero poetante della Physis. La storia del campo sacro del "Mithos" è anche la storia dell'essere al potere del mito: ma solo Nella sua Varietà di Bildseyn, di immagine dell'essere animato, mai Quale Volontà di potenza della metafisica dell'immagine del mondo. Anzi il campo sacro del "Mithos" con la sua Bildseyn influenza la mondità, mai PUÒ Essere soggetto, Giacchè la sua fondatezza si disvela sempre Dalla metastabilità dell'abisso, Che dell'invisibile, dell'indicibile, dell'inaudito, dell'aldilà Davanti si Presentano di fronte, in-contro alla mondanità, e si gettano Nella sua per ndatezza senza Essere mai fondati. In quel senso il campo sacro del "Mithos" è libero, è più libero, dalle immagini del mondo: la storia mitika del "Mithos", è la libertà Dalla Volontà di potenza della metafisica nichilista, della fine della storia, è più libera, Giacchè abbandona le immagini del mondo per gettare in-contro le immagini dell'essere animato. Il campo mitiko non è stato, e non sarà mai una nuova metafisica, se mai è la Teontologia, Essere senza ontologica: si eventua Invece Quale alterità, Essere senza differenza, e Quale relatività senza Essere dispiegamento. Il campo sacro del "Mithos" è la radura ove si getta e si incontra sempre di fronte l'evento dell'immagine dell'essere animato. La storia del "Mithos" è la storia dell'accadere della presenza, Volontà e potenza dell'immagine dell'essere Che si dispiega dall'abisso, dall'aldilà, dall'invisibile, dall'indicibile, dall'inaudito: che decostruisce il Tempo el'immagine del mondo, dell'Esserci, della metafisica imperante nichilista. Il campo sacro del "Mithos" crea lo spazio alla Bildseyn Che si eventua Dalla metastabilità dell'Abgrundseyn, ma non Dà fondatezza alla Grundseyn: SI Svela in-contro, di fronte, in relatività, Quale immagine dell'essere mai fondata nel, fondabile Né Dalla immagine del mondo, o dell'Esserci, o della Physis: Teontologia della Bildseyn Quale intervolto, intervarietà della Ikonaseyn del pensiero poetante. Il campo sacro del "Mithos" della Physis è la storia della differenza del venirci in-contro dell'essere e del Suo gettarsi nel mondo, Physis Nella cosmica: in qualità di immagine dell'essere Che si eventua, Quale Essere animato metastabile dell ' intervarietà dell'Abgrundseyn: Nella sua Varietà della semplice gettatezza Nella storia dell'Esserci, o dell'essere al mondo. Mai mondo nell'Essere o Volontà d'Essere mondità dell'immagine dell'essere. E Bildseyn sono i sentieri del campo sacro del Daseyn "Mithos", ove si eventua l'in-contro la Gegenseyn della Physis ontologica. Li la risonanza dell'essere Che ci in-contra, da senso alla Teontologia, Quale alterità della metafisica nichilista, in relatività con l'ontologia poetante della Physis. La storia di quell'in-contro si in-contra Nella risonanza della storia del "Mithos", Quale storia dell'immagine d'Essere Che si getta di fronte all'immagine del mondo o dell'Esserci: Bildsetn Che si getta in - contro al Daseyn. Il campo sacro del "Mithos" della Physis E quella Topologia ove la storia mitika si eventua Quale Bildseyn del Daseyn, ed anche dell'immagine del Attraverso mondo, l'immagine dell'essere animato in relatività con l'immagine dell'essere Che si Getta dall'aldilà, dall'invisibile, dall'abisso, Abgrundseyn, indicibile, inaudito.
Pag. 11 Ma il campo sacro del "Mithos" della Physis ontologica è anche la Topologia metastabile della Bildabgrundseyn: immagine dell'abisso dell'essere o dell'essere abissale Che si getta Nella storia del "Mithos". In qualità di Bildabgrundseyn il campo sacro del "Mithos" metastabilizza si in Bildgestellseyn, ikona della sua struttura ontologica, ove si eventua l'incontro tra l'Essere animato, dell'Esserci Bildseyn el'immagine. Il campo sacro del "Mithos" della Physis è al tempo stesso stabile ed instabile: la sua Stabilità e relativa all'Essere animato Che si eventua Quale Essere mitiko: dall'abisso dell'essere CI Viene incontro e in-contra l'Esserci ed Il mondo, la Physis e la sua struttura ontologica. Nella stabile E 'Gestell dell'immagine dell'Esser mitiko ma instabile nell'Abgrundseyn intermittente la Gegenseyn, Risonanza Quale dell'essere poetante della Physis. L'anfibologia del campo sacro del "Mithos" da alla sua Gestellseyn L'Essenza della metastabilità in relatività con l'ontologia, Quale Teontologia, in relatività con l'immagine dell'Esserci e del mondo Quale teokrazia della storia classica del "Mithos" . Essenziale E quella differenza, Perché crea la biforcazione tra l'immagine della storia mitika el'immagine del mondo della storia del "Mithos" della Physis. Il sentiero nel campo sacro del "Mithos" dell'immagine della storia del "Mithos" della Physis è interrotto Stato, Giacchè La storia si è dispiegata, ed anche, o immagine della Volontà di potenza della metafisica o teocrazia. La Teontologia, Quale immagine dell'essere mitiko Che si getta Nella immagine della storia del "Mithos" non è più presente Né nel mondo, nato nel sacro mondo, nato nel mondo sacro, nato nell'Esserci del sacro campo del "Mithos" della physis. Solo la libertà di ricerca eventuerà nel futuro Un'immagine della storia del "Mithos" dell'Esser gettatezza quale "Mithos" animato, Che si disvela dall'abisso dell'aldilà. Solo così il campo sacro del "Mithos" della Physis Quale campo dell'immagine o interimmagine animato della storia del "Mithos" eventua la storia del mondo animato, fin'ora Mentre la storia del mito si è Presentata nell'interpretazione dell'immagine del mondo imperativa ed influente, Quale Volontà di potenza metafisica sull'immagine della storia del mito della Physis. Nella storia del "Mithos" della Physis si eventua una interferenza: quale immagine della storia del campo sacro del "Mithos" che da la misura non solo al mondo, all'immagine del mondo, all'Esserci, alla vivenza, ma anche al nulla Fondamentale purtroppo all'essenza dell'essere, la storia mitika libera, esprime, disvela la verità, ma anche la occulta, la oblia, la Kripta Sotto la parvenza della cura, della latenza Che custodisce conserva, accudisce, consacra e contempla. L'interferenza ontologica Nella differenza Ermeneutica del Capo del Sacro "Mithos" della Physis da la misura della sua Volontà di potenza imperativa kategorica, ma anche la valenza dell'Esser mito Quale sentiero, di libertà di svelatezza della Libertà, di contemplazione Che dekripta l 'Evento dell'Incontro Che ci incontra nel chiasma dell'Esser animato, immagine qualifiche in relatività con l'Essere ontologico. Quella interferenza Che Appare originariamente nel campo sacro del "Mithos" della Physis, ma anche si eventua in altri campi Quale la psiche o la Physis o la Koinè, disvela la ontologica tra l'Essere-sé dell'Esserci nel mondo el'esser differenza -Sé Quale Selbstsein: Nella storia del "Mithos" della Physis c'è sempre la trivarietà della Topologia dell'essere: Seyn, Daseyn, das Selbstseyn ove l'Esserci ol'Essere è indeterminato, ma sempre in relatività Quale Daselbstseyn: sempre Esserci nell'Essere-sè e nell'Essere al di là dal sé, dal Selbstseyn, senza paradossi di identità o di Principi logici di contradizione, anzi quelle evenienze non fanno Altro che confortare l'imperativo categorico del campo sacro del "Mithos" della Physis .
Pag. 12 L'interferenza di Quella presenza, indeterminatezza nel campo sacro del mito ontologico della storia mitika del "Mithos" della Physis da la misura dell ', dell'invisibile, dell'infinitesimale, dell'indicibile, dell'inaudibile, del bene e del male , ma anche della das Selbstsein dell'adilà del bene e del male, dell'aldilà del Mondo e del nulla, dell'aldilà del tempo e dello spazio, dell'aldilà della cronaca e della storia mitika, e dell'etica dell'adilà , dell'estetica dell'aldilà della guerra e della pace. Nell'interferenza ontologica Varietà Quelle sono solo episodi ed eventuali dell'immagine del campo sacro del "Mithos" che da la misura dell'Esserci Quale Essere-sé nell'Essere animato nel mondo animato, animata Nella Physis. La storia mitica del "Mithos" è creatrice di storia, non solo Nel suo campo sacro del "Mithos" della Physis, ma in generale e nel senso della globalità, Quale evento della nuova libertà: libertà d'Essere animata in qualità di Varietà della das Selbstsein: Esserci, Essere mitiko, Essere in relatività con l'Essere aldilà. La nuova libertà d'Essere animata è creatrice di storia del campo sacro del "Mithos" della Physis, ma anche di Quello immaginario, virtuale ortogonale,, metafisico influente nichilista, decostruttivo, ermeneutico, epistemico, etico, estetico, sinergetico. Il campo sacro del "Mithos" Quale storia sacra del "Mithos" della Physis Sarà così il Fondamento della nuova libertà: libertà d'Essere Contemporaneamente, Quale das Selbstseyn, Esserci, Essere alterità nell'aldilà, Essere mitiko dell'essere animato. Il Campo del Sacro Mithos così non è, l'unico, ma il più evidente Nella Creazione della storia, SIA Gestell, SIA Gegen-Gestell: o meglio, e di più, è il Gegen-Stell: l'impianto della storia mitika della Physis, struttura ontologica Che ci Viene incontro dall'adilà, dall'alterità, ma che ci in-contra nel sentiero dell'essere animato. Il Gegen-Stell, la sua struttura ontologica, è la metastabilità Che ci Viene incontro, Quale Presenza Che ci incontra nel campo sacro del "Mithos" della Physis per impedire il declino nel nulla, nel kaos, nell'abisso, nell'Abgrundseyn. La storia mitika Che crea la storia dell'immagine del mondo, è La presenza metastabile dell'aldilà, dell'alterità Che ci incontra sempre di fronte, per interferire nel declino, klinamen nel abissale della metafisica nichilista tramontante, eclissante. Ma affinchè appaia La presenza della storia del "Mithos" della Physis nel campo mitico interferente non è Sufficiente il sapere dell'Esserci e del mondo, MA L'indispensabile dispiegare il sapere dell'essere animato Che si eventua di fronte e ci incontra dall'alterità dall 'aldilà. Il campo mitiko della storia del "Mithos" della Physis si presenta nel mondo della storia solo Attraverso il sapere del Fondamento dell'essere animato, il Quale s'eventua sempre Quale interferenza Che ci incontra sempre di fronte, E Viene ad abitare Poeticamente il sacro campo della storia mitika dell'essere animato. Solo il sapere dell'essere consente di Essere sempre di fronte ed incontro all'Essere mitiko nell'equilibrio del campo sacro del "Mithos" che consentirà di decostruire e CREARE IL sentiero della storia del "Mithos" della Physis. Il sapere dell'essere mitiko si dispiega nel campo sacro del "Mithos" della Physis Quale Creazione della storia mitika del "Mithos", Che fondatezza da, getta nel mondo e nell'immagine del mondo mitiko le kategorie del "Mithos" e la verità dell'essere animato. Il sapere dell'essere mitiko Che ci Viene in-contro e ci incontra nel campo sacro del "Mithos" della physis, Quale sapere mitiko dell'essere animato, Nella getta che storia mitika del "Mithos" della Physis la sua creatività, la sua verità, la sua missione dell'Esserci, la sua immagine del mondo.
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Quella sapienza mitika dell'essere "Mithos" della Physis Che si eventua sempre di fronte, Quale Essere animato trascendente la semplice Volontà di Potenza Metafisica teokratica, o nichilista o sinergetica kosmica per dispiegare, nel campo sacro del "Mithos" che crea la storia sulla Volontà di verità del "Mithos", e sulla Volontà animata, o Volontà mitika della storia mitika. Mai Sarà animata una nuova ontologia, ma è già trascendenza e tramonto della metafisica nichilista, epistemica, Ermeneutica, paradigmatica Che disvela l'immagine del mondo Quale creatività dell'immagine della storia della globalità del mondo. La Volontà di verità mitika fonda la Teontologia, Quale sapere dell'essere animato nel campo sacro del "Mithos" che crea la storia del "Mithos" el'immagine della storia dell'Esserci globale del kosmo: la storia mitika della Physis Quale misura della Storia del mondo mitiko.
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Cap. 3 ^
UN "ATTRATTORE STRANO" Nella CRISI della Concezione PROGRESSIVA.
La ragione: il problema Fondamentale dei nostri tempi. Prima di Leibniz non esisteva una teoria dei fondamenti della Ragione: il primo assioma logico dei fondamenti della razionalità moderna è rinvenibile Nella frase leibniziana: "nihil est sine ratione", niente è senza ragione ovvero nessun ente PUÒ esistere senza un Fondamento, senza una razionalità . Metafisica Ma quando si opera l 'oltrepassamento della E QUANDO si attua la "differenza ontologica", e ancora Fondamentale quell'assioma leibniziano e, successivamente, hegeliano? Le conoscenze razionali sono confutabili SIA Attraverso la messa in crisi dei fondamenti SIA Attraverso la costruzione di una metafisica Che pone ai fondamenti originari dei Problemi irrisolvibili, aporetici e paradossali. La logica è entrata in crisi irrimediabilmente. Tale crisi già era, in origine, permanente? La risposta è forse rinvenibile Nella contrapposizione Che Heidegger instaura tra il "nihil est sine ratione" leibniziano e A. Silesio per cui "la rosa è senza Perché, poiche Fiorisce di sé, non gliene cale; CHIEDE non vista d'essere". Ora, Di queste contemporaneità, sorgenti in simultanea, tra nascita dei fondamenti e crisi degli Stessi è intrisa la storia della ragione. E 'la storia della logica Che si ripete E che si ritrova ad un bivio, ad una biforcazione. Fin dall'origine, Nella Logica è presente questa biforcazione o "ontologica differenza" originaria: Quale Coesistenza di causa "logos" dell'ente e l'eristica Quale dinamica interna, dis-Cordia dell'ente. Il problema del tramonto dell'Occidente, la tematica della crisi delle civiltà, delle ideologie, dei sistemi: risonanza di un problema più Essenziale, Quello della crisi dei fondamenti, del Fondamento della ragione. C'è una Contemporanea Necessità di Comprendere, riflettere sulla natura, sulla sua ipotetica e reale crisi irreversibile. Se problematica simile è intrisa di Paradigmi letterari e filosofici o in crisi o neo-metafisici è forse enunciabile una tematica nuova Che Dovra Essere poi fusa con la teoria della crisi? Il motto di Windelband va Preso sul serio: «Comprendere Kant, significa andare oltre Kant». DOBBIAMO dunque chiederci in cosa consista propriamente Che lo Sforzo di «andare oltre Kant». Una risposta Che tipo di dati è Stata, è rinvenibile NEGLI atti di una celebre Controversia filosofica, ossia Nella storica e definizione sistematica del neokantismo Che Martin Heidegger fece valere nei Confronti dell'ultimo Rappresentante della Tradizione neokantiana - Ernst Cassirer - a Davos nel 1929.
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Intorno al 1850 La situazione E che racconto tanto le scienze dello spirito Quanto quelle della natura Hanno Preso Possesso della totalità del conoscibile, per CUI Sorge La questione: che cosa rimane ancora alla filosofia, se la totalità dell'ente è Stata spartita tra le scienze ? Le rimane solo la Conoscenza della scienza, non la Conoscenza dell'ente, e questo punto di vista è determinante per il ritorno a Kant. Di conseguenza, Kant Stato è visto come teorico della Teoria della Conoscenza Fisico-Matematica. La Teoria della Conoscenza, questo Stato è l'aspetto sotto il Quale si è visto Kant. ANCHE IL Husserl Tra il 1900 e 1910 in un certo senso è caduto Nelle braccia del neokantismo (M. Heidegger, Kant e il problema della "Metafisica"). Propone una Definizione similitudine una diagnosi esatta: è verissimo Che alla Costituzione del neokantismo contribuisce Il Mutamento dello status della filosofia, Sviluppo singolo racconto non sottrae alla filosofia tradizionali ambiti di sua competenza, ma al tempo stesso la spinge ad assumere Il ruolo di "scienza della scienza ", ovvero - al di là della Formulazione di sapore fichtiano di riflessione Sulle forme e le strutture conoscitive Attraverso le qualifiche si costituiscono le diverse Regioni del sapere ei Diversi Livelli dell'oggettività: come dice Heidegger,« la Conoscenza della scienza, non la Conoscenza dell'ente ». Qui si coglie l'inadeguatezza della Definizione di Heidegger: non è affatto vero, cioè, Che «Kant Stato è visto come teorico della Teoria della Conoscenza-fisico» matematica. Ma non si Dovrebbe mai dimenticare Dall'inizio Che peccato, basti pensare uno Lange, l'immagine del neokantismo come di una "grigia" Teoria della Conoscenza Storicamente è parziale e non Conto da, di Ciò che tutto il neokantismo Volle Essere e di Fatto fu: una filosofia sistematica della cultura o, come dirà Cassirer, delle «forme simboliche» in CUI SI ARTICOLA la cultura. Nella polemica di Heidegger alla Quale si sono richiamati Invece MOLTI Studi recenti Comporta un rapporto molto più stratificato con Kant, non solo con il Kant della Critica della ragion pura, ma anche con Quello della ragion pratica e - Soprattutto - con il Kant della Critica del Giudizio Da qui il peculiare giudizio su Nietzsche formulato da Carnap nell'opera proprio in CUI Egli compie la famosa analisi di Was ist Metaphyisik? (1929) di Martin Heidegger. Scrive Carnap in «Logiche Überwindung der Metaphysik durch Analyse der Sprache» (1932): «La nostra congettura, secondo la metafisica non CUI SAREBBE Altro che un surrogato, e per di più insufficiente, dell'arte, pare Confermata anche dal Fatto Che proprio Il metafisico dal più forte temperamento artistico Che FORSE SI SIA mai dato, cioè Nietzsche, ha commesso meno di tutti l'errore di commistione quella. La Maggior parte delle sue opere ha un prevalente contenuto empirico, vi si tratta, per esempio, dell'analisi storica di determinati fenomeni artistici, ovvero dell'analisi storico-morale della Psicologica. Tuttavia, nell'opera in CUI Egli esprime con la massima Efficacia Ciò che altri dicono per mezzo ossia della metafisica o dell'etica, in Così parlò Zarathustra, non sceglie l'Equivoca forma TEORETICA, ma si decide apertamente per la forma dell'arte , la poesia »(trad. it.,« Il Superamento della metafisica mediante l'analisi logica del linguaggio », in Il neoempirismo. Il rapporto fra Carnap e Heidegger è molto più complesso di Quanto comunemente non si creda. Recentemente è Stato riesaminato Soprattutto da M. Friedman in Parting of the Ways A. Carnap, Cassirer e Heidegger, OpenCourt, Chicago & La Salle
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Colmo Divario racconto felicemente il matematico e filosofo Henri Poincaré, una specie di Kant liberato dai rimasugli della scolastica medievale e sino con il Crisma della scienza moderna. Parrini, «Sulle vedute epistemologiche di Enriques (e di Croce)», Rivista di Storia della filosofia. Quelli che passeranno a Vienna e diverranno esponenti di punta del Verein Ernst Mach (Schlick e Carnap, Reichenbach diventerà la figura propulsiva della Gesellschaft für Philosophie empirische (poi di Hilbert, Gesellschaft fu wissenschaftliche Philosophie). SI TRATTA di ELABORARE una posizione di tipo empiristico, il convenzionalismo di Poincaré, in grado di Evitare gli eccessi del sensismo di Mach senza per questo sconfinare in Posizioni kantiane e neokantiane come quelle sostenute da Cassirer. I campi dei fondamenti della geometria, della logica e della fisica matematica: una profonda TRASFORMAZIONE della Concezione kantiana dei Principi sintetici a priori: Principi Che sono necessari, certificati e non rivedibili ma altresì APPLICABILI al mondo naturale Dato Nella nostra esperienza sensibile. Le rivoluzioni Nella matematica e fisica matematica Nella Hanno mostrato Che nessun principio del genere è stabilito in modo assoluto una volta per tutte. Principi tipicamente non empirici, i Quali, Nonostante la Loro Tendenza ad andare Soggetti uno revisione in periodi di profonde rivoluzioni concettuali, sono in Ciascun momento costitutivi della intelaiatura della Ricerca nelle Scienze Naturali delle regole del gioco. Principi vigenti al momento Che la Conoscenza scientifica DEVE La sua validità oggettiva e la sua comunicabilità intersoggettiva. Nuova Concezione Che Possiamo Chiamare i Principi a priori relativizzati (relativizzata principi a priori) e di descrivere in modo dettagliato come SIA possibile l'esperienza scientifica oggettiva. Che lo sottende L'idea di un a priori relativizzato il Quale struttura gli avanzamenti empirici della scienza naturale riveste una rilevanza filosofica centrale. Riflesso contemporaneo Nella Concezione di Kuhn delle regole o 'Paradigmi' Che definiscono un dato di 'scienza normale'. Non è forse Necessario Intraprendere una vera e propria "ontologia del tempo" prima, e poi Creare e / o esplicitare l'ontologia del tramonto? SE NON ESISTE un'ontologia del tempo come si fa ad Individuare un'ontologia del tramonto o della crisi al di fuori ed al di là della "Metafisica del tramonto? Potrebbe essere utile Procedere verso un'innovazione teorica, per Individuare Una soluzione del problema del tramonto, Attraverso l'uso Che è Stato Fatto dell ' "attrattore strano" di Lorenz per la crisi delle scienze. SI PUÒ quasi concepire il problema strano del tramonto come l'evidenziarsi di un "attrattore" Possiede Che in sé i limiti del Suo dispiegamento ma che procede Seguendo una direzionalità verso un itinerario, abissale forse, DI CUI non conosciamo ancora perfettamente e gli esiti possibili . In breve: si conosce quasi perfettamente il confine del problema ma è ancora impossibile percepirne il percorso, prefigurarne futuro l'itinerario. Se non sarà possibile Individuare un itinerario da "attrattore strano" Nella temporalità, allora, in assenza di altri Paradigmi si tornera ad una visione ciclica e mitica Giacchè pare irreversibile la crisi della Concezione progressiva.
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Cap. 4 ^
TEMPORALITA 'LINEARE ed "Immaginaria"
La visione del tempo è enucleata nell'elaborazione scientifica del tempo ovvero da un'elaborazione linearizzata del tempo. Con l'introduzione delle macchine, ma anche la linearizzazione del Concetto di tempo cambia o si evolvono: invece di Essere Diviso in parti dovute, il "tempo" Viene investito Nella sua natura Essenziale da un Meccanismo tecnologico Che ne incrementa differenzialmente le POTENZIALITA e le valenze. Il problema del "valore" Concezione del "valore". La teoria del "valore" c'è tutta la visione lineare e positivistica del tempo se fino agli anni'60 ha funzionato, Dopo, con l'Irruzione delle Nuove Tecnologie è entrato in crisi. Non è forse un pò datata e coeva alle teorie ottocentesche la visione linearizzata del tempo? E peraltro Ogni Tentativo di Uscire da questa gabbia della temporalità lineare non fa ricadere Chiunque Nella visione ciclica e mitica del tempo? Perchè il Dibattito sul problema del tempo che la filosofia, la scienza nonchè la moderna letteratura (Proust), Nell'ultimo secolo ha Elaborato non è entrato in Connessione-collusione col paradigma temporale soggiacente nella "teoria del valore"? Richiamare bene E 'tre passaggi dell'epistemologia sul tempo, condensabili in tre figure di pensatori: Bergson, Heidegger, Hawking. E 'di Bergson La nozione di fondata nel tempo sulla metafora dello srotolamento del passato verso il rotolamento del futuro; di Heidegger è possibile richiamare la metafora del sentiero Che montagna sulla vendita: Ad ogni curva pare Che torni il sentiero verso il passato ed Sta. Invece per risalire sul Vertice del futuro. A causa CI portano uno rappresentare una visione della temporalità "altra" Quella da lineare: si passa da Un'immagine bidimensionale dell'800 ad una tridimensionale ove la visione lineare è semplicemente un aspetto particolare Queste. Euclidee Qui c'è lo stesso passaggio verificatosi Quando la geometria euclidea fu superata dalle geometrie lobacewskyane o iper-euclidee o non, c'è lo stesso passaggio di Copernico Quando scopri la non realtà delle teorie tolemaiche. Aspetti della ricerca epistemologica, Filosofia della Conoscenza, Filosofia della Scienza, Stessa Nella scienza. Il Tentativo di assorbire integralmente la filosofia Nelle scienze trova la sua principale ragion d'Essere NEGLI Sviluppi del sapere scientifico Nella Tendenza ad occupare spazi tradizionalmente riservati alla filosofia. I recenti Sviluppi post-positivistici tanto della Filosofia della Scienza della Filosofia della Conoscenza, o dell'intersezione Fra queste Nell'ambito delle scienze, ma anche di rimpiazzarla con l'Ermeneutica, come e Stato proposto da Rorty sulla base della sua critica alle concezioni gnoseologiche di tipo realistico e fondazionalistico. Aristotele »diceva dell'essere si parla in tanti modi ed Essere Alcuni paiono ancora utili e sensati.
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Aspetti della ricerca epistemologica, Filosofia della Conoscenza, Filosofia della Scienza, Nella scienza stessa. Il Tentativo di assorbire integralmente la filosofia Nelle scienze trova la sua principale ragion d'Essere NEGLI Sviluppi del sapere scientifico Nella Tendenza ad occupare spazi tradizionalmente riservati alla filosofia. I recenti Sviluppi post-positivistici tanto della Filosofia della Scienza della Filosofia della Conoscenza, o dell'intersezione Fra queste Nell'ambito delle scienze, ma anche di rimpiazzarla con l'Ermeneutica, come e Stato proposto da Rorty sulla base della sua critica alle concezioni gnoseologiche di tipo realistico e fondazionalistico. Aristotele »diceva dell'essere si parla in tanti modi ed Essere Alcuni paiono ancora utili e sensati. In nuce c'è qualcosa Che Possa approdare ad una nuova visione della temporalità? La visione del tempo lineare Dipende Dalla Possibilità di calcolare, con i numeri reali, un segmento e / o una linea retta. Ma quando Vengono scoperte altre teorie di numeri non reali ma Nello stesso tempo razionali e naturali anche La possibilità di calcolare un tempo non lineare diventa un gioco. Hawking verso la metà degli anni '70 elaborò, Attraverso i "numeri immaginari", la teoria del "tempo immaginario". I "numeri immaginari", si sa, sono perfettamente numerabili, calcolabili anche se non commensurabili con le altre teorie numeriche (numeri "reali", "naturali", "irrazionali "....) Nell'estate del 1995 a Firenze, S . Hawking ha capovolto la visione: da singolarità dello spazio implosivo del cosmo, una singolarità gettante energia continua nell'universo antientropica ed. Quale paradigma si è eventuato? Un modello spaziale delle singolarità spazio-temporali o singolarità cosmiche virtuali dell'ipospazio nell'iperspazio temporale.S.Hawking ha disvelato nell'abisso della spazialità relativistica einsteiniana, l'ipospazio soggiacente Che non è un "nulla" o un "niente", ma una "superentità" della ipospaziale topologia fluttuante.Nel modello matematico proposto da Hawking, le parti stabili delle singolarità cosmiche s'immaginano instabili, per la nota teoria dell'indeterminatezza di Heisenberg: non si potra mai sapere con assoluta precisione, pur disponendo della Migliore thecnè "futuribile, Quale status possiedano le particelle elementari ai confini dello spazio vuoto: se statico e impermeabile Percio A qualsiasi fenomeno di attraversamento quantico, o instabile ed" ek-statico "e Pertanto vibrante di gettatezze singolari, strane o virtuali. Tra le tante possibili o probabili o immaginarie o virtuali Alcune omologhe e coerenti e simmetriche o asimmetriche o super-simmetriche: tant'è Che nell'ipospazio soggiacente, esisterà Almeno una superstringa di particelle virtuali o superonde fotoniche o gravitoni, Capace di Attraversare l ' Orizzonte degli eventi da uno spazio-tempo ad un altro: e, per simmetria, sara anche non impossibile il chiasma ipospaziale della super-stringa cosmica. Getti quantici instabili e virtuali, se simmetrici, creeranno un campo gravimagnetico implosivo; se asimmetrici, un campo di fissione esplosivo estatico: genesi, dal "nulla" o dal "niente" o dal "nihil" cosmico, della materia o antimateria virtuale: singolarità dello spazio-, tempo quantistica della relatività cronotopie. Sarà così? Nessuno, forse per qualche secolo potra Rispondere a similitudine domanda cosmica, ma, analizzando con Maggior Attenzione, il modello topologico di S. Hawking Alcune Illuminazioni per eventi Fondamentali della fisica sono possibili. Di tanti, sono qui enunciati solo Alcuni, forse non d'immediata temporale Necessità, ma in futuro, dotati di qualità virtuose essenziali.Il chiasma ipospaziale PUÒ Essere immaginato stabile e statico o instabile ed estatico, o strutturalmente stabile ed estatico.
Pag. 19 Le graviquantiche curvatura dello spazio-tempo circondanti si inabissano in singolarità ipospaziali virtuali: Tali da Creare una curvatura positiva circolare e simmetrica alla Corrispondente biunivoca: una superstringa infinitesima Quantica e di dimensioni prossime alla costante di Planck (10 Elevato -35). La virtualità ipospaziale dara alla luce una stringa cosmica ove il flusso di materia o antimateria virtuale ellittica o spiralica, si configurerà Quale campo soggiacente l'ipospazio Virtuale. La superficie gravitazionale dell'universo s'increspa in negativo, secondo il ritmo dei numeri immaginari coniati da Hawking, fino a disvelare nell'ipospazio soggiacente, le superstringhe morfogenetiche del campo graviquantico: se simmetrico implodente, se uno spin asimmetrici Virtualmente aggettante nuova energia nell'universo, tanto da Generare nuovi, o in passato, big-bang. Per super-simmetria la stringa ipospaziale s'inabisserà nell'ipercronotopia, tanto da convergere verso la simmetria vicina, o lontana, anni luce.Si eventuerà un chiasma ipospaziale, morfogenesi virtuale e di altri multiversi singolari o strani o immaginari.Se la scienza non ci inganna, e le riflessioni di Hawking sono dense di pregnanza e salienza, siamo di fronte ad un evento della visione del kosmos sconvolgente e paradigmatica al tempo stesso, Capace di relegare uno Particolarità divertenti, tutte le teorie precedenti. Ma anche pregnante talmente da disvelare modelli nuovi, utili per dispiegare gli eventi immaginati da Hawking e svelare salienze ed inaudite ancora inimmaginabili.Là si disvela un modello metabolico cosmico Che s'eventua dal nulla, o dal nihil, virtuale ma che forma un chiasma uno Stringa immaginaria, e in generale delle Nazioni Unite ipospazio virtuale immaginario.Sarà Quella morfogenesi cronotopica uno stabilizzare un campo gravi-quantico estatico o pregnante di gravità quantistica.In Quella supersimmetrica singolarità, le dovute singolarità cosmiche Saranno forse eternamente intangibili, statici, o supergravità delle cronotopie Periferiche , ma generanti un campo ipospaziale comunicante e fluttuante e aggettante materia ed antimateria, particelle virtuali e strane, galassie e universi.Per conferire rigorosità e bellezza ad un simile modello di singolarirà virtuale ipospaziale, è possibile inscrivere quel paradigma descritto con i numeri immaginari in Varietà topologiche o meglio in trivarietà.Il doppio chiasma ipospaziale virtuale, Sarà una bivarietà ove s'inabissano le Polarità estreme ed Inferiori, Quando le pareti si disvelassero instabili, un indeterminato ed ekstatiche.La bivarietà virtuale immaginata da Hawking si inabissa nell'ipospazio d' toro topologico attraversando una stringa cosmica, anch'essa formata da una bivarietà topologica.Nella supersimmetria immaginata da la doppia bivarietà toroidale si disvela Quale singolarità virtuale del chiasma, Hawking topologico. Ma Quel che Appare alla nostra visione non è Altro che una composizione frattale della trivarietà ove le singolarità spazio-temporali possono disporsi Nella più assoluta libertà universale cronotopia Nella, senza alcuna Stabile coessenzialità temporale e spaziale, da favola e molto apparire le singolarità kosmiche singolarità uniche inequivocabilmente nell'universo Distinte, ma in realtà ben inserite nel campo graviquantico Attraverso l'ipospazio virtuale di SH Se quel paradigma è pregnante in macro nel cosmo, nel Altrettanto Sarà micro, tant'è Che non sarà tanto difficile immaginare stringhe micro Nella regione di Planck, ma supersimmetriche alla ipospazialità di Hawking. Sarà bene riflettere sulla cronotopia virtuale creata Hawking e ben disvelata dal modello topologico della trivarietà.Quindi Hawking ci fornisce, per la prima volta, La possibilità di calcolare una temporalità cosmica non lineare E quindi ci dischiude una visione della temporalità "altra" dai Paradigmi delle narrazioni dell'800. Se la scienza e la filosofia Hanno Elaborato una formalizzazione della temporalità diversa.Quel Che ci Appare in luce ed in modo dispiegato fu presente, in nuce? Prima, però, un Raffronto tra la visione temporale lineare e la tridimensionalità del "tempo immaginario".
Pag. 20 Mentre la classica visione del tempo procede per Spostamenti progressivi e lineari Come se fosse una freccia (la famosa freccia,, del tempo), l'evoluzione del "tempo immaginario" si dispiega Nella superficie di una sfera, sorge da un polo "immaginario" (il nord) raggiunge l'Equatore e si chiude in un polo, di linee congiungenti, "immaginario" (il Sud). Se si pongono Le Due diverse interpretazioni del tempo in relazione, si comprende come c'è una Convergenza ma anche una biforcazione nel percorso. Ora, se il "valore" Dipende da un "tempo" lineare, Che tipo di "valore" esisterà Qualora lo si volesse calcolare Attraverso l'interpretazione del "tempo immaginario"? SE ESISTE un'evoluzione Nella Concezione del tempo, ne esisterà un'identica Nella Concezione del "valore"? Ovvero se ESISTE un "tempo immaginario" esisterà un "immaginario valore"? Ci siamo trovati di fronte uno questo tipo di problema di alta innovazione tecnologica e scientifica e di fronte A questo dilemma, Venga determinato da un "immaginario valore" non quantificabile. Ora i sistemi di software, di alta tecnologia e di comunicazione planetari Prevalentemente dipendono dal "sapere", è possibile Che esista un "immaginario Valore" non ben definibile e quantificabile ma che "muove" le sorti del sistema-mondo? Forse la teoria del "valore" Dovra Essere integrata Dalla sommatoria tra il "tempo lineare" il più "tempo immaginario", una struttura siffatta portera ad una somma del "valore" Originario più il "immaginario valore" della teoria del "tempo immaginario" di Hawking. SI PUÒ Costruire una teoria non più dipendente Dalla semplice nozione di "valore" ma semmai arricchita dalla Nuova visione del "Valore immaginario". Si potra stabilire un'evoluzione della stessa nozione, qual calcolo di un segmento di una retta euclidea, Quale calcolo differenziale di una retta, fino a scoprire e / o Inventare un "valore immaginario" calcolabile Quale tridimensionale di una superficie sferica Varietà. Quindi il "valore" avrà in sé una trivalenza Chiaramente mutuata da una differente compresenza della temporalità: alle classiche dovute "assoluto" e "Relativo", si aggiungerà Quella nuova (naturalmente da Rendere suffragabile dal consenso della comunità scientifica) denominabile in "valore immaginario". Nel calcolo Sarà possibile Aggiungere anche il "Valore immaginario" E quindi la teoria del "valore" non risulterà più inficiata da inconcludenze teoriche: così come un ESISTE "immaginario valore". E 'un investimento iniziale Che Verrà ad Essere messo in atto PER PRODURRE e procurare le risorse scientifiche Intellettuali e Sistemiche SIA Perché il "variabile" il Che "costante" Passano entrare in sinergia ed armonia.
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Cap. 5 ^
CRISI dei FONDAMENTI, "Zeit-Raum": CAOTICA la TEMPORALITA '.
Un'espressione, divenuta molto familiare, attraversa la cultura in generale: "è un caos". Qualche volta è sinonimo di confuso, qualche altra volta di coacervo di fenomeni o Viene usata per definire una Situazione ingovernabile, conflittuale fino agli ultimi termini ed incapace di una qualche Stabilità certa. "Caos E 'un" è un'espressione Che Viene usata per esprimere la Dissolvenza di una qualche identità, telos, lineamenti e fondamenti e sta per "non Certezza nessuna ESISTE, finalità, non c'è nessun Fondamento". "Emerge con precipitazioni diffuse, una rilevanza culturale, filosofica e scientifica l 'episteme" a causa di congetture: la più originaria PRENDE spunto Dalla dialogia tra apollineo e dionisiaco ove Ogni sapere, ogni senso non ritrova più in sè e fuori di sè le coordinate Fondamentali: Il mondo è Dominato da un'instabilità permanente, caotica appunto; Il senso della temporalità, in questa visione, avverte il declino della SIA SIA linearità della ciclicità senza un dispiegamento, però, di Un'interpretazione verso altre forme della Conoscenza e del sapere: il Senso di questa congettura rimane sempre al di qua del senso caotico contemporaneo. Roberta Lanfredini nei materiali approntati per il Corso di Perfezionamento in "Epistemologia teorica e applicata nel testo" Dall'empirismo logico all'epistemologia odierna " afferma: "L'ideale GENERALE E Racchiuso chiave nell'espressione" filosofia scientifica ", una espressione dell ricorrente sempre 'Empirismo logico. Ecco come Kuhn delinea l'ideale di una filosofia scientifica: "Noi tutti eravamo abituati Stati uno credere, in maniera più o meno assoluta, in una versione o nell'altra di un complesso tradizionale di convinzioni. La scienza procede dai fatti Forniti dall'osservazione. Questi fatti sono oggettivi nel senso Che sono interpersonali: tutti gli Osservatori umani normalmente dotati possono accedervi e non possono dubitarne. Certo, prima di diventare Poter dati avrebbero dovuto Essere Scoperti, e la Loro scoperta richiedeva Spesso l'invenzione. Il Bisogno di scoprire i fatti non era Però Considerato una Minaccia alla Loro autonomia. Il Loro lo status di punto di partenza oggettivo, disponibile a tutti, rimaneva salvo. Questi fatti Vengono prima delle leggi e delle teorie scientifiche alle qualifiche forniscono i fondamenti E che sono, una volta loro, la base per la spiegazione dei fenomeni naturali. Al contrario dei fatti su CUI si basano, leggi queste, spiegazioni e teorie non sono semplicemente data. Allo Scopo di trovarle Occorre Interpretare i fatti - leggi escogitare, teorie, e spiegazioni per aderire ad ESSI
Pag. 22 E l'interpretazione è un processo, per niente uguale per tutti: CI SI PUÒ aspettare Che si interpretino i fatti in maniera diversa, Che si escogitino leggi e teorie diverse. Costruiti in modo Diversi QUESTI processi costituivano Ciò che è denominato metodo scientifico ". La riflessione sulla attività scientifica delineata da Kuhn è Stata denominata da Putnam "Concezione Standard" dell'epistemologia. E che il punto Quella Stessa Concezione è Stata drasticamente messa in crisi. "A tutti noi - continua Kuhn - ERA STATO insegnato qualcosa del genere, Dopo secoli di Sforzi, non si Stava rispondendo alla cura. In primo luogo i fatti, frutto dell'osservazione, sono risultati modificabili. I risultati differivano tra loro, anche se mai di molto. E queste Differenze bastavano Spesso uno influenzare i punti cruciali di Un'interpretazione. Inoltre i fatti non risultavano mai Essere semplici fatti, indipendenti da convinzioni e teorie ESISTENTI. Produrli richiedeva un apparato Che dipendeva Dalla teoria, Spesso Dalla teoria Che gli esperimenti avrebbero dovuto sottoporre uno controllo. In queste circostanze gli Individui Fedeli uno uno oa Un'altra interpretazione uno volte difendevano il proprio punto di vista in modo Che violavano le Norme di comportamento professionale. Non mi riferisco in particolare all'imbroglio ma all'incapacità di Riconoscere scoperte Che andavano controcorrente, alla Sostituzione della Argomentazione personali con opinioni e ad altre tecniche del genere, non Invece Che sono stato affatto rare. (Critica contro Dogma, pp.161-163). Il termine CUI la strada percorsa dalla Nuova Epistemologia conducono E il Relativismo (non ESISTONO ipotesi teoriche più giustificate di altre, non solo non ESISTONO giustificazioni nel senso forte del fondazionalismo, ma non ESISTONO Nemmeno ragioni nel senso debole Dell'Anti-fondazionalismo; ragioni, cioè, relativizzate e contestuali: è questo il senso del famoso motto feyerabendiano "anything goes"); il soggettivismo (Qualsiasi ipotesi, lungi dall'essere verificata o falsificata da asserzioni empiriche, si autoconvalida autocertifica e, in un processo circolare irrimediabilmente: è questa La tesi del carattere dell'osservazione teoria carico); l'irrazionalismo (se è vero Che non ESISTE una base osservativa neutrale e stabile su cu EDIFICARE le nostre teorie, Qualsiasi scelta fra ipotesi alternative teoriche o, più in generale, fra programmi di ricerca alternativi, è Destinate irrimediabilmente, ad una sostanziale arbitrarietà: è questa la tesi della incommensurabilità) ". La seconda congettura, Viene alla luce Nella matematica con la "teoria del caos". C'è una qualche corrispondenza tra queste congetture e quel senso impalpabile Appena descritto, si puo stabilire una qualche Connessione tra i vari sensi del "caos" e / o definire Che cosa SIA questo "senso del caos"? Si evidenzia la Necessità di stabilire una minima Considerazione sull ' "ontologia del chaos", sul senso in sè del "caos", sua influenza sulla cultura Nella. Joyce col suo ossimoro "Caosmo" volle definire un senso Che Fosse, Nello stesso tempo, un "cosmo" Ordinato non e non prevedibile; questa parola vuol dirci Che l'antica distinzione tra ordine e disordine, Cosmo "tra" e "caos" , Ordinato tempo tra tempo e disordinato, possono Trovare un punto di fusione nell'essenza del "Caosmo" ovvero in un "cosmos" ove non regna più la simmetria Apollinea ma fa da padrona l'Assimetria dionisiaca.
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Nello stesso tempo quell'assimetria dionisiaca non si trova Però iscritta in una temporalità ben Definita, con un orizzonte degli eventi, dei limiti ben evidenziati; tant'è Che è impossibile Uscire da Quelli se non in una sorta di "de-lirio" e di "sub-limen" cioè di un andare oltre la linea dell'orizzonte E quindi in un altro mondo "caos-cosmo". Il "caos", Quando lo si contrappone al "cosmos" diviene sinonimo di fenomeni incomprensibili, indecidibili; Quando si trova un punto di fusione col "cosmos" l ' "ontologia del chaos" non fa altro Che dispiegare luoghi e Regioni dello spazio - Tempo ove gli eventi appaiono disordinati, incomprensibili, indecidibili nel piccolo ma in una dimensione diversa appaiono in una prospettiva differente Dalla precedente ma non per questo incomprensibili. Forse il "chaos" è compresente in tutte le dimensioni dell'universo ed Appare incomprensibile per la razionalità, per il sapere ed il calcolo. Ma quando l'Osservatore Lascia che il "caos" vinca le sue battaglie In quella dimensionalità e si sposta verso una dimensione "altra", il "caos" cessa di Essere racconto per rivelarsi Nella sua armonia e bellezza simmetrica. "Si PUÒ definire l 'ontologia del chaos" Quale rappresentazione dell'essenza delle cose Nella propria dimensione non delineata da nessuna cultura, razionalità, calcolo. Perchè il "caos" Possa Essere Considerato un oggetto di osservazione, quindi, SI DOVRA Trovare una soggettività visiva Che ne delimiti l'orizzonte, il senso e la forma. Parrini scrive: "Se Dio è morto, allora tutto è permesso". Se si prescinde da un qualche punto di riferimento assoluto, non risulterà impossibile effettuare una Qualunque gerarchizzazione oggettiva del Valore delle nostre Affermazioni, scelte, azioni e Comportamenti? Se Dio è morto gli imperativi morali non sono Che la codificazione di Reazioni emotive di preferenze personali. Nessun'azione è di per sé Stessa buona o cattiva, giusta o ingiusta. La Varietà e la contraddittorietà dei giudizi conducono in maniera abbastanza naturale all'idea secondo la Quale - come si canta Nella Dama di Picche - Il "Bene e il Male sono sogni vani". Qualcosa d'análogo nel caso Che qui c'interessa, il nichilismo epistemologico o conoscitivo. Se entra in crisi la credenza in uno standard assoluto di verità e falsità, il primo è Esito Quello soggettivistico. Si rifiuta l'idea o di una realtà in sé trascendente il processo conoscitivo, o di un 'occhio di Dio', o di una soggettività trascendentale autofondantesi, o di fatti ed esperienze non contaminare da 'soggettivi pregiudi-zi'. L'espressione coniata da Goldman (conoscenze in un mondo sociale, Clarendon Press, Oxford, 1999). Da questo soggettivismo al nichilismo aletico il passo è breve. Se "tutto SI PUÒ Interpretare SI PUÒ E così anche Interpretare viceversa" - SI CHIEDE Knecht nel Gioco delle perle di vetro - non é necessário concludere "una ESISTE Che non dissacrazione verità "? Come sottrarsi alla '' nietzscheana del Vero, all'idea tanto citata Che la verità è solo un" mobile esercito di metafore sul fronte della storia "? Nei campi dell'ermeneutica, della filosofia e della storia della scienza, della teoria della Conoscenza.
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Si è esaltato la concinnitas della Difesa nietzscheana del 'prospetticismo'. Dice Nietzsche, anche Posto che la riconduzione della verità uno interpretazione "Fosse Soltanto Un'interpretazione - e voi sareste abbastanza solleciti dall'obbiettarmi CIO - ebbene, tanto meglio". La verità e le sue diramazioni Molteplici teoriche (Conoscenza della natura, realismo metafisico, Relativismo, fondazionalismo, immanentismo) e disciplinari (l'annosa Questione dei rapporti fra i 'saperi' di tipo positivo e le pratiche interpretative). Mostra come analisi dettagliate del tipo 'o tutto o nulla': o Possiamo fondare le nostre pretese di verità sulla corrispondenza fra esse e una realtà in sé, oppure tutte le opinioni Hanno lo stesso Valore cognitivo; o le nostre ipotesi e teorie sono univocamente determinato Dalla logica e dall'esperienza, oppure sono prive di Ogni cogenza logica ed empirica, o si danno fatti al di fuori di Ogni interpretazione o non vi sono fatti ma solo interpretazioni. Babette E. Babich, Nietzsche's Philosophy of Science "La stilistica musicale di Nietzsche: come scrivere una filosofia della scienza". La riconduzione nietzscheana della verità è Stata recentemente criticata Attraverso la contrapposizione ad essa di quelle concezioni che, da Aristotele uno Lorenzo Valla, Hanno incluso la prova nell'armamentario retorico. Perché Soprattutto interessati uno manipolare il consenso scientifico per il proprio (creduto Purtroppo troppi personaggi, più o meno 'blasonati', che, un po 'per irrimediabile' impotenza teorica ', un po') tornaconto, Continuano uno incorrere in Quello che De Libera ha chiamato "il più grande peccato dello storico": il peccato di omissione "Se non gli è possibile dire o sapere tutto, non DEVE Però tacere nulla di ciò Che sa". In "Crisi del fondazionalismo, giustificazione epistemica e natura della filosofia" Intendo Mostrare come il Riconoscimento della crisi delle Epistémologie fondazionaliste Debba non necessariamente accompagnarsi o alla riconduzione dell'epistemologia uno una branca delle 'Scienze dei fatti' o, rortyanamente, uno un abbandono del progetto epistemologico in please dell'ermeneutica. SI PUÒ Tenere ferma l'idea della crisi dei fondamenti della Conoscenza senza accettare Le conseguenze antifilosofiche Che Alcuni ne Hanno tratto. Più precisamente, si puo accettare l'antifondazionalismo senza per questo Sentirsi obbligati uno rinunciare all'elaborazione di una teoria della Conoscenza che, da un lato, eviti la deriva del relativismo radicale e, dall'altro, Tenga Conto dei risultati delle scienze senza appiattirsi Su di esse perseguendo l'obbiettivo di un'epistemologia integralmente 'naturalizzata'. Conseguenza Che finisco per ricordare più gli studiosi da CUI mi sono pervenute riserve Che non Quelli Che Hanno Soprattutto espresso consenso e interesse (penso in particolare uno Rosaria Egidi, Massimo Ferrari, Sergio Givone, Alfonso Ottobre, Alessandro Pagnini, Michael Stöltzner, Thomas Übel, e Gereon Wolters. Nelle mie Intenzioni, Dovrebbe Ciò molto meglio Comprendere Quale via per la Combinazione '' teorica fra la Concezione qui difesa della verità oggettiva el 'affermazione del carattere contingente della sintesi conoscitiva Possa accogliere MOLTI aspetti dell'antifondazionalismo e del postmodernismo senza arenarsi Nelle secche del relativismo Radicale. "Epistemologia ed Ermeneutica" estendo il discorso di Conoscenza e realtà, cercando di vedere se, ed eventualmente in misura Quale, Concezione Genio della verità e dell'oggettività Possa Essere applicata anche alle cosiddette scienze interpretative.
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Temo Che come tutti i lavori in CUI si cerca di gettare 'ponti' fra tradizioni di pensiero diverse, anche questo SIA Destinate ad Incontrare MOLTI ostacoli ea provocare lo scontento di tutti, dei 'pluralisti' e dei 'monisti', ermeneuti degli '' e degli 'scientisti', analitici degli '' e dei 'continentali'. Nella speranza di Ridurre al minimo precipitosi Atteggiamenti pregiudiziali vorrei sottolineare ancora una volta Che il saggio intende Avere un carattere aperto e problematico come suol dirsi '' ''. In particolare tre nuclei tematici: l 'esplicitazione del Concetto di fondazionalismo epistemologico, il rapporto fra la' filosofia positiva ', lo scetticismo e il realismo metafisico; positiva le effettive Possibilità della' filosofia 'di porsi come una terza' via 'Tra Le posizioni Estreme ora del realismo metafisico e del relativismo radicale, fra l'ora della ermeneutico Quello Esito 'scientista' e '' crisi del fondazionalismo gnoseologico, ora fra il nichilismo filosofico metafisica Nelle sue varie forme ei differenti 'ritorni' alla. Per una classificazione delle varie tipologie caotiche, immaginiamo un disco in CUI SIA incisa una musica infinita. L ' "attrattore strano" sarà la forma REGOLARE del "caos" I CUI confini e l'orizzonte degli eventi sono ben delineati, per esempio a forma di disco, MA DI CUI è impossibile percepire e calcolare l'itinerario interno. Quando il sapere ha di fronte a se la forma completa del disco PUÒ definire l'evoluzione complessiva, PUÒ osare qualche ordine al disordine. Ma lo stesso soggetto visivo, All'interno del disco, non riuscirebbe mai uno stabilire un itinerario, un senso, una Conoscenza, un ordine: si troverebbe in un classico "caos". In questa dialogia tra ordine esterno e disordine interno o viceversa c'è tutta l'essenza dell ' "ontologia del caos". Il "caos" non PUÒ Essere Identificato con la dialettica classica, hegeliana o post-hegeliana perchè ho dovuto "logos", si contrappongono Quali Identità rigorose e definite. Nè è possibile rintracciare i Prodromi di questo paradigma Che incombe sulla nostra contemporaneità, Monade Nella leibniziana perchè questa non è Mai stata elaborata da Leibniz contenente Sfera Quale in sè il "caos" ma, invece il "cosmo", ovvero, non Monade Nella c 'è un succedersi di simmetria ed Assimetria, di "cosmo" e "caos", ma un succedersi di "cosmo" con "cosmo", con simmetria simmetria. Un recente interprete dell'empirismo logico, Michael Friedman, ha sostenuto Che la principale innovazione realizzata Dagli empiristi logici consisté non tanto in "una nuova versione dell'empirismo radicale ma in una nuova Concezione della Conoscenza a priori e del Ruolo Che essa svolge Conoscenza Nella empirica ". Secondo questa prospettiva gli Sviluppi Compiuti relativamente ai fondamenti della geometria, della logica e della fisica matematica Hanno Condotto uno inevitabilmente una profonda TRASFORMAZIONE della Concezione kantiana dei Principi sintetici a priori. Tali Principi non potrebbero più Essere concepiti come necessari, certificati, non rivedibili. Ciò che Viene Negato è un modo (assoluto, definitivo, stabilito una volta per tutte) di intendere l'a priori, non l'a priori in senso generale. Al contrario MOLTI Hanno rimarcato l'adesione, da parte degli empiristi logici, ad una Concezione relativizzata dell'a priori. L'a priori contestualizzato costituisce la base per ogni Quella Che è Stata Definita (Parrini) Negazione una "debole" del sintetico a priori kantiano. Secondo questa interpretazione il carattere proprio dell'empirismo logico SAREBBE da Individuare Esattamente Nella tensione fra aspetti di tipo kantiano e aspetti riduzionistici.
Pag. 26 Molte sono le tesi Che Gemmano dal principio di verificazione. Una delle più sentite è senz'altro il rifiuto della metafisica in Quanto insensata. La Metafisica Viene conseguentemente Concepita come discorso conoscitivamente privo di Significato confinata e uno espressione (eventualmente Poetica, non certo conoscitiva) del "sentimento della vita". Che Ciò emerge è Impostazione da questa l'idea di una filosofia RIGOROSA Che godesse delle caratteristiche del pensiero logico-matematico. " Forse nel Periodo musicale, Nello "zeit-raum" Mozartiano è già presente il "Caosmo". "Zeit-raum", Nella sua originarietà, significa spazio-ovvero il senso del tempo Periodo Quale fu formulato in origine: "Peri-odòs" (limite intorno ad una strada, ad un sentiero). La musica Mozartiana è la prima musica col senso dello "zeit-raum", del Periodo Che ha in sè una simmetria, rigorosità, Apollinea Completezza, cosmica ma che, Nella sua essenza, al Suo interno conserva Svela disordine e delle Nazioni Unite, un'assimetria , una tonalità Che va oltre l'ordine musicale esistente. Lo "zeit-raum" Quindi sarà, Quale metafora del "Caosmo", lo spazio cosmico entro CUI è possibile soggiornare lontano il tempo caotico e Nel contempo il tempo cosmico, ove soggiorna lo spazio del "caos". Mentre nel "cosmos" spazio e tempo ci appaiono, SIA Nella fisica classica fino a Newton SIA Nella fisica einsteiniana e post, come regolati da una legge e da una rigorosità e calcolabile Nel contempo come se fossero leggi identiche Governate da, sensi, forme; Nello "Zeit-raum chaosmico "è possibile Che lo spazio ed il tempo Siano governati da una" differenza ": Ordinato tempo e spazio disordinato, tempo caotico e spazio cosmico. Si potrebbe anche evidenziare una fenomenologia in una spazialità cosmica CUI SIA abitata da una temporalità caotica e viceversa.Roberta Lanfredini nel Corso "Epistemologia teorica e applicata" AA Cap 2003-2004. "Lafenomenologia" Stesura provvisoria. di prossima pubblicazione in "Fenomenologia applicata" (a cura di Roberta Lanfredini), Guerini e Associati, 2004. "La fenomenologia pura alla Quale vogliamo qui accedere, della Quale vogliamo caratterizzare la posizione peculiare Rispetto a tutte le altre scienze, E che vogliamo dimostrare Essere la Scienza Fondamentale della filosofia, è essenzialmente una scienza nuova, in Virtù della sua Peculiarita di principio lontana dal modo naturale di pensare, e proprio per questo si è sviluppata solo di recente. Essa si dice scienza di fenomeni [Phänomene]. La fenomenologia esige una Modificazione, Riduzione o ( "I due termini sono equivalenti) dei fenomeni comunemente intesi. Ed è proprio il Meccanismo della Modificazione Che permettera alla fenomenologia di distanziarsi da scienze "naturali" come la fisica o una fenomenologia della fisica. Le cose si complicano Quando constatiamo Che Quello di Modificazione fenomenologica non è un Concetto univoco: i fenomeni possono cioè essere "ridotti". Definiremo la Riduzione riflessiva; la Trascendentale Riduzione e riduzione Eidetica. Vedremo come ogni Riduzione portera uno isolare l'ontologia fenomenologica, cioè il dominio di oggetti DI CUI la fenomenologia si occu. Ciò Che Appare, o Ciò che si da, Vissuto un sottintende: il darsi di quel fenomeno.
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Tale Riduzione provoca una Modificazione dello sguardo con CUI solitamente guardiamo i fenomeni, considerandoli non come fenomeni indipendenti, assoluti, ma come fenomeni Che sono riferiti uno vissuti. L'atteggiamento da naturale si fa innaturale. L'intenzionalità (già usata, Nella e Scolastica in Brentano) indica, la proprietà di uno Stato di Essere Rivolto verso un oggetto (la percezione è rivolta al percepito, il giudizio allo Stato di cose giudicato; all'immaginato l'immaginazione, e così via). Per Husserl, contrariamente da Brentano, non tutti gli Erlebnisse intenzionali sono: le sensazioni slegate dall'atto di percezione in CUI risultano inserite, ma non lo sono Nemmeno Stati di coscienza indeterminati e indifferenziati. L'Erlebnis di contenuto intenzionale è da Husserl denominato "atto", quasi uno Indicare la Forza Che la coscienza in casi Alcuni ettari di tendere verso Qualcosa che non è contenuto nell'atto stesso. Una è la distinzione fra immanenza e trascendenza, STRETTAMENTE alla distinzione fra adeguatezza e inadeguatezza. Ma l'oggetto del Vissuto è trascendente, nel senso tecnico Che I suoi elementi non sono parti del Vissuto. Il Vissuto SI Dà alla riflessione in modo adeguato, si Dà cioè completamente, interamente, con un riempimento "senza residui". Al contrario l'oggetto trascendente SI Dà alla coscienza inadeguatamente, cioè in modo prospettico, unilaterale, o adombrato, con un riempimento Che non sarà mai totale e esaurito, ma sempre aperto e inesauribile. L'analisi di questa costellazione di modi Viene Definita analisi noetica. La noesi è per Husserl la struttura Che caratterizza il contenuto di un atto. L'assenza di tale struttura determina una impossibilità di tipo formale. Impossibilità fenomenologica: l'impossibilità Formale, non il senso [Unsinning]. Si non ha senso Quando l'Erlebnis ha una struttura contraddittoria o Che viola qualche principio ontologico-formale. L'oggetto Che non corrisponde uno noesi una ben strutturata dal punto di vista sintattico e semantico è un oggetto impossibile in Quanto impensabile, è un oggetto Che Varca i confini della pensabilità: tale oggetto è privo di uno statuto ontologico ". Si Potra allora definire un "attrattore strano" avente una dimensionalità temporale caotica ed una dimensionalità spaziale cosmica. La ragione classica si è trovata di fronte uno QUESTI fenomeni della scienza. Il pensiero filosofico, per riuscire a trovare Un'interpretazione DI QUESTI fenomeni, è Stato Costretto ad abbandonare le grandi narrazioni. Forse Nietzsche con la sua dialogia Apollo-Dioniso, accenno uno Ipotesi questa, ma al di sotto delle Complessità evidenziate Dagli "attrattori strani" formulati da Lorenz, del resto mai Appare, Nicciano nel pensiero, La presenza metaforica di una Divinità Che possieda gli elementi del dionisiaco e dell'apollineo Quale Stessa essenza della sua natura. Bisognerà attendere l'opera di Heidegger, per riuscire a trovare, nel pensiero filosofico, una qualche traccia della congettura "chaosmica". Forse nel famoso saggio del '63 intorno all'essenza della poesia, quasi in contemporanea con Lorenz, il filosofo ci preannuncia l'essenza del "caos" Quale essa ci appare.
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"Stranamente l 'attrattore strano" di Lorenz e l'interpretazione "chaosmica" heideggeriana appaiono lo stesso anno e predomineranno Nella cultura degli anni '80. E 'possibile stabilire una sinergia o meglio, il sole "una-enargheia" tra "fusis" e "caos"? E che cos'è una "sun-enargheia"? Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. Stabilire una Connessione tra "caos" e "fusis" è di per sé una sinergia ma quando da questa fusione Viene alla luce un nuovo paradigma o una nuova ontologia del senso, alla fusione sinergetica si sostituirà la "sun-enargheia" (= "argon "= Qualcosa che Viene alla luce, Che si Dà alla luce, che si fa luce da sé, Che Viene in evidenza) Che ci Appare senza la nostra intenzionalità ne determini il senso, la direzione, il telos. Ora, Nella nostra contemporaneità, non solo ci Appare la fusione sinergetica tra "cosmos" e "caos" ma una "sun-enargheia" ovvero una lucentezza Che va a Mettere in luce qualcosa di Diverso da una semplice fusione del "cosmo" col " caos "ovvero il" Caosmo "è in questa" sun-enargheia "tra" caos "e" fusis "qualcosa di simile all '" ontologia del Caosmo ". Già nel Termine stesso della "fusis" vi è una nozione della Natura e del tempo in Chiara assimmetria con il lineare, per esprimere similitudine Concetto Heidegger USA Il termine hölderiniano di "wildniss", Selvaggio vale a dire non Ordinato, ma non apollineo e dionisiaco caotico. In questa isologia Tra l'essenza della materia e l'essenza del "caos", c'è tutto il desiderio di esprimere una visione del mondo che è Governato dall'assenza del Fondamento o da una temporalità caotica o appunto dal "wildniss"; La Natura, quindi, non Appare come un susseguirsi di eventi cosmici ed eventi caotici, nè come la compresenza, dialogia tra "cosmos" e "caos", ma la natura, la "fusis" (ove Viene ad emergere il "cosmo") ha in sè LA STESSA essenza del "caos" e cioè il suo essere selvaggio ed il Suo apparire in evidenza quale "il caos". In altri termini la "fusis" per Heidegger è il Periodo, lo "zeit-raum", lo spazio-tempo ove il "caos" Viene alla luce per Generare mondi abitati da una caoticità imprevedibile ed indecidibile dove trovano dimora dei ed uomini Quindi il , l'apollineo e dionisiaco l'umano Che non è nè dionisiaco nè apollineo ma è l'uno e l'altro. In principio il "Caosmo" isologico E con la "fusis" e, a sua volta, questa isologia è possibile interpretarla come un "attrattore strano" ove la "fusis" si evidenzia con un orizzonte, una forma, una formula RIGOROSA e completa ma Che in sè Possiede infiniti itinerari labirintici. Per Poter Parlare della "fusis", quale "ontologia del Caosmo", non è più possibile utilizzare il linguaggio Che tutt'ora costituisce la nostra "Koinè", perchè l'evidenziarsi del "Caosmo" E qual "fusis", natura ha messo in crisi non solo le grandi narrazioni, ma anche l'essenza stessa del linguaggio. E 'possibile stabilire una sinergia o meglio, il sole "una-enargheia" tra "fusis" e "caos"? E che cos'è una "sun-enargheia"? Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. Il "caos" che si avverte nei mezzi di comunicazione, Nella cultura, nel sapere non è Altro che una manifestazione del "caos" nella "Koinè" del linguaggio cioè nel linguaggio comune del mondo contemporaneo.
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La crisi delle grandi narrazioni significa anche la crisi della "Koinè" del linguaggio comune ed anche e Soprattutto dell 'idea di Stessa Qualsiasi forma, Senso, Essenza di comunità, in questa crisi, Quale forma della prevalenza del "Caosmo" del mondo, di Ogni idea di "Koinè" e di Linguaggio comune e del declino del linguaggio stesso o "clinamen", Come orientarsi, Quale sentiero Percorrere SE Linguaggio, Ragione, "senso dell'essere" sono in preda al "caos"? La Lanfredini (ibidem): "Il noema è l'oggetto; il correlato della noesi. Un Noema fuori dalla Costituzione noetica, staccato da una costellazione di possibile Modalità intenzionali, PUÒ non sussistere. SI TRATTA DI UNA impossibilità materiale, non Formale. La cosa in sé non viola nessuna Possibilità formale. Al contrario, "un mondo fuori dal nostro mondo", per dirla con Husserl, è un mondo perfettamente concepibile. Tuttavia E, un mondo fuori dal nostro mondo è una "effettiva Assurdità, concreta": la cosa in sé risiedono, in linea di principio, La possibilità di un Legame e motivazionale, nel racconto di quanto, PUÒ non esistere. Che ha uno statuto ontologico Formale ma non ha alcuna Esistenza materiale: è concepibile (non è contraddittorio) ma inconoscibile. "Bisogna qui Tenere sempre presente Che Ciò che le cose sono - sul CUI Essere o non essere, sull'essere così o sull'essere diversamente - lo sono in Quanto cose dell'esperienza. Husserl affronta il problema della cosa in sé e, insieme, il problema della Relazione fra fisica della cosa e la cosa della fenomenologia. Non significa negare Che esistano delle Entità inosservabili. La determinazione TEORETICA delle cose richiedono uno "Svuotamento" delle proprietà Sensibili A favore di Entità non più Sensibili e del tutto formali. Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. "Nemmeno una fisica divina PUÒ trasformare le determinazioni categoriali della realtà Prodotte dal pensiero in determinazioni genuinamente intuitive, così come Nemmeno l'Onnipotenza divina PUÒ fa si che delle Funzioni Ellittiche vengano dipinte o suonate sul violino". Husserl ha Fatto riferimento alla fenomenologia come uno fenomenologia una scienza: in Distacco da Heidegger "Sono Giunto alla triste Conclusione Che non ho nulla A che fare, dal punto di vista filosofico, con questa abissalità [Tiefsinn] heideggeriana, con questa geniale non Scientificità" . Solo una nuova visione della temporalità PUÒ offrire nuovi orizzonti alla nostra riflessione; Relazione Quale, allora, intercorrerà tra temporalità caotica e / o immaginaria, "pensiero della differenza" el ' "ordine simbolico del mondo".
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Cap. 6 ^
"CHAOS" E "DIFFERENZA pensante".
Quello fece Derrida che, e non traspare che, in tutta la sua Completezza fu un'operazione di "transfert" verso heideggeriana dell'elaborazione la Formulazione di una teoria della "differenza" Nella scrittura, nella "Fonè", nel linguaggio. Ma le referenze bibliografiche di Derrida Erano Limitate solo ai testi della vulgata heideggeriana, successivamente, verso la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, semiediti ed inediti di Heidegger ci hanno illuminato di più intorno alla problematica della "differenza ontologica "e della" differenza nel-del-corpo ". Il passaggio di Derrida fu semplice: così come Heidegger operò la famosa svolta e cioè il passaggio dal pensiero dell ' "Ente" al pensiero dell' "essere", Derrida operò l'oltrepassamento idéntico Dalla visione ontica della "differenza" alla visione della ontologica "differenza". La "differenza" Quindi passo dall'essere CONSIDERATA un "Ente", un oggetto su CUI SI potesse esercitare un'epistemologia ed una scienza neutrale, all'essere la rivelazione di un "esser-ci" che e sempre nascosto, per la prima Volta, Viene ADDIRITTURA uno pensare in modo differente. In questo "sentiero" del pensare non c'è un ritorno alla metafisica semmai c'è un ritorno all'origine della "differenza" che il sistema ha occultato. Ora, scoprire la "differenza" come il primo dispiegamento della "differenza ontologica" Sul piano dell'esistenza è già un Notevole Contributo al "pensiero della differenza". Ma non è ancora la "differenza pensante"; forse chi può offrire forme e spiegazioni, il corpus teorico uscito intorno alla fine degli anni '80 E che va sotto la dizione di "Seminari di Zollikon". Fonda Heidegger, Derrida Prima che se ne accorga, il pensiero della "differenza-nel-corpo", ma anche Dà Fondamento alla "differenza pensante". Siamo qui, Come si può ben vedere, non ad un'elaborazione di una metafisica, semmai, ad un Superamento della stessa nozione della psiche elaborata Dalla scienza e post. Nei "Seminari di Zollikon", la "differenza ontologica" si esprime quale "differenza" più Nella Vasta interpretazione della "differenza-del Corpo". C'è per Heidegger una "differenza" tra "essere-corpo-inanimato" ed "essere-corpo-animato". "Questa" differenza-nel-CORPO-"è LA STESSA Che si dispiega nel passaggio dal pensiero dell '" Ente "al pensiero del-l' essere". "Quindi non una metafisica del genere, perchè la metafisica è sempre e solo una metafisica del-l 'Ente" Giacchè non è mai esistita una metafisica dell' "essere", perchè il pensiero dell ' "essere", prima della Formulazione della Metafisica, Fu già criptato dal pensiero. Fondamentale il passaggio dalla "ontologia della differenza" all ' "ontologia della differenza-nel-CORPO-" è rintracciabile nell'elaborazione di un "corpo inanimato" Che PUÒ Essere considerato, come un "ente" od un oggetto di studio da parte del pensiero metafisico, della scienza, dell'epistemolo-gia, ecc. Mentre, Dall'altra parte, c'è il dispiegarsi di un "essere-corpo" che non potra mai Essere compreso dal pensiero metafisico, filosofia Dalla, Dalla scienza, ecc.
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L ' "essere-corpo-animato" non si presenta mai al pensiero quale "ente" Stabile sussunto o sussumibile Nella razionalità elaborata dal pensiero maschile, perchè c'è sempre un dispiegamento Che va al di là dei confini: quasi un "caos" abissale ove è indeterminata Ogni Capacità di logica, razionalità. Pertanto il pensiero dell ' "essere-corpo" Dovra, per forza, Essere Un pensiero idéntico uno Quello che riusci ad intravvedere nell' "essere" occultato la verità dell ' "essere". "Quel venire alla luce del-l 'Essere-corpo" non PUÒ mai Essere un'imposizione, un "episteme": la "differenza ontologica-del-CORPO" renderà insufficiente il pensiero della "Metafisica" anzi cercherà in un altra forma di pensiero, si spera la "differenza pensante", chi Possa Ascoltare la sua voce, percepire la sua Presenza. Quel che è ancora nascosto è una verità Che si cela dietro questa svolta epocale del "pensiero della differenza": se fin'ora è apparso utile il passaggio dalla "differenza ontologica" alla "differenza": Ciò non basta più. Ma se il metodo è Facilmente criticabile e attaccabile da chi rinviene in quel procedimento ancora le vestigia della "Metafisica", l'essenza del problema non è ancora apparso in nessuna riflessione orale e / o scritta. E qual'è? La "differenza ontologica" è la denominazione di un passaggio dal pensiero da un "oggetto" ( "Ente") ad un "oggetto non" e ad un "soggetto" non: Il suo dispiegamento, la "differenza", ELABO E l' -razione del pensiero dall 'Entità all' "essere". Ma se l "essere-corpo-animato" è l'abisso, è Ciò che Dà fondatezza al pensiero stesso come puô Essere Fondato da un pensiero Che Viene da un ' "altra differenza"? E 'Necessario Quindi pensare sedare' "essere" che è ancora nascosto All'interno dell ' "essere-animato" Che e, da SE, SI Dà alla luce ed al pensiero. Fosse già in fieri, non insorgenza similitudine più Potrebbe Essere denominata come il parto della "differenza ontologica", neppure come subordinazione della "differenza" derridiana, MA SE CI Fosse E se esistesse SAREBBE forse il pensiero dell ' "ontologia della differenza". Mentre la "differenza ontologica" PUÒ Trovare una qualche forma di "Segno" ( "marca") Che la stabilizzi, magari in un simbolo infinitamente interpretabile, l ' "ontologia della differenza", quasi Fosse un "caos", per il pensiero attuale "inattuale ed, non ha trovato, non trova e non troverà forse, forme stabili di rappresentazione di" ordine simbolico "Perchè la sua origine abissale non si codifica nel l 'eucosmo" (nel senso di "ordine simbolico") perchè non si identifica in un mondo o nell ' "essere-in-questo-mondo", la sua ontologia è già oltre l' "essere-in-questo-mondo" perchè questa Dà alla luce il mondo. Ma quale tipo di Cosmo e Quale tipo di mondo PUÒ osa alla luce l ' "ontologia della differenza", Giacchè questa non PUÒ Essere mai formalizzata nè simbologizzata ma quale espressione del corpo, del suo "Essere-animato" è sempre caotica, imprevedibile, in Conflitto con sè e con il mondo. Forse, in queste poche riflessioni, c'è qualche frammento di pensiero o, meglio di una "differenza pensante" Che Possa il coraggio alla luce l ' "ontologia della differenza" Quale in sè Che si dispiega con l' "ordine simbolico" del mondo . Ma le teorie si affidano ancora uno Paradigmi temporali positivistici, la visione linearizzata della temporalità storica DEVE confrontarsi con l'intera Epistemologia scientifica del tempo per offrire Un'interpretazione "Nuova", "altra", "differente" del tempo. Una differente visione dell ' "essere-corpo", è Rimasta occultata nell' "essere" stesso e nell ' "Esistenza" dell'individuo Stessa Ed Solo Appare sul terreno del gioco.
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L'agonismo Sembra voglia svelare una dimensione dell ' "essere" che è occultata Rimasta. Forse all 'interno dell'ontologia del gioco è presente un "quid" che, nel corso storica dell'Evoluzione e Diramazione nei vari campi dell'esistenza ha prodotto a causa differenti Paradigmi agonistica Nella contrapposizione. "Quella prevalente, fuori del gioco: ove è Essenziale Distruggere l '" essere-che-è-di-fronte "; Quella All'interno del gioco ove l' essere" Vince sull ' "altro" che gli "sta-di - fronte "senza mai distruggerlo completamente Nella sua" essenza ", ma, anzi, Suscita nell '" altro "il dispiegarsi delle sue qualità migliori, della sua forza ed intelligenza. Nel gioco infatti l "essere" si trova di fronte sempre un altro "essere" che si esprime Nelle sue qualità d'eccellenza tant'è Che riesce uno piacerci solo Quando ci sorprende e ci vince con l'intelligenza, con le migliori qualità Intellettuali . Quindi c'è un ' "identità" ed una "differenza", c'è un'amicizia ed un antagonismo, una "filei", uno stretto Legame tra antagonisti dovuti, tra l' "essere" e la sua "alterità". Quello che si vede in campo non sarà Altro che la manifestazione ed il dispiegarsi tra l ' "essere" el' "altro essere" Che gli "sta-di-fronte"; Quindi non si gioca per vincere l'altro, ma si vince o si perde per continuare a giocare con l'altro. Nel gioco l'Avversario è da considerarsi come un antagonista del cui "essere" si sente Necessità: senza l'antagonista finisce il gioco, non c'è gioco. In altri termini: l ' "essere" e la sua antitesi nel gioco non dovranno mai Essere completamente soppressi ma, Attraverso delle regole, devono comunque coesistere e contrapporsi: nel campo di gioco Dovra sempre esserci un equilibrio ove l' "essere" sempre incontra l ' "altro" come "l' Essere-che-sta-di-fronte". "" Nel campo di gioco l 'altro "è il Suo stesso" essere "el' altro" vede l ' "essere" non come "essere" ma come "altro-dal-Suo-essere". La particolare piacevolezza del gioco, è da attribuire ad una visione più originaria e, PROBABILMENTE, permarrà in Qualsiasi epoca. Si è di fronte ad un capovolgimento paradigmatico Che ESISTE solo nel gioco. Segnatamente nel gioco la Completezza dell ' "Essere" si dispiega Nella totalità dell' "essere-corpo" tant'è Che Si potrebbe dire Che Nella naturale evoluzione, il gioco ci preannuncia Un'altra Mutazione. Una Conclusione provvisoria o meglio un inizio di ricerca SI PUÒ tracciare: la Necessità della Creazione di un ' "ontologia eristica" che sappia offrire all'essenza dell' "essere" una dinamica "ec-statica", Probabilmente genesi di un pensiero nè debole , nè forte nè calcolante.
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Cap. 7 ^
STRUTTURA ONTOLOGICA della Mathesis
La crisi dei fondamenti al di là della tecnica di fortuna Alcune teorie frattali, virtuali, immaginarie e ancora presente nel futuro della mathesis, ma nessuno si è inoltrato nel sentiero interrotto della crisi della fondatezza della matematica. Il Sentiero Che Abita il futuro presente eventuerà la crisi ontologica della mathesis, in relatività con la ricerca della verità ontologica, svelatezza o, dell'essere al di là dei Paradigmi della metafisica influente, ininfluente dell'imperativo categorico della Volontà di Potenza. Il futuro abita nel presente SIA Il pensiero ontologico, SIA l'indicibile paradosso godeliano della fondatezza metaontologica della mathesis: la mathesis dell'essere Quale disvelatezza della verità ontologica, altri Saranno felici delle magnifiche sorti virtuali della matematica, senza sottrarre nulla uno Quella presente epoca , è Giunto il tempo ontologico dell'evento della Epoche, della Mathesis Quale fondatezza ontologica della verità disvelata delle Matematiche. La metaontologia della mathesis si disvelerà Quale ontosinestesia del pensiero ontologico poetante e, in relatività con la crisi della fondatezza ontologica godeliana. Sia consentita la libertà di ricerca in assenza di ontosinestesie ineludibili: nel futuro Che non c'è che non c'è ancora è presente la sinestesia, e differenza, tra fondatezza RIGOROSA della Verità e fondatezza ontologica della disveletezza. Né il pensiero poetante, nato il pensiero ontologico dell'ultimo millennio Hanno eventuato Quella disvelatezza. La fondatezza ontologica abita il futuro Nella Presenza della fondatezza virtuale, immaginaria, kaosmica Quale modello ontologico del dicibile della Koinè ontologica eventuante i paradossi ontologici, ma gettante, oltre la verità ortogonale, i paradossi dell'adeguatezza categorica imperante paradigmatica. Non SI PUÒ eventuare Un mondo in poco tempo se nessuno riusci nell'intrapresa nei tre secoli dell 'ultimo millennio: ma l'inizio del futuro qualcuno da qualche parte Dovra svelarla nel presente, altrimenti il parakleta rimarrà criptato, obliato per altri tre Millenni. Qui il futuro abita il presente nell'essenza della fondatezza ontologica, o meglio Dagli eventi godeliani è possibile dispiegare una metaontologia della fondatezza della mathesis. Quale Completezza della fondatezza non sarà Sufficiente una ortogonale singolo Fondazione, noetica, imperativa, categorica, degli modale adeguata all'inferenza della Volontà di potenza paradigmatica SIA per l'infinita 'SIA eventi Che sfuggono o Che rimangono nell'oblio, per La disvelatezza dell'essere ontologico Che eventua la fondatezza ontologica della verità, ma anche della stessa fondatezza virtuale della techne Frattali, SIA della fondatezza immaginaria della temporalità, SIA Soprattutto E per lo più per l'eventuarsi della fondatezza kaosmologica fluttuante topologica, intuita dallo stesso Godel, poco prima dell'al di là, con le sue teorie kaosmiche degli universi transfiniti, ma sinestetici Nella temporalità ontologica.
Pag. 34 La presenza della fondatezza kaosmica virtuale immaginaria Quali Varietà dell'ontomathesis Abita il futuro dei dispiegamenti dei modelli del dicibile Quale Koinè della verità del senso della disvelatezza, dell'evento dei paradossi dell'isteresi transfinita, ontoattante, noetica dell'intenzionalità e noematica ontologica, Al di la 'delle possibili ed eventuali futuri qui è presente la singolarità della prova ontologica godeliana, disvelante l'metaontologica essenza della fondatezza in relatività con la poiesis, Piuttosto Che influenzata Dalla fenomenologia dell'intenzionalità inerente la Modalità noetica. La libertà di ricerca consentirà di eventuare SIA Il percorso classico SIA Il percorso virtuale Attraverso la Mathesis. Il primo sentiero LASCIATO interrotto, ma che va oltre la sua prova ontologica, da Godel eventuerà la fondatezza dell'Inter-essere metaontologica SIA nel virtuale, SIA nell'immaginario SIA nel kaosmico della poiesis. L'altro sentiero si biforcherà verso la prova ontologica godeliana E Quello del pensiero poetante della verità ontologica. Il Sentiero Che l'eventua oltre si fonda sulla paradossalità ontologica dei fondamenti, ma anche sull'isteresi transfinita, dell'Inter Quale evento-essere nel sentiero del virtuale ortogonale all'immaginario. Il futuro Che si eventua nel presente consente la libertà di ricerca sull'essenza della Mathesis Quale matematica della Grund dell'ontologia. L'ontologia godeliana nel futuro anteriore PUÒ Essere in sinestesia con il pensiero ontologico poetante, Grund Quale, fondatatezza in relatività con l'inter-essere: Attraverso il sentiero della metaontologia kaosmica transfinita in qualita 'd'isteresi virtuale dell'ortogonalità e immaginaria. La sinestesia tra il pensiero ontologico el'ontologia godeliana della mathesis eventua la disvelatezza della verità ontologica al di là della paradossalità indicibile e oltre l'intenzionalità noetica fenomenologica, anzi la mathesis Svela l'essenza ontologica della noematica in relatività con la fondatezza dell'Inter -essere, dell'Inter noematica l'ontologia-essere, la fondatezza dell'ontologia noematica consentono la libertà di ricerca virtuale, immaginaria, kaosmica della verità della Mathesis la libertà dei modelli ontologici, la libertà del dicibile ontologico Quale poiesis Che si Dà al e mondo all'essere nell'intermittenza dell'isteresi poiesis della transfinita. L'isteresi Che Abita i transfiniti ancora ortogonali del virtuale e dell'immaginario disvela il transfinito ontologico della Mathesis, Quale fondatezza del dicibile poetante Oltre la paradossalità dell'indicibile categorico dell'imperativo dell'inferenza intenzionale noetica. Al di là dell'intenzionalità della Mathesis Noetica calcolante si getta l'istetesi del transfinito ontologico dicibile Poeticamente Nella grund Che Abita il futuro Nella libertà del presente in qualità di metaontologia della sinestesia della fondatezza della noematica dell'interessere. La noesis si getta nell'abgrund, nell'abisso dell'essere, quale futuro in libertà d'Essere la Koinè poetante Dalla mathesis,, oltre la metafisica influente, ininfluente dei Paradigmi epistemici categorici della noetica, al di là dell'intenzionalità fenomenica, per Essere libertà di ricerca del transfinito caosmico, Quale isteresi del virtuale e immaginario ancora vincolati all'ortogonalità del tempo frattale. Il modello chaosmico noematico della fondatezza, si eventua nel futuro transfinito ontologico, Quale intermittenza della ontovarietà dell'isteresi transfinita in qualità di singolarità ontologica chaosmica dell'attanza poetante transfinita diagonale del virtuale e dell''immaginario ancora noeticamente ortogonali dell'intenzionalità frattale. L'attanza della Noesis Abita il futuro nel presente della gettatezza dell'intermittenza della grund Quale sinestesia della godeliana e l'ontologia della poetante ontopoiesis disvelatezza.
Pag.35 La libertà di ricerca del futuro della mathesis si presenta al mondo prioritariamente Quale noematica ontologica godeliana La Quale consente la grund in qualità di transfinito caosmico in intermitezza d'isteresi dell'ortogonalità virtuale nichilista ancora ed immaginaria, la noematica godeliana ontologica Annulla, annichilisce la paradossalità categoriche della metafisica influente, ininfluente, noetica, ed eventua il sentiero della sinestesia con il pensiero poetante, Quale koinesis della grund per disvelare la aletheia SIA la verità dell'Inter-essere oltre l 'iperfrattale, superfrattale O, oltre Che l'interimmaginario internichilista cosmico. L'ontologia godeliana della Libertà di ricerca futura si presenta prioritariamente Quale noematica del Grund dell'Inter della verità-essere, aletheia Al di là dei paradossi virtuali, immaginari, noetici della metafisica influente, ininfluente epistemica dell'imperativo categorico della Volontà di Potenza ilemorfica . La noematica ontologica godeliana si getta nell'abgrund dell'indicibile Quale nuova epoche della Koinè in relatività con il pensiero dell'interessere. La mathesis s'eventua nel futuro alla Presenza della Libertà del pensiero dell'Inter-essere caosmico, godeliana ontologica Quale noematica in sinestesia con il pensiero dell'interessere del Grund. La godeliana Noesis, Quale ontologia della fondatezza della noematica del pensiero dell'Inter-essere caosmico si eventua nel futuro in qualità di isteresi transfinita della ontologia della verità dell'interessere. Soltanto la noematica ontologica godeliana PUÒ Salvare la verità dell'abisso nichilista Solo la mathesis godeliana PUÒ Salvare la libertà della verita '.
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Cap. 8 ^
PHYSYS ONTOLOGIA della
Struttura ontologica della Physys del Caosmo della cronotopia dello spazio-tempo, temporalità.
Le Varietà dei Paradigmi della Fisica Che si sono eventuati Dopo la metafisica ininfluente ontogenica classica non sono ancora riusciti uno disvelare la differenza ontologica tra l'ontofisica dell'essere e la fisica delle Entità ilemorfiche. Ontofisica Nell'ultimo secolo dell'ultimo millennio Alcune teorie della mathesis, Alcune intuizioni del pensiero ontologico Hanno eventuato La presenza di una struttura ontologica nei modelli ontologici per l '. La dove l'essenza dell'essere è la misura del tempo ontologico, della velocità del tempo in relatività alla velocità della luce: SIA nell'astrofisica kaosmica, SIA Nella microfisica Quantica della Gestell, ontofisica dell'impianto della struttura topologica fluttuante planckiana dell ' con le sue ermeneutiche ed i Suoi Paradigmi, SIA Nella struttura ontologica del Caosmo. Nella struttura ontologica dello spazio-tempo della cronotopia della fondatezza della Physis si Svela una paradigmatica sistemica per la fisica, c'è una tematica prioritaria noetica, ma non c'è ancora una noematica, nato l'Ermeneutica, Né un'ontologia della physis , men che mai per l'ontofisica o la struttura ontologica dell'esserci dell'evento. Varie e variabili possono, e sono, Essere le ragioni, certo E che la Fondamentale SIA L'egemonia della "Metafisica" Millenaria influente, ininfluente. L'ontofisica Che si liberi della metafisica influente, ininfluente, consensuale, eventua modelli ontologici in libertà impianto Gestell Nello disgelare la l', la struttura della physis del mondo, della struttura ontologica del cosmo, del Kaos, del kaosmos. Analizzare Essenziale E ', Studiare, Interpretare gli eventi caotici o meglio kaosmici della temporalità, della singolarità spaziali, dei vuoti del tempo immaginario delle fluttanze Nelle Regioni planckyane Nella Gestell o di Planck ma la Fisica Quantica puro supergravitazionale SIA CHE SIA influenzata Dalla metafisica, nulla PUÒ di fronte ai nuovi eventi e Percio SI PUÒ rifugiare nel frattale solista, SIA grazie alla replicabilità ricorsiva computazionale. Ma chi non si arrende e non cedere alle lusinghe ortogonali, canoniche, è clonabili Nella Libertà noematica di svelare modelli ontologici dell'ontofisica anche Nella struttura ontologica di Plance, del kaosmos. Con il consenso nolente o volente del pensiero poetante delle teorie del kaos, degli attrattori, delle Varietà topologiche della Stabilità strutturale, dei modelli godeliani, dell'ermeneutica epistemicadel tempo immaginario Nella gravità Quantica o meglio la struttura ontologica dell'epistemica del Che si sa delle Verità Sarà possibile, in sintesi, disvelare una Epistemologia per l'ontofisica Che eventui l'oltre della metafisica influente, ininfluente per Intraprendere lo studio di modelli nomatici della ontologia influente: liberi Però dall'imperativo categorico della Volontà di potenza epistemica.
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La differenza ontologica tra l'Essenziale Epistemologia abitata Dalla metafisica influente, ininfluente el'epistemè in relatività con l'ontologia influente è l'Ermeneutica della temporalità: per millenni la visione del tempo si affida alla Ortogonalità lineare canonica, cosmica Nella nuova Epoche si eventua il tempo ontologico, virtuale, immaginario, trascendente e transfinito, kaosmico La sua struttura ontologica. La struttura ontologica transfinita trascendente ed i modelli ontologici ontofisici consentono il dispiegamento di singolarità ontovarietà non solo con la temporalità immaginaria ma di più e oltre con la temporalità ontologica, trascendente transfinita virtuale, SIA kaosmica Nella planckyana Gestell, Quantica Nella SIA supergravità. SI eventueranno anche gli attanti ontologici, al di là degli utilissimi fin'ora attrattori strani, la struttura ontologica degli attanti immaginari gli attanti virtuali consentiti dall'ontovarietà gli attanti trascendenti, transfiniti, kaosmici, catastrofici, catabolici., Ontobolici. Solo con quelle Varietà o strutture ontologiche Sarà consentito eventuale le velocità del tempo superiori alla canonica velocità gravifotonica. La velocità del tempo non sarà solo più una formula estetica della ontologia influente della nuova epistemica o noematica della ontofisica. I modelli ontologici consentiranno per lo più di Interpretare i nuovi fenomeni dell'ultralux, delle microsfere ottiche per computer quantici ma soprattutto, Almeno quello è certo consentiranno il brevetto La sperimentazione La progettazione e la realizzazione con tutti i Relativi beneficio. Quello Sarà anche il programma sempre in relatività con la ricerche sulla ontologia delle interazioni e le formattanze Fondamentali ol'ontologia dell'indeterminatezza ol'ontologia della velocità ed elasticità delle superonde, superstringhe, superconde, Varietà super, supersingolarità. Ma l'ontologia dei modelli per l'ontofisica consentirà anche di svelare l'ontologia della verità Soprattutto e per lo più Quella inerente all'ontologia dell'essere Ermeneutica ed in velocità nel mondo dell'essere in elasticità nel vuoto nel kaosmo dell'essere La velocità el'elasticità del superonde delle tempo, supercorde, metacorde, metaonde, ontoboliche o ontovarietà delle ontosingolarità quantiche, virtuali, immaginarie, transfinito, kaosmiche. L'ontologia dei modelli per l'ontofisica consente il disgelarsi della interazione ontologica ontomorfica o formattanza per le ontologie dell'elasticità Nella Gestell planckyana ontoelasticità delle ontosingolarità delle onde. Il dispiegarsi dell'ontologia dell'ontofisica consentirtà la disvelatezza della ontologia del campo immaginario, virtuale, campo transfinito trascendentale. Ontocampo cosmico utile per l'ontoelasticità virtuale immaginaria transfinita trascendente ma di più e meglio dell'interessere Nella sua isteresi virtuale immaginaria,, trascendente, kaosmica transfinita. L'ontologia del campo nellla Gestell planckyana consente il disvelarsi di modelli della topologia fluttuante per le supercorde l'ontovarietà creodale Nelle Differenze di creodi quantici, creodi gluconici o gravifotonici, quark creodi. O Di Meglio i creodi ontologici sentieri ontologici della topologia planckyana ontogenesi quantici, quarks virtuali, immaginari, transfiniti, trascendentali, kaosmici, la ontologia kaosmica qual è l'ontogenesi dei sentieri creativi Che dall'ontovarietà planckiana si disvelano nel tempo ontologico Nella velocità del tempo nel vuoto virtuale quantico immaginario, transfinito, trascendente o vuoto ontologico ritornano eternamente ed.
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L'ontologia delle singolarità creodali o virtuali immaginarie, transfinito, trascendenti, kaosmiche si eventua Nella Gestell planckiana Quali ontovarietà, cuspidali, Ellittiche, iperboliche, metaboliche, ontoboliche, è il modello della topologia fluttuante delle singolarità dei sentieri creativi con la sua isteresi pregnante di Almeno quattro valenze sinestetiche C'è di meglio per lo più l'ontologia dei sentieri creativi Nella Gestell planckyana eventua la differenza tra attanti ove l'ontologia della temporalità è caosmica, ove la temporalità si dispiega Virtualmente, ortogonalmente, canonicamente Nella Quantica supergravità. Nell'attanziale Invece c'è ancora una sinestesia o un'indeterminatezza tra la temporalità immaginaria e la transfinita trascendente: è l'ontologia dell'infinitesimno kaosmico immaginario Che Dà increspature al vuoto e crea il sentiero dell'essere o creodo ontologico metastabile ontobolico, della ontovarietà. I creodi dell'ontogenesi ontologica si gettano nel campo della Gestell o struttura ontologica planckiana ontocronie con Fluttuanti indeterminato, instabili, virtuali, immaginarie, trascendenti, transfiniti, kaosmiche, solo la differenza tra il sentiero creativo ei creodi SI Dà Quale evento della temporalità della mondità . La differenza ontologica della velocità del tempo getta sul campo diverse ontocronie da quelle più canoniche ed ortogonali qualifiche la supergravità Quantica uno Quelle più affascinanti Quali le singolarità immaginarie dal caosmo MA Nella Gestell planckiana fluttuante cripta e si decripta un sentiero creativo ove si eventua il transfinito, isteresi creodale dell'indeterminatezza tra le Differenze dovute contemplare paradigmatica dall'epistemè. Li I creodi ontologici custodiscono e disvelano SIA L'ontocronoia Quantica SIA L'Altra immaginaria superdeterminatativamente anche così ed eventuano Il tempo ontologico trascendente kaosmico. Il sentiero creativo Che si getta nel campo della Gestell planckiana E il creodo dell'ontocronia fluttuante tra le differenti velocità del tempo contemplare paradigmatica dall'epistemè: la velocità del Quantico supergravitazionale tempo, la velocità del tempo immaginario, la velocità del trascendente transfinito tempo, La velocità del kaosmico tempo ontologico. E 'evidente l'Ortogonalità della velocità della velocità del supergravitazionale Quantico tempo ancora sperimentale la velocità del tempo, superiore alla costante Fotonica, immaginario delle singolarità nichiliste cosmiche nel campo progettuale di ricerca, la presente e viva la velocità del tempo virtuale, transfinito, trascendente kaosmico: l'ontologia del tempo ove oltre all'attrattore temporale, ortogonale, strano o frattale CHE SIA, si eventua anche l'attante immaginario, l'attante transfinito, trascendente, l'kaosmico attante. L'ontologia delle ontovarietà del tempo getta nel campo della Gestell planckiana l'ontopoiesi dei sentieri creativi, le singolarità virtuali, immaginarie, trascendenti, trasfinite, kaosmiche, le singolarità ontologiche attanziali criptanti e decriptanti la velocità del tempo Prima che sia Tempo del mondo o tempo dell'esserci o tempo dell'essere nel mondo o nel tempo della mondanità tempo. Nel campo della Gestell o struttura ontologica planckiana oltre agli eventi virtuali o immaginari si gettano in interazione gli attanti degli eventi transfiniti trascendenti cosmici: è l'interessere Tra gli eventi dei sentieri creativi Che si Dà Quale topologia fluttuante delle ontovarietà dell'ontopoiesis dell'ontofisica .
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Il pensiero kaosmico è sceso nel campo dell'imprevisto frattale, ma non ancora si è gettato nel campo della Gestell immaginaria, virtuale, transfinita, trascendente. Il progranma di ricerca sui modelli per dispiegherà ontofisica l'e svelerà l'ontologia influente per l'ontopoiesis. La Gestell o struttura ontologica dei sentieri creativi Che si eventuano di fronte all'essere sono la morfogenesi virtuale immaginaria,, trascendente, transfinita, kaosmica della physis Nella sua indeterminatezza Quale gegenphysis dei virtuali, immaginari, transfiniti, trascendente, kaosmici: è l'impianto , La struttura ontologica, la montatura Che si getta nel campo della Gestell planckiana prima di fluttuare Nella frattalità degli attrattori strani delle teorie del kaos lorenziane Le sue dimensioni infinitesime non consentono una visione o previsione ma consentono l'eventuarsi delle icone morfogeniche, virtuali, immaginarie, transfinito, trascendenti, kaosmiche. Anzi le isteresi delle icone dei sentieri creativi eventua le differenza ontologica con i creodi SIA pure ontologici per disvelare l'ontofisica Che si getta di fronte dinnanzi Davanti libera e sgombra dalle Influenze della metafisica imperativa categorica della Volontà di potenza sinergetica, anche SIA Nella versione più epistemica della supergravità Quantica. I modelli ontologici delle icone consentiranno d'eventuare le icone morfogeniche, immaginarie, virtuali, trascendenti, transfiniti, kaosmiche Che si gettano nel campo della Gestell disvelano gli attanti dell'ontofisica, ontopoietici della velocità del tempo, del vuoto ontologico, dello spazio metastabile, delle ontoboliche ontovarietà. La icona è una Varietà ontologica ontobolica o un ontovarietà kaosmica Che ci sta di fronte dinnanzi sempre Davanti: i gegenikona Nella Gestell o struttura ontologica planckiana le icone dei sentieri creativi si eventuano nel vuoto ontologico ora Quali singolarità kaosmiche, leibniziane, morfogeniche di Varietà gluoniche, ora in qualità di singolarità immaginarie ontogeniche di Varietà cuspidali, Ellittiche, i quark. Nell'isteresi degli eventi della Gestell o struttura ontologica planckiana, le Varietà iperboliche si alternano uno quelle paraboliche il Loro interesserci, intersein, SI Dà qualifiche Ikone del vuoto ontopoietico fluttuante e dispiegante singolarità virtuali immaginarie, trascendenti transfiniti, kaosmiche L'ontofisica consente di eventuare modelli ontologici anche per le singolarità immaginarie, supergravitazionali o kaosmiche: Immagina Quali attrattori unidirezionali e per simmetria, o supersimmetria, aggettanti intermittenze quantiche cosmiche,. Ma un modello ontofisico si possono eventuale Varietà ove l'attente SI SIA presenta in tutte le direzionalità kaosmiche, in Che micro o macro mega, Giacchè i sentieri creativi morfoattanti si gettano in campo globale: Ogni infinitesimo per ontogenesi si eventua Quale singolarità non solo Virtuale anche immaginaria, trascendente, transfinita, kaosmica.
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Giacchè lì la temporalità si Svela trascendente ontopoietica, ma anche disvela la sua differenza ontologica Attraverso le increspature metastabili Che creano i sentieri irreversibili nel tempo dell'esserci Nella Gestell o struttura ontologica planckiana. Morfogenicamente i modelli ontologici eventuano le morfoattanze o le interazioni della Gestell di Planck delle ontofisica: nel disvelare le singolarità della temporalità ellittica la temporalità virtuale parabolica la temporalità transfinita iperbolica la metabolica temporalità dei sentieri creativi delle kaosmiche ontoboliche. Lì Nella Gestell-Planck si eventuano reversibili MA Nella gettatezza cosmica appaiono irreversibili, ma sempre kaosmici. Il modello ontologico consente di eventuare l'oltre del futuro Che ancora non c'è anche della nuova fisica teorica sperimentale Risorta Dalla superpotenza di calcolo Quelle Varietà classica emersa cromagmatica cromodinamica Nella SI disvelerà Quale singolarità virtuale o immaginaria dell'indeterminatezza del gluone-quark Dell 'Quantica intermittenza della Gestell planckiana. Il glu-quark è la virtuale singolarità intermittente della Gestell dell'indeterminatezza Quale creodo ontologico.
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Cap. 1 ^
L'ASSENZA del FONDAMENTO. I Paradigmi della TEMPORALITA ': Il "TEMPO IMMAGINARIO"
Il pensiero filosofico, la ragione classica Sono stati costretti ad abbandonare le "grandi narrazioni" di fronte alla "nuova" scienza, ma, solo con Heidegger, la natura (= fysis) ha in sé LA STESSA essenza del "caos": si è in Presenza di una visione del mondo Governato dall'assenza del Fondamento o da una temporalità caotica (= wildniss). Il pensiero ontologico si eventuò così senza fondamenta epistemiche: dal nulla Ordinato L', il lineare, lo stabile, abbandonano, con Heidegger, la filosofia.Nel pensiero calcolante si eventua l'indicibile, l'impredicibile. Sul versante scientifico: da Euclide ad Hilbert, al fondo della scienza matematica, c'è Stata La Speranza di Poter Decidere Nelle asserzioni concernenti i numeri interi se fossero vere o false. E con Gödel, nel 1931, il disegno hilbertiano va a gambe all'aria: l'aritmos non potra più Avere la fondatezza o E Rigoroso o è completo. Il teorema mostra gödeliano Che ci sono asserzioni formulare in modo esatto per le qualifiche non SI PUÒ Mostrare Né Che sono vere Né Che sono false: c'è incompatibilità tra rigorosità e completezza.Nel contempo, il pensiero dispiegò anche i paradossi del logos. Il teorema di Gödel è il grimaldello della "crisi della Ragione", dei fondamenti, del soggetto. Di fronte al "sapere" ed al "general intellect" non si impone più la semplice energia (= argon ") Implicazioni da esclusa intellettive. Anche l'Entità Essere in sé, la natura infinitesima per Essere compresa Dovra interagire con l'esserci. Nasce l'intelligenza "altra", vale a dire in Possesso di sapere-sapienza, avviene così il passaggio dall ' "argon" alla "teche". Anzi l'ontologia della techne con la sua Gestell, impianto, creerà l'energia artificiale. Il "sapere" non Appare più subordinante, coercitivo, ma suadente, giocoso, seduttivo, pervasivo: la sua pervasività si insinua in ogni aspetto dell'esistenza: Istituzioni, cultura, scienza, immaginario. Il pensiero calcolante non finisce con la crisi dei Suoi fondamenti, ma da Reale SI Dà Virtuale al. Il potere immateriale ed i sistemi informatizzati creano Quella "differenza" che implodere Fara, tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, interi Paradigmi culturali. Si eventua il soft del pensiero calcolante Che si Dà anche Quale pensiero poetante. Sia la filosofia, la scienza SIA ma anche la letteratura (Proust) Nell'ultimo secolo Hanno affondato lo sguardo sul problema del tempo. Giacchè si disgelo Che la temporalità è la struttura ontologica dei Valori Etici ed estetici. La classica visione del tempo procede per Spostamenti progressivi e lineari: è di Bergson La nozione del tempo sulla fondata nel metafora dello srotolamento del passato verso il rotolamento del futuro; di Heidegger, la metafora del "sentiero" che sale sulla montagna: si passa dall ' bidimensionale immagine ottocentesca del tempo ad una tridimensionale. MA E che Hawking, per la prima volta, ci fornisce La possibilità di calcolare una temporalità non lineare E quindi ci dischiude una visione della temporalità "altra" dai Paradigmi delle narrazioni ottocentesche con la teoria dei "numeri immaginari". Il tempo non si dispiegherà solo più NEGLI assi positivi, ma anche in Quelli Negativi.
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La visione del "tempo immaginario" Connessione in entra-collusione con la teoria del "valore". Valenze epistemiche, etiche o estetiche si sentiranno intrise di tempo negativo, mai più progressivo solista, positivo. Che tipo di "valore" esisterà se lo si volesse calcolare Attraverso il "tempo immaginario"? Per ora lo SI PUÒ solo immaginare o pensare o donare. In ogni forma della comunicazione intanto, dilaga un'espressione: "caotica" come sinonimo di coacervo di fenomeni, di SITUAZIONI instabili e conflittuali, di assenza di certezze e finalità. Gli dei ci hanno Abbandonato e non si sa se ci sarà un dio Che ci Possa Salvare. Forse il "chaos" è compresente in tutto l'Universo ma Risulta ancora incomprensibile al sapere codificato.Il canone epistemico allontana da sé l'inaudito con la potenza imperativa della techne, del virtuale, del tautos. Il "chaosmo" joyciano e lo "zeit-raum" di Mozart potranno, come si vedrà, successivamente, Essere utili strumenti di lavoro, per disvelare al pensiero poetante, ma anche epistemico, l'evento dell'essere Che si Dà dal nulla, dal niente. Se, nel mondo post-moderno, filosofia e ricerca scientifica, rimettono in discussione la ragione classica, La possibilità di misurazione dai "frattali" di Mandelbrot alle "Catastrofi" di Thom, al "dadaismo epistemologico" di Feyerabend fino a Medawar per il quale " non ESISTE un metodo scientifico "e lo scienziato è uno che" racconta storie "è inevitabile un ritorno al" mythos ". Pensiero, mito poetico Che dal nulla e senza fondamenti epistemici o del logo, si eventua Nella Metis ontologica. Il mito "ha abitato tra noi" e come gli dei ci ha LASCIATO, oppure PUÒ Essere Ancora principio attivo del pensare? Se nel pensiero poetante c'è l'eterno ritorno della mitopoiesi ci sarà anche nel pensiero epistemico e nel pensiero calcolante. Giorgio Colli dispiega l'interpretazione nicciana di mito e "logos": Soprattutto NEGLI inediti conservato nel Fondo degli eredi: al di là della differenza canonica tra dionisiaco ed apollineo per un eventuale nuovo chiasma mitico. "Cose senza riso, ornamento Né, nato unguento la sillaba, con bocca folle, dadi", il frammento eracliteo non Sembra oscuro: La Sapienza origina dalla "mania" (da: Mantica = arte della Divinazione). Ma La Sapienza si eventua anche myeis dal, dal mistikos, Che dall'essere sedurre La presenza mondana degli Dei. Apollo "l'obliquo", dall'occhiata Che conosce Ogni cosa con la parola e che "i dadi Non ne nasconde ma accenna", comunica all'uomo la sapienza.Il mito si eventua Dalla Fonè, Dalla mistica voce della Divinità Che si Getta Nella fondità. Il Dio "parla per enigmi" e l'enigma, coessenziale alla Divinazione e alla Sapienza è sempre crudele e tragico infatti "risuona dalle mascelle feroci". E l'enigma si eventua, anche Attraverso i paradossi del logos, dell'eristica, Dell 'indicibile. La Sapienza, la Conoscenza si manifestano Attraverso l'Apollinea enigmaticità (non nel senso Nicciano): la parola "ama nascondersi". G. Colli ci Svela il chiasma Enigmatico e mistico del mito Che si Dà Quale Essere Che si eventua senza Kanone e senza Fondamento. La parola (il "logos"), tesse trame in CUI PUÒ perdersi Teseo nel labirinto Che è già simbolo del "logos". "Logos" (E) Insidia parola sono inganno,, perdizione così come, ricorda Eraclito a proposito di Omero e dei Pescatori, inganno è l'enigma anzi la sua anfibologia si disvela Nella Metis Sofia Nella E E si eternizza nell'ikona. Contro l'uomo sono tese l'arco e le parole di Apollo che "si slancia" "sfrecciando veloci pensieri": è il dio Che si eventua senza Essere Né evocato Né immaginato, Giacchè il divino si da, è, c'è, senza perché.
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La Parola, Attraverso CUI Il Dio Manifesta "La Sapienza", è collegata alle frecce; Apollo è "colui Che agisce, colpisce da lontano, totalmente distrugge": Parola, Sapienza, distruttività e crudeltà del dio sono STRETTAMENTE intrecciate.La preesistenza, il pre - esserci dell'evento Che si Dà prima della differenza tra ordine, disordine e armonia, il caos. La parola, il discorso, appunto il "mythos" in Omero sta anche per progetto e macchinazione. Il "logos", elaborazione Razionale, contrapposto un "mythos", nasce col passaggio dall'enigma alla retorica, dal misikos all'epistemico, Dalla gettanza della Metis ideale alla fondatezza dei modelli poetici. La Mutazione del "logos" Originario (= un discorso, appunto un "logos" che accenna ad altro vale a dire allo sfondo divinatorio) si completa con la scrittura e Soprattutto con la letteratura filosofica di Platone. Givone nel Corso di Perfezionamento in Epistemica Ontologica, ci ha disvelato venire Nella Ermeneutica della Verità o Disvelatezza o Aletheia della Radura: la "Sofia" si sottrae: nasce la filosofia. Forse lì, nell'ontologia e nell'ermeneutica del mito della verità o Nella disvelatezza del mito del logo c'è la differenza ontologica tra la verità epistemica, la verità Ermeneutica e la verità ontologica. Sull'interpretazione ci sono e si scriveranno MOLTI volumi, qui è esaustiva l'interpretanza di Givone: non è l'interpretanza infinita della verità Che Dà all'Esserci o all'Essere la sua fondatezza e la natura del suo essere nel mondo, nato si sa di più del cos'è, ma lo spazio vuoto o la radura, lo spazio sgombro o svuotato Dagli Enti, anche dalle Entità in sé e per sé, la pianura platonica, disvela l'ontologia della verità dell'essere o dell ' Nella Essere physis, dell'Esserci nella natura, dell'Esserci Nella mondità. Solo Nella radura della verità ontologica si disvela il mito della verità e il logo Ermeneutica della svelatezza ed epistemica Che si biforcano solo Quando è l'Entità Che imperativa declinazione in sé l'assenza dell'essere, edifica l'oblio della verità mitopoietica, Fonda Il logo dell'epistemè imponendo una verità relativa alla quantità ed alla verifica. Givone ci ricorda Che In ogni verità Fondamentale c'è l'abisso, c'è la disvelatezza del nulla, c'è la fondatezza abissale dell'essere Che si eventua Nella poiesis e nel mito e si Dà Quale ontologia strutturale della verità o struttura ontologica della physis disvelatezza Nella, Nella mondità, nell'ikona, telefono Nella, Nella phychè. La gettatezza nel vuoto della verità, kate-Agora, il passaggio Necessario della filosofia della mente, nous, dell'essenza dell'essere in Entità statica, eterna, atemporale, infinita, Stabile, impositiva senza il nulla, senza più il Fondamento dell'essere dilapidazione la disvelatezza nella verifica della datità, tautologica seriale,, isologica, isomorfica, loghi al supersimmetrica, alla mathesis del aritmos, Aritmetica, alla physis del frammento. La svolta linguistica, il virtuale, il Frattale estetico imperativo Hanno imposto la verità dell'entità senza l'Essere, senza più il nulla, senza l'abisso, la svolta ontologica Che si eventua, E Soprattutto Attraverso il pensiero poetante Riuscirà a Ritrovare anche il senso ed il consenso della struttura ontologica della verità ol'ontologia strutturale della disvelatezza dell'evento dell'essere o dell'essere o dell'essere la physis physis Nella? Ambiguità, duplicità, compresenza di significanze Nella parola "mythos". Il percorso: "mania" - Sapienza - enigma - labirinto e "logos" porta alla "Signora del Labirinto", ad Arianna, la donna che-DEA salva Teseo. Il filo del "logos". Ma quale "logos"?
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L'interpretazione nicciana del "mythos" e del "logos" è Stata rovesciata da Heidegger: "la filosofia non nasce dal mito. Essa nasce dal pensiero". MA Nel contempo la gettatezza dell'essere è sub-sidente ad ambedue. Questo il percorso etimologico heideggeriano: "Mito significa: parola che dice.Voce misterica della Divinità Che si eventua Metis Nella, Nella poiesis. Dire per i Greci significa: manifestare, lontano apparire Ciò che è. "Logos" significa la Stessa cosa "". E 'l'Essere o Il suo evento mitico Che si Dà Quale mistica della poiesis, della metis, dell'eristica. "Logos" da "leghein" sta per "Raccogliere, accogliere, Parlare": in greco: significa Parlare "Far Comparire, Lasciare apparire qualcosa Nel suo aspetto". Anzi il senso è ancora più profondo: Raccogliere ed accogliere La presenza dell'essere Che si eventua. Il significato Originario dell ' "essere" si coglie in una radice dell'etimo: bhu-bhue = schiudersi, imporsi, predominare; da qui "fusis-fuein" ( "fui", latino). "Fusis" è "Ciò che sboccia da se stesso (come ad esempio lo sbocciare di una rosa) cioè il dispiegarsi ed aprendosi nel dispiegamento apparizione racconto tariffa". Radici Ancora grazie: "fu = fa" Servono uno ribadire Il Legame "" essere "-" fusis "- apparire -" fainestai "". E, l ' "essere" (= "einai") sta per "venire-a-manifestarsi-dentro l'ambito di Ciò che è e disvelamento,, apparendo così, durare e dimorare". Heidegger parla Chiaramente di coappartenenza di "essere" e "fusis": "essere" e pensiero coincidono e l ' "essere" Appare che (= "fusis") porta con sé il raccoglimento, ( "Logos"). L'oblio della coappartenenza di pensare ed "essere" produce la perdita del senso Originario del termine "logos" che Viene così Considerato solo come "discorso, proposizione". La ricostruzione di Colli, SIA PUR con l'innovazione, Rispetto a Nietzsche, di Apollo come dio dell'invasamento dell'Armonia e non, non pare sufficiente. Le radici del mito Sembra vadano ricercate altrove: nell'entousiasmos, nell'essere abitati dal mito e dal mistero Che si eventua nel mondo e nell'essenza dell'esserci. "Per parafrasare il filosofo: cos'è il" logos "nel-l '" abisso senza fondo "; nell'assenza del Fondamento, nel" ab - grund "costituisce l che' esser-ci", "in CUI l 'esser -ci "è gettato? In breve: cos'è la razionalità Nella crisi del Fondamento e nel trionfo della "techne"? "Logos" e "techne" prevalgono sul mito veramente o sono solo una sua singolarità? In questo tempo segnato dal trionfo del pensiero tecnico: Dove si è nascosto il "mythos", cos'è il pensiero, la Conoscenza, il "logos"? E 'temerario forse affermare Che l'interpretazione del mito si intreccia alla riproposizione della Questione della Natura? Il mito Sembra cooriginario, coessenziale alla natura ed Avere LA STESSA essenza strutturale della "fusis" (forza che cambia e Trasforma) più della Quella che "hyle" nel senso proprio del Termine di "materiale per costruzione". L'interpretazione del mito implica una ripresa del Concetto di materialità inteso che Però come origine della sua interpretazione, fusis "della". Non un materialismo della "hyle" ma della "fusis", un oltrepassamento della materialità verso l'immaterialità. Intanto la crisi del "logos", techne "della", delle grandi narrazioni Sembrano indifferenti alla temporalità "immaginaria" del mito in Quanto questo non si impone al mondo come un "episteme".
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Siamo "gettàti nell'enigma", nel "problema": un Ostacolo da superare, una sfida da Raccogliere ma anche siamo "gettàti" nella "Formulazione di una ricerca". "" Per parafrasare Heidegger l 'esser-ci "é" gettàto "nell' ab-grund". L ' "ab-grund" costituisce l' "esser-ci". Siamo in "Esso" ed e "Esso da" partire Bisogna che: dal-l ' "abisso senza fondo". Se "Il linguaggio della metafisica non POTEVA servire" ad Heidegger, a noi servono fino in fondo il linguaggio heideggeriano? Non possiamo dire, con Heidegger, che "tutto" DEVE "capovolgersi"? La domanda Fondamentale (= "grundfrage") E allora. "Qual'è il senso del" logos "Nella crisi del" grund? "
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Cap. 2 ^
LA STORIA MITIKA ed ONTOLOGICA del mito della Physis
Il mito della Physis è essenzialmente un luogo mitico, una topologia del mito dell'abisso, della fondatezza, dell'aldilà: la storia del mito della Physis è la storia dei luoghi del mito, la storia mitika del mito è la storia dell'essere mitiko, o dell'eterno ritorno del mito o della risonanza infinita dell'essere nel mito, Nella latenza, custodita, curata per eventuarsi Nella Epoke mitica della Physis. La storia del mito della Physis è la storia della Radura dell'essere, dell'essere diradato, sgombro, libero d'Essere nell'abisso mitiko, senza nulla, senza niente, senza fine, senza tramonto, senza eclisse. Nessuno è ancora Stato libero di ricercare la storia dell'ontologia del mito della Physis, aldilà dell'ermeneutica teologica, oltre la metafisica nichilista epistemica categorica,, paradigmatica. Non c'è ne l'ontologia dell'essere mitico, ne l'ontosofia del mito o la storia mitika del mito della Physis. La storia del mito si fonda sulla storia mitica della Libertà: senza esser liberi di Contemplare il mito, non c'è mito ma solo fondamentalismo teologico, teocrazia: la storia mitika del mito della Physis è la storia mitika della libertà d'Essere in Presenza della contemplazione dell'essere Divinità. Il mito c'è Quando l'Essere si pone Dinanzi Nella contemplazione dell'essere Che si da, si getta alla Presenza Nella radura, dell'essere Nella topologia, Quale Ontologia dell'essere poetante, il Gegengrundsein Che si eventua Nella ontovarietà della gettatezza del mito è la radura poetante Che custodisce, kriptata, latente la cura dell'essere. I luoghi della Gegengrundsein sono gli spazi kaosmici ove si getta Dinanzi, Davanti l'Esser mitiko I luoghi del mito sono Quelli che l'esserci si trova di fronte non ad un orizzonte del mondo, o ad una prospettiva mondana, o ad un tramonto o eclisse cosmici, ma l'Essere è abitato Poeticamente dall'orizzonte e Dalla prospettiva dell'essere senza fine, senza declino, senza tramonto, senza eclisse, Quale eterno ritorno della Risonanza dell'essere mitiko. Solo così si eventua l'epoche della storia mitika, non teokratica, del mito della Physis. Tanto per Essere rigorosi fino in fondo: il mito non è la topologia della teocrazia, nato il mito è la singolarità nichilista cosmica del tempo immaginario, Giacchè quelle suggestive topologie sono sempre categorie della prospettiva del mondo tramontante Mentre l'orizzonte dell'essere mitiko non Mai si trova di fronte all'eclisse, al tramonto, alla fine della storia, del tempo, dello spazio, del kosmo. Nel mito Invece c'è l'eterno ritorno della differenza ontologica tra il Gegenseyn e il Widerseyn: non il nulla o il niente, ma l'Essere Che ci Viene in-contro, l'Essere Che si getta alla presenza, per l abitare 'Essere Che contempla la radura. La storia mitika del mito è la storia della differenza Che si eventua nell'ontologia poetante, Quale Presenza Che abita il luogo kaosmico. La storia mitika del mito della Physis è la storia dell'essere Che contempla l'Essere di fronte, Radura della Quale presenza, ove non ha mai abitato Né l'Entità, nato l'Esserci, Né la mondità, Né la metafisica, nato La teocrazia, ma solo la risonanza dell'essere Che ci Viene in-contro, Quale eterno ritorno.
Pag. 06 La storia mitika del mito della Physis è la storia dalle origini ai templari, tanto per abitare i luoghi storici del mito, si eventua Nella risonanza Quale Essere mitiko Essere divino Che ci Viene incontro, Essere Che abita l'Essere, Essere Che si incontra kriptato nell'Essere mitiko della Physis. La topologia, il luogo ove l'Essere ci Viene in-contro e ci abita è il "Mithos": la topologia del mito è la mitika topologia della storia del "Mithos" Solo Nella topologia del "Mithos" La storia si eventua Quale storia mitika del "Mithos": Giacchè solo lì è libera d'Essere storia mitika del "Mithos" e mai più storia della teocrazia, storia metafisica della teologia teocratica, storia metafisica della teologia teocratica, storia della Volontà di potenza della teocrazia, storia dell ' Etica teocratica. I luoghi ove il "Mithos" CI Viene incontro, o dove l'Essere in-contra l'Essere Che si eventua ed abita l'essenza del pensiero poetante, sono i luoghi del "Mithos" Sacri, Oscuri, misterici, kriptati, Perché Quella prossimità dell'essere con la sua ikona Che si getta alla Presenza e la abita è mitica nel senso di inaudita indicibile, e, dai Paradigmi fisici cosmici, la storia mitika del mito è la storia degli spazi liberi, abitati solo dall'Essere Che CI Viene in-contro, Quale Gegenseyn, mai nullità, e nel Contempo: Essere Che si incontra nell'essere Che si getta Abita a cura di, Nella contemplazione, l'Essere poetante. Le Varietà del venire incontro dell'essere sono infinite, indicibili, senza eclissi: perché i luoghi del "Mithos" sfuggono alla classificazione dell'imperativo categorico del rigore Razionale o della metafisica ideale nichilista, sinergetica, supersimmetrica, inferenziale, logistica, teocratica. Gli eventi del "Mithos" sono sempre in relatività con gli eventi e le ontovarietà dell'essere Che ci Viene incontro, Che si eventua Quale libertà ontologica: si incontra l'Essere, si contempla la libertà d'Essere kaosmica. I luoghi del "Mithos" sono gli spazi topologici ove l'Essere si dispone Nella contemplazione, nell'ascolto, visione Nella, Nella sensibilità e nel pensiero poetante dell'essere di fronte, dinnanzi, Davanti Che ci Viene incontro, kaosmica Nella Gegenseyn. La storia mitika del "Mithos" è la storia delle radure, dei vuoti ontologici della Physiseyn, ove l'Essere si eventua per Essere contemplato e per abitare Poeticamente l'Essere di fronte, oltre Che Poeticamente abitare il mondo da solo, la "Physis" , Il Kosmo. Quando un luogo, una radura, un vuoto sono abitate Poeticamente dall'Essere Che si getta Viene CHE E in-contro all'Essere, si eventua il "Mithos" e la sua storia Quale storia mitica del mitiko abitare Poeticamente l'Essere poetante, in libertà, in verità, in prossimità con l'Essere ontosofico. La libertà di ricerca sulla storia mitica del "Mithos" della Physis si eventua Nella storia dei luoghi ordinari del senso del "Mithos", della sua essenza, della sua Presenza qui ed aldilà del mondo i luoghi del "Mithos", anzi meglio la topologia del "Mithos", lo spazio vuoto, la radura, lo spazio libero Dalla mondità ove è custodito, curato, evocato e contemplato il Gegenseyn: l'Essere Che Viene incontro per abitare Poeticamente, il mondo non solo, ma l'Ikona dell ' Essere, l'essenza dell'essere, l'Essere poetante, l'Essere ontologico, l'Essere ontosofico. Si eventua così nello spazio e nel tempo del mondo la differenza ontologica: si presenta la topologia dell'essere mitiko, di là e di qua la topologia fluttuante del mondo dell'Esserci, del mondo virtuale, del mondo immaginario, del mondo ontologico, del Mondo poetante. Il mondo dell'essere mitiko si getta Nella mondità anche Quale mondo mitiko, mondo caotico mondo cosmico, caosmico mondo, mondo onirico, mondo estatico e la sua influenza metafisica si dispiega nel mondo etico, epistemico, paradigmatico, ermeneutico, costituente, noetico. Quale Fondamento della verità dell'Esser mitiko la sua influenza Dà senso al kaos, all'invisibile, all'indicibile, all'inaudito, all'assenza presente della sua Sacralità provvidenziale: l'unica Che ci Possa Salvare o curaro nel mondo dell ' aldilà, del bene e del male.
Pag. 07 La mitiko Topologia dell'ssere e la sua topologia animata dell'essere animato Che trascende l'Esserci, ma non è l'Essere ontologico o poetante. Quelle ontovarietà dispiegano La complessità della fondatezza dell'essere mitiko nel mondo virtuale, animato, ontologico, immaginario, onirico, metafisico, sinergetico, supersimmetrico e disvelano quanta Volontà di Potenza CI SIA NELLA STORIA mitika del "Mithos" della Physis. Volontà di potenza dell'eterno ritorno dell'essere "Mithos", nell'epochè della storia dell'Esserci, ma anche Volontà di influenza egemonica imperativa categorica Nella Metafisica, Ermeneutica, Poetica, Etica, estetica, episteme, virtuale, immaginaria, onirica, estatica, mitica, magica. Nell'Essere "Mithos", l'Essere animato non si adegua, in verità Né all'Esserci, nato all'Essere ontologico o poetante. Nel mondo del "Mithos" il mondo animato non ritrova l'adeguatezza metafisica, epistemica, Razionale, Poetica, estetica, etica con il mondo dell'Esserci, nato con l'Essere nel mondo immaginario cosmico,, virtuale, kaosmico. Ma Quella differenza ontologica dell'adeguatezza non trascura l'Ortogonalità influente della Volontà di potenza metafisica della storia mitika del "Mithos", anzi la sua categorica imperativa Dà senso, identità, teocrazia storica e trascendentale. L'Essere "Mithos", Quale Essere animato nel mondo mitico è la misura di tutto: del kosmo che c'è e del mondo che non c'è, o è invisibile, indicibile, inaudito, mitico, magico, estatico; l ' Essere "Mithos", è anzi l'unico centro gravitazionale Che Dà senso, Stabilità, il ritmo, Soprattutto E E per lo più da l'impianto, la creazione, la Gestell al mondo dell'Esserci, dell'Esser qui, là dell'Esser , dell'Esser aldilà. La topologia del "Mithos", Quale storia mitika del mito della Physis è la Gestell del mondo e dell'essere animato, Quale Esserci Che ci Viene in-contro Nella sua morfogenesi di Essere animato: e Percio da venerare e da Contemplare. Giacchè solo quell'Essere è "Mithos" physis della Che ci potra Salvare, curare o, Consolare O, O Guidare nel destino Nella sorte, nell'avventura della storia mitika del "Mithos". La Topologia dell'essere "Mithos" è implementata Nella bistabilità dei sentieri Che si biforcano: c'è la superficie della Gestell Fondante il mondo dell'Esserci, immaginario virtuale, trascendente,, metafisico, etico, poetico, estetico, sinergetico, cosmico, epistemico, ermeneutico, ma c'è, Quale eterno ritorno Nella superficie supersimmetrica, l'Essere animato Che ci Viene incontro nel vuoto ontologico, Radura Nella libera dal nichilismo, Nella singolarità kaosmica del nulla, Quale Gestell: contro-Essere, Essere Che ci incontra e avviene, si getta nell'Essere ma anche nell'Esserci, per abitarvi con il senso del "Mithos" della Physis o dell'essere animato. La storia del mito è Stata, ed è, sempre interpretata Quale Volontà di potenza della metafisica imperativa influente: non c'è una storia poetante del mito, una storia Né ontologica, nato una storia mitica, nato una storia ontologica, nato una storia mitica nel senso di Topologia del "Mithos" dell'essere Più che del mondo o della mondanità. Il futuro della libertà di ricerca della storia mitica del "Mithos", si presenta nel plesso, o nel chiasma, dell'essere storia della Gestell mitika dell'Esserci e del mondo, e storia della Gegenseyn dell'Esser mitiko Che ci in-contra, Che avviene in-contro, Risonanza Quale dell'essere animato sempre, eternamente ritornante nell'aldiqua dall'aldilà.
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L'Esserci mitiko Che ci Viene in-contro, Gegenseyn Quale è la donazione di misura, la Misurata topologica del "Mithos" e della storia mitika del "Mithos" animato Che Poeticamente abita l'Essere, oltre Che Il Mondo el'Esserci, Quale si eventua Stabilità del Kaos, morfogenesi visibile dell'invisibile, Koinè, linguaggio comune etico ed etnico dell'indicibile, dell'inaudito, dell'indecidibile mistero, mistico svelato del mito eternamente ed infinitamente interpretato Ermeneutica del vuoto silenzio della singolarità del "Mithos "Quale storia mitika del" Mithos ". La storia mitika dell'Esser "Mithos" è la storia dell'abbandono, della kriptazione, della latenza, dell'oblio dell'essere ontologico nell'Esser animato: Infinita SIA Quale vivenza dell'Esserci, SIA Vivenza Quale della mondanità eterna,, Mitica, indicibile, inaudita. L'Essere Che vi Viene in-contro o Che si in-contra è l'Essere animato Che Dalla latenza custodita kriptata,, curata, della radura della Topologia dell'essere, si eventua imperativamente Quale misura del tempo e dello spazio, dell ' Etica e dell'estetica, del kosmo e del Kaos, del bene e del male. Dell'Esser gettatezza Ma Quella "Mithos" non è semplicemente imperativo metafisico della Volontà di Potenza Quella è solo la sua metamorfosi teocratica, influente, altrimenti il "Mithos" SAREBBE solo una delle Varietà ermeneutiche, epistemiche, estetiche, astronomiche l'Esser gettati, Quale "Mithos" dell'essere animato Dà Stabilità alla più Complessa Ontoteologia o Teoontologia. Aldilà del bene e del male, anzi Quale fondatezza Che eventua ora l'uno ora l'altro o annienta SIA l'Unità, SIA l'alterità la storia Che si getta, Quale storia mitika del "Mithos", si presenta sempre Nella sua Varietà ontoteologica influente Che si da, Viene CI Che in-contro, Che si in-contra nei sentieri interrotti del "Mithos", Quale metastabilità del Kaos, orizzonte prospettico dell'Esser animato Che Dà senso all'Esserci, alla vivenza, alla Creazione, alla mondità, all'aldilà. L'Essere animato Che si in-contra si getta nell'Esserci, nel mondo, Vivenza Nella Quale impianto imperativo stabile della Volontà di potenza dell'essere Mithos: è la Gestell dell'essere animato Che ci Viene in-, contro metafisica non Quella , Etica o, epistemica, ma Quella metastabilità Che annienta il Kaos, il nulla, il niente oltrechè l'Esserci preesistente, per fondare la Topologia del "Mithos" dal nulla, dall'invisibile, dall'inaudito, dal vuoto cosmico. La Topologia dell'essere "Mithos" Che ci in-contra abita mistericamente il Fondamento dell'Esser animato, dell'Esserci della vivenza del mondo: abita la Stabilità della Gestell Quale venire in-contro della Presenza Che ci in-contra nell'Essenza dell'essere. La Stabilità dell'Esser animato è la storia mitika del "Mithos" controkaos Quale E che Risonanza Davanti ci presenta di fronte al Kaos per Essere Gestell topologica della radura, del vuoto dell'invisibile, dell'indicibile, dell'inaudito: la storia del "Mithos" è la storia dell'Esser di fronte al Kaos, Quale Essere animato Che ci Viene in-contro E che si in-contra Nella essenza della vivenza, dell'Esserci, della mondità. La storia del "Mithos" è la storia mitika della SIA metastabilità dell'Esser animato Che si presenta, ci si eventua, in-Nella dell'essere contra fondatezza, dell'Esserci Quale vivenza, del mondo, aldilà dell'essere. Il Metaodoseyn è il sentiero ininterrotto del Gegenseyn: eterno ritorno della risonanza dell'essere Che ci Viene in-contro, E che si getta alla Presenza dell'essere Che si in-contra di fronte dinnanzi,, Quale evento dell'essere animato.
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Il gettarsi incontro Nella metastabilità della Presenza SIA Quale Volontà di Presenza o teocrazia, SIA Quale dono della misura del "Mithos" o Ontoteologia, la storia mitika del "Mithos" da senso all'imperativo categorico del Gegenkaos Essere di fronte, Davanti, al Incontro Kaos del mondo. Ma la sua Presenza si eventua anche nel gettare nell'essenza del Fondamento dell'Esserci e della Vivenza l'incontro dell'essere animato, Quale Topologia dell'essere o Varietà dell'essere ontologico. La storia del "Mithos", sarà la storia dell'interfaccia, intervolto, interessere animato Che ci Viene incontro nel sentiero dell'essere. Il Campo del "Mithos" el'intervolto dell'interessere topologico animato. I sentieri del campo del "Mithos" sono la risonanza dell'eterno ritorno della storia del "Mithos". Il campo mitiko è l'intervarietà della Topologia dell'essere Quale campo metamorfico Che Dà Ortogonalità all'abisso, da la visione dell'essere animato all'invisibile, da ascolto al silenzio inaudito, Seno Dà al "Mithos" Getta I sentieri dell ' Essere animato nell'Abgrundseyn, nel senza fondo delle fondamenta dell'essere: il campo mitiko è la Gestellsein dell'Abgrundseyn, l'impianto della metastabilità Che s'eventua nei sentieri dell'abisso. La storia del "Mithos" è la storia del campo sacro, Quale intervarietà della topologia dell'essere animato. Il Campo Sacro e la metastabilità, la Gestell dell'abisso, dell'Abgrundseyn, dell'interessere, dell'intervolto, dell'interfaccia ortogonale imperativo dell'aldilà Che si eventua Quale vuoto cosmico, radura dell'invisibile, silenzio dell'inaudito, indicibile. Il campo sacro del "Mithos" è la risonanza dell'eterno ritorno dell'essere animato Che si getta NELLA STORIA Quale storia del "Mithos". Il campo sacro del mondo è la Gestell nell'Abgrundseyn, Quale Ortogonalità imperativa senza fondo nell'aldilà, oltre l'orizzonte, oltre il tramonto della storia, oltre la storia della multa, oltre l'eclisse del mondo della storia classica. Il campo sacro del "Mithos", la Gestell mitika, l'impianto mitiko ove l'Essere animato Che avviene, si getta dall'aldilà, ci Viene in-contro e si incontra Nella Gegenseyn Quale Davanti Essere aldilà Che si Presenza di fronte, , dinnanzi Quale intervolto, dell'invisibile, indicibile, inaudito del mito Nella Volontà di potenza metafisica influente nell'Etica,, nell'Estetica, Nella Noetica, nell'Ermeneutica. Il Campo del "Mithos" sacro si presenta sempre aldilà della semplice teocrazia, Quale Volontà di potenza della metafisica ideale dell'aldilà, Nella sua intervarietà di ontoteologia o Teontologia: Evento Che si incontra nei sentieri Seynweg della gettatezza dell'interessere animato Quale intervolto interimmagine dell'Abgrundseyn, dell'essere abissale Che si in-contra Nella radura topologica, nel vuoto ontologico, cosmico, Nelle singolarità nichiliste della cronotopia immaginaria. La differenza ontologica tra il campo sacro della storia mitika e la storia classica del "Mithos" si eventua Nella differenza tra la storia della Volontà di potenza dell'Esserci metafisico e la storia della Topologia dell'essere animato Che ci Viene incontro, si che in -contra, di fronte Quale Gegenseyn dell'aldilà, dell'abisso, matastabilità Quale, dell'Abgrundseyn Gestell. La storia del campo sacro è la storia mitika dell'immagine dell'essere Che ci in-contra di fronte: dell'immagine intervolto, Interbild. Il Campo del "Mithos" E la Bildseyn dell'abisso Che ci sta sempre di fronte, ci abita E che ci in-contra Quale aldilà.
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Ma il campo sacro del "Mithos", si presenta anche Quale impianto metastabilità,, struttura ontologica, in qualità di salvezza, cura, pensiero poetante della Physis. La storia del campo sacro del "Mithos" è anche la storia dell'essere al potere del mito: ma solo Nella sua Varietà di Bildseyn, di immagine dell'essere animato, mai Quale Volontà di potenza della metafisica dell'immagine del mondo. Anzi il campo sacro del "Mithos" con la sua Bildseyn influenza la mondità, mai PUÒ Essere soggetto, Giacchè la sua fondatezza si disvela sempre Dalla metastabilità dell'abisso, Che dell'invisibile, dell'indicibile, dell'inaudito, dell'aldilà Davanti si Presentano di fronte, in-contro alla mondanità, e si gettano Nella sua per ndatezza senza Essere mai fondati. In quel senso il campo sacro del "Mithos" è libero, è più libero, dalle immagini del mondo: la storia mitika del "Mithos", è la libertà Dalla Volontà di potenza della metafisica nichilista, della fine della storia, è più libera, Giacchè abbandona le immagini del mondo per gettare in-contro le immagini dell'essere animato. Il campo mitiko non è stato, e non sarà mai una nuova metafisica, se mai è la Teontologia, Essere senza ontologica: si eventua Invece Quale alterità, Essere senza differenza, e Quale relatività senza Essere dispiegamento. Il campo sacro del "Mithos" è la radura ove si getta e si incontra sempre di fronte l'evento dell'immagine dell'essere animato. La storia del "Mithos" è la storia dell'accadere della presenza, Volontà e potenza dell'immagine dell'essere Che si dispiega dall'abisso, dall'aldilà, dall'invisibile, dall'indicibile, dall'inaudito: che decostruisce il Tempo el'immagine del mondo, dell'Esserci, della metafisica imperante nichilista. Il campo sacro del "Mithos" crea lo spazio alla Bildseyn Che si eventua Dalla metastabilità dell'Abgrundseyn, ma non Dà fondatezza alla Grundseyn: SI Svela in-contro, di fronte, in relatività, Quale immagine dell'essere mai fondata nel, fondabile Né Dalla immagine del mondo, o dell'Esserci, o della Physis: Teontologia della Bildseyn Quale intervolto, intervarietà della Ikonaseyn del pensiero poetante. Il campo sacro del "Mithos" della Physis è la storia della differenza del venirci in-contro dell'essere e del Suo gettarsi nel mondo, Physis Nella cosmica: in qualità di immagine dell'essere Che si eventua, Quale Essere animato metastabile dell ' intervarietà dell'Abgrundseyn: Nella sua Varietà della semplice gettatezza Nella storia dell'Esserci, o dell'essere al mondo. Mai mondo nell'Essere o Volontà d'Essere mondità dell'immagine dell'essere. E Bildseyn sono i sentieri del campo sacro del Daseyn "Mithos", ove si eventua l'in-contro la Gegenseyn della Physis ontologica. Li la risonanza dell'essere Che ci in-contra, da senso alla Teontologia, Quale alterità della metafisica nichilista, in relatività con l'ontologia poetante della Physis. La storia di quell'in-contro si in-contra Nella risonanza della storia del "Mithos", Quale storia dell'immagine d'Essere Che si getta di fronte all'immagine del mondo o dell'Esserci: Bildsetn Che si getta in - contro al Daseyn. Il campo sacro del "Mithos" della Physis E quella Topologia ove la storia mitika si eventua Quale Bildseyn del Daseyn, ed anche dell'immagine del Attraverso mondo, l'immagine dell'essere animato in relatività con l'immagine dell'essere Che si Getta dall'aldilà, dall'invisibile, dall'abisso, Abgrundseyn, indicibile, inaudito.
Pag. 11 Ma il campo sacro del "Mithos" della Physis ontologica è anche la Topologia metastabile della Bildabgrundseyn: immagine dell'abisso dell'essere o dell'essere abissale Che si getta Nella storia del "Mithos". In qualità di Bildabgrundseyn il campo sacro del "Mithos" metastabilizza si in Bildgestellseyn, ikona della sua struttura ontologica, ove si eventua l'incontro tra l'Essere animato, dell'Esserci Bildseyn el'immagine. Il campo sacro del "Mithos" della Physis è al tempo stesso stabile ed instabile: la sua Stabilità e relativa all'Essere animato Che si eventua Quale Essere mitiko: dall'abisso dell'essere CI Viene incontro e in-contra l'Esserci ed Il mondo, la Physis e la sua struttura ontologica. Nella stabile E 'Gestell dell'immagine dell'Esser mitiko ma instabile nell'Abgrundseyn intermittente la Gegenseyn, Risonanza Quale dell'essere poetante della Physis. L'anfibologia del campo sacro del "Mithos" da alla sua Gestellseyn L'Essenza della metastabilità in relatività con l'ontologia, Quale Teontologia, in relatività con l'immagine dell'Esserci e del mondo Quale teokrazia della storia classica del "Mithos" . Essenziale E quella differenza, Perché crea la biforcazione tra l'immagine della storia mitika el'immagine del mondo della storia del "Mithos" della Physis. Il sentiero nel campo sacro del "Mithos" dell'immagine della storia del "Mithos" della Physis è interrotto Stato, Giacchè La storia si è dispiegata, ed anche, o immagine della Volontà di potenza della metafisica o teocrazia. La Teontologia, Quale immagine dell'essere mitiko Che si getta Nella immagine della storia del "Mithos" non è più presente Né nel mondo, nato nel sacro mondo, nato nel mondo sacro, nato nell'Esserci del sacro campo del "Mithos" della physis. Solo la libertà di ricerca eventuerà nel futuro Un'immagine della storia del "Mithos" dell'Esser gettatezza quale "Mithos" animato, Che si disvela dall'abisso dell'aldilà. Solo così il campo sacro del "Mithos" della Physis Quale campo dell'immagine o interimmagine animato della storia del "Mithos" eventua la storia del mondo animato, fin'ora Mentre la storia del mito si è Presentata nell'interpretazione dell'immagine del mondo imperativa ed influente, Quale Volontà di potenza metafisica sull'immagine della storia del mito della Physis. Nella storia del "Mithos" della Physis si eventua una interferenza: quale immagine della storia del campo sacro del "Mithos" che da la misura non solo al mondo, all'immagine del mondo, all'Esserci, alla vivenza, ma anche al nulla Fondamentale purtroppo all'essenza dell'essere, la storia mitika libera, esprime, disvela la verità, ma anche la occulta, la oblia, la Kripta Sotto la parvenza della cura, della latenza Che custodisce conserva, accudisce, consacra e contempla. L'interferenza ontologica Nella differenza Ermeneutica del Capo del Sacro "Mithos" della Physis da la misura della sua Volontà di potenza imperativa kategorica, ma anche la valenza dell'Esser mito Quale sentiero, di libertà di svelatezza della Libertà, di contemplazione Che dekripta l 'Evento dell'Incontro Che ci incontra nel chiasma dell'Esser animato, immagine qualifiche in relatività con l'Essere ontologico. Quella interferenza Che Appare originariamente nel campo sacro del "Mithos" della Physis, ma anche si eventua in altri campi Quale la psiche o la Physis o la Koinè, disvela la ontologica tra l'Essere-sé dell'Esserci nel mondo el'esser differenza -Sé Quale Selbstsein: Nella storia del "Mithos" della Physis c'è sempre la trivarietà della Topologia dell'essere: Seyn, Daseyn, das Selbstseyn ove l'Esserci ol'Essere è indeterminato, ma sempre in relatività Quale Daselbstseyn: sempre Esserci nell'Essere-sè e nell'Essere al di là dal sé, dal Selbstseyn, senza paradossi di identità o di Principi logici di contradizione, anzi quelle evenienze non fanno Altro che confortare l'imperativo categorico del campo sacro del "Mithos" della Physis .
Pag. 12 L'interferenza di Quella presenza, indeterminatezza nel campo sacro del mito ontologico della storia mitika del "Mithos" della Physis da la misura dell ', dell'invisibile, dell'infinitesimale, dell'indicibile, dell'inaudibile, del bene e del male , ma anche della das Selbstsein dell'adilà del bene e del male, dell'aldilà del Mondo e del nulla, dell'aldilà del tempo e dello spazio, dell'aldilà della cronaca e della storia mitika, e dell'etica dell'adilà , dell'estetica dell'aldilà della guerra e della pace. Nell'interferenza ontologica Varietà Quelle sono solo episodi ed eventuali dell'immagine del campo sacro del "Mithos" che da la misura dell'Esserci Quale Essere-sé nell'Essere animato nel mondo animato, animata Nella Physis. La storia mitica del "Mithos" è creatrice di storia, non solo Nel suo campo sacro del "Mithos" della Physis, ma in generale e nel senso della globalità, Quale evento della nuova libertà: libertà d'Essere animata in qualità di Varietà della das Selbstsein: Esserci, Essere mitiko, Essere in relatività con l'Essere aldilà. La nuova libertà d'Essere animata è creatrice di storia del campo sacro del "Mithos" della Physis, ma anche di Quello immaginario, virtuale ortogonale,, metafisico influente nichilista, decostruttivo, ermeneutico, epistemico, etico, estetico, sinergetico. Il campo sacro del "Mithos" Quale storia sacra del "Mithos" della Physis Sarà così il Fondamento della nuova libertà: libertà d'Essere Contemporaneamente, Quale das Selbstseyn, Esserci, Essere alterità nell'aldilà, Essere mitiko dell'essere animato. Il Campo del Sacro Mithos così non è, l'unico, ma il più evidente Nella Creazione della storia, SIA Gestell, SIA Gegen-Gestell: o meglio, e di più, è il Gegen-Stell: l'impianto della storia mitika della Physis, struttura ontologica Che ci Viene incontro dall'adilà, dall'alterità, ma che ci in-contra nel sentiero dell'essere animato. Il Gegen-Stell, la sua struttura ontologica, è la metastabilità Che ci Viene incontro, Quale Presenza Che ci incontra nel campo sacro del "Mithos" della Physis per impedire il declino nel nulla, nel kaos, nell'abisso, nell'Abgrundseyn. La storia mitika Che crea la storia dell'immagine del mondo, è La presenza metastabile dell'aldilà, dell'alterità Che ci incontra sempre di fronte, per interferire nel declino, klinamen nel abissale della metafisica nichilista tramontante, eclissante. Ma affinchè appaia La presenza della storia del "Mithos" della Physis nel campo mitico interferente non è Sufficiente il sapere dell'Esserci e del mondo, MA L'indispensabile dispiegare il sapere dell'essere animato Che si eventua di fronte e ci incontra dall'alterità dall 'aldilà. Il campo mitiko della storia del "Mithos" della Physis si presenta nel mondo della storia solo Attraverso il sapere del Fondamento dell'essere animato, il Quale s'eventua sempre Quale interferenza Che ci incontra sempre di fronte, E Viene ad abitare Poeticamente il sacro campo della storia mitika dell'essere animato. Solo il sapere dell'essere consente di Essere sempre di fronte ed incontro all'Essere mitiko nell'equilibrio del campo sacro del "Mithos" che consentirà di decostruire e CREARE IL sentiero della storia del "Mithos" della Physis. Il sapere dell'essere mitiko si dispiega nel campo sacro del "Mithos" della Physis Quale Creazione della storia mitika del "Mithos", Che fondatezza da, getta nel mondo e nell'immagine del mondo mitiko le kategorie del "Mithos" e la verità dell'essere animato. Il sapere dell'essere mitiko Che ci Viene in-contro e ci incontra nel campo sacro del "Mithos" della physis, Quale sapere mitiko dell'essere animato, Nella getta che storia mitika del "Mithos" della Physis la sua creatività, la sua verità, la sua missione dell'Esserci, la sua immagine del mondo.
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Quella sapienza mitika dell'essere "Mithos" della Physis Che si eventua sempre di fronte, Quale Essere animato trascendente la semplice Volontà di Potenza Metafisica teokratica, o nichilista o sinergetica kosmica per dispiegare, nel campo sacro del "Mithos" che crea la storia sulla Volontà di verità del "Mithos", e sulla Volontà animata, o Volontà mitika della storia mitika. Mai Sarà animata una nuova ontologia, ma è già trascendenza e tramonto della metafisica nichilista, epistemica, Ermeneutica, paradigmatica Che disvela l'immagine del mondo Quale creatività dell'immagine della storia della globalità del mondo. La Volontà di verità mitika fonda la Teontologia, Quale sapere dell'essere animato nel campo sacro del "Mithos" che crea la storia del "Mithos" el'immagine della storia dell'Esserci globale del kosmo: la storia mitika della Physis Quale misura della Storia del mondo mitiko.
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Cap. 3 ^
UN "ATTRATTORE STRANO" Nella CRISI della Concezione PROGRESSIVA.
La ragione: il problema Fondamentale dei nostri tempi. Prima di Leibniz non esisteva una teoria dei fondamenti della Ragione: il primo assioma logico dei fondamenti della razionalità moderna è rinvenibile Nella frase leibniziana: "nihil est sine ratione", niente è senza ragione ovvero nessun ente PUÒ esistere senza un Fondamento, senza una razionalità . Metafisica Ma quando si opera l 'oltrepassamento della E QUANDO si attua la "differenza ontologica", e ancora Fondamentale quell'assioma leibniziano e, successivamente, hegeliano? Le conoscenze razionali sono confutabili SIA Attraverso la messa in crisi dei fondamenti SIA Attraverso la costruzione di una metafisica Che pone ai fondamenti originari dei Problemi irrisolvibili, aporetici e paradossali. La logica è entrata in crisi irrimediabilmente. Tale crisi già era, in origine, permanente? La risposta è forse rinvenibile Nella contrapposizione Che Heidegger instaura tra il "nihil est sine ratione" leibniziano e A. Silesio per cui "la rosa è senza Perché, poiche Fiorisce di sé, non gliene cale; CHIEDE non vista d'essere". Ora, Di queste contemporaneità, sorgenti in simultanea, tra nascita dei fondamenti e crisi degli Stessi è intrisa la storia della ragione. E 'la storia della logica Che si ripete E che si ritrova ad un bivio, ad una biforcazione. Fin dall'origine, Nella Logica è presente questa biforcazione o "ontologica differenza" originaria: Quale Coesistenza di causa "logos" dell'ente e l'eristica Quale dinamica interna, dis-Cordia dell'ente. Il problema del tramonto dell'Occidente, la tematica della crisi delle civiltà, delle ideologie, dei sistemi: risonanza di un problema più Essenziale, Quello della crisi dei fondamenti, del Fondamento della ragione. C'è una Contemporanea Necessità di Comprendere, riflettere sulla natura, sulla sua ipotetica e reale crisi irreversibile. Se problematica simile è intrisa di Paradigmi letterari e filosofici o in crisi o neo-metafisici è forse enunciabile una tematica nuova Che Dovra Essere poi fusa con la teoria della crisi? Il motto di Windelband va Preso sul serio: «Comprendere Kant, significa andare oltre Kant». DOBBIAMO dunque chiederci in cosa consista propriamente Che lo Sforzo di «andare oltre Kant». Una risposta Che tipo di dati è Stata, è rinvenibile NEGLI atti di una celebre Controversia filosofica, ossia Nella storica e definizione sistematica del neokantismo Che Martin Heidegger fece valere nei Confronti dell'ultimo Rappresentante della Tradizione neokantiana - Ernst Cassirer - a Davos nel 1929.
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Intorno al 1850 La situazione E che racconto tanto le scienze dello spirito Quanto quelle della natura Hanno Preso Possesso della totalità del conoscibile, per CUI Sorge La questione: che cosa rimane ancora alla filosofia, se la totalità dell'ente è Stata spartita tra le scienze ? Le rimane solo la Conoscenza della scienza, non la Conoscenza dell'ente, e questo punto di vista è determinante per il ritorno a Kant. Di conseguenza, Kant Stato è visto come teorico della Teoria della Conoscenza Fisico-Matematica. La Teoria della Conoscenza, questo Stato è l'aspetto sotto il Quale si è visto Kant. ANCHE IL Husserl Tra il 1900 e 1910 in un certo senso è caduto Nelle braccia del neokantismo (M. Heidegger, Kant e il problema della "Metafisica"). Propone una Definizione similitudine una diagnosi esatta: è verissimo Che alla Costituzione del neokantismo contribuisce Il Mutamento dello status della filosofia, Sviluppo singolo racconto non sottrae alla filosofia tradizionali ambiti di sua competenza, ma al tempo stesso la spinge ad assumere Il ruolo di "scienza della scienza ", ovvero - al di là della Formulazione di sapore fichtiano di riflessione Sulle forme e le strutture conoscitive Attraverso le qualifiche si costituiscono le diverse Regioni del sapere ei Diversi Livelli dell'oggettività: come dice Heidegger,« la Conoscenza della scienza, non la Conoscenza dell'ente ». Qui si coglie l'inadeguatezza della Definizione di Heidegger: non è affatto vero, cioè, Che «Kant Stato è visto come teorico della Teoria della Conoscenza-fisico» matematica. Ma non si Dovrebbe mai dimenticare Dall'inizio Che peccato, basti pensare uno Lange, l'immagine del neokantismo come di una "grigia" Teoria della Conoscenza Storicamente è parziale e non Conto da, di Ciò che tutto il neokantismo Volle Essere e di Fatto fu: una filosofia sistematica della cultura o, come dirà Cassirer, delle «forme simboliche» in CUI SI ARTICOLA la cultura. Nella polemica di Heidegger alla Quale si sono richiamati Invece MOLTI Studi recenti Comporta un rapporto molto più stratificato con Kant, non solo con il Kant della Critica della ragion pura, ma anche con Quello della ragion pratica e - Soprattutto - con il Kant della Critica del Giudizio Da qui il peculiare giudizio su Nietzsche formulato da Carnap nell'opera proprio in CUI Egli compie la famosa analisi di Was ist Metaphyisik? (1929) di Martin Heidegger. Scrive Carnap in «Logiche Überwindung der Metaphysik durch Analyse der Sprache» (1932): «La nostra congettura, secondo la metafisica non CUI SAREBBE Altro che un surrogato, e per di più insufficiente, dell'arte, pare Confermata anche dal Fatto Che proprio Il metafisico dal più forte temperamento artistico Che FORSE SI SIA mai dato, cioè Nietzsche, ha commesso meno di tutti l'errore di commistione quella. La Maggior parte delle sue opere ha un prevalente contenuto empirico, vi si tratta, per esempio, dell'analisi storica di determinati fenomeni artistici, ovvero dell'analisi storico-morale della Psicologica. Tuttavia, nell'opera in CUI Egli esprime con la massima Efficacia Ciò che altri dicono per mezzo ossia della metafisica o dell'etica, in Così parlò Zarathustra, non sceglie l'Equivoca forma TEORETICA, ma si decide apertamente per la forma dell'arte , la poesia »(trad. it.,« Il Superamento della metafisica mediante l'analisi logica del linguaggio », in Il neoempirismo. Il rapporto fra Carnap e Heidegger è molto più complesso di Quanto comunemente non si creda. Recentemente è Stato riesaminato Soprattutto da M. Friedman in Parting of the Ways A. Carnap, Cassirer e Heidegger, OpenCourt, Chicago & La Salle
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Colmo Divario racconto felicemente il matematico e filosofo Henri Poincaré, una specie di Kant liberato dai rimasugli della scolastica medievale e sino con il Crisma della scienza moderna. Parrini, «Sulle vedute epistemologiche di Enriques (e di Croce)», Rivista di Storia della filosofia. Quelli che passeranno a Vienna e diverranno esponenti di punta del Verein Ernst Mach (Schlick e Carnap, Reichenbach diventerà la figura propulsiva della Gesellschaft für Philosophie empirische (poi di Hilbert, Gesellschaft fu wissenschaftliche Philosophie). SI TRATTA di ELABORARE una posizione di tipo empiristico, il convenzionalismo di Poincaré, in grado di Evitare gli eccessi del sensismo di Mach senza per questo sconfinare in Posizioni kantiane e neokantiane come quelle sostenute da Cassirer. I campi dei fondamenti della geometria, della logica e della fisica matematica: una profonda TRASFORMAZIONE della Concezione kantiana dei Principi sintetici a priori: Principi Che sono necessari, certificati e non rivedibili ma altresì APPLICABILI al mondo naturale Dato Nella nostra esperienza sensibile. Le rivoluzioni Nella matematica e fisica matematica Nella Hanno mostrato Che nessun principio del genere è stabilito in modo assoluto una volta per tutte. Principi tipicamente non empirici, i Quali, Nonostante la Loro Tendenza ad andare Soggetti uno revisione in periodi di profonde rivoluzioni concettuali, sono in Ciascun momento costitutivi della intelaiatura della Ricerca nelle Scienze Naturali delle regole del gioco. Principi vigenti al momento Che la Conoscenza scientifica DEVE La sua validità oggettiva e la sua comunicabilità intersoggettiva. Nuova Concezione Che Possiamo Chiamare i Principi a priori relativizzati (relativizzata principi a priori) e di descrivere in modo dettagliato come SIA possibile l'esperienza scientifica oggettiva. Che lo sottende L'idea di un a priori relativizzato il Quale struttura gli avanzamenti empirici della scienza naturale riveste una rilevanza filosofica centrale. Riflesso contemporaneo Nella Concezione di Kuhn delle regole o 'Paradigmi' Che definiscono un dato di 'scienza normale'. Non è forse Necessario Intraprendere una vera e propria "ontologia del tempo" prima, e poi Creare e / o esplicitare l'ontologia del tramonto? SE NON ESISTE un'ontologia del tempo come si fa ad Individuare un'ontologia del tramonto o della crisi al di fuori ed al di là della "Metafisica del tramonto? Potrebbe essere utile Procedere verso un'innovazione teorica, per Individuare Una soluzione del problema del tramonto, Attraverso l'uso Che è Stato Fatto dell ' "attrattore strano" di Lorenz per la crisi delle scienze. SI PUÒ quasi concepire il problema strano del tramonto come l'evidenziarsi di un "attrattore" Possiede Che in sé i limiti del Suo dispiegamento ma che procede Seguendo una direzionalità verso un itinerario, abissale forse, DI CUI non conosciamo ancora perfettamente e gli esiti possibili . In breve: si conosce quasi perfettamente il confine del problema ma è ancora impossibile percepirne il percorso, prefigurarne futuro l'itinerario. Se non sarà possibile Individuare un itinerario da "attrattore strano" Nella temporalità, allora, in assenza di altri Paradigmi si tornera ad una visione ciclica e mitica Giacchè pare irreversibile la crisi della Concezione progressiva.
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Cap. 4 ^
TEMPORALITA 'LINEARE ed "Immaginaria"
La visione del tempo è enucleata nell'elaborazione scientifica del tempo ovvero da un'elaborazione linearizzata del tempo. Con l'introduzione delle macchine, ma anche la linearizzazione del Concetto di tempo cambia o si evolvono: invece di Essere Diviso in parti dovute, il "tempo" Viene investito Nella sua natura Essenziale da un Meccanismo tecnologico Che ne incrementa differenzialmente le POTENZIALITA e le valenze. Il problema del "valore" Concezione del "valore". La teoria del "valore" c'è tutta la visione lineare e positivistica del tempo se fino agli anni'60 ha funzionato, Dopo, con l'Irruzione delle Nuove Tecnologie è entrato in crisi. Non è forse un pò datata e coeva alle teorie ottocentesche la visione linearizzata del tempo? E peraltro Ogni Tentativo di Uscire da questa gabbia della temporalità lineare non fa ricadere Chiunque Nella visione ciclica e mitica del tempo? Perchè il Dibattito sul problema del tempo che la filosofia, la scienza nonchè la moderna letteratura (Proust), Nell'ultimo secolo ha Elaborato non è entrato in Connessione-collusione col paradigma temporale soggiacente nella "teoria del valore"? Richiamare bene E 'tre passaggi dell'epistemologia sul tempo, condensabili in tre figure di pensatori: Bergson, Heidegger, Hawking. E 'di Bergson La nozione di fondata nel tempo sulla metafora dello srotolamento del passato verso il rotolamento del futuro; di Heidegger è possibile richiamare la metafora del sentiero Che montagna sulla vendita: Ad ogni curva pare Che torni il sentiero verso il passato ed Sta. Invece per risalire sul Vertice del futuro. A causa CI portano uno rappresentare una visione della temporalità "altra" Quella da lineare: si passa da Un'immagine bidimensionale dell'800 ad una tridimensionale ove la visione lineare è semplicemente un aspetto particolare Queste. Euclidee Qui c'è lo stesso passaggio verificatosi Quando la geometria euclidea fu superata dalle geometrie lobacewskyane o iper-euclidee o non, c'è lo stesso passaggio di Copernico Quando scopri la non realtà delle teorie tolemaiche. Aspetti della ricerca epistemologica, Filosofia della Conoscenza, Filosofia della Scienza, Stessa Nella scienza. Il Tentativo di assorbire integralmente la filosofia Nelle scienze trova la sua principale ragion d'Essere NEGLI Sviluppi del sapere scientifico Nella Tendenza ad occupare spazi tradizionalmente riservati alla filosofia. I recenti Sviluppi post-positivistici tanto della Filosofia della Scienza della Filosofia della Conoscenza, o dell'intersezione Fra queste Nell'ambito delle scienze, ma anche di rimpiazzarla con l'Ermeneutica, come e Stato proposto da Rorty sulla base della sua critica alle concezioni gnoseologiche di tipo realistico e fondazionalistico. Aristotele »diceva dell'essere si parla in tanti modi ed Essere Alcuni paiono ancora utili e sensati.
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Aspetti della ricerca epistemologica, Filosofia della Conoscenza, Filosofia della Scienza, Nella scienza stessa. Il Tentativo di assorbire integralmente la filosofia Nelle scienze trova la sua principale ragion d'Essere NEGLI Sviluppi del sapere scientifico Nella Tendenza ad occupare spazi tradizionalmente riservati alla filosofia. I recenti Sviluppi post-positivistici tanto della Filosofia della Scienza della Filosofia della Conoscenza, o dell'intersezione Fra queste Nell'ambito delle scienze, ma anche di rimpiazzarla con l'Ermeneutica, come e Stato proposto da Rorty sulla base della sua critica alle concezioni gnoseologiche di tipo realistico e fondazionalistico. Aristotele »diceva dell'essere si parla in tanti modi ed Essere Alcuni paiono ancora utili e sensati. In nuce c'è qualcosa Che Possa approdare ad una nuova visione della temporalità? La visione del tempo lineare Dipende Dalla Possibilità di calcolare, con i numeri reali, un segmento e / o una linea retta. Ma quando Vengono scoperte altre teorie di numeri non reali ma Nello stesso tempo razionali e naturali anche La possibilità di calcolare un tempo non lineare diventa un gioco. Hawking verso la metà degli anni '70 elaborò, Attraverso i "numeri immaginari", la teoria del "tempo immaginario". I "numeri immaginari", si sa, sono perfettamente numerabili, calcolabili anche se non commensurabili con le altre teorie numeriche (numeri "reali", "naturali", "irrazionali "....) Nell'estate del 1995 a Firenze, S . Hawking ha capovolto la visione: da singolarità dello spazio implosivo del cosmo, una singolarità gettante energia continua nell'universo antientropica ed. Quale paradigma si è eventuato? Un modello spaziale delle singolarità spazio-temporali o singolarità cosmiche virtuali dell'ipospazio nell'iperspazio temporale.S.Hawking ha disvelato nell'abisso della spazialità relativistica einsteiniana, l'ipospazio soggiacente Che non è un "nulla" o un "niente", ma una "superentità" della ipospaziale topologia fluttuante.Nel modello matematico proposto da Hawking, le parti stabili delle singolarità cosmiche s'immaginano instabili, per la nota teoria dell'indeterminatezza di Heisenberg: non si potra mai sapere con assoluta precisione, pur disponendo della Migliore thecnè "futuribile, Quale status possiedano le particelle elementari ai confini dello spazio vuoto: se statico e impermeabile Percio A qualsiasi fenomeno di attraversamento quantico, o instabile ed" ek-statico "e Pertanto vibrante di gettatezze singolari, strane o virtuali. Tra le tante possibili o probabili o immaginarie o virtuali Alcune omologhe e coerenti e simmetriche o asimmetriche o super-simmetriche: tant'è Che nell'ipospazio soggiacente, esisterà Almeno una superstringa di particelle virtuali o superonde fotoniche o gravitoni, Capace di Attraversare l ' Orizzonte degli eventi da uno spazio-tempo ad un altro: e, per simmetria, sara anche non impossibile il chiasma ipospaziale della super-stringa cosmica. Getti quantici instabili e virtuali, se simmetrici, creeranno un campo gravimagnetico implosivo; se asimmetrici, un campo di fissione esplosivo estatico: genesi, dal "nulla" o dal "niente" o dal "nihil" cosmico, della materia o antimateria virtuale: singolarità dello spazio-, tempo quantistica della relatività cronotopie. Sarà così? Nessuno, forse per qualche secolo potra Rispondere a similitudine domanda cosmica, ma, analizzando con Maggior Attenzione, il modello topologico di S. Hawking Alcune Illuminazioni per eventi Fondamentali della fisica sono possibili. Di tanti, sono qui enunciati solo Alcuni, forse non d'immediata temporale Necessità, ma in futuro, dotati di qualità virtuose essenziali.Il chiasma ipospaziale PUÒ Essere immaginato stabile e statico o instabile ed estatico, o strutturalmente stabile ed estatico.
Pag. 19 Le graviquantiche curvatura dello spazio-tempo circondanti si inabissano in singolarità ipospaziali virtuali: Tali da Creare una curvatura positiva circolare e simmetrica alla Corrispondente biunivoca: una superstringa infinitesima Quantica e di dimensioni prossime alla costante di Planck (10 Elevato -35). La virtualità ipospaziale dara alla luce una stringa cosmica ove il flusso di materia o antimateria virtuale ellittica o spiralica, si configurerà Quale campo soggiacente l'ipospazio Virtuale. La superficie gravitazionale dell'universo s'increspa in negativo, secondo il ritmo dei numeri immaginari coniati da Hawking, fino a disvelare nell'ipospazio soggiacente, le superstringhe morfogenetiche del campo graviquantico: se simmetrico implodente, se uno spin asimmetrici Virtualmente aggettante nuova energia nell'universo, tanto da Generare nuovi, o in passato, big-bang. Per super-simmetria la stringa ipospaziale s'inabisserà nell'ipercronotopia, tanto da convergere verso la simmetria vicina, o lontana, anni luce.Si eventuerà un chiasma ipospaziale, morfogenesi virtuale e di altri multiversi singolari o strani o immaginari.Se la scienza non ci inganna, e le riflessioni di Hawking sono dense di pregnanza e salienza, siamo di fronte ad un evento della visione del kosmos sconvolgente e paradigmatica al tempo stesso, Capace di relegare uno Particolarità divertenti, tutte le teorie precedenti. Ma anche pregnante talmente da disvelare modelli nuovi, utili per dispiegare gli eventi immaginati da Hawking e svelare salienze ed inaudite ancora inimmaginabili.Là si disvela un modello metabolico cosmico Che s'eventua dal nulla, o dal nihil, virtuale ma che forma un chiasma uno Stringa immaginaria, e in generale delle Nazioni Unite ipospazio virtuale immaginario.Sarà Quella morfogenesi cronotopica uno stabilizzare un campo gravi-quantico estatico o pregnante di gravità quantistica.In Quella supersimmetrica singolarità, le dovute singolarità cosmiche Saranno forse eternamente intangibili, statici, o supergravità delle cronotopie Periferiche , ma generanti un campo ipospaziale comunicante e fluttuante e aggettante materia ed antimateria, particelle virtuali e strane, galassie e universi.Per conferire rigorosità e bellezza ad un simile modello di singolarirà virtuale ipospaziale, è possibile inscrivere quel paradigma descritto con i numeri immaginari in Varietà topologiche o meglio in trivarietà.Il doppio chiasma ipospaziale virtuale, Sarà una bivarietà ove s'inabissano le Polarità estreme ed Inferiori, Quando le pareti si disvelassero instabili, un indeterminato ed ekstatiche.La bivarietà virtuale immaginata da Hawking si inabissa nell'ipospazio d' toro topologico attraversando una stringa cosmica, anch'essa formata da una bivarietà topologica.Nella supersimmetria immaginata da la doppia bivarietà toroidale si disvela Quale singolarità virtuale del chiasma, Hawking topologico. Ma Quel che Appare alla nostra visione non è Altro che una composizione frattale della trivarietà ove le singolarità spazio-temporali possono disporsi Nella più assoluta libertà universale cronotopia Nella, senza alcuna Stabile coessenzialità temporale e spaziale, da favola e molto apparire le singolarità kosmiche singolarità uniche inequivocabilmente nell'universo Distinte, ma in realtà ben inserite nel campo graviquantico Attraverso l'ipospazio virtuale di SH Se quel paradigma è pregnante in macro nel cosmo, nel Altrettanto Sarà micro, tant'è Che non sarà tanto difficile immaginare stringhe micro Nella regione di Planck, ma supersimmetriche alla ipospazialità di Hawking. Sarà bene riflettere sulla cronotopia virtuale creata Hawking e ben disvelata dal modello topologico della trivarietà.Quindi Hawking ci fornisce, per la prima volta, La possibilità di calcolare una temporalità cosmica non lineare E quindi ci dischiude una visione della temporalità "altra" dai Paradigmi delle narrazioni dell'800. Se la scienza e la filosofia Hanno Elaborato una formalizzazione della temporalità diversa.Quel Che ci Appare in luce ed in modo dispiegato fu presente, in nuce? Prima, però, un Raffronto tra la visione temporale lineare e la tridimensionalità del "tempo immaginario".
Pag. 20 Mentre la classica visione del tempo procede per Spostamenti progressivi e lineari Come se fosse una freccia (la famosa freccia,, del tempo), l'evoluzione del "tempo immaginario" si dispiega Nella superficie di una sfera, sorge da un polo "immaginario" (il nord) raggiunge l'Equatore e si chiude in un polo, di linee congiungenti, "immaginario" (il Sud). Se si pongono Le Due diverse interpretazioni del tempo in relazione, si comprende come c'è una Convergenza ma anche una biforcazione nel percorso. Ora, se il "valore" Dipende da un "tempo" lineare, Che tipo di "valore" esisterà Qualora lo si volesse calcolare Attraverso l'interpretazione del "tempo immaginario"? SE ESISTE un'evoluzione Nella Concezione del tempo, ne esisterà un'identica Nella Concezione del "valore"? Ovvero se ESISTE un "tempo immaginario" esisterà un "immaginario valore"? Ci siamo trovati di fronte uno questo tipo di problema di alta innovazione tecnologica e scientifica e di fronte A questo dilemma, Venga determinato da un "immaginario valore" non quantificabile. Ora i sistemi di software, di alta tecnologia e di comunicazione planetari Prevalentemente dipendono dal "sapere", è possibile Che esista un "immaginario Valore" non ben definibile e quantificabile ma che "muove" le sorti del sistema-mondo? Forse la teoria del "valore" Dovra Essere integrata Dalla sommatoria tra il "tempo lineare" il più "tempo immaginario", una struttura siffatta portera ad una somma del "valore" Originario più il "immaginario valore" della teoria del "tempo immaginario" di Hawking. SI PUÒ Costruire una teoria non più dipendente Dalla semplice nozione di "valore" ma semmai arricchita dalla Nuova visione del "Valore immaginario". Si potra stabilire un'evoluzione della stessa nozione, qual calcolo di un segmento di una retta euclidea, Quale calcolo differenziale di una retta, fino a scoprire e / o Inventare un "valore immaginario" calcolabile Quale tridimensionale di una superficie sferica Varietà. Quindi il "valore" avrà in sé una trivalenza Chiaramente mutuata da una differente compresenza della temporalità: alle classiche dovute "assoluto" e "Relativo", si aggiungerà Quella nuova (naturalmente da Rendere suffragabile dal consenso della comunità scientifica) denominabile in "valore immaginario". Nel calcolo Sarà possibile Aggiungere anche il "Valore immaginario" E quindi la teoria del "valore" non risulterà più inficiata da inconcludenze teoriche: così come un ESISTE "immaginario valore". E 'un investimento iniziale Che Verrà ad Essere messo in atto PER PRODURRE e procurare le risorse scientifiche Intellettuali e Sistemiche SIA Perché il "variabile" il Che "costante" Passano entrare in sinergia ed armonia.
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Cap. 5 ^
CRISI dei FONDAMENTI, "Zeit-Raum": CAOTICA la TEMPORALITA '.
Un'espressione, divenuta molto familiare, attraversa la cultura in generale: "è un caos". Qualche volta è sinonimo di confuso, qualche altra volta di coacervo di fenomeni o Viene usata per definire una Situazione ingovernabile, conflittuale fino agli ultimi termini ed incapace di una qualche Stabilità certa. "Caos E 'un" è un'espressione Che Viene usata per esprimere la Dissolvenza di una qualche identità, telos, lineamenti e fondamenti e sta per "non Certezza nessuna ESISTE, finalità, non c'è nessun Fondamento". "Emerge con precipitazioni diffuse, una rilevanza culturale, filosofica e scientifica l 'episteme" a causa di congetture: la più originaria PRENDE spunto Dalla dialogia tra apollineo e dionisiaco ove Ogni sapere, ogni senso non ritrova più in sè e fuori di sè le coordinate Fondamentali: Il mondo è Dominato da un'instabilità permanente, caotica appunto; Il senso della temporalità, in questa visione, avverte il declino della SIA SIA linearità della ciclicità senza un dispiegamento, però, di Un'interpretazione verso altre forme della Conoscenza e del sapere: il Senso di questa congettura rimane sempre al di qua del senso caotico contemporaneo. Roberta Lanfredini nei materiali approntati per il Corso di Perfezionamento in "Epistemologia teorica e applicata nel testo" Dall'empirismo logico all'epistemologia odierna " afferma: "L'ideale GENERALE E Racchiuso chiave nell'espressione" filosofia scientifica ", una espressione dell ricorrente sempre 'Empirismo logico. Ecco come Kuhn delinea l'ideale di una filosofia scientifica: "Noi tutti eravamo abituati Stati uno credere, in maniera più o meno assoluta, in una versione o nell'altra di un complesso tradizionale di convinzioni. La scienza procede dai fatti Forniti dall'osservazione. Questi fatti sono oggettivi nel senso Che sono interpersonali: tutti gli Osservatori umani normalmente dotati possono accedervi e non possono dubitarne. Certo, prima di diventare Poter dati avrebbero dovuto Essere Scoperti, e la Loro scoperta richiedeva Spesso l'invenzione. Il Bisogno di scoprire i fatti non era Però Considerato una Minaccia alla Loro autonomia. Il Loro lo status di punto di partenza oggettivo, disponibile a tutti, rimaneva salvo. Questi fatti Vengono prima delle leggi e delle teorie scientifiche alle qualifiche forniscono i fondamenti E che sono, una volta loro, la base per la spiegazione dei fenomeni naturali. Al contrario dei fatti su CUI si basano, leggi queste, spiegazioni e teorie non sono semplicemente data. Allo Scopo di trovarle Occorre Interpretare i fatti - leggi escogitare, teorie, e spiegazioni per aderire ad ESSI
Pag. 22 E l'interpretazione è un processo, per niente uguale per tutti: CI SI PUÒ aspettare Che si interpretino i fatti in maniera diversa, Che si escogitino leggi e teorie diverse. Costruiti in modo Diversi QUESTI processi costituivano Ciò che è denominato metodo scientifico ". La riflessione sulla attività scientifica delineata da Kuhn è Stata denominata da Putnam "Concezione Standard" dell'epistemologia. E che il punto Quella Stessa Concezione è Stata drasticamente messa in crisi. "A tutti noi - continua Kuhn - ERA STATO insegnato qualcosa del genere, Dopo secoli di Sforzi, non si Stava rispondendo alla cura. In primo luogo i fatti, frutto dell'osservazione, sono risultati modificabili. I risultati differivano tra loro, anche se mai di molto. E queste Differenze bastavano Spesso uno influenzare i punti cruciali di Un'interpretazione. Inoltre i fatti non risultavano mai Essere semplici fatti, indipendenti da convinzioni e teorie ESISTENTI. Produrli richiedeva un apparato Che dipendeva Dalla teoria, Spesso Dalla teoria Che gli esperimenti avrebbero dovuto sottoporre uno controllo. In queste circostanze gli Individui Fedeli uno uno oa Un'altra interpretazione uno volte difendevano il proprio punto di vista in modo Che violavano le Norme di comportamento professionale. Non mi riferisco in particolare all'imbroglio ma all'incapacità di Riconoscere scoperte Che andavano controcorrente, alla Sostituzione della Argomentazione personali con opinioni e ad altre tecniche del genere, non Invece Che sono stato affatto rare. (Critica contro Dogma, pp.161-163). Il termine CUI la strada percorsa dalla Nuova Epistemologia conducono E il Relativismo (non ESISTONO ipotesi teoriche più giustificate di altre, non solo non ESISTONO giustificazioni nel senso forte del fondazionalismo, ma non ESISTONO Nemmeno ragioni nel senso debole Dell'Anti-fondazionalismo; ragioni, cioè, relativizzate e contestuali: è questo il senso del famoso motto feyerabendiano "anything goes"); il soggettivismo (Qualsiasi ipotesi, lungi dall'essere verificata o falsificata da asserzioni empiriche, si autoconvalida autocertifica e, in un processo circolare irrimediabilmente: è questa La tesi del carattere dell'osservazione teoria carico); l'irrazionalismo (se è vero Che non ESISTE una base osservativa neutrale e stabile su cu EDIFICARE le nostre teorie, Qualsiasi scelta fra ipotesi alternative teoriche o, più in generale, fra programmi di ricerca alternativi, è Destinate irrimediabilmente, ad una sostanziale arbitrarietà: è questa la tesi della incommensurabilità) ". La seconda congettura, Viene alla luce Nella matematica con la "teoria del caos". C'è una qualche corrispondenza tra queste congetture e quel senso impalpabile Appena descritto, si puo stabilire una qualche Connessione tra i vari sensi del "caos" e / o definire Che cosa SIA questo "senso del caos"? Si evidenzia la Necessità di stabilire una minima Considerazione sull ' "ontologia del chaos", sul senso in sè del "caos", sua influenza sulla cultura Nella. Joyce col suo ossimoro "Caosmo" volle definire un senso Che Fosse, Nello stesso tempo, un "cosmo" Ordinato non e non prevedibile; questa parola vuol dirci Che l'antica distinzione tra ordine e disordine, Cosmo "tra" e "caos" , Ordinato tempo tra tempo e disordinato, possono Trovare un punto di fusione nell'essenza del "Caosmo" ovvero in un "cosmos" ove non regna più la simmetria Apollinea ma fa da padrona l'Assimetria dionisiaca.
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Nello stesso tempo quell'assimetria dionisiaca non si trova Però iscritta in una temporalità ben Definita, con un orizzonte degli eventi, dei limiti ben evidenziati; tant'è Che è impossibile Uscire da Quelli se non in una sorta di "de-lirio" e di "sub-limen" cioè di un andare oltre la linea dell'orizzonte E quindi in un altro mondo "caos-cosmo". Il "caos", Quando lo si contrappone al "cosmos" diviene sinonimo di fenomeni incomprensibili, indecidibili; Quando si trova un punto di fusione col "cosmos" l ' "ontologia del chaos" non fa altro Che dispiegare luoghi e Regioni dello spazio - Tempo ove gli eventi appaiono disordinati, incomprensibili, indecidibili nel piccolo ma in una dimensione diversa appaiono in una prospettiva differente Dalla precedente ma non per questo incomprensibili. Forse il "chaos" è compresente in tutte le dimensioni dell'universo ed Appare incomprensibile per la razionalità, per il sapere ed il calcolo. Ma quando l'Osservatore Lascia che il "caos" vinca le sue battaglie In quella dimensionalità e si sposta verso una dimensione "altra", il "caos" cessa di Essere racconto per rivelarsi Nella sua armonia e bellezza simmetrica. "Si PUÒ definire l 'ontologia del chaos" Quale rappresentazione dell'essenza delle cose Nella propria dimensione non delineata da nessuna cultura, razionalità, calcolo. Perchè il "caos" Possa Essere Considerato un oggetto di osservazione, quindi, SI DOVRA Trovare una soggettività visiva Che ne delimiti l'orizzonte, il senso e la forma. Parrini scrive: "Se Dio è morto, allora tutto è permesso". Se si prescinde da un qualche punto di riferimento assoluto, non risulterà impossibile effettuare una Qualunque gerarchizzazione oggettiva del Valore delle nostre Affermazioni, scelte, azioni e Comportamenti? Se Dio è morto gli imperativi morali non sono Che la codificazione di Reazioni emotive di preferenze personali. Nessun'azione è di per sé Stessa buona o cattiva, giusta o ingiusta. La Varietà e la contraddittorietà dei giudizi conducono in maniera abbastanza naturale all'idea secondo la Quale - come si canta Nella Dama di Picche - Il "Bene e il Male sono sogni vani". Qualcosa d'análogo nel caso Che qui c'interessa, il nichilismo epistemologico o conoscitivo. Se entra in crisi la credenza in uno standard assoluto di verità e falsità, il primo è Esito Quello soggettivistico. Si rifiuta l'idea o di una realtà in sé trascendente il processo conoscitivo, o di un 'occhio di Dio', o di una soggettività trascendentale autofondantesi, o di fatti ed esperienze non contaminare da 'soggettivi pregiudi-zi'. L'espressione coniata da Goldman (conoscenze in un mondo sociale, Clarendon Press, Oxford, 1999). Da questo soggettivismo al nichilismo aletico il passo è breve. Se "tutto SI PUÒ Interpretare SI PUÒ E così anche Interpretare viceversa" - SI CHIEDE Knecht nel Gioco delle perle di vetro - non é necessário concludere "una ESISTE Che non dissacrazione verità "? Come sottrarsi alla '' nietzscheana del Vero, all'idea tanto citata Che la verità è solo un" mobile esercito di metafore sul fronte della storia "? Nei campi dell'ermeneutica, della filosofia e della storia della scienza, della teoria della Conoscenza.
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Si è esaltato la concinnitas della Difesa nietzscheana del 'prospetticismo'. Dice Nietzsche, anche Posto che la riconduzione della verità uno interpretazione "Fosse Soltanto Un'interpretazione - e voi sareste abbastanza solleciti dall'obbiettarmi CIO - ebbene, tanto meglio". La verità e le sue diramazioni Molteplici teoriche (Conoscenza della natura, realismo metafisico, Relativismo, fondazionalismo, immanentismo) e disciplinari (l'annosa Questione dei rapporti fra i 'saperi' di tipo positivo e le pratiche interpretative). Mostra come analisi dettagliate del tipo 'o tutto o nulla': o Possiamo fondare le nostre pretese di verità sulla corrispondenza fra esse e una realtà in sé, oppure tutte le opinioni Hanno lo stesso Valore cognitivo; o le nostre ipotesi e teorie sono univocamente determinato Dalla logica e dall'esperienza, oppure sono prive di Ogni cogenza logica ed empirica, o si danno fatti al di fuori di Ogni interpretazione o non vi sono fatti ma solo interpretazioni. Babette E. Babich, Nietzsche's Philosophy of Science "La stilistica musicale di Nietzsche: come scrivere una filosofia della scienza". La riconduzione nietzscheana della verità è Stata recentemente criticata Attraverso la contrapposizione ad essa di quelle concezioni che, da Aristotele uno Lorenzo Valla, Hanno incluso la prova nell'armamentario retorico. Perché Soprattutto interessati uno manipolare il consenso scientifico per il proprio (creduto Purtroppo troppi personaggi, più o meno 'blasonati', che, un po 'per irrimediabile' impotenza teorica ', un po') tornaconto, Continuano uno incorrere in Quello che De Libera ha chiamato "il più grande peccato dello storico": il peccato di omissione "Se non gli è possibile dire o sapere tutto, non DEVE Però tacere nulla di ciò Che sa". In "Crisi del fondazionalismo, giustificazione epistemica e natura della filosofia" Intendo Mostrare come il Riconoscimento della crisi delle Epistémologie fondazionaliste Debba non necessariamente accompagnarsi o alla riconduzione dell'epistemologia uno una branca delle 'Scienze dei fatti' o, rortyanamente, uno un abbandono del progetto epistemologico in please dell'ermeneutica. SI PUÒ Tenere ferma l'idea della crisi dei fondamenti della Conoscenza senza accettare Le conseguenze antifilosofiche Che Alcuni ne Hanno tratto. Più precisamente, si puo accettare l'antifondazionalismo senza per questo Sentirsi obbligati uno rinunciare all'elaborazione di una teoria della Conoscenza che, da un lato, eviti la deriva del relativismo radicale e, dall'altro, Tenga Conto dei risultati delle scienze senza appiattirsi Su di esse perseguendo l'obbiettivo di un'epistemologia integralmente 'naturalizzata'. Conseguenza Che finisco per ricordare più gli studiosi da CUI mi sono pervenute riserve Che non Quelli Che Hanno Soprattutto espresso consenso e interesse (penso in particolare uno Rosaria Egidi, Massimo Ferrari, Sergio Givone, Alfonso Ottobre, Alessandro Pagnini, Michael Stöltzner, Thomas Übel, e Gereon Wolters. Nelle mie Intenzioni, Dovrebbe Ciò molto meglio Comprendere Quale via per la Combinazione '' teorica fra la Concezione qui difesa della verità oggettiva el 'affermazione del carattere contingente della sintesi conoscitiva Possa accogliere MOLTI aspetti dell'antifondazionalismo e del postmodernismo senza arenarsi Nelle secche del relativismo Radicale. "Epistemologia ed Ermeneutica" estendo il discorso di Conoscenza e realtà, cercando di vedere se, ed eventualmente in misura Quale, Concezione Genio della verità e dell'oggettività Possa Essere applicata anche alle cosiddette scienze interpretative.
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Temo Che come tutti i lavori in CUI si cerca di gettare 'ponti' fra tradizioni di pensiero diverse, anche questo SIA Destinate ad Incontrare MOLTI ostacoli ea provocare lo scontento di tutti, dei 'pluralisti' e dei 'monisti', ermeneuti degli '' e degli 'scientisti', analitici degli '' e dei 'continentali'. Nella speranza di Ridurre al minimo precipitosi Atteggiamenti pregiudiziali vorrei sottolineare ancora una volta Che il saggio intende Avere un carattere aperto e problematico come suol dirsi '' ''. In particolare tre nuclei tematici: l 'esplicitazione del Concetto di fondazionalismo epistemologico, il rapporto fra la' filosofia positiva ', lo scetticismo e il realismo metafisico; positiva le effettive Possibilità della' filosofia 'di porsi come una terza' via 'Tra Le posizioni Estreme ora del realismo metafisico e del relativismo radicale, fra l'ora della ermeneutico Quello Esito 'scientista' e '' crisi del fondazionalismo gnoseologico, ora fra il nichilismo filosofico metafisica Nelle sue varie forme ei differenti 'ritorni' alla. Per una classificazione delle varie tipologie caotiche, immaginiamo un disco in CUI SIA incisa una musica infinita. L ' "attrattore strano" sarà la forma REGOLARE del "caos" I CUI confini e l'orizzonte degli eventi sono ben delineati, per esempio a forma di disco, MA DI CUI è impossibile percepire e calcolare l'itinerario interno. Quando il sapere ha di fronte a se la forma completa del disco PUÒ definire l'evoluzione complessiva, PUÒ osare qualche ordine al disordine. Ma lo stesso soggetto visivo, All'interno del disco, non riuscirebbe mai uno stabilire un itinerario, un senso, una Conoscenza, un ordine: si troverebbe in un classico "caos". In questa dialogia tra ordine esterno e disordine interno o viceversa c'è tutta l'essenza dell ' "ontologia del caos". Il "caos" non PUÒ Essere Identificato con la dialettica classica, hegeliana o post-hegeliana perchè ho dovuto "logos", si contrappongono Quali Identità rigorose e definite. Nè è possibile rintracciare i Prodromi di questo paradigma Che incombe sulla nostra contemporaneità, Monade Nella leibniziana perchè questa non è Mai stata elaborata da Leibniz contenente Sfera Quale in sè il "caos" ma, invece il "cosmo", ovvero, non Monade Nella c 'è un succedersi di simmetria ed Assimetria, di "cosmo" e "caos", ma un succedersi di "cosmo" con "cosmo", con simmetria simmetria. Un recente interprete dell'empirismo logico, Michael Friedman, ha sostenuto Che la principale innovazione realizzata Dagli empiristi logici consisté non tanto in "una nuova versione dell'empirismo radicale ma in una nuova Concezione della Conoscenza a priori e del Ruolo Che essa svolge Conoscenza Nella empirica ". Secondo questa prospettiva gli Sviluppi Compiuti relativamente ai fondamenti della geometria, della logica e della fisica matematica Hanno Condotto uno inevitabilmente una profonda TRASFORMAZIONE della Concezione kantiana dei Principi sintetici a priori. Tali Principi non potrebbero più Essere concepiti come necessari, certificati, non rivedibili. Ciò che Viene Negato è un modo (assoluto, definitivo, stabilito una volta per tutte) di intendere l'a priori, non l'a priori in senso generale. Al contrario MOLTI Hanno rimarcato l'adesione, da parte degli empiristi logici, ad una Concezione relativizzata dell'a priori. L'a priori contestualizzato costituisce la base per ogni Quella Che è Stata Definita (Parrini) Negazione una "debole" del sintetico a priori kantiano. Secondo questa interpretazione il carattere proprio dell'empirismo logico SAREBBE da Individuare Esattamente Nella tensione fra aspetti di tipo kantiano e aspetti riduzionistici.
Pag. 26 Molte sono le tesi Che Gemmano dal principio di verificazione. Una delle più sentite è senz'altro il rifiuto della metafisica in Quanto insensata. La Metafisica Viene conseguentemente Concepita come discorso conoscitivamente privo di Significato confinata e uno espressione (eventualmente Poetica, non certo conoscitiva) del "sentimento della vita". Che Ciò emerge è Impostazione da questa l'idea di una filosofia RIGOROSA Che godesse delle caratteristiche del pensiero logico-matematico. " Forse nel Periodo musicale, Nello "zeit-raum" Mozartiano è già presente il "Caosmo". "Zeit-raum", Nella sua originarietà, significa spazio-ovvero il senso del tempo Periodo Quale fu formulato in origine: "Peri-odòs" (limite intorno ad una strada, ad un sentiero). La musica Mozartiana è la prima musica col senso dello "zeit-raum", del Periodo Che ha in sè una simmetria, rigorosità, Apollinea Completezza, cosmica ma che, Nella sua essenza, al Suo interno conserva Svela disordine e delle Nazioni Unite, un'assimetria , una tonalità Che va oltre l'ordine musicale esistente. Lo "zeit-raum" Quindi sarà, Quale metafora del "Caosmo", lo spazio cosmico entro CUI è possibile soggiornare lontano il tempo caotico e Nel contempo il tempo cosmico, ove soggiorna lo spazio del "caos". Mentre nel "cosmos" spazio e tempo ci appaiono, SIA Nella fisica classica fino a Newton SIA Nella fisica einsteiniana e post, come regolati da una legge e da una rigorosità e calcolabile Nel contempo come se fossero leggi identiche Governate da, sensi, forme; Nello "Zeit-raum chaosmico "è possibile Che lo spazio ed il tempo Siano governati da una" differenza ": Ordinato tempo e spazio disordinato, tempo caotico e spazio cosmico. Si potrebbe anche evidenziare una fenomenologia in una spazialità cosmica CUI SIA abitata da una temporalità caotica e viceversa.Roberta Lanfredini nel Corso "Epistemologia teorica e applicata" AA Cap 2003-2004. "Lafenomenologia" Stesura provvisoria. di prossima pubblicazione in "Fenomenologia applicata" (a cura di Roberta Lanfredini), Guerini e Associati, 2004. "La fenomenologia pura alla Quale vogliamo qui accedere, della Quale vogliamo caratterizzare la posizione peculiare Rispetto a tutte le altre scienze, E che vogliamo dimostrare Essere la Scienza Fondamentale della filosofia, è essenzialmente una scienza nuova, in Virtù della sua Peculiarita di principio lontana dal modo naturale di pensare, e proprio per questo si è sviluppata solo di recente. Essa si dice scienza di fenomeni [Phänomene]. La fenomenologia esige una Modificazione, Riduzione o ( "I due termini sono equivalenti) dei fenomeni comunemente intesi. Ed è proprio il Meccanismo della Modificazione Che permettera alla fenomenologia di distanziarsi da scienze "naturali" come la fisica o una fenomenologia della fisica. Le cose si complicano Quando constatiamo Che Quello di Modificazione fenomenologica non è un Concetto univoco: i fenomeni possono cioè essere "ridotti". Definiremo la Riduzione riflessiva; la Trascendentale Riduzione e riduzione Eidetica. Vedremo come ogni Riduzione portera uno isolare l'ontologia fenomenologica, cioè il dominio di oggetti DI CUI la fenomenologia si occu. Ciò Che Appare, o Ciò che si da, Vissuto un sottintende: il darsi di quel fenomeno.
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Tale Riduzione provoca una Modificazione dello sguardo con CUI solitamente guardiamo i fenomeni, considerandoli non come fenomeni indipendenti, assoluti, ma come fenomeni Che sono riferiti uno vissuti. L'atteggiamento da naturale si fa innaturale. L'intenzionalità (già usata, Nella e Scolastica in Brentano) indica, la proprietà di uno Stato di Essere Rivolto verso un oggetto (la percezione è rivolta al percepito, il giudizio allo Stato di cose giudicato; all'immaginato l'immaginazione, e così via). Per Husserl, contrariamente da Brentano, non tutti gli Erlebnisse intenzionali sono: le sensazioni slegate dall'atto di percezione in CUI risultano inserite, ma non lo sono Nemmeno Stati di coscienza indeterminati e indifferenziati. L'Erlebnis di contenuto intenzionale è da Husserl denominato "atto", quasi uno Indicare la Forza Che la coscienza in casi Alcuni ettari di tendere verso Qualcosa che non è contenuto nell'atto stesso. Una è la distinzione fra immanenza e trascendenza, STRETTAMENTE alla distinzione fra adeguatezza e inadeguatezza. Ma l'oggetto del Vissuto è trascendente, nel senso tecnico Che I suoi elementi non sono parti del Vissuto. Il Vissuto SI Dà alla riflessione in modo adeguato, si Dà cioè completamente, interamente, con un riempimento "senza residui". Al contrario l'oggetto trascendente SI Dà alla coscienza inadeguatamente, cioè in modo prospettico, unilaterale, o adombrato, con un riempimento Che non sarà mai totale e esaurito, ma sempre aperto e inesauribile. L'analisi di questa costellazione di modi Viene Definita analisi noetica. La noesi è per Husserl la struttura Che caratterizza il contenuto di un atto. L'assenza di tale struttura determina una impossibilità di tipo formale. Impossibilità fenomenologica: l'impossibilità Formale, non il senso [Unsinning]. Si non ha senso Quando l'Erlebnis ha una struttura contraddittoria o Che viola qualche principio ontologico-formale. L'oggetto Che non corrisponde uno noesi una ben strutturata dal punto di vista sintattico e semantico è un oggetto impossibile in Quanto impensabile, è un oggetto Che Varca i confini della pensabilità: tale oggetto è privo di uno statuto ontologico ". Si Potra allora definire un "attrattore strano" avente una dimensionalità temporale caotica ed una dimensionalità spaziale cosmica. La ragione classica si è trovata di fronte uno QUESTI fenomeni della scienza. Il pensiero filosofico, per riuscire a trovare Un'interpretazione DI QUESTI fenomeni, è Stato Costretto ad abbandonare le grandi narrazioni. Forse Nietzsche con la sua dialogia Apollo-Dioniso, accenno uno Ipotesi questa, ma al di sotto delle Complessità evidenziate Dagli "attrattori strani" formulati da Lorenz, del resto mai Appare, Nicciano nel pensiero, La presenza metaforica di una Divinità Che possieda gli elementi del dionisiaco e dell'apollineo Quale Stessa essenza della sua natura. Bisognerà attendere l'opera di Heidegger, per riuscire a trovare, nel pensiero filosofico, una qualche traccia della congettura "chaosmica". Forse nel famoso saggio del '63 intorno all'essenza della poesia, quasi in contemporanea con Lorenz, il filosofo ci preannuncia l'essenza del "caos" Quale essa ci appare.
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"Stranamente l 'attrattore strano" di Lorenz e l'interpretazione "chaosmica" heideggeriana appaiono lo stesso anno e predomineranno Nella cultura degli anni '80. E 'possibile stabilire una sinergia o meglio, il sole "una-enargheia" tra "fusis" e "caos"? E che cos'è una "sun-enargheia"? Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. Stabilire una Connessione tra "caos" e "fusis" è di per sé una sinergia ma quando da questa fusione Viene alla luce un nuovo paradigma o una nuova ontologia del senso, alla fusione sinergetica si sostituirà la "sun-enargheia" (= "argon "= Qualcosa che Viene alla luce, Che si Dà alla luce, che si fa luce da sé, Che Viene in evidenza) Che ci Appare senza la nostra intenzionalità ne determini il senso, la direzione, il telos. Ora, Nella nostra contemporaneità, non solo ci Appare la fusione sinergetica tra "cosmos" e "caos" ma una "sun-enargheia" ovvero una lucentezza Che va a Mettere in luce qualcosa di Diverso da una semplice fusione del "cosmo" col " caos "ovvero il" Caosmo "è in questa" sun-enargheia "tra" caos "e" fusis "qualcosa di simile all '" ontologia del Caosmo ". Già nel Termine stesso della "fusis" vi è una nozione della Natura e del tempo in Chiara assimmetria con il lineare, per esprimere similitudine Concetto Heidegger USA Il termine hölderiniano di "wildniss", Selvaggio vale a dire non Ordinato, ma non apollineo e dionisiaco caotico. In questa isologia Tra l'essenza della materia e l'essenza del "caos", c'è tutto il desiderio di esprimere una visione del mondo che è Governato dall'assenza del Fondamento o da una temporalità caotica o appunto dal "wildniss"; La Natura, quindi, non Appare come un susseguirsi di eventi cosmici ed eventi caotici, nè come la compresenza, dialogia tra "cosmos" e "caos", ma la natura, la "fusis" (ove Viene ad emergere il "cosmo") ha in sè LA STESSA essenza del "caos" e cioè il suo essere selvaggio ed il Suo apparire in evidenza quale "il caos". In altri termini la "fusis" per Heidegger è il Periodo, lo "zeit-raum", lo spazio-tempo ove il "caos" Viene alla luce per Generare mondi abitati da una caoticità imprevedibile ed indecidibile dove trovano dimora dei ed uomini Quindi il , l'apollineo e dionisiaco l'umano Che non è nè dionisiaco nè apollineo ma è l'uno e l'altro. In principio il "Caosmo" isologico E con la "fusis" e, a sua volta, questa isologia è possibile interpretarla come un "attrattore strano" ove la "fusis" si evidenzia con un orizzonte, una forma, una formula RIGOROSA e completa ma Che in sè Possiede infiniti itinerari labirintici. Per Poter Parlare della "fusis", quale "ontologia del Caosmo", non è più possibile utilizzare il linguaggio Che tutt'ora costituisce la nostra "Koinè", perchè l'evidenziarsi del "Caosmo" E qual "fusis", natura ha messo in crisi non solo le grandi narrazioni, ma anche l'essenza stessa del linguaggio. E 'possibile stabilire una sinergia o meglio, il sole "una-enargheia" tra "fusis" e "caos"? E che cos'è una "sun-enargheia"? Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. Il "caos" che si avverte nei mezzi di comunicazione, Nella cultura, nel sapere non è Altro che una manifestazione del "caos" nella "Koinè" del linguaggio cioè nel linguaggio comune del mondo contemporaneo.
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La crisi delle grandi narrazioni significa anche la crisi della "Koinè" del linguaggio comune ed anche e Soprattutto dell 'idea di Stessa Qualsiasi forma, Senso, Essenza di comunità, in questa crisi, Quale forma della prevalenza del "Caosmo" del mondo, di Ogni idea di "Koinè" e di Linguaggio comune e del declino del linguaggio stesso o "clinamen", Come orientarsi, Quale sentiero Percorrere SE Linguaggio, Ragione, "senso dell'essere" sono in preda al "caos"? La Lanfredini (ibidem): "Il noema è l'oggetto; il correlato della noesi. Un Noema fuori dalla Costituzione noetica, staccato da una costellazione di possibile Modalità intenzionali, PUÒ non sussistere. SI TRATTA DI UNA impossibilità materiale, non Formale. La cosa in sé non viola nessuna Possibilità formale. Al contrario, "un mondo fuori dal nostro mondo", per dirla con Husserl, è un mondo perfettamente concepibile. Tuttavia E, un mondo fuori dal nostro mondo è una "effettiva Assurdità, concreta": la cosa in sé risiedono, in linea di principio, La possibilità di un Legame e motivazionale, nel racconto di quanto, PUÒ non esistere. Che ha uno statuto ontologico Formale ma non ha alcuna Esistenza materiale: è concepibile (non è contraddittorio) ma inconoscibile. "Bisogna qui Tenere sempre presente Che Ciò che le cose sono - sul CUI Essere o non essere, sull'essere così o sull'essere diversamente - lo sono in Quanto cose dell'esperienza. Husserl affronta il problema della cosa in sé e, insieme, il problema della Relazione fra fisica della cosa e la cosa della fenomenologia. Non significa negare Che esistano delle Entità inosservabili. La determinazione TEORETICA delle cose richiedono uno "Svuotamento" delle proprietà Sensibili A favore di Entità non più Sensibili e del tutto formali. Non solo una sinergia, una fusione di energie differenti, ma anche una fusione di luminosità ovvero una fusione energetica ILLUMINANTE. "Nemmeno una fisica divina PUÒ trasformare le determinazioni categoriali della realtà Prodotte dal pensiero in determinazioni genuinamente intuitive, così come Nemmeno l'Onnipotenza divina PUÒ fa si che delle Funzioni Ellittiche vengano dipinte o suonate sul violino". Husserl ha Fatto riferimento alla fenomenologia come uno fenomenologia una scienza: in Distacco da Heidegger "Sono Giunto alla triste Conclusione Che non ho nulla A che fare, dal punto di vista filosofico, con questa abissalità [Tiefsinn] heideggeriana, con questa geniale non Scientificità" . Solo una nuova visione della temporalità PUÒ offrire nuovi orizzonti alla nostra riflessione; Relazione Quale, allora, intercorrerà tra temporalità caotica e / o immaginaria, "pensiero della differenza" el ' "ordine simbolico del mondo".
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Cap. 6 ^
"CHAOS" E "DIFFERENZA pensante".
Quello fece Derrida che, e non traspare che, in tutta la sua Completezza fu un'operazione di "transfert" verso heideggeriana dell'elaborazione la Formulazione di una teoria della "differenza" Nella scrittura, nella "Fonè", nel linguaggio. Ma le referenze bibliografiche di Derrida Erano Limitate solo ai testi della vulgata heideggeriana, successivamente, verso la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, semiediti ed inediti di Heidegger ci hanno illuminato di più intorno alla problematica della "differenza ontologica "e della" differenza nel-del-corpo ". Il passaggio di Derrida fu semplice: così come Heidegger operò la famosa svolta e cioè il passaggio dal pensiero dell ' "Ente" al pensiero dell' "essere", Derrida operò l'oltrepassamento idéntico Dalla visione ontica della "differenza" alla visione della ontologica "differenza". La "differenza" Quindi passo dall'essere CONSIDERATA un "Ente", un oggetto su CUI SI potesse esercitare un'epistemologia ed una scienza neutrale, all'essere la rivelazione di un "esser-ci" che e sempre nascosto, per la prima Volta, Viene ADDIRITTURA uno pensare in modo differente. In questo "sentiero" del pensare non c'è un ritorno alla metafisica semmai c'è un ritorno all'origine della "differenza" che il sistema ha occultato. Ora, scoprire la "differenza" come il primo dispiegamento della "differenza ontologica" Sul piano dell'esistenza è già un Notevole Contributo al "pensiero della differenza". Ma non è ancora la "differenza pensante"; forse chi può offrire forme e spiegazioni, il corpus teorico uscito intorno alla fine degli anni '80 E che va sotto la dizione di "Seminari di Zollikon". Fonda Heidegger, Derrida Prima che se ne accorga, il pensiero della "differenza-nel-corpo", ma anche Dà Fondamento alla "differenza pensante". Siamo qui, Come si può ben vedere, non ad un'elaborazione di una metafisica, semmai, ad un Superamento della stessa nozione della psiche elaborata Dalla scienza e post. Nei "Seminari di Zollikon", la "differenza ontologica" si esprime quale "differenza" più Nella Vasta interpretazione della "differenza-del Corpo". C'è per Heidegger una "differenza" tra "essere-corpo-inanimato" ed "essere-corpo-animato". "Questa" differenza-nel-CORPO-"è LA STESSA Che si dispiega nel passaggio dal pensiero dell '" Ente "al pensiero del-l' essere". "Quindi non una metafisica del genere, perchè la metafisica è sempre e solo una metafisica del-l 'Ente" Giacchè non è mai esistita una metafisica dell' "essere", perchè il pensiero dell ' "essere", prima della Formulazione della Metafisica, Fu già criptato dal pensiero. Fondamentale il passaggio dalla "ontologia della differenza" all ' "ontologia della differenza-nel-CORPO-" è rintracciabile nell'elaborazione di un "corpo inanimato" Che PUÒ Essere considerato, come un "ente" od un oggetto di studio da parte del pensiero metafisico, della scienza, dell'epistemolo-gia, ecc. Mentre, Dall'altra parte, c'è il dispiegarsi di un "essere-corpo" che non potra mai Essere compreso dal pensiero metafisico, filosofia Dalla, Dalla scienza, ecc.
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L ' "essere-corpo-animato" non si presenta mai al pensiero quale "ente" Stabile sussunto o sussumibile Nella razionalità elaborata dal pensiero maschile, perchè c'è sempre un dispiegamento Che va al di là dei confini: quasi un "caos" abissale ove è indeterminata Ogni Capacità di logica, razionalità. Pertanto il pensiero dell ' "essere-corpo" Dovra, per forza, Essere Un pensiero idéntico uno Quello che riusci ad intravvedere nell' "essere" occultato la verità dell ' "essere". "Quel venire alla luce del-l 'Essere-corpo" non PUÒ mai Essere un'imposizione, un "episteme": la "differenza ontologica-del-CORPO" renderà insufficiente il pensiero della "Metafisica" anzi cercherà in un altra forma di pensiero, si spera la "differenza pensante", chi Possa Ascoltare la sua voce, percepire la sua Presenza. Quel che è ancora nascosto è una verità Che si cela dietro questa svolta epocale del "pensiero della differenza": se fin'ora è apparso utile il passaggio dalla "differenza ontologica" alla "differenza": Ciò non basta più. Ma se il metodo è Facilmente criticabile e attaccabile da chi rinviene in quel procedimento ancora le vestigia della "Metafisica", l'essenza del problema non è ancora apparso in nessuna riflessione orale e / o scritta. E qual'è? La "differenza ontologica" è la denominazione di un passaggio dal pensiero da un "oggetto" ( "Ente") ad un "oggetto non" e ad un "soggetto" non: Il suo dispiegamento, la "differenza", ELABO E l' -razione del pensiero dall 'Entità all' "essere". Ma se l "essere-corpo-animato" è l'abisso, è Ciò che Dà fondatezza al pensiero stesso come puô Essere Fondato da un pensiero Che Viene da un ' "altra differenza"? E 'Necessario Quindi pensare sedare' "essere" che è ancora nascosto All'interno dell ' "essere-animato" Che e, da SE, SI Dà alla luce ed al pensiero. Fosse già in fieri, non insorgenza similitudine più Potrebbe Essere denominata come il parto della "differenza ontologica", neppure come subordinazione della "differenza" derridiana, MA SE CI Fosse E se esistesse SAREBBE forse il pensiero dell ' "ontologia della differenza". Mentre la "differenza ontologica" PUÒ Trovare una qualche forma di "Segno" ( "marca") Che la stabilizzi, magari in un simbolo infinitamente interpretabile, l ' "ontologia della differenza", quasi Fosse un "caos", per il pensiero attuale "inattuale ed, non ha trovato, non trova e non troverà forse, forme stabili di rappresentazione di" ordine simbolico "Perchè la sua origine abissale non si codifica nel l 'eucosmo" (nel senso di "ordine simbolico") perchè non si identifica in un mondo o nell ' "essere-in-questo-mondo", la sua ontologia è già oltre l' "essere-in-questo-mondo" perchè questa Dà alla luce il mondo. Ma quale tipo di Cosmo e Quale tipo di mondo PUÒ osa alla luce l ' "ontologia della differenza", Giacchè questa non PUÒ Essere mai formalizzata nè simbologizzata ma quale espressione del corpo, del suo "Essere-animato" è sempre caotica, imprevedibile, in Conflitto con sè e con il mondo. Forse, in queste poche riflessioni, c'è qualche frammento di pensiero o, meglio di una "differenza pensante" Che Possa il coraggio alla luce l ' "ontologia della differenza" Quale in sè Che si dispiega con l' "ordine simbolico" del mondo . Ma le teorie si affidano ancora uno Paradigmi temporali positivistici, la visione linearizzata della temporalità storica DEVE confrontarsi con l'intera Epistemologia scientifica del tempo per offrire Un'interpretazione "Nuova", "altra", "differente" del tempo. Una differente visione dell ' "essere-corpo", è Rimasta occultata nell' "essere" stesso e nell ' "Esistenza" dell'individuo Stessa Ed Solo Appare sul terreno del gioco.
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L'agonismo Sembra voglia svelare una dimensione dell ' "essere" che è occultata Rimasta. Forse all 'interno dell'ontologia del gioco è presente un "quid" che, nel corso storica dell'Evoluzione e Diramazione nei vari campi dell'esistenza ha prodotto a causa differenti Paradigmi agonistica Nella contrapposizione. "Quella prevalente, fuori del gioco: ove è Essenziale Distruggere l '" essere-che-è-di-fronte "; Quella All'interno del gioco ove l' essere" Vince sull ' "altro" che gli "sta-di - fronte "senza mai distruggerlo completamente Nella sua" essenza ", ma, anzi, Suscita nell '" altro "il dispiegarsi delle sue qualità migliori, della sua forza ed intelligenza. Nel gioco infatti l "essere" si trova di fronte sempre un altro "essere" che si esprime Nelle sue qualità d'eccellenza tant'è Che riesce uno piacerci solo Quando ci sorprende e ci vince con l'intelligenza, con le migliori qualità Intellettuali . Quindi c'è un ' "identità" ed una "differenza", c'è un'amicizia ed un antagonismo, una "filei", uno stretto Legame tra antagonisti dovuti, tra l' "essere" e la sua "alterità". Quello che si vede in campo non sarà Altro che la manifestazione ed il dispiegarsi tra l ' "essere" el' "altro essere" Che gli "sta-di-fronte"; Quindi non si gioca per vincere l'altro, ma si vince o si perde per continuare a giocare con l'altro. Nel gioco l'Avversario è da considerarsi come un antagonista del cui "essere" si sente Necessità: senza l'antagonista finisce il gioco, non c'è gioco. In altri termini: l ' "essere" e la sua antitesi nel gioco non dovranno mai Essere completamente soppressi ma, Attraverso delle regole, devono comunque coesistere e contrapporsi: nel campo di gioco Dovra sempre esserci un equilibrio ove l' "essere" sempre incontra l ' "altro" come "l' Essere-che-sta-di-fronte". "" Nel campo di gioco l 'altro "è il Suo stesso" essere "el' altro" vede l ' "essere" non come "essere" ma come "altro-dal-Suo-essere". La particolare piacevolezza del gioco, è da attribuire ad una visione più originaria e, PROBABILMENTE, permarrà in Qualsiasi epoca. Si è di fronte ad un capovolgimento paradigmatico Che ESISTE solo nel gioco. Segnatamente nel gioco la Completezza dell ' "Essere" si dispiega Nella totalità dell' "essere-corpo" tant'è Che Si potrebbe dire Che Nella naturale evoluzione, il gioco ci preannuncia Un'altra Mutazione. Una Conclusione provvisoria o meglio un inizio di ricerca SI PUÒ tracciare: la Necessità della Creazione di un ' "ontologia eristica" che sappia offrire all'essenza dell' "essere" una dinamica "ec-statica", Probabilmente genesi di un pensiero nè debole , nè forte nè calcolante.
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Cap. 7 ^
STRUTTURA ONTOLOGICA della Mathesis
La crisi dei fondamenti al di là della tecnica di fortuna Alcune teorie frattali, virtuali, immaginarie e ancora presente nel futuro della mathesis, ma nessuno si è inoltrato nel sentiero interrotto della crisi della fondatezza della matematica. Il Sentiero Che Abita il futuro presente eventuerà la crisi ontologica della mathesis, in relatività con la ricerca della verità ontologica, svelatezza o, dell'essere al di là dei Paradigmi della metafisica influente, ininfluente dell'imperativo categorico della Volontà di Potenza. Il futuro abita nel presente SIA Il pensiero ontologico, SIA l'indicibile paradosso godeliano della fondatezza metaontologica della mathesis: la mathesis dell'essere Quale disvelatezza della verità ontologica, altri Saranno felici delle magnifiche sorti virtuali della matematica, senza sottrarre nulla uno Quella presente epoca , è Giunto il tempo ontologico dell'evento della Epoche, della Mathesis Quale fondatezza ontologica della verità disvelata delle Matematiche. La metaontologia della mathesis si disvelerà Quale ontosinestesia del pensiero ontologico poetante e, in relatività con la crisi della fondatezza ontologica godeliana. Sia consentita la libertà di ricerca in assenza di ontosinestesie ineludibili: nel futuro Che non c'è che non c'è ancora è presente la sinestesia, e differenza, tra fondatezza RIGOROSA della Verità e fondatezza ontologica della disveletezza. Né il pensiero poetante, nato il pensiero ontologico dell'ultimo millennio Hanno eventuato Quella disvelatezza. La fondatezza ontologica abita il futuro Nella Presenza della fondatezza virtuale, immaginaria, kaosmica Quale modello ontologico del dicibile della Koinè ontologica eventuante i paradossi ontologici, ma gettante, oltre la verità ortogonale, i paradossi dell'adeguatezza categorica imperante paradigmatica. Non SI PUÒ eventuare Un mondo in poco tempo se nessuno riusci nell'intrapresa nei tre secoli dell 'ultimo millennio: ma l'inizio del futuro qualcuno da qualche parte Dovra svelarla nel presente, altrimenti il parakleta rimarrà criptato, obliato per altri tre Millenni. Qui il futuro abita il presente nell'essenza della fondatezza ontologica, o meglio Dagli eventi godeliani è possibile dispiegare una metaontologia della fondatezza della mathesis. Quale Completezza della fondatezza non sarà Sufficiente una ortogonale singolo Fondazione, noetica, imperativa, categorica, degli modale adeguata all'inferenza della Volontà di potenza paradigmatica SIA per l'infinita 'SIA eventi Che sfuggono o Che rimangono nell'oblio, per La disvelatezza dell'essere ontologico Che eventua la fondatezza ontologica della verità, ma anche della stessa fondatezza virtuale della techne Frattali, SIA della fondatezza immaginaria della temporalità, SIA Soprattutto E per lo più per l'eventuarsi della fondatezza kaosmologica fluttuante topologica, intuita dallo stesso Godel, poco prima dell'al di là, con le sue teorie kaosmiche degli universi transfiniti, ma sinestetici Nella temporalità ontologica.
Pag. 34 La presenza della fondatezza kaosmica virtuale immaginaria Quali Varietà dell'ontomathesis Abita il futuro dei dispiegamenti dei modelli del dicibile Quale Koinè della verità del senso della disvelatezza, dell'evento dei paradossi dell'isteresi transfinita, ontoattante, noetica dell'intenzionalità e noematica ontologica, Al di la 'delle possibili ed eventuali futuri qui è presente la singolarità della prova ontologica godeliana, disvelante l'metaontologica essenza della fondatezza in relatività con la poiesis, Piuttosto Che influenzata Dalla fenomenologia dell'intenzionalità inerente la Modalità noetica. La libertà di ricerca consentirà di eventuare SIA Il percorso classico SIA Il percorso virtuale Attraverso la Mathesis. Il primo sentiero LASCIATO interrotto, ma che va oltre la sua prova ontologica, da Godel eventuerà la fondatezza dell'Inter-essere metaontologica SIA nel virtuale, SIA nell'immaginario SIA nel kaosmico della poiesis. L'altro sentiero si biforcherà verso la prova ontologica godeliana E Quello del pensiero poetante della verità ontologica. Il Sentiero Che l'eventua oltre si fonda sulla paradossalità ontologica dei fondamenti, ma anche sull'isteresi transfinita, dell'Inter Quale evento-essere nel sentiero del virtuale ortogonale all'immaginario. Il futuro Che si eventua nel presente consente la libertà di ricerca sull'essenza della Mathesis Quale matematica della Grund dell'ontologia. L'ontologia godeliana nel futuro anteriore PUÒ Essere in sinestesia con il pensiero ontologico poetante, Grund Quale, fondatatezza in relatività con l'inter-essere: Attraverso il sentiero della metaontologia kaosmica transfinita in qualita 'd'isteresi virtuale dell'ortogonalità e immaginaria. La sinestesia tra il pensiero ontologico el'ontologia godeliana della mathesis eventua la disvelatezza della verità ontologica al di là della paradossalità indicibile e oltre l'intenzionalità noetica fenomenologica, anzi la mathesis Svela l'essenza ontologica della noematica in relatività con la fondatezza dell'Inter -essere, dell'Inter noematica l'ontologia-essere, la fondatezza dell'ontologia noematica consentono la libertà di ricerca virtuale, immaginaria, kaosmica della verità della Mathesis la libertà dei modelli ontologici, la libertà del dicibile ontologico Quale poiesis Che si Dà al e mondo all'essere nell'intermittenza dell'isteresi poiesis della transfinita. L'isteresi Che Abita i transfiniti ancora ortogonali del virtuale e dell'immaginario disvela il transfinito ontologico della Mathesis, Quale fondatezza del dicibile poetante Oltre la paradossalità dell'indicibile categorico dell'imperativo dell'inferenza intenzionale noetica. Al di là dell'intenzionalità della Mathesis Noetica calcolante si getta l'istetesi del transfinito ontologico dicibile Poeticamente Nella grund Che Abita il futuro Nella libertà del presente in qualità di metaontologia della sinestesia della fondatezza della noematica dell'interessere. La noesis si getta nell'abgrund, nell'abisso dell'essere, quale futuro in libertà d'Essere la Koinè poetante Dalla mathesis,, oltre la metafisica influente, ininfluente dei Paradigmi epistemici categorici della noetica, al di là dell'intenzionalità fenomenica, per Essere libertà di ricerca del transfinito caosmico, Quale isteresi del virtuale e immaginario ancora vincolati all'ortogonalità del tempo frattale. Il modello chaosmico noematico della fondatezza, si eventua nel futuro transfinito ontologico, Quale intermittenza della ontovarietà dell'isteresi transfinita in qualità di singolarità ontologica chaosmica dell'attanza poetante transfinita diagonale del virtuale e dell''immaginario ancora noeticamente ortogonali dell'intenzionalità frattale. L'attanza della Noesis Abita il futuro nel presente della gettatezza dell'intermittenza della grund Quale sinestesia della godeliana e l'ontologia della poetante ontopoiesis disvelatezza.
Pag.35 La libertà di ricerca del futuro della mathesis si presenta al mondo prioritariamente Quale noematica ontologica godeliana La Quale consente la grund in qualità di transfinito caosmico in intermitezza d'isteresi dell'ortogonalità virtuale nichilista ancora ed immaginaria, la noematica godeliana ontologica Annulla, annichilisce la paradossalità categoriche della metafisica influente, ininfluente, noetica, ed eventua il sentiero della sinestesia con il pensiero poetante, Quale koinesis della grund per disvelare la aletheia SIA la verità dell'Inter-essere oltre l 'iperfrattale, superfrattale O, oltre Che l'interimmaginario internichilista cosmico. L'ontologia godeliana della Libertà di ricerca futura si presenta prioritariamente Quale noematica del Grund dell'Inter della verità-essere, aletheia Al di là dei paradossi virtuali, immaginari, noetici della metafisica influente, ininfluente epistemica dell'imperativo categorico della Volontà di Potenza ilemorfica . La noematica ontologica godeliana si getta nell'abgrund dell'indicibile Quale nuova epoche della Koinè in relatività con il pensiero dell'interessere. La mathesis s'eventua nel futuro alla Presenza della Libertà del pensiero dell'Inter-essere caosmico, godeliana ontologica Quale noematica in sinestesia con il pensiero dell'interessere del Grund. La godeliana Noesis, Quale ontologia della fondatezza della noematica del pensiero dell'Inter-essere caosmico si eventua nel futuro in qualità di isteresi transfinita della ontologia della verità dell'interessere. Soltanto la noematica ontologica godeliana PUÒ Salvare la verità dell'abisso nichilista Solo la mathesis godeliana PUÒ Salvare la libertà della verita '.
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Cap. 8 ^
PHYSYS ONTOLOGIA della
Struttura ontologica della Physys del Caosmo della cronotopia dello spazio-tempo, temporalità.
Le Varietà dei Paradigmi della Fisica Che si sono eventuati Dopo la metafisica ininfluente ontogenica classica non sono ancora riusciti uno disvelare la differenza ontologica tra l'ontofisica dell'essere e la fisica delle Entità ilemorfiche. Ontofisica Nell'ultimo secolo dell'ultimo millennio Alcune teorie della mathesis, Alcune intuizioni del pensiero ontologico Hanno eventuato La presenza di una struttura ontologica nei modelli ontologici per l '. La dove l'essenza dell'essere è la misura del tempo ontologico, della velocità del tempo in relatività alla velocità della luce: SIA nell'astrofisica kaosmica, SIA Nella microfisica Quantica della Gestell, ontofisica dell'impianto della struttura topologica fluttuante planckiana dell ' con le sue ermeneutiche ed i Suoi Paradigmi, SIA Nella struttura ontologica del Caosmo. Nella struttura ontologica dello spazio-tempo della cronotopia della fondatezza della Physis si Svela una paradigmatica sistemica per la fisica, c'è una tematica prioritaria noetica, ma non c'è ancora una noematica, nato l'Ermeneutica, Né un'ontologia della physis , men che mai per l'ontofisica o la struttura ontologica dell'esserci dell'evento. Varie e variabili possono, e sono, Essere le ragioni, certo E che la Fondamentale SIA L'egemonia della "Metafisica" Millenaria influente, ininfluente. L'ontofisica Che si liberi della metafisica influente, ininfluente, consensuale, eventua modelli ontologici in libertà impianto Gestell Nello disgelare la l', la struttura della physis del mondo, della struttura ontologica del cosmo, del Kaos, del kaosmos. Analizzare Essenziale E ', Studiare, Interpretare gli eventi caotici o meglio kaosmici della temporalità, della singolarità spaziali, dei vuoti del tempo immaginario delle fluttanze Nelle Regioni planckyane Nella Gestell o di Planck ma la Fisica Quantica puro supergravitazionale SIA CHE SIA influenzata Dalla metafisica, nulla PUÒ di fronte ai nuovi eventi e Percio SI PUÒ rifugiare nel frattale solista, SIA grazie alla replicabilità ricorsiva computazionale. Ma chi non si arrende e non cedere alle lusinghe ortogonali, canoniche, è clonabili Nella Libertà noematica di svelare modelli ontologici dell'ontofisica anche Nella struttura ontologica di Plance, del kaosmos. Con il consenso nolente o volente del pensiero poetante delle teorie del kaos, degli attrattori, delle Varietà topologiche della Stabilità strutturale, dei modelli godeliani, dell'ermeneutica epistemicadel tempo immaginario Nella gravità Quantica o meglio la struttura ontologica dell'epistemica del Che si sa delle Verità Sarà possibile, in sintesi, disvelare una Epistemologia per l'ontofisica Che eventui l'oltre della metafisica influente, ininfluente per Intraprendere lo studio di modelli nomatici della ontologia influente: liberi Però dall'imperativo categorico della Volontà di potenza epistemica.
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La differenza ontologica tra l'Essenziale Epistemologia abitata Dalla metafisica influente, ininfluente el'epistemè in relatività con l'ontologia influente è l'Ermeneutica della temporalità: per millenni la visione del tempo si affida alla Ortogonalità lineare canonica, cosmica Nella nuova Epoche si eventua il tempo ontologico, virtuale, immaginario, trascendente e transfinito, kaosmico La sua struttura ontologica. La struttura ontologica transfinita trascendente ed i modelli ontologici ontofisici consentono il dispiegamento di singolarità ontovarietà non solo con la temporalità immaginaria ma di più e oltre con la temporalità ontologica, trascendente transfinita virtuale, SIA kaosmica Nella planckyana Gestell, Quantica Nella SIA supergravità. SI eventueranno anche gli attanti ontologici, al di là degli utilissimi fin'ora attrattori strani, la struttura ontologica degli attanti immaginari gli attanti virtuali consentiti dall'ontovarietà gli attanti trascendenti, transfiniti, kaosmici, catastrofici, catabolici., Ontobolici. Solo con quelle Varietà o strutture ontologiche Sarà consentito eventuale le velocità del tempo superiori alla canonica velocità gravifotonica. La velocità del tempo non sarà solo più una formula estetica della ontologia influente della nuova epistemica o noematica della ontofisica. I modelli ontologici consentiranno per lo più di Interpretare i nuovi fenomeni dell'ultralux, delle microsfere ottiche per computer quantici ma soprattutto, Almeno quello è certo consentiranno il brevetto La sperimentazione La progettazione e la realizzazione con tutti i Relativi beneficio. Quello Sarà anche il programma sempre in relatività con la ricerche sulla ontologia delle interazioni e le formattanze Fondamentali ol'ontologia dell'indeterminatezza ol'ontologia della velocità ed elasticità delle superonde, superstringhe, superconde, Varietà super, supersingolarità. Ma l'ontologia dei modelli per l'ontofisica consentirà anche di svelare l'ontologia della verità Soprattutto e per lo più Quella inerente all'ontologia dell'essere Ermeneutica ed in velocità nel mondo dell'essere in elasticità nel vuoto nel kaosmo dell'essere La velocità el'elasticità del superonde delle tempo, supercorde, metacorde, metaonde, ontoboliche o ontovarietà delle ontosingolarità quantiche, virtuali, immaginarie, transfinito, kaosmiche. L'ontologia dei modelli per l'ontofisica consente il disgelarsi della interazione ontologica ontomorfica o formattanza per le ontologie dell'elasticità Nella Gestell planckyana ontoelasticità delle ontosingolarità delle onde. Il dispiegarsi dell'ontologia dell'ontofisica consentirtà la disvelatezza della ontologia del campo immaginario, virtuale, campo transfinito trascendentale. Ontocampo cosmico utile per l'ontoelasticità virtuale immaginaria transfinita trascendente ma di più e meglio dell'interessere Nella sua isteresi virtuale immaginaria,, trascendente, kaosmica transfinita. L'ontologia del campo nellla Gestell planckyana consente il disvelarsi di modelli della topologia fluttuante per le supercorde l'ontovarietà creodale Nelle Differenze di creodi quantici, creodi gluconici o gravifotonici, quark creodi. O Di Meglio i creodi ontologici sentieri ontologici della topologia planckyana ontogenesi quantici, quarks virtuali, immaginari, transfiniti, trascendentali, kaosmici, la ontologia kaosmica qual è l'ontogenesi dei sentieri creativi Che dall'ontovarietà planckiana si disvelano nel tempo ontologico Nella velocità del tempo nel vuoto virtuale quantico immaginario, transfinito, trascendente o vuoto ontologico ritornano eternamente ed.
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L'ontologia delle singolarità creodali o virtuali immaginarie, transfinito, trascendenti, kaosmiche si eventua Nella Gestell planckiana Quali ontovarietà, cuspidali, Ellittiche, iperboliche, metaboliche, ontoboliche, è il modello della topologia fluttuante delle singolarità dei sentieri creativi con la sua isteresi pregnante di Almeno quattro valenze sinestetiche C'è di meglio per lo più l'ontologia dei sentieri creativi Nella Gestell planckyana eventua la differenza tra attanti ove l'ontologia della temporalità è caosmica, ove la temporalità si dispiega Virtualmente, ortogonalmente, canonicamente Nella Quantica supergravità. Nell'attanziale Invece c'è ancora una sinestesia o un'indeterminatezza tra la temporalità immaginaria e la transfinita trascendente: è l'ontologia dell'infinitesimno kaosmico immaginario Che Dà increspature al vuoto e crea il sentiero dell'essere o creodo ontologico metastabile ontobolico, della ontovarietà. I creodi dell'ontogenesi ontologica si gettano nel campo della Gestell o struttura ontologica planckiana ontocronie con Fluttuanti indeterminato, instabili, virtuali, immaginarie, trascendenti, transfiniti, kaosmiche, solo la differenza tra il sentiero creativo ei creodi SI Dà Quale evento della temporalità della mondità . La differenza ontologica della velocità del tempo getta sul campo diverse ontocronie da quelle più canoniche ed ortogonali qualifiche la supergravità Quantica uno Quelle più affascinanti Quali le singolarità immaginarie dal caosmo MA Nella Gestell planckiana fluttuante cripta e si decripta un sentiero creativo ove si eventua il transfinito, isteresi creodale dell'indeterminatezza tra le Differenze dovute contemplare paradigmatica dall'epistemè. Li I creodi ontologici custodiscono e disvelano SIA L'ontocronoia Quantica SIA L'Altra immaginaria superdeterminatativamente anche così ed eventuano Il tempo ontologico trascendente kaosmico. Il sentiero creativo Che si getta nel campo della Gestell planckiana E il creodo dell'ontocronia fluttuante tra le differenti velocità del tempo contemplare paradigmatica dall'epistemè: la velocità del Quantico supergravitazionale tempo, la velocità del tempo immaginario, la velocità del trascendente transfinito tempo, La velocità del kaosmico tempo ontologico. E 'evidente l'Ortogonalità della velocità della velocità del supergravitazionale Quantico tempo ancora sperimentale la velocità del tempo, superiore alla costante Fotonica, immaginario delle singolarità nichiliste cosmiche nel campo progettuale di ricerca, la presente e viva la velocità del tempo virtuale, transfinito, trascendente kaosmico: l'ontologia del tempo ove oltre all'attrattore temporale, ortogonale, strano o frattale CHE SIA, si eventua anche l'attante immaginario, l'attante transfinito, trascendente, l'kaosmico attante. L'ontologia delle ontovarietà del tempo getta nel campo della Gestell planckiana l'ontopoiesi dei sentieri creativi, le singolarità virtuali, immaginarie, trascendenti, trasfinite, kaosmiche, le singolarità ontologiche attanziali criptanti e decriptanti la velocità del tempo Prima che sia Tempo del mondo o tempo dell'esserci o tempo dell'essere nel mondo o nel tempo della mondanità tempo. Nel campo della Gestell o struttura ontologica planckiana oltre agli eventi virtuali o immaginari si gettano in interazione gli attanti degli eventi transfiniti trascendenti cosmici: è l'interessere Tra gli eventi dei sentieri creativi Che si Dà Quale topologia fluttuante delle ontovarietà dell'ontopoiesis dell'ontofisica .
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Il pensiero kaosmico è sceso nel campo dell'imprevisto frattale, ma non ancora si è gettato nel campo della Gestell immaginaria, virtuale, transfinita, trascendente. Il progranma di ricerca sui modelli per dispiegherà ontofisica l'e svelerà l'ontologia influente per l'ontopoiesis. La Gestell o struttura ontologica dei sentieri creativi Che si eventuano di fronte all'essere sono la morfogenesi virtuale immaginaria,, trascendente, transfinita, kaosmica della physis Nella sua indeterminatezza Quale gegenphysis dei virtuali, immaginari, transfiniti, trascendente, kaosmici: è l'impianto , La struttura ontologica, la montatura Che si getta nel campo della Gestell planckiana prima di fluttuare Nella frattalità degli attrattori strani delle teorie del kaos lorenziane Le sue dimensioni infinitesime non consentono una visione o previsione ma consentono l'eventuarsi delle icone morfogeniche, virtuali, immaginarie, transfinito, trascendenti, kaosmiche. Anzi le isteresi delle icone dei sentieri creativi eventua le differenza ontologica con i creodi SIA pure ontologici per disvelare l'ontofisica Che si getta di fronte dinnanzi Davanti libera e sgombra dalle Influenze della metafisica imperativa categorica della Volontà di potenza sinergetica, anche SIA Nella versione più epistemica della supergravità Quantica. I modelli ontologici delle icone consentiranno d'eventuare le icone morfogeniche, immaginarie, virtuali, trascendenti, transfiniti, kaosmiche Che si gettano nel campo della Gestell disvelano gli attanti dell'ontofisica, ontopoietici della velocità del tempo, del vuoto ontologico, dello spazio metastabile, delle ontoboliche ontovarietà. La icona è una Varietà ontologica ontobolica o un ontovarietà kaosmica Che ci sta di fronte dinnanzi sempre Davanti: i gegenikona Nella Gestell o struttura ontologica planckiana le icone dei sentieri creativi si eventuano nel vuoto ontologico ora Quali singolarità kaosmiche, leibniziane, morfogeniche di Varietà gluoniche, ora in qualità di singolarità immaginarie ontogeniche di Varietà cuspidali, Ellittiche, i quark. Nell'isteresi degli eventi della Gestell o struttura ontologica planckiana, le Varietà iperboliche si alternano uno quelle paraboliche il Loro interesserci, intersein, SI Dà qualifiche Ikone del vuoto ontopoietico fluttuante e dispiegante singolarità virtuali immaginarie, trascendenti transfiniti, kaosmiche L'ontofisica consente di eventuare modelli ontologici anche per le singolarità immaginarie, supergravitazionali o kaosmiche: Immagina Quali attrattori unidirezionali e per simmetria, o supersimmetria, aggettanti intermittenze quantiche cosmiche,. Ma un modello ontofisico si possono eventuale Varietà ove l'attente SI SIA presenta in tutte le direzionalità kaosmiche, in Che micro o macro mega, Giacchè i sentieri creativi morfoattanti si gettano in campo globale: Ogni infinitesimo per ontogenesi si eventua Quale singolarità non solo Virtuale anche immaginaria, trascendente, transfinita, kaosmica.
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Giacchè lì la temporalità si Svela trascendente ontopoietica, ma anche disvela la sua differenza ontologica Attraverso le increspature metastabili Che creano i sentieri irreversibili nel tempo dell'esserci Nella Gestell o struttura ontologica planckiana. Morfogenicamente i modelli ontologici eventuano le morfoattanze o le interazioni della Gestell di Planck delle ontofisica: nel disvelare le singolarità della temporalità ellittica la temporalità virtuale parabolica la temporalità transfinita iperbolica la metabolica temporalità dei sentieri creativi delle kaosmiche ontoboliche. Lì Nella Gestell-Planck si eventuano reversibili MA Nella gettatezza cosmica appaiono irreversibili, ma sempre kaosmici. Il modello ontologico consente di eventuare l'oltre del futuro Che ancora non c'è anche della nuova fisica teorica sperimentale Risorta Dalla superpotenza di calcolo Quelle Varietà classica emersa cromagmatica cromodinamica Nella SI disvelerà Quale singolarità virtuale o immaginaria dell'indeterminatezza del gluone-quark Dell 'Quantica intermittenza della Gestell planckiana. Il glu-quark è la virtuale singolarità intermittente della Gestell dell'indeterminatezza Quale creodo ontologico.
Festa per me è sinonimo di fuochi artificiali. Quand'ero bambina l'anno scolastico si concludeva con la festa di Sant'Antonio. Al mattini la Messa e il banco di beneficenza. La sera i fuochi artificiali. Occhi sgranati per la meraviglia, cuore che palpita all'unisono con i cuori degli altri. A Torino i fuochi ci sono per San Giovanni, Patrono della città. In Francia il 14 luglio, la presa della Bastiglia, la Festa della Repubblica.
Sempre vivo io, si vive, la stessa atmosfera di gioia e comunanza, lo stesso clima di festa. Si ripetono nel tempo (il legame con la tradizione) ma mai totalmente identici. Accanto agli elementi fissi di anno in anno ci sono variazioni che fanno cogliere il trascorrere del tempo. Ognuno ha un ricordo individualizzato nella memoria collettiva.
Tempo ciclico, tempo soggettivo non lineare, struttura, storia.
Nei fuochi artificiali c'è traccia del fuoco naturale, selvaggio che è stato addomesticato, dell'appropriazione del fuoco, dei rapporti tra il fuoco e l'uomo, delle tecniche per produrlo, utilizzarlo, conservarlo ma anche per dare forma, visibilità e memoria al proprio immaginario con i racconti attorno al fuoco, con le ombre che la luce della fiamma proietta su di un telo.
Nella festa si vive insieme uno stato di effervescenza nel quale la comunità che vi partecipa diventa visibile a se stessa come tale. Cadono le barriere artificiali di status, di classe, di gruppo e la società diventa comunità armonica che prova piacere. Finalità della festa, qualunque forma abbia, è quella di provare piacere. Piacere estetico. Piacere nel riconoscere lo stesso piacere provato negli altri. Il piacere prodotto dall'esperienza vissuta nel tempo della festa fa sì che sia ricordata nella memoria ed anticipata nell'immaginazione. E' riconoscendo il sé negli altri e gli altri nel sé che si accede allo spirito festivo; per questo la festa accresce solidarietà e rinnova il legame sociale.
Festa spontanea. Festa gratuita. Festa che sovverte il quotidiano: il tempo, lo spazio, i rapporti. Tempo e spazio sono lasciati all'immaginario. Il tempo della festa è un tempo sociale, mediazione tra il tempo matematico lineare scandito dall'orologio e la soggettiva solitaria percezione del tempo. Un tempo senza l'ansia di programmare, di prenotare, di arrivare in ritardo, di fare code, di dover scegliere. Cadono le barriere artificiali tra le persone. L'essenza della festa sta nell'esperienza immediata e senza ostacoli di rapporti che non è lecito o non è facile percepire nella realtà quotidiana perché nella festa non ci sono utenti, non ci sono spettatori ma chi ospita e chi è ospitato. Utenti, attori, spettatori li lasciamo ai festival, alle rassegne, ai concorsi. Nella festa accade un accrescimento di senso, perché ri-unisce nell'esperienza ciò che normalmente è separato: le parti frammentate del sé e della società, i cui effetti si prolungano nella società del quotidiano.
L'organizzazione della festa è invece un lungo e faticoso lavoro e per questo la comunità si impegna da un anno all'altro per la sua preparazione: perché la festa dà senso a ciò che nel quotidiano sfugge al sens
della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze (a.a. 2001-02 e 2002-03) e presso il Corso
Commissario: Andrea Pinotti
CANDIDATO: PLESCIA Giacinto
Il dott. arch. Giacinto Plescia si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 con una tesi in Analisi e modelli matematici dal titoloPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità. Ha frequentato tra il 2003-04 e il 2006-07 due corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Dichiara di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, su argomenti relativi ad ambiti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione comparativa. Unitamente alla domanda, e non in separato plico, ha inviato due pubblicazioni: la prima (intitolata Ontologia della physis), che costituisce la tesi per il corso di perfezionamento in Filosofia dell’anno 2003-04, non è in alcun modo pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa; la seconda (intitolata Archematica della distopia), oltre a non essere pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, è inoltre scritta con altri coautori senza che sia possibile discernere il contributo individuale del candidato.
Commissario: Fabrizio Desideri
Dopo essersi laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 con una tesi in Analisi e modelli matematici dal titoloPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità, il dott. arch. Giacinto Plescia ha frequentato tra il 2003 e il 2007 corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso l’Università di Firenze. Il dott. Plescia dichiara anche di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, e tuttavia su argomenti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione. Solo unitamente alla domanda, e non con plico separato, ha inviato due articoli, il primo dei quali, Ontologia della physis, non risulta pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione; il secondo, Archematica della distopia, non risulta pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, e risulta inoltre scritto in collaborazione con altri coautori senza che sia possibile discernere il contributo individuale del candidato.
Commissario: Salvatore Tedesco
Il dott. arch. Giacinto Plescia si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 con una tesi in Analisi e modelli matematici dal titolo
disciplinare della presente valutazione comparativa; la seconda (intitolataPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità. Ha frequentato tra il 2003-04 e il 2006-07 due corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Dichiara di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, su argomenti relativi ad ambiti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione comparativa. Unitamente alla domanda, e non in separato plico, ha inviato due pubblicazioni: la prima (intitolata Ontologia della physis), che costituisce la tesi per il corso di perfezionamento in Filosofia dell’anno 2003-04, non è in alcun modo pertinente all’ambito Archematica della distopia), oltre a non essere pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, è inoltre scritta con altri coautori senza che sia possibile discernere il contributo individuale del candidato.
Commissario: Andrea Pinotti
GIUDIZI COLLEGIALI
CANDIDATO: ARIEMMA Tommaso
Il dottor Tommaso Ariemma si è laureato nel 2003 in Filosofia Morale con una tesi dal titolo
Per tutti questi motivi le pubblicazioni del dott. Ariemma, pur avviate verso la definizione di un interessante ambito di ricerca e tematicamente congruenti con il settore scientifico-disciplinare M-Fil/04 (Estetica), danno prova di uno studioso promettente, ma ancora in fase di formazione.Fenomenologia dell’estremo, presso l’Università di Napoli Federico II. Nel 2007 ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Parma con una tesi dal titolo Logica della singolarità, antiplatonismo e ontografia in Deleuze, Derrida, Nancy. Risulta titolare di una borsa di studio presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. Dal 2004 al 2007 è stato cultore di Estetica e quindi di Ermeneutica e Filosofia del Linguaggio presso l’Università di Napoli Federico II. Ha svolto attività editoriale. Annovera nel suo curriculum numerose pubblicazioni, tra libri, saggi e articoli. Per la presente valutazione comparativa indica 11 pubblicazioni: 3 libri e 8 tra schede, articoli e saggi su riviste e contributi a volumi collettanei.Fenomenologia dell’estremo. Heidegger, Rilke, Cézanne, Mimesis, Milano 20005; Il nudo e l’animale. Filosofia dell’esposizione, Editori Riuniti, Roma 2006; Il senso del nudo, Mimesis, Milano 2007 sono i titoli delle tre monografie, la più impegnativa delle quali è senz’altro la prima, dedicata alla questione dell’eccedenza dell’essere a partire da Heidegger, letto soprattutto attraverso il filtro del decostruzionismo di Derrida. Il campo della riflessione filosofica è produttivamente posto in relazione con la poesia di Rilke e la pittura di Cézanne. Alcuni dei temi presenti nella monografia, e in specie quello dell’animalità e quello della temporalità fra Husserl e il pensiero francese contemporaneo (Merleau-Ponty, Henry, Bataille, Derrida, Deleuze, Nancy) sono oggetto di ulteriore riflessione sia nelle due successive monografie che in alcuni dei contributi più brevi. Il tentativo è quello di enucleare un’estetica della corporeità (colta nel suo presentarsi innanzitutto come nudità e animalità) che intende collocarsi al di fuori della tradizionale riflessione sul corpo elaborata dalla cosiddetta metafisica occidentale. Si apprezza la fedeltà della ricerca ad alcune tematiche (nudo/animalità, la pittura e la temporalità), che qualifica quella del candidato come una prospettiva intellettualmente vivace. Si rilevano tuttavia qualche approssimazione nell’accertamento filologico e qualche fragilità nell’approfondimento testuale. Non sempre chiaramente individuabili risultano infine, nella ricchezza delle citazioni riportate, le posizioni critiche del candidato.
CANDIDATO: CANTELLI Chiara
La dott.ssa Chiara Cantelli si è laureata in Filosofia nel 1991 presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi dal titolo "L’estetica di Solov’ev"; nel 1997 ha conseguito presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bologna il titolo di Dottore di Ricerca in Filosofia (Estetica) con la dissertazione
(
Per quel che poi concerne il profilo scientifico-didattico della candidata, risultano degni di rilievo: 1) l’attività svolta in qualità di assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze per il periodo marzo 2001-marzo 2003; 2) le prestazioni di servizio con la qualifica di ricercatore a tempo determinato per i periodi dal 1 ottobre 2005 al 30 settembre 2006, dal 1 ottobre 2006 al 30 settembre 2007 e dal 1 febbraio 2008 ad oggi per lo svolgimento delle seguenti ricerche (in ordine): "Il pensiero filosofico-religioso russo tra Otto e Novecento e le teorie estetiche delle avanguardie russe" e "Platonismo e fenomenologia nella filosofia russa del Novecento, con particolare riferimento al rapporto tra forma, immagine ed opera d’arte"; 3) le attività seminariali tenute presso il Corso di Laurea in Filosofia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze (a.a. 2001-02 e 2002-03) e presso il Corso di Laurea in Educatore professionale della Facoltà di Scienze della Formazione della medesima Università (a.a. 2004-05, 2005-06 e 2007-08); 4) la responsabilità del Laboratorio di Estetica all’interno del Corso di Laurea in Educatore professionale della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze per gli a.a. 2004-05, 2005-06 e 2007-08.
Per tutti i motivi qui addotti la dott.ssa Chiara Cantelli presenta un profilo scientifico-didattico articolato e maturo, nonché pienamente congruente con il settore scientifico-disciplinare M-Fil/04 (Estetica).Simbolo e mito in Vja?eslav Ivanovi? Ivanov: Parola e immagine nel simbolismo russo. Dal punto di vista della produzione scientifica, ai fini del Concorso in oggetto la dott.ssa Cantelli presenta: 2 volumi monografici dedicati rispettivamente alla dimensione estetica del pensiero di Solov’ev (La bellezza salverà il mondo. Saggio su Vladimir S. Solov’ev, CUEM, Milano 1996) e di Ivanov (Simbolo e icona. Estetica e filosofia pratica nel pensiero di Vja?eslav I. Ivanov, Pendragon, Bologna 2000); un volume introduttivo a carattere antologico sul rapporto tra filosofia ed espressione artistica (La filosofia e l’espressione artistica, Loescher, Torino 2006); le parti da lei scritte di un volume dedicato alla ricostruzione complessiva dell’estetica occidentale Storia dell’estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze, Carocci, Roma 2008) del quale è coautrice insieme a Fabrizio Desideri (in dettaglio i capp. 1-4, nonché diversi §§ dei capp.5-7); 8 tra saggi e articoli apparsi in riviste e in volumi collettanei, tutti dedicati a sondare temi e problemi di assoluta rilevanza per la comprensione del pensiero estetico russo tra Otto e Novecento (dalla questione della corporeità nella sofiologia russa all’importanza della rivalutazione teologico-filosofica dell’icona da parte di Bulgakov e Florenskij per lo sviluppo delle avanguardie artistiche russe, in particolare del costruttivismo). Come dimostrano ampiamente le due già citate monografie dedicate rispettivamente a Solov’ev e ad Ivanov, la dott.ssa Cantelli ha approfondito con coerenza di sviluppi e maturità di risultati un filone di studi, quello relativo alla dimensione estetica del pensiero sofianico russo, che nel panorama scientifico-accademico italiano può vantare ben pochi specialisti. Tra questi ultimi si inserisce a pieno titolo la produzione della candidata, non solo per la capacità di scandagliare opere concettualmente complesse come quelle di Solov’ev, Ivanov, Florenskij e Fëdorov (chiarendone sia il necessario sfondo teologico sia la radice platonica e neoplatonica), ma anche per la sensibilità che dimostra nel mettere in correlazione le nozioni estetico-filosofiche al centro della speculazione dei suddetti autori (in particolare quelle di simbolo, di immagine e di opera d’arte) con le nuove forme artistiche delle avanguardie russe. Seppur la prova più matura per la ricchezza di riferimenti critici alla letteratura secondaria (spesso disponibile solo in lingua russa) e la compiutezza del quadro analitico-interpretativo sia a tale proposito la monografia dedicata ad Ivanov, particolarmente apprezzabile risulta già il primo volume sul pensiero di Solov’ev, che offre anche un quadro particolarmente convincente dei presupposti estetico-filosofici del formalismo astratto. Spiccata sensibilità estetologica la candidata dimostra inoltre in saggi come La profezia dell’opera d’arte assoluta. Estetica e cosmologia in Nikolaj F. Fëdorov (2003) eL’oggetto artistico nelle avanguardie russe: tra icona e costruttivismo (2006). Se per questa direzione della sua ricerca la dott.ssa Cantelli inserisce i suoi studi nell’orizzonte tematico-disciplinare dell’Estetica, va senz’altro aggiunto che lo fa non trascurando contesti e problematiche storico-filosofiche più generali, come dimostra in particolare l’ampia voce "Russia" scritta per l’Enciclopedia filosofica (Bompiani, Milano 2006) e dedicata ad una ricostruzione complessiva del pensiero filosofico russo dalle sue origini fino agli anni ’90 del secolo scorso. Come confermano poi i capp. 1-4 della citata Storia dell’estetica occidentale (riguardanti gli sviluppi del pensiero estetico prima della nascita di un’Estetica in senso proprio: dall’antichità greca e romana fino all’età barocca) nonché i paragrafi dedicati a temi settecenteschi o ad autori otto- e novecenteschi come Schopenhauer, Kierkegaard, Lukács, Bloch, Marcuse, la produzione scientifica della dott.ssa Cantelli si muove con agio, puntualità filologica e originalità di prospettive analitico-ricostruttive non solo nell’ambito specialistico dell’estetica russa otto-novecentesca, ma anche in quello più ampio della storia del pensiero estetico nel suo complesso.
CANDIDATO: PLESCIA Giacinto
Il dottor arch. Giacinto Plescia si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 discutendo una tesi in Analisi e modelli matematici dal titoloPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità. Ha frequentato tra il 2003-04 e il 2006-07 due corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Dichiara di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, su tematiche relative ad ambiti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione comparativa. Unitamente alla domanda, e non in separato plico, ha inviato due pubblicazioni: la prima (dal titolo Ontologia della physis), che costituisce la tesi per il corso di perfezionamento in Filosofia dell’anno 2003-04, non è pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa e comunque oscura nel dettato; la seconda (intitolata Archematica della distopia), oltre a non essere pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, è inoltre scritta con altri coautori senza che si possa individuare lo specifico contributo individuale del candidato.
VALUTAZIONE DEGLI ELABORATI DELLA PRIMA PROVA SCRITTA
L’elaborato svolge assai succintamente, seppur in maniera pertinente, il tema della genesi del sublime moderno nell’estetica del Settecento. Il nome di Burke è appena evocato, e assai scarna risulta la trattazione del sublime in Kant. In questi limiti, il dettato è chiaro e l’esposizione corretta. Manca qualsiasi riferimento sia alla differenza fra sublime antico e moderno, sia al motivo della genesi di quest’ultimo. In assenza di questi elementi di approfondimento, la trattazione è scarsamente originale.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione è piuttosto scarna, decisamente manualistica e fondata piuttosto riduttivamente su una lettura elementare delle origini della disciplina estetica, e per quel che riguarda nello specifico la questione del sublime in modo quasi esclusivo su Burke (del quale è offerta una lettura assai scarna), sul Kant della Terza Critica e la sua ripresa in Schiller; l’esposizione, con questi limiti, è tuttavia chiara e ordinata.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
L’elaborato presenta un’architettura ordinata e si caratterizza per un’esposizione chiara dell’argomentazione. Questa è tuttavia solo parzialmente pertinente rispetto al tema assegnato su "La genesi del sublime moderno nell’estetica del Settecento", poiché carente nell’illustrazione del momento genetico del sublime moderno nei confronti del sublime antico (manca un approfondimento dei rapporti della cultura estetica settecentesca con l’antico trattato pseudo-longiniano), ed eccessivamente sintetica: gli autori trattati risultano essere solo Burke, Kant e Schiller, e le rispettive teorie del sublime sono più tratteggiate che non analizzate. Si avverte la mancanza di un più ampio riferimento al complesso dibattito settecentesco sulla questione del
sublime. Nel complesso lo scritto, privo di una sua originalità interpretativa, sconta i limiti di un approccio manualistico e l’assenza di un approfondimento storico-critico.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 2
La trattazione non è sempre pertinente al tema proposto, in quanto affronta la questione del sublime più in maniera speculativa che storico-critica. Per di più l’esposizione difetta di chiarezza e di sviluppo argomentativo. L’originalità è cercata più nello stile evocativo che nelle tesi sostenute, peraltro difficili da enucleare nella loro articolazione concettuale.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
Dopo aver individuato, piuttosto brevemente, alcuni dei referenti antichi e moderni della questione del sublime, la trattazione vira decisamente verso un dettato affidato prevalentemente a una prosa evocativa, alquanto scarna nelle analisi effettivamente proposte. Proprio il carattere allusivo e pieno di suggestione della trattazione ne inficia alquanto la chiarezza espositiva, senza peraltro apportare significativi contributi di approfondimento teorico.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
Il dettato è spesso di difficile comprensione a causa di una scrittura suggestiva, ma non circostanziata e supportata da analisi testuali. Pur elencando le caratteristiche che tradizionalmente accompagnano l’esperienza del sublime, quest’ultima è trattata soprattutto nelle sue origini antiche (Pseudo-Longino) e alla luce di autori novecenteschi (in particolare attraverso il filtro della terminologia ontologica di Heidegger), mentre manca, a parte un iniziale e finale fuggevole riferimento a Kant, ogni riferimento agli autori settecenteschi, come richiesto dal titolo del tema: ciò rende l’elaborato solo parzialmente pertinente rispetto al tema assegnato. La competenza scientifica della trattazione appare decisamente fragile.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 3
L’elaborato sviluppa il tema proposto delineando un quadro coerente e bene articolato della genesi del sublime moderno. Dopo aver richiamato la concezione antica del sublime espressa nel trattato dello Pseudo-Longino, viene analizzata la trasformazione di questo concetto a partire dalla traduzione secentesca di tale opera da parte di Boileau; a questo proposito, ampio spazio viene dato alla fortuna che la tematica del sublime conobbe nella filosofia e più in generale nella cultura inglese del Settecento: da Dennis, a Addison, alla cruciale opera di Burke, analizzata nella ricchezza delle sue articolazioni ed in particolare nell’opposizione fra bello e sublime che la connota. Tale opposizione è quindi ripresa nella parte conclusiva dell’elaborato, dove si affronta la posizione kantiana, della quale si mette bene in luce come il sublime non riguardi più la natura fuori di noi, ma un sentimento dell’animo umano: quello della nostra dignità morale e della nostra destinazione sovrasensibile. L’esposizione è sempre caratterizzata da chiarezza argomentativa, e dimostra una solida preparazione storica e buone doti di approfondimento teorico originale.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione, ampia, ricca e ben informata, muove dalle origini antiche della questione del sublime, illustra i caratteri della "riscoperta" del trattato longiniano da parte di Boileau, e procede quindi verso l’estetica settecentesca. Convincente l’analisi del dibattito inglese, da Dennis, a Addison, oggetto di una lettura approfondita, a Baillie e Akenside, alla svolta decisiva costituita attorno alla metà del secolo da Burke, la cui teoria del sublime è letta per un verso sullo sfondo delle analisi storiche sin lì condotte, per l’altro attraverso una messa in parallelo della
tematizzazione del bello e del sublime. L’analisi procede ulteriormente con la disamina della posizione kantiana, analisi anch’essa condotta con piglio sicuro. In conclusione la trattazione è chiara, ricca e ordinata, scientificamente assai valida e senz’altro piacevole alla lettura.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
L’elaborato, di ampio respiro storico-critico, analizza approfonditamente le vicende della categoria del sublime dalle origini antiche nel trattato dello Pseudo-Longino fino agli esiti tardo-settecenteschi kantiani. L’arco temporale esaminato permette un confronto convincente fra sublime antico e moderno: quest’ultimo è colto nel suo nascere contemporaneamente al costituirsi dell’estetica come disciplina autonoma. A tal riguardo, muovendo dall’interpretazione tardo-seicentesca di Boileau e dai rapporti del sublime con il bello nella tradizione classicistica, si segue il progressivo svincolarsi del concetto di sublime dalla tradizione retorico-stilistica. Dopo aver dedicato particolare attenzione all’ambito britannico (Dennis e Addison interpreti del
GIUDIZI COLLEGIALI
ELABORATO N. 1Paradiso perduto di Milton, ed Edmund Burke, di cui vengono illustrati la differenziazione fra pleasure e delight e la concezione del terribile), lo scritto si conclude sottolineando l’esito kantiano di questa parabola, contrassegnato da un fondamentale equilibrio fra potenziamento e depotenziamento. Sotto il profilo della pertinenza al tema assegnato, della competenza scientifica e dell’originalità della trattazione, l’elaborato si rileva pienamente soddisfacente. Commissario dott. Andrea Pinotti La trattazione è piuttosto scarna, limitandosi a citare l’opera di Burke senza analizzarne le scansioni concettuali relative all’opposizione fra bello e sublime. Appena manualistico è poi l’esame del sublime nella Terza Critica di Kant. Manca infine un’illustrazione del momento genetico del sublime moderno nei confronti del sublime antico. Nel quadro di questi limiti l’esposizione è comunque chiara e ordinata. L’elaborato risulta nel complesso solo parzialmente pertinente al tema assegnato, rivela una limitata competenza scientifica, ed è scarsamente originale sotto il profilo storico-critico.
ELABORATO N. 2La trattazione non è sempre pertinente al tema proposto, in quanto affronta la questione del sublime più in maniera speculativa che storico-critica. L’esposizione manca di chiarezza e non è supportata da adeguate analisi testuali. Manca, a parte un iniziale e finale riferimento a Kant, ogni riferimento agli autori settecenteschi, come richiesto dal titolo del tema. Nel complesso l’elaborato risulta carente sul piano della competenza scientifica e privo di originalità interpretativa.
ELABORATO N. 3L’elaborato sviluppa il tema proposto delineando un quadro coerente e bene articolato della genesi del sublime moderno. L’esposizione è caratterizzata da chiarezza argomentativa e dimostra un’ottima competenza scientifica quanto all’oggetto trattato. Il quadro storico delineato è di ampio respiro, muovendo dalla riflessione antica, mostrandone analogie e differenze con l’impostazione moderna, ed esaminando nel dettaglio il dibattito da Boileau a Dennis, da Addison a Burke. Molto pertinente risulta essere la parte dedicata a Kant. Per questi motivi l’elaborato rivela una solida preparazione storica e buone doti nell’approfondire in maniera originale l’argomento assegnato.
VALUTAZIONE DEGLI ELABORATI DELLA SECONDA PROVA SCRITTA
Il tema è svolto in maniera solo in parte pertinente, non venendo concettualmente articolata la questione della dimensione cognitiva o meno del giudizio estetico. Si tratta per lo più di una rassegna di posizioni contemporanee, da Garroni a Stiegler, intorno al nesso fra estetica, ontologia e tecnica. Nessun riferimento esplicito vi è alla tesi kantiana relativa al giudizio estetico come anticipazione della forma di una conoscenza in generale. Interessante ma non adeguatamente sviluppata l’opposizione fra orientamento disorientamento del pensiero. Sotto il profilo dell’originalità, la trattazione è carente. Non risulta chiara, ed è per di più slegata dal resto della trattazione, l’affermazione conclusiva secondo cui il nesso fra giudizio estetico e cognizione andrebbe visto alla luce di una filosofia dell’esposizione.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione affronta la Terza Critica e più in generale la riflessione kantiana attraverso alcune recenti letture italiane e francesi. La rassegna è essa stessa piuttosto carente, e solo parzialmente aderente al tema proposto; la continua alternanza fra i diversi riferimenti rende l’esposizione poco chiara, e scarsamente evidente la proposta di una tesi interpretativa coerente.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
L’elaborato offre una sintesi, limitata al panorama italiano e francese, delle principali posizioni del dibattito filosofico degli ultimi decenni intorno alle implicazioni cognitive e ontologiche dell’estetica kantiana. Pur dimostrando un’apprezzabile capacità nell’esaminare le differenti posizioni, non appaiono sempre nettamente individuabili la tesi interpretativa e la corrispondente prospettiva critica dell’autore dell’elaborato rispetto alle tesi altrui, soprattutto considerando che il concetto di "filosofia dell’esposizione" (con cui si chiude la trattazione e al quale l’elaborato sembrerebbe affidare la propria tesi) non viene chiaramente esplicitato e argomentato, e ciò impedisce pertanto di accertare un’eventuale originalità di tale posizione. Non adeguatamente focalizzata risulta infine la relazione fra giudizio estetico e cognizione: ciò rende l’elaborato non pienamente pertinente rispetto al tema assegnato.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 2
La trattazione non è pertinente al tema assegnato, l’esposizione manca di chiarezza e di articolazione concettuale, ripetendo termini filosofici come "episteme", "parousia", "logos", "Gegenstand", più evocandone la suggestione che articolandone i concetti. Piuttosto che sviluppare il rapporto fra giudizio estetico e cognizione, si evoca il tema del sublime kantiano, e la differenza stabilita dallo stesso Kant fra bellezza libera e aderente. In una trattazione che dimostra scarsa competenza riguardo al tema trattato non si può di conseguenza parlare di originalità.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione non è coerente col tema proposto. Il dettato si riduce a una variazione su alcuni temi fissi, scelti per il loro potere evocativo e più volte iterati, piuttosto che autenticamente approfonditi e fatti oggetto di analisi critica. Assai scarsa la competenza scientifica mostrata, e addirittura non valutabile l’originalità teorica, in assenza di qualsiasi presa in carico dei temi proposti dalla traccia assegnata.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
La trattazione, caratterizzata da un linguaggio evocativo e da un oscuro gergo filosofico, ridondante di termini tecnici appartenenti alla lingua greca e tedesca non adeguatamente giustificati, rende impossibile l’accertamento di una sufficiente competenza scientifica e di un’eventuale originalità
delle posizioni assunte. Sotto il profilo della pertinenza rispetto al tema assegnato, relativo al giudizio estetico e alle sue implicazioni cognitive, l’elaborato è del tutto inadeguato.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 3
La trattazione è pienamente pertinente al tema, sviluppando la questione del rapporto fra giudizio estetico e cognizione a partire dall’emergere settecentesco dell’estetica come dimensione autonoma del discorso filosofico, con riferimenti puntuali sia all’empirismo di Hume, sia al razionalismo di Baumgarten. Gran parte dell’elaborato analizza quindi la posizione kantiana, mettendo bene in luce nella complessità delle sue articolazioni la tesi secondo la quale nel giudizio estetico è anticipata la forma di una conoscenza in generale. Tale tesi viene quindi sviluppata con originalità in direzione dell’esteticità implicita presupposta in ogni comprendere. Interessanti e pertinenti i riferimenti alla nozione di sopravvenienza estetica sviluppata nell’ambito dell’estetica analitica e a quella di spazio estetico definita da Cassirer. L’esposizione è chiara nel dettato e perspicua nelle sue articolazioni concettuali.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
Il candidato attraversa in modo intelligente e maturo il pensiero filosofico del Settecento, da Hume, al razionalismo tedesco, a Kant, considerato quale punto di arrivo del dibattito del suo secolo. La posizione kantiana, come già quella di Hume, viene analizzata in modo penetrante e persuasivo nella relazione fra oggettività del giudizio conoscitivo e soggettività del giudizio di gusto e nelle implicazioni che ne seguono quanto al carattere riflessivo del giudizio estetico, anticipazione di una conoscenza in generale. L’esposizione è chiara e piacevole, dimostra buona competenza nella sua impostazione metodica, e originalità sul piano teorico.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
La trattazione, caratterizzata da un ampio respiro storico-critico e da una notevole capacità di approfondimento teorico, prende le mosse da alcune figure fondamentali del pensiero settecentesco (come Hume, Baumgarten, Kant) per confrontarne le rispettive modalità di istituire una relazione fra giudizio estetico e cognizione. Particolare attenzione è dedicata a uno scrupoloso esame del tema assegnato nel contesto della dottrina estetica kantiana: l’elaborato enuclea in modo efficace ed originale le differenze fondamentali fra giudizio estetico e giudizio teoretico-conoscitivo e illumina con sicura competenza la questione della bellezza aderente. Altresì convincenti risultano i riferimenti a cruciali momenti del dibattito contemporaneo, quali Cassirer e alcuni aspetti dell’estetica analitica.Commissario dott. Andrea Pinotti
GIUDIZI COLLEGIALI
ELABORATO N. 1
esplicitato e argomentato, e impedisce pertanto di accertare un’eventuale originalità di tale posizione.Il tema è svolto in maniera solo in parte pertinente, non venendo concettualmente articolata la questione della dimensione cognitiva o meno del giudizio estetico. La trattazione affronta la Terza Critica e più in generale la riflessione kantiana attraverso alcune recenti letture italiane e francesi. La rassegna è essa stessa piuttosto carente, e solo parzialmente aderente al tema proposto. Nessun riferimento esplicito vi è alla tesi kantiana relativa al giudizio estetico come anticipazione della forma di una conoscenza in generale. Non appaiono sempre nettamente individuabili la tesi interpretativa e la corrispondente prospettiva critica dell’autore dell’elaborato rispetto alle tesi altrui, soprattutto considerando che il concetto di "filosofia dell’esposizione" (con cui si chiude la trattazione e al quale l’elaborato sembrerebbe affidare la propria tesi) non viene chiaramente
ELABORATO N. 2
La trattazione non è pertinente al tema assegnato, l’esposizione manca di chiarezza e di articolazione concettuale. Assai scarsa la competenza scientifica mostrata, e addirittura non valutabile l’originalità teorica, in assenza di qualsiasi sviluppo adeguato del rapporto tra cognizione e giudizo estetico.ELABORATO N. 3
La trattazione è pienamente pertinente al tema, sviluppando la questione del rapporto fra giudizio estetico e cognizione a partire dal delinearsi nel Settecento dell’estetica come dimensione autonoma della filosofia, con riferimenti puntuali sia all’empirismo di Hume, sia al razionalismo di Baumgarten. La posizione kantiana viene analizzata in modo penetrante e persuasivo nella relazione fra oggettività del giudizio conoscitivo e soggettività del giudizio di gusto e nelle implicazioni che ne seguono quanto al carattere riflessivo del giudizio estetico, anticipazione di una conoscenza in generale. Interessanti risultano i riferimenti a cruciali momenti del dibattito contemporaneo, quali Cassirer e alcuni aspetti dell’estetica analitica. L’esposizione è chiara sia nel dettato sia nelle sue articolazioni concettuali. Nel complesso l’elaborato dimostra un’ottima competenza scientifica circa il tema affrontato, e rivela un originale impianto interpretativo.OMISSIS
la commissione apre le buste piccole e constata che:
gli elaborati n. 1 appartengono al sig. ARIEMMA Tommaso gli elaborati n. 2 appartengono al sig. PLESCIA Giacinto gli elaborati n. 3 appartengono alla sig.ra CANTELLI ChiaraOMISSIS
PROVA ORALE
GIUDIZI INDIVIDUALI
CANDIDATO ARIEMMA TOMMASO
Il candidato risponde in maniera chiara e pertinente alla prima domanda. Apprezzabile lo sforzo di spiegare la nozione di "filosofia dell’esposizione". La risposta alla seconda domanda non è sempre pertinente e denota poca dimestichezza con l’opera di Burke. Migliore la risposta relativa a Kant. Nella risposta alla terza domanda il candidato dà prova dei suoi interessi relativi ai più recenti dibattiti sul rapporto tra neuroscienze ed estetica, ma non chiarisce del tutto il nesso tra animalità e sensibilità in una prospettiva estetologica. Commissario prof. Desideri Fabrizio
Il candidato risponde in maniera soddisfacente al primo quesito, pur con qualche lacuna nelle giustificazioni argomentative delle proprie posizioni; risponde in modo piuttosto vago a proposito della teoria del sublime di Burke; risponde infine in modo solo parzialmente pertinente all’ultima questione.Commissario prof. Tedesco Salvatore
Alla prima domanda il candidato risponde in modo pertinente, esplicitando il senso dei concetti di "fenomenologia dell’estremo" e di "filosofia dell’esposizione"; rivela nella risposta alla seconda domanda lacune storico-critiche specie relativamente al pensiero estetico del Settecento inglese;
argomenta in modo soddisfacente riguardo al terzo quesito, anche se non sempre chiaramente individuabile è la sua posizione teorica rispetto alle dottrine dell’animalità cui egli fa riferimento.Commissario dott. Pinotti Andrea CANDIDATA CANTELLI CHIARA
La candidata risponde in maniera pertinente e chiara alla prima questione, ben argomentando il rapporto tra la concezione del simbolo di Ivanov e quella di Florenskij e dimostrando ottima competenza scientifica in merito; la risposta alla seconda domanda è ben articolata ed efficace; quanto al terzo quesito, la candidata mostra una approfondita consapevolezza storico-critica dei complessi rapporti intercorsi tra teologia e filosofia dell’icona e avanguardie artistiche nella Russia del primo Novecento. Commissario prof. Desideri Fabrizio
La candidata risponde in modo preciso e ben argomentato a tutti i quesiti, offrendo una convincente analisi della teoria dell’icona e del simbolo in Ivanov e Florenskij e dei rapporti con le avanguardie russe; nella risposta alla seconda domanda delinea con chiarezza e competenza il ruolo dell’immaginazione nel pensiero estetico kantiano.Commissario prof. Tedesco Salvatore
La candidata illustra con ampiezza di riferimenti e notevole capacità analitica le analogie e differenze tra Ivanov e Florenskij, come richiesto dal primo quesito; nella seconda risposta si diffonde in una disamina approfondita del ruolo giocato dall’immaginazione nell’estetica kantiana; tratteggia nella terza risposta in modo convincente i complessi rapporti tra arte sacra e avanguardie russe del primo Novecento.Commissario dott. Pinotti Andrea
CANDIDATO PLESCIA GIACINTO
Il candidato risponde in maniera vaga alla prima questione, non chiarendo cosa intenda per "ontologia della physis"; rispetto alla seconda domanda la risposta è stata solo parzialmente pertinente; nella terza domanda il candidato ha rivelato gravi lacune storico-critiche circa l’opera platonica in relazione alla questione della bellezza. Commissario prof. Desideri Fabrizio
Il candidato risponde al primo quesito ricorrendo in maniera allusiva ed evocativa ad una terminologia non sufficientemente padroneggiata; non coglie in modo sufficiente il senso delle relazioni fra sublime antico e moderno; infine risponde in modo del tutto insufficiente al terzo quesito.Commissario prof. Tedesco Salvatore
Nel rispondere alla prima domanda il candidato non esamina con sufficiente chiarezza argomentativa il rapporto fra estetica e ontologia; nella seconda risposta si rilevano imprecisioni relativamente alla teoria pseudo-longiniana e kantiana del sublime; quanto alla terza domanda, il candidato mostra una lacunosa conoscenza dei dialoghi platonici relativi alla filosofia del bello.Commissario dott. Pinotti Andrea
GIUDIZI COLLEGIALI
CANDIDATO ARIEMMA TOMMASO
spiegare la nozione di "filosofia dell’esposizione"; rivela nella risposta alla seconda domanda lacune storico-critiche specie relativamente al pensiero estetico del Settecento inglese; nella risposta alla terza domanda il candidato dà prova dei suoi interessi relativi ai più recenti dibattiti sul rapporto tra neuroscienze ed estetica, ma non chiarisce del tutto il nesso tra animalità e sensibilità in una prospettiva estetologica.Il candidato risponde in maniera chiara e pertinente alla prima domanda. Apprezzabile lo sforzo di
CANDIDATA CANTELLI CHIARA
La candidata articola in maniera pertinente e chiara la prima questione, dimostrando ottima competenza scientifica nell’esporre il rapporto tra la concezione del simbolo di Ivanov e quella di Florenskij; nella seconda risposta affronta efficacemente il ruolo giocato dall’immaginazione nell’estetica kantiana; quanto al terzo quesito la candidata mostra una matura consapevolezza storico-critica dei complessi rapporti intercorsi tra teologia e filosofia dell’icona e avanguardie artistiche nella Russia del primo Novecento. Nel complesso la candidata risponde con chiarezza, competenza e originalità di argomentazione a tutte le domande poste.CANDIDATO PLESCIA GIACINTO
Il candidato risponde in maniera vaga alla prima questione, non chiarendo cosa intenda per "ontologia della physis"; rispetto alla seconda domanda non coglie in modo sufficiente il senso delle relazioni fra sublime antico e moderno; quanto alla terza domanda, il candidato mostra una lacunosa conoscenza dei dialoghi platonici relativi alla filosofia del bello.
DESIGNAZIONE DEL VINCITORE
Il giorno 06/11/2008 alle ore 16.03 si riuniscono nei locali del Dipartimento di Scienze dell’Educazione e dei Processi Culturali e Formativi, via del Parione 11/b, dell'Università degli Studi di Firenze i commissari proff. Fabrizio Desideri, presidente, prof. Salvatore Tedesco, membro, dott. Andrea Pinotti, segretario
per concludere la procedura della valutazione comparativa in epigrafe.
La commissione riesamina i giudizi collegiali sui candidati e, dopo lunga, attenta e approfondita discussione nella quale intervengono ripetutamente tutti i presenti comparando tra di loro tutti i candidati, la commissione delibera all’unanimità vincitore della valutazione comparativa la sig.ra CANTELLI Chiara per le seguenti motivazioni.
La dott.ssa Chiara CANTELLI
1) sicura attitudine alla ricerca scientifica nell’ambito dell’Estetica e capacità di connettere temi e problemi di pertinenza della disciplina sia con questioni storico-filosofiche più generali sia con le problematiche inerenti alle teorie e ai linguaggi dell’arte; 2) padronanza dell’argomentazione, chiarezza espositiva e originalità interpretativa; 3) coerenza del curriculum scientifico-didattico con l’ambito disciplinare dell’estetica.
Alle ore 16.55 termina la seduta. Letto, approvato e sottoscritto
LA COMMISSIONE prof. Fabrizio Desideri, presidente
prof. Salvatore Tedesco, membro dott. Andrea Pinotti, segretario , già in possesso di un curriculum di tutto rilievo tanto dal punto di vista della qualità e continuità della produzione scientifica quanto da quello dell’attività didattica, ha dimostrato - nelle due prove concorsuali scritte ed in quella orale - di essere, tra i candidati presenti, l’unica a possedere tutti i requisiti necessari a ricoprire il ruolo di ricercatore nel settore scientifico disciplinare M-Fil/04 (Estetica). Tali requisiti possono essere così espli